Lo stereotipo che le ragazze siano meno brave dei maschi in matematica ha profonde conseguenze sui percorsi di studio e di lavoro delle donne. Non è la sola causa delle differenze di genere nel mercato del lavoro, ma è un atteggiamento da contrastare.
Differenze di genere in matematica
Le discriminazioni di genere iniziano a svilupparsi molto presto nel corso della vita di bambine e bambini. Ha origine negli stereotipi che genitori, insegnanti, libri di testo e, più in generale, le norme sociali e culturali trasmettono loro. Gli stereotipi hanno però conseguenze importanti per lo sviluppo delle capacità cognitive, comportano differenze di genere nell’apprendimento e influenzano i divari di genere che osserviamo nelle scelte universitarie, nella partecipazione alla forza lavoro e nella struttura dei salari.
In media a 15 anni (indagine Pisa – Programme for International Student Assessment) i ragazzi sono più bravi nelle materie scientifiche e le ragazze in quelle letterarie, ma i dati variano molto tra paesi. Per esempio, i divari in matematica a favore dei ragazzi sono molto elevati in Italia e in America Latina, ma nulli nei paesi scandinavi e negli Emirati Arabi. Il fatto che i divari siano così diversi tra paesi implica che non si tratta di una questione biologica, ma di fattori culturali e sociali.
In Italia, il divario di genere in matematica a 15 anni è tra i più alti dei paesi Ocse (20 punti di differenza contro una media di 9 punti) anche se i punteggi complessivi in matematica degli studenti italiani sono in linea con la media Ocse. Uno studio del 2017 sui dati Invalsi ha evidenziato come le differenze crescano al crescere dell’età, aumentando tra la seconda classe primaria e la seconda superiore.
Anche gli atteggiamenti verso questa materia di studio sono importanti perché sono correlati alle capacità matematiche. Gli atteggiamenti verso la matematica possono essere misurati con domande come “ti piace la matematica?” oppure “ti senti bravo in matematica?”. Considerando i dati Invalsi (per le quinte primarie e le seconde superiori), un altro studio del 2018 ha messo in evidenza come il divario di genere in matematica sia molto elevato non solo nei punteggi, ma anche negli atteggiamenti. Alle ragazze la matematica piace meno e hanno minore stima delle proprie capacità matematiche. Anche quando i punteggi tra maschi e femmine sono uguali, le ragazze hanno atteggiamenti più negativi verso la matematica (ad esempio minore autostima sulle proprie capacità matematiche – grafico 1).
La presenza di un gap sia nei punteggi di matematica che negli atteggiamenti ha forti ripercussioni nel lungo termine. Pur rappresentando ben più della metà dei laureati (il 59 per cento nel 2011), le donne tendono a scegliere con minor probabilità discipline scientifiche ed economiche, che danno accesso alle occupazioni meglio pagate, a favore di facoltà umanistiche, che si traducono generalmente in un salario inferiore. Per esempio, tra i laureati in ingegneria e in materie scientifiche (matematica, fisica, informatica) le donne costituiscono solo, rispettivamente, il 28 e il 38 per cento.
Ripercussioni nel mercato del lavoro
La differenza si traduce in uno svantaggio femminile nell’accesso al lavoro e nel salario. A quattro anni dalla laurea, tra chi ha conseguito una laurea magistrale o a ciclo unico, nel 2007 il tasso di disoccupazione è del 10 per cento per i maschi e del 18 per cento per le femmine; lo stipendio mensile è di 1.500 euro per i maschi e di 1.300 per le femmine (Istat 2012). Eppure, non tutto il gap tra uomini e donne è imputabile alla scelta di discipline differenti. Nel rapporto Istat si nota infatti che per tutti i corsi di studio le donne hanno tassi di disoccupazione più elevati e un salario inferiore.
Una ricerca del 2018 mostra che a parità di caratteristiche osservabili, tra i laureati è presente un differenziale medio in termini di salario orario di circa il 6 per cento (in linea con il differenziale per l’intera popolazione lavorativa), che non diminuisce neppure quando si controlla per il settore, per il corso di laurea o per altre caratteristiche del percorso di studio o lavorativo. Inoltre, il gap salariale è più o meno consistente a seconda della disciplina, a prescindere dal grado di femminilizzazione della stessa. Il differenziale maggiore si osserva tra i laureati in giurisprudenza, scienze politico-sociali ed economia-statistica. Spicca invece per un divario praticamente nullo il gruppo chimico-farmaceutico, dove per altro il 59 per cento dei laureati è donna.
Questi risultati impongono più di una riflessione. È necessario interrogarsi su quali siano le cause del persistente divario in matematica e di sbilanciamenti così marcati in termini di scelta del corso di laurea, e cercare di contrastarli, per favorire l’accesso delle donne a corsi con migliori ricadute occupazionali. Tuttavia, le differenze di genere nel mercato del lavoro non possono essere ricondotte solo ai settori lavorativi e di studio. È quindi necessario individuare quali siano i motivi della discriminazione e quali politiche e pratiche mettere in atto per contrastarla.
Figura 1 – Atteggiamenti verso la matematica e punteggi di matematica standardizzati, quinta elementare nel 2014
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