Ci sono segnali di miglioramento, ma il commercio online è ancora poco sviluppato in Italia rispetto ad altri paesi europei. A subirne le conseguenze sono in primo luogo le imprese italiane. Per loro la sfida è puntare alla riconoscibilità del marchio.
Il commercio online in Italia
Il commercio online che coinvolge consumatori e imprese (cosiddetto B2C) è in alcune realtà europee un mercato molto sviluppato, ma non in Italia. Nel Regno Unito, per esempio, il volume di affari stimabile nel 2017 è pari a circa 220 miliardi di euro, in Germania a 110 miliardi, in Francia 61 miliardi. L’Italia arriva solo quinta nella graduatoria, dietro alla Spagna, nonostante la dimensione ben più ampia della nostra economia (grafico 1).
Grafico 1 – UE28: mercato dell’e-commerce B2C. Dati in miliardi di euro relativi al 2017 – prodotti e servizi non finanziari
Fonte: elaborazioni e stime Bem Research su dati Eurostat.
I consumatori italiani sono poi tra quelli che usano meno il web per effettuare acquisti. Solo il 32 per cento ha comprato online rispetto al 57 per cento dell’area euro. Il divario con altri paesi europei, quali Regno Unito (82 per cento), Germania (75 per cento) e Francia (67 per cento), è qui ancora più ampio (grafico 2).
Grafico 2 – UE28: individui che hanno utilizzato Internet per acquistare beni e servizi. Dati relativi al 2017 in percentuale della popolazione con età 16-74
Fonte: elaborazioni Bem Research su dati Eurostat.
Ma chi è il consumatore tipo? Sono soprattutto gli uomini a fare acquisti online (26 per cento contro il 20 per cento delle donne), con un’età compresa tra i 24 e 34 anni e la differenza tra i sessi aumenta con l’aumentare dell’età.
Nord-Est e piccoli comuni risultano essere i luoghi con più alta concentrazione di individui ben predisposti verso l’e-commerce. Il dettaglio per singola regione ci dice che anche nel 2017 sono i residenti in Friuli-Venezia Giulia quelli più propensi all’utilizzo del web per effettuare acquisti, seguiti da Valle d’Aosta (primi nel 2016), dal Trentino-Alto Adige (terzi nel 2016) e dall’Emilia-Romagna. In fondo alla classifica rimangono Campania, Calabria e Sicilia.
Cause e conseguenze dei pochi acquisti sul web
Diversi sono i fattori che possono spiegare questa reticenza tutta italiana all’approccio con il web: le più basse competenze informatiche rispetto al resto d’Europa, anche per un’età media della popolazione più alta, una maggiore consuetudine nelle modalità di acquisto classiche e la più forte avversione nell’utilizzo di strumenti di pagamento diversi dal contante.
A subire i contraccolpi di una bassa propensione agli acquisti online da parte dei consumatori italiani sono in primo luogo le imprese italiane. L’utilizzo dell’e-commerce nel paese di origine costituisce infatti un fondamentale stimolo per le aziende (si veda Bem Research, Report sull’e-commerce 2018). In altri termini, la relazione tra quanti individui in un paese europeo abbiano acquistato beni o servizi sul web e il numero di ordinativi online ricevuti dalle aziende dello stesso paese è positiva e statisticamente significativa. È interessante notare come il legame tra domanda e offerta sia più rilevante per le imprese di grandi dimensioni rispetto a quelle medio-piccole. Ciò sembra indicare che le aziende più grandi tendano ad affacciarsi al web soprattutto se stimolate dalla domanda interna. Le aziende di minor dimensione, invece, probabilmente vedono in Internet un canale di vendita che consente loro di aumentare il giro di affari anche al di là del mercato domestico, potenzialmente quindi all’estero.
Non stupisce perciò la difficoltà con la quale le imprese italiane interagiscono sul web per trovare nuovi sbocchi per le loro merci. Nel 2017 sono state appena l’8 per cento le imprese non finanziarie italiane con almeno 10 dipendenti ad aver ricevuto un ordine tramite l’online contro il 18 per cento dell’Eurozona (grafico 3). Peggio dell’Italia fa solo la Bulgaria. Sale al 25 per cento l’incidenza percentuale delle aziende che hanno ricevuto ordini via Internet se si considerano solo le grandi imprese, comunque in ritardo abissale rispetto alla media nell’area euro (40 per cento).
Grafico 3 – UE28: percentuale di imprese che hanno ricevuto ordini online. Dati relativi al 2017 – Imprese non finanziarie con almeno 10 dipendenti
Fonte: elaborazioni Bem Research su dati Eurostat.
Se si considera l’incidenza del fatturato ottenuto tramite l’e-commerce, per il 2017 si ottiene una fotografia leggermente migliore rispetto a quella degli ordinativi. Infatti, sul totale delle imprese italiane con almeno 10 dipendenti, il 10 per cento del fatturato è ottenuto per il tramite di Internet, contro una media del 18 per cento dell’area euro. Il risultato indica che si sono impegnate sul web soprattutto aziende che vendono prodotti ad alto valore aggiunto, per esempio nel settore del lusso.
Appare utopico per le aziende italiane riuscire a fare concorrenza ai giganti del web, soprattutto per il grave ritardo accumulato in questi anni. La sfida per le nostre imprese dovrebbe quindi essere quella di puntare in primo luogo alla riconoscibilità del proprio marchio: l’obiettivo è difficile, ma sicuramente alla portata dell’imprenditoria italiana.
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