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Quello che serve davvero alle famiglie

La lista delle misure per sostenere davvero le famiglie è lunga e ampiamente nota. In Italia invece ci si è affidati a politiche marginali e frammentarie, che puntano sui trasferimenti monetari più che sui servizi. E non si vede segno di cambiamento.

Le politiche che aiuterebbero le famiglie

In Italia le politiche di sostegno alle famiglie sono sempre state scarse, marginali, frammentarie. Si può quindi concordare con gli organizzatori italiani del Congresso mondiale delle famiglie – che si tiene a Verona nell’ultimo weekend di marzo – sulla necessità di politiche più generose e incisive, che allarghino i gradi di libertà per chi desidera assumere responsabilità famigliari verso i piccoli o verso le persone non autosufficienti.

È tuttavia difficile che da quel congresso possano uscire proposte utili, tutto orientato come è a circoscrivere il perimetro di ciò che considera famiglia e che cosa no e a definire quali sono i “naturali” modelli di genere maschili e femminili. Anzi, alcune proposte che circolano sono preoccupanti. Come, ad esempio, quella di un assegno di maternità per consentire alle donne di rinunciare a una occupazione per dedicarsi alla cura dei figli. Se l’obiettivo è favorire le scelte di fecondità, scoraggiare l’occupazione femminile è controproducente, stante che il tasso di fecondità è più elevato nei paesi e nelle regioni con più alto tasso di occupazione femminile. Occorre invece rendere più agevole la combinazione di occupazione e maternità, incoraggiando anche un maggiore coinvolgimento dei padri. Inoltre, uscire dal mercato del lavoro per un periodo prolungato non è mai una buona scelta per una donna, perché rientrarvi è molto difficile, specie in un paese come l’Italia che ha un mercato del lavoro formale assai rigido e una domanda di lavoro relativamente scarsa. Meglio sarebbe aumentare l’indennità del congedo genitoriale, ora ferma al 30 per cento dello stipendio e solo per i primi sei mesi (sui dieci complessivi teoricamente disponibili alla coppia di genitori) e legarvi automaticamente, non su domanda, contributi figurativi. In questo modo, si rafforzerebbe la possibilità di scelta di prendersi tempo per la cura non solo per le madri, specie a basso reddito, ma anche per i padri.

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Il rafforzamento del congedo genitoriale con queste caratteristiche non favorirebbe solo un riequilibrio dei compiti di cura tra madri e padri. Garantirebbe più tempo genitoriale (materno e paterno) ai bambini nel primo anno di vita, perché più genitori potrebbero permettersi di prendere tutti i dieci mesi dividendoseli tra loro.

Occorre tuttavia pensare anche a strumenti adatti al crescente numero di lavoratori con contratti atipici o semi-libero professionali, specie tra i giovani. Questi non solo non hanno accesso ai congedi genitoriali. Non possono neppure permettersi, dal punto di vista professionale, di stare fuori dal mercato del lavoro troppo a lungo.

Trasferimenti monetari da riordinare

La lista delle cose da fare per sostenere davvero le famiglie è lunga, ampiamente nota e attuata in maggiore o minore misura nei paesi che hanno al tempo stesso un alto tasso di occupazione femminile e un tasso di fecondità superiore a quello dell’Italia, come la Francia e i paesi nordici. Alcune riguardano i servizi e l’organizzazione del lavoro: ampliamento dei servizi di qualità ed economicamente accessibili per la prima infanzia, per favorire non solo la conciliazione di responsabilità famigliari e lavorative, ma anche le pari opportunità tra bambini; estensione della scuola a tempo pieno, per gli stessi motivi; introduzione per legge del diritto al passaggio al tempo parziale reversibile per chi ha un bambino sotto i tre anni.

Altre misure riguardano i trasferimenti monetari, quali gli assegni per i figli e il sistema di tassazione. Non penso al quoziente famigliare, molto popolare tra alcune associazioni famigliari. Oltre a dare problemi di gettito, questo sistema pone anche alcuni problemi di equità, in quanto favorevole ai più ricchi, e in molti casi, analogamente allo splitting in Germania, rischia di scoraggiare l’occupazione delle donne in coppia. Mi sembra più opportuno incominciare a mettere ordine nel disordinato e frammentato complesso di trasferimenti monetari esistenti: assegno al nucleo famigliare, assegno per il terzo figlio in casi particolari, detrazioni fiscali per figli a carico, vari bonus bebé. L’istituzione di un unico trasferimento diretto e universale, eventualmente commisurato al reddito famigliare, sarebbe insieme più efficace e più equo. Nella legislatura precedente alcuni senatori del Pd avevano presentato una proposta di questo tipo, che tuttavia venne lasciata cadere a favore dell’ennesimo bonus.

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Infine, l’invecchiamento delle parentele ha fatto emergere anche in Italia i bisogni di cura verso persone fragili o non autosufficienti come evento normale nel corso di vita individuale e famigliare. Il fenomeno, tuttavia, è totalmente trascurato nelle politiche sociali, che continuano ad affidarsi allo strumento dell’assegno di accompagnamento (per altro nato per altri scopi), ignorando sia la questione della appropriatezza delle cure prestate, sia il sovraccarico sulle famiglie, di fatto per lo più sulle donne, che la necessità di prestare cura comporta. Anche in questo caso, da tempo sono state avanzate proposte di riforma in direzione di uno spostamento a favore dei servizi. Ma tutto rimane fermo. Anzi, per ribadire l’idea che tocchi alle donne nella famiglia provvedere a questi bisogni, si continua sulla strada dell’opzione donna, che consente alle donne il “privilegio” di andare in pensione prima per poter fare gratuitamente il lavoro di cura necessario, pagando un prezzo altissimo (stimato attorno al 25 per cento) in termini di decurtazione della pensione. Prezzo che invece non verrà pagato dai fortunati (per lo più uomini del Nord) che avranno i requisiti per andare in pensione con quota 100.

In questa legislatura e da parte del governo in carica, se si esclude il rinnovo di alcuni bonus, non si ha notizia di proposte su questi temi. E non è di buon auspicio che ben tre ministri si preparino invece a legittimare, con la loro presenza, l’idea di famiglia e dei suoi bisogni che hanno gli organizzatori del congresso di Verona.

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  1. Savino

    Ormai è subentrato l’egoismo generazionale dei seniores ed il pregiudizio sul piano dell’età, verso ogni giovane che voglia impegnarsi, lavorare sodo e realizzarsi, come persona e professionalmente, mettendo su famiglia e attrezzandosi per la ricerca di un lavoro dignitoso. E’ tutto caricato sui nuovi pensionati baby di quota 100.

  2. Michele

    Per una giovane famiglia dove entrambi i possibili genitori hanno contratti atipici o semi-libero professionali o anche contratti a termine immaginare di avere dei figli è un sogno impossibile. In caso di maternità la perdita del lavoro/pseudo committente è una certezza. Se poi aggiungiamo asili/nidi costosi e di difficile accesso, servizi pubblici di trasporto da terzo mondo, scuole di qualità sempre decrescente fare dei figli diventa impresa eroica. L’unico vero supporto viene dalle famiglie dei nonni. Stessa situazione quando a casa ci sono anziani da assistere. L’unico vero welfare in italia sono le famiglie. Tutto il resto genera spese pubbliche enormi e risultati modestissimi. Di questa situazione i principali responsabili sono molti di coloro che si professano difensori della famiglia: in realtà ne fanno solo un pretesto per crociate puramente ideologiche a fini di potere.

  3. fernando

    Interessantissimo. Da aggiungere che i temi demografici non sono nell’agenda di nessun partito, nonostante una natalità ai minimi storici e un calo della popolazione inesorabile. I tentativi fatti negli ultimi anni di portare alla ribalta il tema, dal fertility day al congresso di Verona, sono stati goffi e controproducenti.

    • Lorenzo

      Eppure, come normalmente avviene in tanti ambiti, basterebbe seguire una delle best practice; per esempio il modello francese.

  4. Giovanni Lazzaretto

    Ringrazio La Voce per il suo servizio, ma non capisco perchè e a quale titolo compaia una foto di persone a me sconosciute se condivido l’articolo della Saraceno sulla mia pagina di fb (foto che sulla vostra pagina non figura). Saluti e buona giornata.

  5. Lorenzo

    Prof.ssa Saraceno, a dir la verità ho setacciato il web per cercare l’obiettivo del WCF e non sembra essere quello che lei intravede (favorire le scelte di fecondità). Anche sul loro sito, la mission dichiarata è: unire e dotare i leader di tutto il mondo di strumenti per promuovere la famiglia naturale … come unità fondamentale della società e nella protezione della “santità” e dignità di ogni vita umana. A parte la questione “santità” direi che sarebbe stato meglio aderire alle politiche francesi …

  6. Pier Giorgio Visintin

    Ha ragione Fernando e la Saraceno.
    Invece vorrei una spiegazione che non ho ancora trovato in giro ed è se il Reddito di Cittadinanza è comprensivo del Bonus Renzi e di quali altri assegni/sovvenzioni previste nel passato?

  7. Carlo

    Il trasferimento non deve correlato al reddito bensì all’ISEE perché il reddito tassato ai fini IRPEF col passare degli anni è sempre meno coerente con la progressività prevista dalla Costituzione. Mi riferisco alla tassazione forfetaria delle partite IVA fino a 65 mila euro di ricavi o dei raccoglitori di funghi, a quella catastale degli agricoltori, all’esclusione dei redditi e plusvalenze finanziarie dall’IRPEF, per non parlare dei PIR che non sono tassati. Inoltre nel caso di partecipazioni azionarie, fondi pensione, etf e fondi comuni la tassazione avviene al momento del disinvestimento e non al momento della maturazione, per cui possono passare anche decenni dalla dichiarazione del relativo reddito.
    L’unificazione degli assegni familiari, dei bonus, delle detrazioni con la domanda di assegno mensile basato sull’ISEE ed erogato mensilmente dall’INPS sul conto corrente del genitore sarebbe una semplificazione burocratica a costo zero: diminuzione dei costi per la dichiarazione dei redditi nonché l’esclusione da successive sanzioni fiscali, eliminazione dei costi dei datori di lavoro per la gestione delle detrazioni ed assegni in busta paga.
    Inoltre la riforma dei trasferimenti monetari è urgente perché la flat tax, se non vi sono altri redditi, riguardante una platea potenziale di due milioni di partite iva ha comportato la cancellazione delle detrazioni per familiari a carico.

  8. Max

    Il tema è di indubbio interesse. Il dibattito tra aumento dei servizi alle famiglie vs. dare trasferimenti monetari, per rilanciare la natalità, ormai va avanti da un po’. Tuttavia non saprei dire quali fasce di reddito/istruzione siano principalmente responsabili del calo della natalità. Sono le famiglie più povere? Sono quelle con redditi intermedi? Sono le donne più istruite? Sono le donne meno istruite?
    Cosa frena la natalità? La scarsità di reddito (leggi povertà)? Il legittimo desiderio di donne sempre più istruite di realizzarsi sul lavoro unito alla mancanza di servizi? Se il motivo fosse il primo (povertà) allora anche il reddito di cittadinanza dovrebbe stimolare la natalità (purché vada ai giovani). Capire a fondo i motivi del declino demografico è il passo fondamentale per disegnare politiche efficaci per contrastarlo.

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