Le donne cambiano e cambiano la società. È quanto emerge da uno studio dell’Istat. Ma proprio per questi mutamenti è sempre più difficile parlare di donne in generale. Differenze di coorte, di classe sociale, di collocazione territoriale disegnano anche importanti diseguaglianze di opportunità.

I motivi di ottimismo

Donne, motore di innovazione, agenti di cambiamento, modificano se stesse, cambiando profondamente la società. A dieci anni di distanza dalla precedente edizione, il volume dell’Istat “Come cambia la vita delle donne”, prosegue nel raccontarne la marcia, sfruttando le sempre più ricche informazioni statistiche prodotte dall’Istat. Con migliori risultati negli studi e con maggiore interesse per le attività culturali rispetto agli uomini, le donne italiane oggi stanno modificando profondamente gli equilibri tra sfera domestica, lavorativa, sociale. Aumentano i tassi di attività femminile, anche se i tassi di occupazione non riescono a raggiungere ancora il 50 per cento. Di conseguenza, aumenta anche il tasso di disoccupazione, soprattutto tra le più giovani. In particolare, la crescita dell’occupazione femminile è stata incessante dal 1995 fino al 2008: più di 1 milione 700 mila donne occupate in più, distribuite in tutti i settori e in tutte le professioni. L’arrivo della crisi ha frenato questa dinamica, anche se le donne hanno retto meglio, perché più inserite nei servizi e meno nell’industria e nelle costruzioni. Il tasso di occupazione delle ultracinquantenni è aumentato sia per le misure pensionistiche introdotte sia per l’arrivo ai cinquanta-sessanta anni di donne di generazioni che hanno sperimentato fin da giovani più alti tassi di occupazione, cioè per un effetto generazione. È aumentata l’occupazione delle donne straniere, nuovo soggetto emergente degli ultimi dieci anni in Italia, perché inserite nell’unico settore che non ha conosciuto caduta di occupazione, i servizi alle famiglie. L’assistenza agli anziani non autosufficienti si configura sempre più come un bisogno incomprimibile, e le famiglie tagliano su altre spese piuttosto che privarsi di un supporto così fondamentale di fronte alle difficoltà nel campo della spesa sociale pubblica. Sono aumentate le breadwinner al Sud: con la caduta dell’occupazione maschile dei capifamiglia, le donne si sono messe in gioco, anche se nel Mezzogiorno la situazione è difficile per tutti.

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Differenze in aumento

Ma ciò che contraddistingue maggiormente il percorso degli ultimi venti anni è che, mentre le distanze di genere in termini di partecipazione al mercato del lavoro sono diminuite, le differenze tra le donne, come pure quelle tra gli uomini, sono aumentate.
Negli anni Novanta il grande ingresso nel mercato del lavoro ha riguardato quasi esclusivamente le donne del Centro Nord; il Sud ha raccolto solo le briciole della crescita dell’occupazione femminile. Insomma, si è trattato di un aumento dell’occupazione femminile al prezzo di una crescita delle differenze territoriali. Per gli uomini la situazione è analoga, anche se la dinamica è del tutto diversa. A Sud il declino dell’occupazione maschile si manifesta, infatti, come un processo di lungo periodo, che viene da lontano e non come una mancata crescita come è avvenuto nel caso delle donne. A Sud il tasso di occupazione maschile è ora poco più del 50 per cento. Agli inizi degli anni Novanta si attestava al 60 per cento e alla fine degli anni Settanta, quando le differenze territoriali erano molto più contenute, era pari al 70 per cento.
Più occupate e più istruite, le donne italiane presentano anche percorsi di vita più complessi e frastagliati del passato: escono dalla famiglia di origine non più solo per matrimonio, vivono periodi della vita anche da sole. Si spostano per studiare e anche per lavorare. Anche le donne immigrate arrivano sempre più nel nostro paese per motivi di lavoro, non solo per ricongiungimento famigliare, e svolgono il ruolo di ‘apripista’ rispetto alla famiglia ‘spezzata’ lasciata nel luogo di origine.
Questi, e altri, cambiamenti mutano il panorama della società italiana, il modo in cui si organizzano le famiglie, le esigenze che presentano i lavoratori diventati sempre più anche lavoratrici nella organizzazione del lavoro, mutamenti che interrogano le politiche sociali e le culture aziendali, oltre che i modelli di genere. Rendono sempre più difficile parlare delle “donne” in generale. Differenze di coorte, di classe sociale, di collocazione territoriale disegnano infatti anche importanti diseguaglianze di opportunità.

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Grafico 1 – Tasso di occupazione

donne

Grafico 2 – Tasso di occupazione

uomini

 

 

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