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Argomenti teleologici

“Come possa Perotti ipotizzare che lo status quo possa restare in piedi per più di qualche anno è singolare“; c’è  “un elefante vicinissimo che Perotti sembra  non vedere, ma che invece esige soluzioni out-of-the-box” C’è  un gigantesco non sequitur logico in queste affermazioni, che riappare molte volte, in svariate forme, nei ragionamenti degli autori. È un argomento teleologico secondo cui, se il fine è salvare l’Eurozona, allora qualsiasi proposta (meglio se out-of-the-box) che abbia questo fine viene automaticamente razionalizzata. Ammesso e non concesso che lo status quo sia insostenibile, ciò non significa che una proposta iniqua, cervellotica,  irrealizzabile, e dannosa per tutti sia automaticamente preferibile.

La risposta degli autori al mio articolo è una lunga declinazione di due motivi: (i) “l’Eurozona soffre di fragilità architetturali”; (ii) se l’Italia fa default, ci va di mezzo anche la Germania (per semplicità, e senza sentirmi in colpa, continuerò a usare l’esempio a due paesi). A questo livello di genericità nessuno in the right state of mind  può dissentire. Nel mio articolo facevo due osservazioni riferite al punto (ii). Primo, una proposta intelligente e costruttiva deve tenere conto degli interessi di tutte le parti coinvolte; che ci piaccia o no, il contribuente tedesco (anche qui insisto con questa espressione, di cui non mi vergogno affatto, nonostante le proteste degli autori) non è il buon samaritano e deve essere d’accordo. Secondo, la proposta assume che il contribuente tedesco sarà d’accordo perché un default italiano  gli costerebbe una cifra enorme, diciamo X, e la proposta gli fa pagare “solo” X meno qualcosa. Chiaramente, se riesco a convincere il contribuente tedesco che un default italiano lo rimanderà all’età della pietra, posso estrargli molti, moltissimi soldi per evitare il default. È  realistico e plausibile tutto questo? La mia risposta è no, quella degli autori sì.

Argomenti qualitativi e moralistici

Nella prima parte della loro risposta, gli autori ripetono argomenti qualitativi e in alcuni casi moralistici per cui il  contribuente tedesco dovrebbe (per motivi morali) o vorrebbe (per motivi razionali) partecipare a uno schema per lui così costoso. Ho poco da dire su questi argomenti, se non che li ritengo (i) paurosamente distaccati dalla realtà dei numeri; (ii) politicamente ingenui (provate a dire a un politico tedesco: “devi accettare le nostre proposte, ma non preoccuparti, i tuoi elettori capiranno e ti ri-voteranno perché riuscirai a convincerli che altrimenti torneranno all’età della pietra”).

Il mio unico commento specifico su questa parte è il seguente. Gli autori affermano che “uno Stato può garantire emettendo dei “pagherò” che se credibili non hanno nessun effetto sul reddito dei contribuenti. La collateralizzazione ridurrà il rischio complessivo senza nessun effetto sul reddito degli stessi cittadini tedeschi”. Molto difficile capire come garantire del debito (che è un “pagherò”) emettendo altri “pagherò”. Sembra di capire che gli autori intendano il processo seguente. Uno stato sovrano garantisce in modo credibile il proprio debito; il debito così   collateralizzato non è più rischioso; il contribuente italiano e quello tedesco  non ci hanno perso nulla. Fosse veramente così semplice il mondo…. Un collaterale è un asset che il debitore cede al creditore o a una terza parte imparziale, e di cui il creditore può appropriarsi senza se e senza ma qualora  il debitore faccia default. Mi piacerebbe sapere quali collaterali di valore certo l’Italia può cedere (non: promettere di cedere) alla Germania a garanzia dello stock di 2300 miliardi di debito pubblico. Teoricamente, l’unico modo sarebbe per l’Italia di cedere irrevocabilmente a un paese terzo il diritto ad un certo ammontare di tasse future. A parte che è irrealizzabile per ovvi motivi, questo è esattamente il contrario della proposta di mutualizzazione.

L’azzardo morale 

Passiamo alla questione dell’azzardo morale. Gli autori affermano che  il problema dell’azzardo morale sarebbe contenuto da una lunga serie di misure nella proposta. Questo di per sé non elimina l’azzardo morale: tutte le assicurazioni impongono delle clausole per limitare l’azzardo morale, ma nessuna può eliminarlo. Nel caso specifico, poi, il problema è quello tipico dei default sovrani: una volta infranto il tabù del default, conviene andare pesante, e fare un default esteso, in modo che dopo qualche anno si possa ricominciare senza fardelli. Un default sovrano di “soli” 100 miliardi per un paese come l’Italia non conviene.

Ma c’è di più. Le misure citate dagli autori sono  totalmente inefficaci. Consideriamole singolarmente

  1. “Divieto di ridenominazione”: ma un paese non ha bisogno di ridenominare il debito per fare default, semplicemente non paga gli interessi e/o il principale!!!
  2. “Limite all’incremento dello stock di debito”. I 2300 miliardi di debito esistente non sono già da soli un buon incentivo a fare default, quando venissero mutualizzati?
  3. “Perdita dei premi pagati dall’Italia”. Come ho spiegato nel mio articolo, in caso di default italiano il contribuente tedesco incassa sì tutti i premi finora pagati dall’Italia, ma li perde subito per ripagare il debito per infrastrutture non pagato dall’Italia. La Germania non perde alcun premio, semplicemente perché non li incassa!
  4. “Incentivo alla scelta di strategie cooperative riveniente dalla convergenza ad un’unica struttura a termine dei tassi di interesse per tutti gli Stati membri, dalla eliminazione dello spread”. Impossibile esattamente capire cosa intendano gli autori con questa espressione. Faccio solo notare che la fiducia più volte  espressa da almeno uno di essi nei miracolosi poteri salvifici di una presunta convergenza forzata della struttura a termine dei tassi di interesse è veramente difficile da razionalizzare. Se obbligo X a garantire tutti i debiti di Y quest’ultimo potrà prendere a prestito allo stesso tasso di interesse di X. Perché questo debba essere un bene se Y  ha una pessima reputazione e se X  viene obbligato a garantirne i debiti,  rimane un mistero.
  5. “Il tutto senza contare il ruolo fondamentale della disciplina imposta dai mercati finanziari che precluderebbero allo Stato-canaglia l’accesso al mercato dei capitali in caso default ‘opportunistico’.” Questa affermazione è Questo “ruolo fondamentale” c’è già, indipendentemente dall’attuazione o meno della proposta.

 

Secondo gli autori  il mio articolo  farebbe “confusione fra l’architettura attuale del Fondo Salva-Stati e quella riformata secondo la nostra proposta”: non avrei tenuto conto del fatto che con gli anni il capitale del MES aumenterebbe dei premi assicurativi pagati, ed aumenterebbe  quindi anche la quota italiana. Peccato che non ci sia una virgola nel mio commento che neghi questa implicazione ovvia della proposta. Ma al di là di questo, la precisazione degli autori  peggiora la situazione che avevo descritto nel mio esempio. Come abbiamo visto, la Germania sopporta tutti i costi di un default italiano, ma riceve solo una frazione  1-x dei premi assicurativi pagati dall’Italia, dove x è la quota italiana nel capitale del MES.  Ma x cresce (benché  lentamente) nel tempo, quindi 1-x, la quota dei premi ricevuta dalla Germania,  diminuisce ulteriormente!!! Ma se anche aumentasse, il problema permane finché la quota dei premi ricevuta dalla Germania è inferiore al 100 percento. Senza contare che i premi versati dall’ Italia sono utilizzati per garantire gli investimenti pubblici in Italia: come possano essere considerati capitale è un mistero.

“In più, la nostra «proposta» non prevede che a garantire siano i singoli Stati membri (come la Germania) bensì il MES che in caso di necessità può rivolgersi ai mercati per reperire le risorse necessarie con lo scudo ulteriore della BCE.” Come ho già spiegato nel mio articolo, dietro il MES e la BCE ci sono ancora ….Germania e Italia. Francamente, a me non sembra un concetto molto  controverso: qualcuno ci mette il capitale di queste istituzioni, subisce le perdite e incassa i guadagni, Quel qualcuno non è Babbo Natale, ma Germania e Italia.

Ma immagino che al prossimo giro gli autori, come in tanti altri passaggi, continueranno a ripetere lo stesso concetto come se nulla fosse.

Infine, secondo gli autori evidenziare il problema dell’azzardo morale sarebbe scorretto  perché dimenticherei “l’effetto devastante per le finanze pubbliche dell’aumento dei tassi di ¼ di punto deciso dalla BCE il 7 luglio 2011”. Non capisco: azzardo morale della mutualizzazione ed effetti devastanti di quella decisione sono totalmente scollegati e perfettamente compatibili. In ogni caso  …..gli autori sono proprio sicuri di voler usare l’aggettivo “devastante” per un aumento dei tassi (per quanto errato ex post, e corretto dopo pochi mesi) di 25 punti base?

La mutualizzazione del debito

Passiamo al problema della mutualizzazione del debito. Gli autori, fortunatamente, riconoscono gli ovvi problemi insiti in qualsiasi mutualizzazione, ma forniscono giustificazioni logicamente assai curiose del perché la propongono lo stesso. Secondo gli autori “attraverso una soluzione di ingegneria finanziaria si offrono 20 anni all’Euro-burocrazia per arrivare a questo risultato; finalmente si potrebbe costruire  una pianificazione strategica a lungo periodo per il futuro dell’Eurozona.”  Se la mutualizzazione del debito è una cattiva idea, e comunque politicamente irrealizzabile, offrire 20 anni per realizzarla non la fa diventare migliore o politicamente più accettabile. Anzi, dà più tempo all’elettore tedesco per trovare il politico che ne interpreti il malessere, ribellarsi e mandare tutto all’aria – euro compreso.

“Quanto al fatto che le precedenti proposte avessero almeno l’apparente buon senso di suggerire modeste emissioni di Eurobond mentre la nostra copre l’intero debito pubblico dei paesi del blocco euro (non solo dell’Italia), notiamo che misure parziali rischierebbero di creare stabilmente un debito di serie A ed uno di serie B riproponendo gli usuali problemi di discriminazione e conseguente vulnerabilità dell’unione monetaria.”  Questa affermazione è incomprensibile. mutualizzazione è una idea cattiva e/o irrealizzabile, è curioso che la soluzione sia mutualizzare tutto invece che una parte.  Se invece è una buona idea, facciamola subito ed evitiamo una transizione di venti anni che, questa sì, prevede bond di serie A e di serie B, quelli garantiti e quelli non. In ogni caso, la differenziazione tra debito di serie A o B sarebbe all’interno di ciascun paese, per mantenere un minimo di incentivi (esattamente come nella proposta di qualche anno fa di blue bonds e red bonds), non ci sarebbe alcuna discriminazione tra debito di paesi diversi. E non ne consegue alcuna vulnerabilità addizionale.

“Che poi Perotti rimarchi che nel lungo periodo l’Italia non pagherebbe più il premio assicurativo mostra  un’incomprensione del senso della proposta il cui intento è proprio quello di allineare i rischi dei diversi Paesi perché altrimenti una valuta comune non avrebbe senso.” Un altro non sequitur logico. La mia osservazione era tesa semplicemente a rimarcare che, una volta che l’Italia non paga più alcun premio, siamo nel campo della mutualizzazione pura, con tutte le conseguenze del caso. Cosa poi significhi “allineare i rischi dei diversi paesi” è un mistero, uno dei tantissimi esempi di terminologia suggestiva ma senza una definizione chiara e precisa.

Probabilità dei default e premio al rischio

“Rischio e premio al rischio sono due cose collegate ma diverse. Perotti confonde la probabilità di default col premio per il rischio di default.” Non è mai una buona idea cercare di supportare i propri argomenti con affermazioni del tipo “X ha torto perché non sa che 2 + 2 = 4”. È semplicemente poco plausibile. Nel mio articolo mi ero astenuto dal parlare di CDS (credit default swaps) perché  potevano confondere il lettore non specialista. Ma sembra che sia necessario farlo….Se voglio assicurare un BTP del valore facciale di un euro contro il rischio di default, il premio annuale che pagherò a un assicuratore indifferente al rischio sarà pari al valore atteso del default, cioè probabilità di default moltiplicato per  ammontare in default. Se l’ammontare in default è 1 con certezza, il premio pagato per assicurarsi contro il rischio di default sarà pari alla probabilità di default. Tutto qui. Ovviamente l’ammontare del default non è noto con certezza, e non sarà totale (alcuni CDS, comunque, al verificarsi di un default anche parziale pagano l’intero facciale e “ritirano” il titolo, quindi per questi il premio è molto vicino alla probabilità di default). La lezione era quindi inutile, perché la sostanza è esattamente quella che ho esposto in modo accessibile a tutti.

Assicurazione contro i rischi catastrofali

Gli autori sostengono che la mia critica al ruolo della Germania come assicuratore non è pertinente perché esistono anche le assicurazioni contro rischi catastrofali, per definizione eventi rari. Lo dimostrerebbe il fatto che già ora esistono 15 miliardi di valore nozionale netto di CDS sui titoli italiani. Anche in questo caso non è una buona idea partire dall’ipotesi che la controparte non sappia che esiste l’acqua calda. Ho quattro osservazioni. Primo, gli intermediari finanziari che vendono questi CDS ricevono un premio di mercato, esattamente quello che, come ho mostrato,  NON riceve la Germania per assicurare l’Italia: nella proposta  la Germania di fatto non riceve niente per assicurare l’Italia (e faccio notare che gli autori non hanno contestato la mia conclusione)). Secondo, ovviamente esiste la possibilità di assicurare i rischi da eventi catastrofali, come terremoti e uragani. Ma il modo in cui avviene dimostra esattamente il mio punto. Le grandi compagnie di assicurazione retail, come Allianz, Generali, Axa per citare quelle europee, mantengono nel proprio portafoglio una parte minima dei rischi catastrofali che assicurano. La parte restante viene ceduta a riassicuratori specializzati, che proprio perché non possono fare affidamento sulla legge dei grandi numeri devono essere molto più capitalizzati delle “normali” compagnie di assicurazione. Terzo, il mercato delle riassicurazioni è molto disperso: non c’è uno o pochi  grandi player che si prendono tutto il rischio di un uragano negli Stati Uniti: nessuno ha tasche profonde da assicurare anche una frazione dell’intero stock di debito italiano. Quarto, la consistenza minima (meno dell’1 percento), rispetto allo stock del debito pubblico italiano, del valore nozionale netto di CDS scritti sull’Italia dimostra esattamente che nemmeno l’intero mercato mondiale può assicurare un default italiano. Senza contare che, per motivi legali che non è qui il caso di approfondire, il mercato dei CDS sui titoli sovrani si è molto ristretto dopo la ristrutturazione del debito greco.

Ancora sul principio di autorità

Infine, mi sia concessa una notazione sul modo di procedere degli autori. In innumerevoli occasioni, essi giustificano le proprie affermazioni citando, nell’ordine, se stessi, de Grauwe, Greenspan, Fuest, Draghi, Sims, e Sargent. Un conto è citare autori che portano fatti e dati a corroborare le proprie opinioni; un altro è citare opinioni altrui a supporto delle proprie. Tutte le citazioni di cui sopra sono del secondo tipo. Mi spiace, il principio di autorità con me non funziona.

Ma se proprio si vuole utilizzare le opinioni altrui, bisogna citarle nel contesto giusto. In particolare, Sargent e Sims confermerebbero la posizione degli autori perché “dissero chiaramente che per sopravvivere l’Eurozona ha bisogno di «its own jointly issued bonds a central fiscal authority and its own tax»”. Sargent e Sims (benché ben lontani dall’essere esperti di problemi europei), non sono folli. Un conto è un bond emesso centralmente  con un sistema di spesa pubblica e di tassazione unificati e limitati trasferimenti tra paesi; un altro, ben diverso,  è un bond emesso centralmente con una joint liability ma senza regole precise e uniformi di spesa pubblica e di tassazione, incluse le aliquote fiscali. La differenza è enorme, gigantesca. Non smetterò mai di stupirmi di quante persone riescano a ignorarla.

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Il Punto

  1. Serendippo

    Uno degli errori di Perotti – a mio avviso – è la pretesa di quantificare l’azzardo morale in caso di mutualizzazione del debito; sembra certo che l’occasione farebbe l’Italia ladra, e allora qualunque discussione inevitabilmente termina. Non si sta parlando di mutualizzare il debito tra due paesi a caso di continenti diversi ma tra paesi facenti parte di una confederazione da cinquant’anni.
    Un altro aspetto dell’articolo che io considero un errore è l’introduzione del populismo come dato di fatto e variabile indipendente della politica economica europea; quando Perotti scrive: “dà più tempo all’elettore tedesco per trovare il politico che ne interpreti il malessere, ribellarsi e mandare tutto all’aria – euro compreso”
    considera morta la Politica intesa come strumento per la guida di una nazione e riduce le possibili scelte dei governati a una strumentalizzazione del proprio popolo.

  2. Grazie dell’approfondimento

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