Nella maggior parte dei comuni, il prelievo per finanziare la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani agisce come un’imposta patrimoniale. Il sistema non incentiva l’efficienza del servizio e ha pesanti ricadute anche sul piano redistributivo.
Il prelievo sui rifiuti
La tassa sui rifiuti fornisce un gettito di circa 10 miliardi e finanzia il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, che rappresenta circa un quarto della spesa corrente comunale. Dal 2016 costituisce per i comuni l’unica forma di imposizione sull’abitazione principale e non è stata sottoposta al blocco delle aliquote, a differenza degli altri tributi locali.
Come evidenziato nella pubblicazione L’economia delle regioni italiane della Banca d’Italia, le tasse sui rifiuti pagate dalle famiglie sono significativamente cresciute rispetto all’inizio del decennio (figura 1). Un nucleo di tre persone, che vive in una casa di 100 metri quadri, paga in media 330 euro l’anno; l’importo sale a 380 euro nelle regioni meridionali, mentre si riduce a 260 nel Nordest.
Figura 1 – Tasse sui rifiuti nei Comuni capoluogo di provincia italiani (1)(2) (in euro)
Fonte: Federconsumatori e, per gli anni 2017 e 2018, delibere degli enti.
(1) Si considera una famiglia di tre componenti che occupa un’abitazione di 100 metri quadrati e risiede nel comune capoluogo di provincia (sono esclusi quelli non rilevati dall’indagine Federconsumatori, quali Treviso, Monza, Cosenza, Oristano).
(2) Per tasse sui rifiuti si intendono la Tia (tariffa/tassa di igiene ambientale) fino al 2012, la Tares (tassa sui rifiuti e i servizi comunali) nel 2013 e la Tari (tassa sui rifiuti) a partire dal 2014. Gli importi calcolati includono inoltre la tariffa di igiene ambientale nella misura del 5 per cento applicata dalle province.
Tassa o tariffa?
Il servizio dei rifiuti può essere finanziato attraverso l’applicazione di una tassa o di una tariffa. Nel primo caso il contribuente paga in base a una quantità presuntiva di servizio ricevuto, nel secondo invece in base alla quantità effettiva di rifiuti prodotti. In Italia i numerosi interventi legislativi degli ultimi due decenni hanno avuto come principale effetto quello di cambiare ripetutamente l’etichetta del prelievo sui rifiuti (prima Tarsu, poi Tia o Tia2, poi Tares, infine Tari) senza tuttavia intaccarne la sostanza. La Tari (“tassa sui rifiuti”) agisce come un’imposta patrimoniale ed è scarsamente collegata con il servizio reso all’utente. Infatti, la quasi totalità dei comuni applica il metodo normalizzato, che commisura il prelievo alla superficie abitativa e alla dimensione del nucleo familiare. Il primo elemento è un indicatore di ricchezza immobiliare; il secondo non coglie l’effettiva quantità di rifiuti prodotti, che dipende anche dal reddito, dalla composizione anagrafica della famiglia, nonché dai comportamenti in materia di riciclo e differenziazione.
Il modo in cui il servizio dei rifiuti è finanziato ha risvolti sia di efficienza sia di equità.
Efficienza del servizio e la tutela ambientale
Se il costo dei servizi locali ricade su chi ne usufruisce ed è commisurato all’entità del beneficio ricevuto, assume un ruolo segnaletico equivalente a quello di un prezzo: l’utente è incentivato a domandare una quantità ottimale di bene pubblico e l’ente decentrato a offrire un servizio adeguato. Queste considerazioni generali sono tanto più importanti nel caso dei rifiuti, poiché l’inefficienza del servizio determina pesanti effetti negative per l’ambiente. Una generica imposta di tipo patrimoniale implica un costo nullo per la produzione di quantità addizionali di rifiuti e non incentiva gli utenti a mettere in atto comportamenti virtuosi. Introdurre una tariffa puntuale consentirebbe invece di riallineare il costo marginale privato a quello sociale, contenendo l’ammontare di rifiuti da smaltire.
L’esperienza dei paesi che hanno adottato sistemi di tariffazione del tipo pay as you throw (paga per quanto getti via), grazie allo sviluppo di tecnologie per la rilevazione dei rifiuti conferiti, conferma che le tariffe incoraggiano il riciclo e il compostaggio e riducono i rifiuti da smaltire, con conseguenti benefici per il costo del servizio e l’ambiente. Anche per l’Italia l’indagine campionaria dell’Ispra rileva che i costi del servizio sono significativamente inferiori per i pochi comuni che applicano tariffe puntuali (circa 126 euro per abitante; vedi Ispra, pagina 165 e seguenti). La scarsa diffusione di sistemi di tariffazione puntuale sconta le difficoltà di ordine pratico di misurare la quantità di rifiuti conferiti al servizio, nonché i rischi di eventuali comportamenti illeciti (quali lo scarico abusivo di rifiuti) per evitare di pagare la tariffa.
L’impatto redistributivo
La Tari presenta criticità anche sotto il profilo dell’equità, poiché grava in modo particolare sui bilanci delle famiglie più povere. L’indicazione emerge da una simulazione che incrocia le informazioni dell’Indagine sui bilanci delle famiglie, condotta dalla Banca d’Italia, con le delibere comunali per calcolare la quota di reddito destinata al pagamento della tassa sui rifiuti per un campione di oltre 8 mila famiglie. L’esercizio mostra che i nuclei familiari collocati nel primo decile utilizzano circa il 3 per cento del proprio reddito per pagare la tassa sui rifiuti, una quota superiore di ben sette volte a quella versata dai nuclei più ricchi (figura 2).
Figura 2 – Tasse sui rifiuti per decili di reddito familiare (in percentuale del reddito familiare)
Fonte: elaborazioni su Banca d’Italia e delibere degli enti.
Per mostrare l’impatto distributivo di una rimodulazione del prelievo che lo renda più aderente rispetto al servizio ricevuto si può costruire – a parità di gettito per ciascun ente – una Tari controfattuale, applicata su una proxy della produzione di rifiuti di ciascuna famiglia (i consumi alimentari). Nel caso della Tari controfattuale il prelievo si attesterebbe a circa l’1 per cento del reddito, senza differenze significative fra le famiglie collocate nei diversi decili (figura 3). La divaricazione rispetto alla Tari effettiva mostra che attualmente avviene una sorta di redistribuzione dai nuclei familiari con consumi più bassi verso quelli con consumi più elevati, a vantaggio quindi di coloro che presumibilmente producono più rifiuti.
Figura 3 – Tari effettiva e Tari ipotetica per decili di consumi alimentari (in % del reddito familiare)
*Le opinioni espresse in questo articolo sono degli autori e non sono riconducibili all’istituzione di appartenenza
Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.
7 Commenti