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Non di soli Npl è fatto il rischio delle banche

Giusto che la Banca centrale europea guidi le banche verso lo smaltimento dei crediti deteriorati, anche in vista di una futura assicurazione comune dei depositi. Ma gli Npl non sono le uniche fonti di rischio sistemico. E la Bce dovrebbe tenerne conto.

Letture comparate del comunicato Bce

Non soltanto i pazzi al potere sentono voci nell’aria. Anche i mercati, anzi gli uomini che nei mercati operano.

Andiamo con ordine. Agli inizi del mese d’ottobre, il consiglio di vigilanza della Banca centrale europea – guidato da Danièle Nouy – emana il documento di consultazione denominato Addendum alle linee guida della Bce per le banche sui crediti deteriorati (Npl). All’inizio, i media si concentrano su quanto l’Addendum prevede. E cioè che le banche, dal 1° gennaio 2018, tengano nuovi livelli di accantonamento prudenziale per le esposizioni past due, cioè quelle scadute da almeno 90 giorni, e per le inadempienze probabili (quando difficilmente il debitore è in grado di adempiere integralmente il proprio obbligo). In base a quel documento, le banche dovranno costantemente misurare quante risorse sono in grado di recuperare dal credito deteriorato e svalutarne la restante parte. Trascorsi sette anni per i crediti assistiti da garanzie e due anni per quelli non assistiti da garanzie, il credito deteriorato deve essere interamente svalutato. Le misure previste riguardano i crediti deteriorati futuri e non lo stock accumulato in passato; contengono target definiti e tempi certi.

L’obiettivo generale è di evitare che possa ripetersi una situazione come quella degli anni passati, con forte accumulazione di crediti deteriorati in alcuni paesi europei (Italia, Irlanda, Grecia, Cipro e Portogallo – grafico 1, tabella 1). Non disprezzabile, soprattutto nella prospettiva di mettere in piedi il fondamentale pilastro mancante dell’Unione bancaria europea: l’assicurazione comune dei depositi.

La regolazione messa in piedi per realizzare l’obiettivo, però, è ovviamente pro-ciclica e quindi discutibile sotto il profilo macroeconomico: quando si presenterà una nuova fase recessiva, e i crediti in sofferenza torneranno ad aumentare, le banche dovranno effettuare maggiori accantonamenti, contraendo di più l’offerta di credito e quindi contribuendo ad accentuare la fase recessiva. Non una grande idea. Forse bisognava pensare a regole basate su una dinamica dei crediti deteriorati depurata da quella derivante dal ciclo economico.

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Mentre i media si concentravano sui contenuti per il futuro dell’Addendum, i mercati hanno letto attentamente il comunicato con il quale il documento veniva lanciato. E lì si sussurra che la Bce sta studiando di rimettere mano alle regole che riguardano lo stock passato di Npl, un po’ genericamente, senza indicare tempi e target.

Non è chiaro se chi ha scritto il comunicato conoscesse il significato dei versi di Metastasio, secondo cui “voce dal sen fuggita / poi richiamar non vale”. L’effetto della voce nell’aria s’è infatti sentito: le banche italiane cominciano a perdere in Borsa più della media delle banche europee (grafico 1). Così qualche azienda quotata e i relativi azionisti hanno perso un bel po’ di soldi per il possibile futuro cambiamento della regolazione riguardante il passato. Sia chiaro: la Bce fa bene a guidare le banche verso lo smaltimento dei crediti deteriorati, al fine di ridurre la rischiosità del sistema economico dell’Eurozona e, ancora una volta, per diminuire le resistenze all’istituzione dell’assicurazione comune dei depositi. Ma “guidare” è cosa ben diversa dal creare incertezza che genera turbative di mercato.

Tanti altri rischi in banca

Va detto poi che gli Npl non sono le uniche fonti di rischio sistemico che le banche portano in grembo. Lo sono certamente per le banche tradizionali (come gran parte di quelle italiane), che raccolgono depositi dalla clientela e fanno crediti alle imprese e alle famiglie. Ma le banche d’investimento e le banche “universali” fanno anche e soprattutto altro. E questo altro porta a riempirsi la pancia di attività ad alto rendimento e perciò ad alto rischio (e a elevata volatilità), come per esempio i derivati quali le asset backed securities, i credit default swap e altri complessi strumenti finanziari. Si tratta di quelle attività di cui alcune banche americane ed europee si erano ingozzate negli anni dell’euforia (fino al 2007) e che hanno portato ai fallimenti bancari o ai salvataggi con soldi pubblici negli Usa, nel Regno Unito, in Germania, Irlanda, Spagna e altri ancora. Da lì ha avuto origine la crisi finanziaria ed economica globale, vale la pena di ricordarlo. I crediti deteriorati, invece, ne sono stati in gran parte la naturale conseguenza. Non per niente sono saliti di più nei paesi in cui la crisi è stata più lunga e più profonda.

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Non è nota al pubblico la dimensione esatta del rischio di mercato delle banche (derivante in gran parte dalla natura e dalla dimensione delle attività finanziarie in portafoglio), perché non è nota l’entità dei derivati non coperti che si cela negli attivi. Ma certo il livello di rischio sistemico delle banche europee, che compendia tutti i rischi , lascia capire che alcune grandi banche francesi, tedesche e spagnole – pur con una bassa incidenza di crediti deteriorati – rappresentano un potenziale di crisi molto ampio per tutta l’Eurozona.

Se la Bce trovasse il modo di tenerne conto contribuirebbe a ridurre la sensazione di accanimento terapeutico nei confronti dei soli crediti deteriorati.

Grafico 1 – Npl 2008-2016

Tabella 1

Grafico 2 – Andamento di borsa del settore bancario dal 5 ottobre 2017

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Se le vittime del terrorismo non sono tutte uguali

  1. Luca

    Professor Boitani, non ci si metta anche lei von il benaltrismo…
    Che gli NPL siano IL problema delle banche italiane è innegabile e guardare la pagliuzza negli occhi degli altri non ci aiuterà a risolvere il problema…

    • And

      Proprio sicuro che sia una pagliuzza? Ha dei dati così sicuri in merito?

  2. Marco

    Molto interessante, ma qualcuno potrebbe anche analizzare il perché di questo “accanimento terapeutico” che penalizza solo alcuni paesi e non altri? Quale è la volontà politica che c’è dietro? Quali sono le forze in gioco? Chi difende quali interessi e chi persegue quali strategie?
    Forse chiedo troppo ma chi altri può darmi questo tipo di risposte se non una testata di approfondimento seria come la vostra.

  3. Henri Schmit

    La crisi finanziaria iniziata 10 anni fa è stata una crisi del debito (eccessivo, facile, fasullo). Anche gli strumenti finanziari di cui parla l’articolo sono una questione di rapporto fra capitale e indebitamento: una banca più solida si può permettere di speculare di più, può sottoscrivere più prodotti ad alto rendimento e quindi rischiosi. Banca d’Italia sostiene la tesi che la causa principale del volume eccessivo dei NPL è la recessione, quindi importata: crisi globale creata oltreoceano e austerità miope delle autorità europee. Non condivido quest’analsi. La recessione in Italia sarebbe stata cinque volte la media dell’eurozona? Perché altrove i NPL o non sono aumentati eccessivemente o sono stati rapidamente ridimensionati? La risposta mi sembra evidente: i crediti deteriorati non sono un’effetto ma una concausa della crisi creata e svilupatasi appunto attraverso il credito fasullo, imprudente, irregolare (conflitti, assenza di procedure etc), e in numerosi casi criminale (truffe a danno di privati o dello stato, anche nelle prime banche), vicende assai frequenti, poco pubblicizzate. La seconda causa è la lentezza delle decisioni e delle procedure, un sistema faraginoso per l’esecuzione delle garanzie, per la risoluzione delle crisi aziendali, costi inutili che fanno vivere una fetta della popolazione. Qualcosa è stato fatto (popolari, procedure d’esecuzione, legge fallimentare, patto marciano), ma per troppo tempo le vere cause del disastro sono state tacciute.

    • And

      Lentezza invece che non c’è stata nel fornire aiuti pubblici alle Landesbank, così come sono perfette le norme che tengono le Sparkasse lontane dalla vigilanza della BCE.

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