Il reddito di cittadinanza prevede importi uniformi in tutta Italia. Ma la soglia di povertà assoluta varia da Nord a Sud. Il beneficio avrà dunque effetti diversi nei diversi territori. Una soluzione è differenziare almeno l’integrazione per l’affitto.
Assegno uniforme in tutto il paese
Come avviene con tutte le politiche sociali, anche il reddito di cittadinanza non sempre e non necessariamente riuscirà nei suoi intenti di conseguire gli obiettivi che si prefigge, soprattutto per quanto attiene l’avviamento verso il mercato del lavoro di soggetti in condizione di povertà: sarà sicuramente più facile farlo in contesti territoriali dove la disoccupazione è al 5 per cento rispetto a quelli dove supera il 20 per cento. Ma sarà anche del tutto normale che tra i beneficiari si annoverino falsi poveri e opportunisti. L’importante è monitorare la situazione, correggere le politiche ed evitare di cadere in quella che potrebbe essere definita, in senso biblico, la sindrome di Sodoma al contrario. Nella Genesi, Abramo negoziò con Dio la promessa che Sodoma e chi vi abitava non sarebbero stati distrutti se si fossero trovati almeno cinque giusti. Ma se tra i beneficiari del reddito di cittadinanza si annoverassero cinque ingiusti, non perciò dovremmo dire che questa politica avrà fallito e pertanto dovrà essere cancellata.
Ciò premesso, segnalo un problema che sembra essere sfuggito al dibattito che ha preceduto e accompagnato il varo della proposta del reddito di cittadinanza. La misura prevede una integrazione del reddito che arriva fino a un massimo di 500 euro per una persona singola; la somma è poi incrementata per tener conto della natura e del numero degli altri componenti della famiglia. All’importo così calcolato vanno poi aggiunti 280 euro come contributo per l’affitto (un importo minore per il mutuo).
Un livello di intervento monetario, concepito come uniforme per tutto il paese, rischia però di produrre risultati ben diversi per quanto riguarda il contrasto della povertà assoluta in ambito territoriale.
Effetti sulla povertà assoluta
Per cogliere la natura del problema, nella tabella seguente sono riportati i valori della soglia di povertà assoluta in diversi territori, riferiti al caso della persona sola.
Tabella 1 – Soglia della povertà assoluta per una persona sola. Valori mensili in euro – anno 2017
Fonte: Istat
Il confronto fra questi valori e l’importo di 780 euro, proposto per il reddito di cittadinanza, evidenzia che anche beneficiando per intero dell’aiuto monetario, i poveri che risiedono nelle aree metropolitane del Nord e del Centro, così come quelli dei grandi comuni del Nord, miglioreranno sì la loro condizione, ma non abbastanza per non essere ancora classificati come poveri assoluti. Per contro, chi risiede al Sud e nelle Isole, grazie al reddito di cittadinanza, supererà la soglia di povertà assoluta in modo generalizzato e per importi che possono sfiorare il 50 per cento in più.
Poiché al crescere del numero dei componenti il nucleo familiare, l’intervento del reddito di cittadinanza garantisce un livello che è via via sempre più lontano dalla soglia di povertà assoluta (per un nucleo di due adulti e due minori la soglia di povertà in area metropolitana del nord è di 1.680 euro mensili contro un massimo di 1.180 euro del reddito di cittadinanza), è evidente che al Nord e nel Centro Italia, la quasi totalità degli individui interessati dalla povertà assoluta continuerà a essere considerata tale. Al Sud e nelle Isole la povertà assoluta dovrebbe invece scomparire del tutto.
Per porre rimedio all’incongruità si potrebbe diversificare territorialmente almeno l’integrazione per l’affitto, facendo riferimento ai dati dell’Istat o a quelli dell’Osservatorio immobiliare dell’Agenzia delle Entrate.
Un discorso del tutto analogo vale anche per l’integrazione delle pensioni, in cui minimo è stato portato a 780 euro mensili, per tutto il territorio nazionale.
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