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Le scelte finanziarie migliorano con una spinta gentile

Non basta l’educazione finanziaria per garantire buone scelte di investimento. Perché poi bisogna ricordarsi di avere informazioni e conoscenze per le decisioni corrette. È qui che entra in gioco quella “spinta gentile” che in Italia potrebbe essere utile.

Le cause degli investimenti sbagliati

La teoria economica tradizionale descriveva l’homo oeconomicus come un soggetto perfettamente razionale; negli ultimi anni vi è stata però un’inversione di tendenza e una poderosa quantità di evidenze sperimentali (divulgate in libri, a, b, che hanno riscosso un notevole successo anche in Italia) ha documentato la tendenza umana a commettere errori.

Questo filone di ricerca, noto come economia comportamentale, si avvale delle conoscenze sviluppate in diverse discipline (economia, psicologia, sociologia e neuroscienza) per meglio comprendere i processi decisionali e le distorsioni che li affliggono. In ambito finanziario, la finanza comportamentale considera come gli investitori siano influenzati nelle loro scelte da numerosi distorsioni cognitive. D’altra parte, decidere su cosa e quanto investire o come movimentare un investimento sono decisioni difficili che richiedono conoscenza dei mercati, delle tecniche e delle tipologie di investimento. Ecco perché l’educazione finanziaria può essere utile per permettere scelte più consapevoli, soprattutto in un paese come l’Italia, ultimo tra quelli europei in questo campo.

Pur essendo condizione necessaria per una buona gestione degli investimenti, l’educazione finanziaria non è però sufficiente. Tant’è che anche gli investitori esperti commettono errori, in parte attribuibili a diverse distorsioni cognitive, quali ad esempio l’eccessiva fiducia nelle informazioni possedute e nella capacità di utilizzarle meglio degli altri (overconfidence); la preferenza per gli investimenti con cui si ha più familiarità che spesso coincidono con quelli appartenenti al paese di origine (home bias); la spinta a mantenere lo status quo (status quo bias), preferendo non cambiare la composizione del portafoglio, spesso associata all’avversione alle perdite, che rende il dispiacere che ne deriva più che doppio rispetto al piacere derivante da guadagni di pari entità.

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Anche se in alcuni casi le distorsioni e il ricorso a euristiche possono aiutare a prendere buone decisioni, molti studi documentano come esse possano portare gli individui a effettuare scelte che rimpiangeranno successivamente.

Un modo per cercare di attenuarne l’effetto è quello di intervenire con politiche dette di “nudging”, ossia interventi che hanno l’obiettivo di migliorare il benessere degli individui orientando le loro decisioni senza tuttavia vietare alcuna azione. Ne sono esempi un accesso più facile alle informazioni, lo stabilire adeguate opzioni di default, il presentare le stesse alternative in modi diversi (framing), il focalizzare l’attenzione su determinati valori o caratteristiche (priming) o il ricordare informazioni rilevanti attraverso l’invio di promemoria. Politiche di questo tipo sono state realizzate in diversi paesi e in particolare negli Stati Uniti, dove Cass Sunstein (l’autore di Nudge: una spinta gentile) è stato chiamato da Barack Obama per migliorare le politiche federali, e in Gran Bretagna dove nel 2010, sotto il governo di David Cameron, è nato il Behavioural Insights Team (Bit).

Un esperimento con gli studenti

Ispirandoci all’idea che non basta disporre di informazioni, ma che è necessario anche tenerle a mente, abbiamo condotto un esperimento con i nostri studenti in cui si cercava di capire se ricordare agli individui l’esistenza delle distorsioni comportamentali permette loro di fare scelte di investimento più accorte. Il nostro studio ha coinvolto un campione di studenti universitari del corso di Tecnica di Borsa, quindi operatori non professionali, ma comunque dotati di una buona cultura teorica nel campo della finanza. Gli studenti hanno negoziato per circa cinque settimane sulla piattaforma “Virtuale” di Borsa Italiana, avendo come incentivo la possibilità di ottenere un bonus da aggiungere al punteggio dell’esame. Dopo due settimane di negoziazione gli studenti sono stati randomizzati in un gruppo di trattamento, che ha ricevuto il promemoria sull’esistenza di bias comportamentali, e un gruppo di controllo che non lo ha ricevuto. Confrontando i risultati dei due gruppi, gli studenti che hanno ricevuto il messaggio ottengono un rendimento più alto di 1,8 punti percentuali. Non siamo in grado di testare l’effetto del messaggio su tutti i possibili bias, ma abbiamo cercato di capire quali siano i motivi che inducono a una migliore performance: non c’è evidenza di una riduzione della frequenza delle negoziazioni, però gli studenti che ricevono il promemoria tendono ad attenuare l’home e lo status quo bias aumentando la diversificazione del proprio portafoglio.

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Dalla nostra ricerca emerge dunque che semplici messaggi che ricordano agli individui alcune informazioni o li aiutano a concentrare l’attenzione su particolari aspetti della scelta possono portare a un miglioramento del benessere. Lo confermano tanti altri esperimenti: ad esempio ricordare agli individui l’eventualità di spese impreviste determina un aumento nei risparmi e nella contribuzione pensionistica. Queste politiche non sostituiscono quelle che tendono a rafforzare le conoscenze finanziarie, ma possono essere complementari. Forse anche in Italia si può pensare di aumentare l’efficacia delle politiche pubbliche attraverso una “spinta gentile”. Ne potrebbero derivare considerevoli guadagni, se è vero che in Inghilterra l’attività svolta dal Bit avrebbe fatto risparmiare almeno 300 milioni di sterline in cinque anni, ripagando di venti volte l’investimento iniziale.

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  1. Virginio Zaffaroni

    Mi colpisce l’incipit dell’articolo, aldilà dell’interessante contenuto successivo. Ho la sensazione che tra noi pubblico esista un equivoco tra il concetto di razionalità dell’homo oeconomicus ed economia comportamentale. Bisogna forse intendersi. Se la natura della teoria economica è in ultima analisi prescrittiva allora essa non può che immaginare un astratto homo oeconomicus razionale. E’ come se dicesse “comunque tu uomo normale sia fatto guarda che la razionalmente le cose sono così e così, per il resto vedi tu”. La razionalità cioè non è negli uomini ma insita nelle verità profonde delle cose e la teoria la cerca lì. In tal modo mi pare che la teoria economica conservi la sua autonomia e specificità di scienza delle scelte razionali. In tal caso lo studio dei comportamenti è esterno ad essa e servirebbe solo a misurare la distanza tra la forza delle leggi naturali dell’economia e la psicologia umana.
    Se invece si ritiene che la teoria economica sia teoria essenzialmente descrittiva, che si occupa di come le cose effettivamente vanno, incorporando quindi già l’irrazionalità umana, allora si dovrebbe pensare che essa non abbia più autonomia e specificità di scienza (seppure un po’ inesatta..) ma che sia un ibrido confuso tra matematica, psicologia, sociologia, arte divinatoria e consolazione della filosofia.

  2. Savino

    La funzione e la missione di ogni settore pubblico, in economia come per la sanità, l’ambiente, l’educazione, la formazione, il sapere, il sociale ecc. dovrebbe essere sostanzialmente pedagogica. Lo Stato non deve essere percepito dai cittadini come un nemico da combattere, ma come un saggio cui ispirarsi nelle scelte di vita.
    Quando, ad esempio, lo Stato italiano ha scelto l’adesione alla Comunità Europea o all’Euro ha fatto scelte giuste ed importanti per il nostro benessere e per il futuro delle generazioni. Bisogna portare avanti un messaggio positivo rispetto a queste scelte, a fronte di afrettati e veementi giudizi di accanimento.

    • Renzo

      Lo Stato può essere anche pedagogico. Una saggia e sobria legislazione, ad esempio, può e volte deve esserlo (purché non sconfini in una funzione meramente etica); valgano per tutti la legge sul divieto di fumare o alcune leggi sull’ambiente che hanno in qualche modo cambiato in positivo le nostre abitudini. Negli ultimi anni, però, essendo drammaticamente calata la qualità dei legislatori, prevalgono l’emergenza, la vista corta e la demagogia (insomma: una euristica “intestinale”) e di ciò rischiano di soffrirne in particolare le problematiche economiche.

      • Savino

        Ha ragione, ma non sottovaluti anche il calo di qualità, di sapere, di informazione, di senso civico, di buon senso e di buona educazione da parte del cittadino-elettore.

        • renzo

          Non volevo certo “assolvere” il cittadino, anzi! Non saprei se la forbice culturale tra le classi della popolazione si sia ultimamente allargata più o meno di quella economica, ma di sicuro è resa più evidente a causa della grande disponibilità di informazioni (grazie o per “colpa” dei social) cui non corrisponde una adeguata capacità di decodifica da parte dei più.

  3. Il post è molto interessante

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