La nuova legge elettorale italiana dovrebbe fondarsi sul modello tedesco. Che però è complesso e ha seri difetti di sostanza e di forma. In più, in Italia mancherebbe un elemento importante: la sfiducia costruttiva, che favorisce la stabilità dei governi.
Il tassello mancante
L’unico vero vantaggio di ricalcare il modello tedesco per la nuova legge elettorale italiana è che quasi tutte le forze in campo lo accettano. L’ampiezza del consenso è apprezzabile, ma anche sospetta. La costante delle numerose varianti discusse fino al compromesso del 5 giugno in commissione Affari costituzionali è che la soluzione comunque non permetterà di risolvere il problema cruciale della governabilità. Perché?
Il modello originale – quello che vige in Germania – è un sistema doppio, in parte uninominale, in parte a liste circoscrizionali bloccate, interamente proporzionale, nei limiti della soglia di sbarramento (Sperrklausel) fissata al 5 per cento. Il compromesso italiano riduce il peso dell’uninominale: 234 seggi uninominali e 396 seggi proporzionali per la Camera, 112 e 203 per il Senato.
Il riparto nazionale con la soglia al 5 per cento assicurerà la presenza in parlamento sicuramente di quattro liste (M5s, Pd, Fi, Lega), forse di sei (con alleanze elettorali di sinistra e destra radicali), oltre all’eventuale presenza di indipendenti, esattamente come accadrà in Germania – secondo gli ultimi sondaggi. Nell’attuale Bundestag sono rappresentati solo quattro partiti. Comunque sia, nessuna lista avrà la maggioranza assoluta e, d’altra parte, tutti i governi della Repubblica federale sono stati di coalizione.
L’esigenza di allargare la maggioranza diviene ancora più stringente con il bicameralismo paritario, che in Germania non esiste. Il Bundesrat non è un secondo ramo del parlamento, ma solo il luogo dove, secondo determinate regole, si esprimono i pareri, in certe materie vincolanti, dei governi dei Länder. Nonostante gli slogan, una legge elettorale che si ispira al modello tedesco non basterà per rendere omogenea la composizione delle due camere in Italia. Lo strumento costituzionale decisivo, che in Germania favorisce la stabilità del governo è la sfiducia costruttiva, e nella legge italiana in discussione non è prevista.
Un modello difettoso
Il modello elettorale tedesco ha seri difetti, di sostanza e di forma. Il Bundestag è composto da due classi di deputati, metà eletti, metà nominati. Le liste bloccate (starre Listen) violano i diritti elettorali fondamentali sacrificando la responsabilità individuale di metà dei deputati. Secondo molti osservatori sono la base della partitocrazia tedesca. Da sempre contestate da alcuni dei protagonisti politici e da una parte della dottrina, le liste bloccate sono state dichiarate conformi dalla Corte federale costituzionale sin dal 1957, in virtù della teoria – ora messa in discussione – dello stato costituzionale come stato dei partiti (Parteienstaat), incompatibile con una concezione italiana più liberale fondata sull’articolo 49 della Costituzione.
Le modalità di voto del sistema tedesco sono complesse. La scheda doppia prevede un voto uninominale (Erststimme) e un voto di lista per il land (Zweitstimme), con facoltà di voto disgiunto. Il riparto proporzionale tiene conto dei seggi già assegnati nei collegi. Di fatto, quasi tutti i mandati individuali sono conquistati da candidati dei partiti maggiori. Il sistema doppio (uninominale e liste bloccate) e bi-proporzionale (Bund e Land) crea numerosi problemi tecnici, che in Italia saranno aggravati dal numero fisso dei parlamentari, ma di poco conto sotto il profilo della lesione dei diritti elettorali individuali. Per quanto riguarda l’Italia, il compromesso raggiunto in commissione non permette il voto disgiunto e conta il voto uninominale anche per la lista della circoscrizione.
Le alternative
Per favorire la governabilità si potrebbe separare il riparto proporzionale dai collegi uninominali aumentando il peso di questi ultimi (secondo il modello Mattarellum). In Germania, una proposta per riformare la legge elettorale puntava a eliminare il doppio voto abolendo i collegi e contando l’unica preferenza sia per il candidato che per la lista. Nonostante le apparenze, la soluzione italiana fa l’opposto. I promotori del compromesso si vantano di rinunciare alla figura del capolista che scavalca il vincitore dell’uninominale, ma mantengono le liste bloccate aumentando addirittura il loro peso. Ridurre la quota uninominale a meno del 40 per cento dei seggi e vietare il voto disgiunto, dando così alla preferenza uninominale un secondo e più importante significato, sono scelte che peggiorano la già discutibile logica del modello tedesco.
Se la copia replica i vizi dell’originale e ne aggiunge altri, l’Italia rischia di trovarsi con un sistema che grazie alla preponderanza delle candidature bloccate accontenta oggi i partiti, ma che, senza l’elemento cruciale della sfiducia costruttiva, non favorirà domani la governabilità e che per di più rischia dopodomani di essere di nuovo contestato, a causa delle candidature privilegiate delle liste bloccate.
La rappresentatività e la governabilità, i due principi contrapposti che dominano il dibattito pubblico, rimarranno sempre solo obiettivi contingenti, aleatori, almeno finché vale l’articolo 67 che vieta i vincoli di mandato. I due obiettivi sarebbero meglio garantiti attraverso un sistema uninominale a doppio turno (Francia) o attraverso un sistema proporzionale a voto unico (Finlandia) in piccole circoscrizioni. Contrariamente a liste e candidature bloccate, la responsabilità individuale degli eletti davanti agli elettori favorisce comportamenti coerenti e virtuosi, e quindi la solidità della maggioranza e la stabilità del governo.
Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.
9 Commenti