Il fact-checking de lavoce.info passa al setaccio le dichiarazioni di politici, imprenditori e sindacalisti per stabilire, con numeri e fatti, se hanno detto il vero o il falso. Questa volta tocca alle affermazioni della ministra per il Sud Barbara Lezzi sul gasdotto Tap.
C’è la Russia dietro il Tap?
Sono giorni turbolenti per gli esponenti pentastellati dell’esecutivo, alle prese con l’arduo compito di conciliare le promesse elettorali con l’azione di governo. Dopo la chiusura dell’accordo sull’Ilva tra i sindacati e la multinazionale ArcelorMittal, che delude ogni aspettativa di riconversione dell’acciaieria, il gasdotto Tap (Trans Adriatic Pipeline) torna ad animare i dibattiti televisivi. A tirarlo in ballo è ancora una volta la ministra per il Sud Barbara Lezzi (M5s), attivista “no Tap” fin dagli albori. Durante una puntata di Stasera Italia (Rete 4) della settimana scorsa, la ministra ha infatti dichiarato, incalzata dalla giornalista Barbara Palombelli:
Palombelli: “[Con il Tap] il gas lo prendiamo dagli azeri anziché prenderlo dai russi”
Lezzi: “No attenzione perché non è vero, questa è una grande fake news, perché in realtà in Tap c’è Gazprom, c’è la Russia. Poi abbiamo la Merkel che si fa mettere d’accordo sempre con Putin per il gas e noi ancora continuiamo a dire questa enorme bugia agli italiani come se ci fosse diversificazione”
Uno degli obiettivi prioritari del gasdotto Tap è incrementare la diversificazione delle fonti di approvvigionamento aumentando la concorrenza tra i fornitori di gas naturale, che oggi l’Italia importa in gran parte dalla Russia. Secondo la ministra Lezzi, l’obiettivo sarebbe in realtà disatteso, perché anche il gasdotto trans-adriatico vedrebbe il coinvolgimento di Gazprom, la più grande società energetica russa. È soltanto l’ultimo argomento contro il Tap da parte del Movimento 5 stelle, che da sempre rivendica l’inutilità dell’infrastruttura e i suoi effetti dannosi per il territorio pugliese.
È dunque vero che il Tap non ci aiuterebbe a liberarci dalla dipendenza dalla Russia per l’approvvigionamento del gas naturale?
Il carattere strategico del Tap
Il Corridoio meridionale del gas (Southern gas corridor o Sgc), di cui il Tap fa parte, è un vasto e complesso progetto infrastrutturale destinato a trasportare il gas naturale dal giacimento di Shah Deniz (Mar Caspio) all’Europa. La realizzazione del Tap, finanziata anche da contributi dell’Unione europea, è considerata di grande rilevanza strategica. Anzitutto, dovrebbe contribuire alla sicurezza dell’approvvigionamento dell’Italia e dell’Europa, anche alla luce della prossima scadenza di alcuni contratti chiave di fornitura di gas da parte di Russia e Algeria e del calo della produzione europea nel Mare del Nord. Inoltre, il gasdotto si propone di diversificare le fonti di approvvigionamento, aumentando la concorrenza e abbassando il costo dell’energia per consumatori e imprese, che in Italia pagano il gas mediamente il 10 per cento in più rispetto ai paesi del Nord Europa. Senza contare che il gas naturale sarà fondamentale per accompagnare la transizione verso le fonti rinnovabili, in vista dell’abbandono del carbone entro il 2025 previsto dalla Strategia energetica nazionale.
È bene ricordare che l’Italia è il paese europeo con il maggiore utilizzo di gas naturale. Nel 2016 il gas ha soddisfatto circa il 35 per cento dei consumi energetici primari e garantito il 44 per cento della produzione di energia elettrica. Nel nostro paese, la domanda di gas cresce ininterrottamente dal 2014 (da circa 62 miliardi di metri cubi nel 2014 a circa 75 nel 2017). Nel 2017 i consumi sono aumentati del 6 per cento rispetto al 2016 e dell’11 per cento rispetto al 2015.
Figura 1
Fonte: Snam
Il dibattito sul Tap è imprescindibile da quello sulla dipendenza dell’Italia dalle importazioni per l’approvvigionamento del gas naturale. Come evidenzia anche un recente articolo di Alessandro Lanza su lavoce.info, a una produzione domestica di gas naturale in declino (trend comune con il resto dell’UE), corrisponde invece un aumento sostenuto delle importazioni, in particolare di quelle russe. I dati del ministero dello Sviluppo economico arrivano soltanto al 2016, ma mostrano come la percentuale delle importazioni dalla Russia fosse del 41 per cento circa in quell’anno; al secondo posto l’Algeria, con una quota del 29,6 per cento. Secondo l’analisi trimestrale condotta dall’agenzia nazionale Enea, nel primo trimestre 2018 la Russia resta ampiamente il nostro primo fornitore di gas, con una quota di poco superiore al 40 per cento delle importazioni totali, e con una tendenza a un forte ulteriore aumento nel trimestre successivo. Il controllo oligopolistico della Russia è una delle ragioni per cui il prezzo europeo è superiore a quello americano, e il prezzo italiano superiore a quello dei paesi del Nord Europa.
Questi numeri chiariscono senza dubbio l’importanza per l’Italia della diversificazione delle fonti, così come la delicatezza dell’affermazione della ministra Lezzi.
Figura 2
Fonte: ministero dello Sviluppo economico
Perché il Tap riduce la dipendenza dalla Russia
Per verificare le parole di Barbara Lezzi dobbiamo in prima istanza fare riferimento alla composizione dell’azionariato di Tap. Il progetto è gestito da un consorzio che ha come azionisti la società italiana Snam (20 per cento), la britannica Bp (20 per cento), l’azera Socar (20 per cento), la belga Fluxys (19 per cento), la spagnola Enagàs (15 per cento) e la svizzera Axpo (5 per cento). È evidente quindi che la proprietà del gasdotto non vede la partecipazione diretta di alcuna impresa russa.
A partire dal 2020 dovrebbero arrivare in Europa attraverso il Southern gas corridor le prime forniture provenienti dal potenziamento del giacimento offshore di Shah Deniz (noto come Shah Deniz 2) situato in Azerbaijan. Analizzando l’azionariato che fa capo a questo giacimento, vediamo che le società proprietarie sono la britannica Bp (28,8 per cento), la turca Tpao (19 per cento), l’azera Socar (16,7 per cento), la malese Petronas (15,5 per cento), la russa Lukoil (10 per cento) e l’iraniana Nico (10 per cento). Pertanto, il colosso russo dell’energia Gazprom menzionato dalla ministra Lezzi non risulta coinvolto nemmeno nel sito di estrazione.
Figura 3
Fonte: Tap ag e Bp
La Russia ha in effetti un ruolo marginale nell’intero progetto. E non a caso gli Usa hanno più volte esortato il governo italiano a rispettare l’impegno preso nel 2013 di portare a termine il Tap proprio per la sua strategicità geopolitica in chiave anti-russa.
La ministra Lezzi allude anche a un accordo tra la cancelliera Merkel e Vladimir Putin, riferendosi probabilmente al piano tedesco di realizzare un secondo gasdotto North Stream per aumentare l’importazione di gas dalla Russia direttamente in Germania attraverso il Mar Baltico. Gazprom possiede il 100 per cento di North Stream 2, ma non esiste alcun nesso tra questo gasdotto e il Tap e il parallelismo tra i due risulta del tutto arbitrario.
La capacità iniziale del Tap sulla base del progetto attuale è pari a 10 miliardi di metri cubi all’anno, che equivale alla domanda di 7 milioni di famiglie. È in fase di studio un eventuale raddoppio della portata del gasdotto da realizzare in futuro qualora la domanda dei paesi europei attraverso questa dorsale energetica fosse sostenuta. In tal caso Gazprom, che cerca nuove strade, diverse dal North Stream 2, per arrivare in Europa, potrebbe essere tra le società coinvolte per colmare la maggiore domanda di gas, dato che gli stessi russi sostengono che Shah Deniz non sarebbe in grado di soddisfarne un raddoppio in transito lungo il Tap. Tuttavia, si tratta di scenari eventuali e futuribili e in ogni caso è difficile immaginare come Gazprom possa imporre che a esportare gas di sua produzione sia un gasdotto che non passa per la Russia e non è di sua proprietà. Pertanto, affermare che dietro al Tap c’è la Russia è allo stato attuale infondato.
Il verdetto
La ministra Lezzi difende la posizione “no Tap” del Movimento 5 stelle e sbaglia nell’affermare che il gasdotto non ha valenza strategica perché non permette di ridurre la nostra dipendenza dalla Russia e in particolare da Gazprom. Infatti, il gas importato lungo il Southern corridor, di cui il Tap fa parte, proverrà dall’Azerbaijan e né il gasdotto né il giacimento di estrazione sono realizzati con la partecipazione di Gazprom. Inoltre, la ministra fa probabilmente confusione tra il progetto Tap e il North Stream 2, che vede coinvolte la Russia e la Germania e che però non ha nulla a che fare con il Tap.
Per tutte queste ragioni le dichiarazioni di Barbara Lezzi sono confuse e FALSE.
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