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Brexit, non fa più nemmeno ridere

Con una decisione senza precedenti, il parlamento britannico ha tolto al governo il potere su tutto ciò che riguarda i rapporti con stati e cittadini stranieri. Senza però offrire alcuna soluzione alternativa. May, per parte sua, ribatte con mosse disperate.

Non c’è più niente da ridere

Il Regno Unito è ormai ufficialmente in una situazione di anarchia. Il governo ha perso il controllo: in teoria, le agenzie incaricate del rispetto delle leggi che controllano i rapporti con stati e cittadini esteri si trovano in un vuoto legislativo, non sanno cioè quali regole applicare. In pratica, la Ue accetta che per un po’ le sue regole possano venir applicate alle relazioni con il Regno Unito. Fino a quando, però, non è ancora stabilito.

La situazione non si può più nemmeno definire comica. Abbiamo un ministro per la Brexit, membro del governo, che, dopo aver parlato nella camera dei Comuni a favore della proposta del governo, invitando i deputati a votare a favore, vota egli stesso contro la proposta. E non pensa nemmeno di dimettersi, né il primo ministro, ormai completamente priva di potere reale, pensa di licenziarlo. Il parlamento continua a votare contro il governo; a sua volta il governo continua a ignorare questi voti. Già due volte il parlamento ha votato per escludere il “no deal”, e Theresa May dichiara che “no deal” rimane lo status quo.

Con una decisione senza precedenti storici, il parlamento toglie il potere governativo ai ministri della regina, e successivamente vota su otto proposte. Otto proposte che rappresentano la gamma completa delle Brexit possibili, dal “no deal” al “no Brexit”, passando per Efta (European free trade association), mercato comune, Norvegia, super Norvegia, unione doganale, secondo referendum, e così via. Non serve proprio spiegarle al lettore, tanto il parlamento, dopo averle considerate una a una, ha votato contro ciascuna di queste. L’analogia più adatta è quella dei passeggeri di una nave in rotta di collisione con un iceberg che votano di esautorare il capitano dalla cabina di comando, e una volta installatisi essi stessi al comando, decidono di non attuare nessuno dei possibili cambi di rotta proposti per evitare il naufragio. Per non essere da meno, il presidente della Camera, John Bercow, invoca arcani e antichi precedenti parlamentari per impedire al governo di ripresentare la stessa proposta al parlamento per la terza volta.

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Primo ministro senza credibilità

In un ultimo incredibile colpo di scena, di quelli dei film dell’orrore di terza categoria, e con una mossa disperata, Theresa May ha offerto ai ribelli della Brexit dura di dimettersi immediatamente, se verrà approvato l’accordo da lei concluso con la Ue. In altri termini, “se mi date la fiducia mi dimetto, se mi negate la fiducia rimango come primo ministro”. Il fatto è che questo gruppo di deputati tory – di fatto ormai un partito separato, con il loro portavoce e governo ombra, con Boris Johnson come leader e candidato a primo ministro e che, come bimbetti viziati al campo scout, si autodefiniscono i grandi stregoni (Grand Wizard) – non ha nessuna intenzione di rispettare le promesse fatte al paese: una volta entrato al numero 10 di Downing Street, annullerà ogni decisione presa dal governo precedente, e straccerà ogni trattato e accordo con l’Unione Europea.

Il termine di primo ministro zombie è oggi la descrizione più fedele della posizione di Theresa May. Almeno i suoi colleghi europei colgono il lato comico della situazione, e dopo aver dimostrato di aver fatto proprio il buon senso e l’attitudine pratica che era tipica degli inglesi fino a giugno 2016, si impossessano ora anche del senso dell’umorismo, un’altra caratteristica inglese che il referendum sembra aver spazzato via. In una recente conferenza stampa, Mark Rutte, il primo ministro olandese, ha paragonato Theresa May al protagonista di una delle scene più celebri ed esoteriche create dai Monty Python. Il cavaliere bianco, impersonato da John Cleese, perde in battaglia tutti e quattro i suoi arti, ma rifiuta cocciuto di ammettere la sconfitta. La sottile qualità dello sketch si rivela a poco a poco: perso il braccio destro, il cavaliere raccoglie lo spadone con il sinistro e continua nel suo tentativo di difendere il facile guado. Anche alla fine, rifiuta di ammettere sconfitta e osserva le truppe nemiche andare via indifferenti, ignorandoli completamente.

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In teoria, nei prossimi giorni dovrebbero esserci voti decisivi. In pratica, l’incertezza è tale da non poter davvero immaginare cosa potrà succedere. Non perdetevi la prossima puntata di questo emozionante dramma.

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  1. Giovanni

    Questa situazione kafkiana succede quando si chiede ai cittadini di esprimersi su temi di cui non sanno nulla. Se uscire o meno dalla UE è un tema così complesso che deve essere scelto da un organismo preparato e che possa avere un’idea almeno delle conseguenze della scelta. Ormai che la frittata è fatta tanto vale che sciolgano il parlamento e rifacciano le elezioni: i partiti chiederanno il voto chiarendo la rispettiva posizione sulla brexit ( chi vuole restare voti per uno chi vuole uscire voti per l’altro.

    • Luca Morandini

      Non per nulla la costituzione italiana esclude che i trattati internazionali siano materia di referendum.

    • Amegighi

      Sono daccordo con Lei. Mi chiedo però, se l’errore nasca dal chiedere un parere a chi non sa nulla, dal fatto che chi si esprime non sa nulla, o dal fatto che chi chiede non fa nulla per rendere chiara la questione. Personalmente propendo per quest’ultima opzione. I politici sono diventati sostanzialmente dei promotori finanziari. Ti fanno anche vedere, magari, dei bei grafici (dove lo 0 non esiste, ma ad es il range 0.01-0.02 che interessa) spesso in percentuale (la differenza viene meglio…la deviazione statistica non esiste…n non si sa cosa sia), propugnandoti una verità che devi assumere e non discutere o valutare, secondo loro. Avessero chiaramente spiegato ai cittadini almeno in cosa consiste la uscire dalla UE, semplicemente dal punto di vista dei processi e delle procedure; prima si esce e si chiude un capitolo, poi se ne riapre un altro per trattare da paese esterno. Avessero spiegato cosa avrebbero richiesto come paese esterno all’UE. Ne è nato invece un (consapevole) furbo messaggio: noi usciamo, facciamo quello che vogliamo, ma continuiamo comunque ad essere dentro commercialmente come prima. Un po’ lo stesso furbo ragionamento che fanno alcuni politici nostrani che vogliono uscire dall’Euro, ma mantenere tutte le prerogative di essere dentro (ovviamente al netto delle prerogative negative)…..
      Se c’è una lezione che dobbiamo, a mio parere, imparare è: 1) di non cadere dalla padella alla brace della democrazia online, 2) esigere politici preparati e seri

    • Santo Ferrolotto

      A me sembra che questa si chiami semplicemente democrazia. Si può essere antidemocratici (la democrazia lo consente) e ritenere che il popolo non debba partecipare alle decisioni che lo riguardano, e ci si può indignare quando glielo si lascia fare. La cara vecchia Europa nel secolo appena finito ha avuto grandi esempi di “illuminati” al comando che hanno sottratto al vaglio democratico le decisioni “importanti” e sinceramente il risultato non è stato confortante. È però importante per la democrazia (in senso stretto, come libertà di espressione di interessi politici) notare che il pensiero di Mussolini ha oggi tanti sostenitori che possono esprimersi liberamente.
      Certo, indignazione a parte sarebbe utile su questo sito trovare dei conti e dei dati, perché al momento l’occupazione e i salari in uk volano (per la gioia dei lavoratori) e non mi sembra che le farse per cui l’autore si indigna abbiano chissà che rilevanza sulla vita vera e quotidiana dei britannici. Allo stesso modo sarebbe utili capire quanto il regno unito (che è contributore netto dell’UE) risparmierà e che cosa potranno fare i governi per gestire al meglio la transizione (già perché per almeno 2 anni le cose funzioneranno esattamente come adesso e ci sarà un lungo periodo di transizione). Insomma, quando i governi agiscono, tutti pronti con le ricette che dovrebbero usare, quando non sanno cosa fare ci si indigna.

  2. Henri Schmit

    La situazione è difficile perché non c’è maggioranza per nessuna soluzione e perché la PM finora ha preferito manovrare per far approvare il suo deal (in alternativa esclusiva a un no deal) piuttosto che discutere apertamente con l’opposizione per trovare una soluzione meno estrema della sua (che è: no Common Market, no Customs Union). O riesce a far approvare il suo piano (che è solo una cornice, tutto rimane da negoziare) dimettendosi, o si andrà ad elezioni anticipate il giorno delle europee, comprando altro tempo e eleggendo almeno provvisoriamente eurodeputati britannici. Indirettamente si darebbe quindi la parola al popolo. La situazione è brutta, confusa, disperata per la May, ma non per il suo piano né tantomeno per la Brexit. Quello che più conta è che l’UE esce vincitrice dalla sfida lanciata quasi tre anni fa dai sovranisti britannici, una bella lezione per gli altri sovranisti! Pochi ci hanno creduto nel 2016! Non tutti l’hanno capita!

    • Lorenzo

      Perché dice il “suo deal”?
      Anche i miei amici inglesi non sanno più che pesci prendere ma, per quanto abbia inteso, la May ha avuto un mandato preciso che ha portato a Bruxelles e che sta ovviamente difendendo.

  3. Giuseppe GB Cattaneo

    Scusate, ma che bisogno c’è di fare un accordo nell’immediato, è evidente che c’è bisogno di più tempo per un nuovo accordo e rimanere nella UE non migliorerebbe la situazione.

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