Il disegno di legge sulla concorrenza punta a superare il regime transitorio di maggior tutela per consumatori e piccole aziende nel mercato elettrico. Perché il mercato libero già oggi offre possibilità di risparmi più alti, mentre l’ingessamento della domanda rallenta l’innovazione commerciale.
La situazione attuale
Chi protegge il consumatore elettrico? Il disegno di legge sulla concorrenza, in discussione alla Camera, delinea la strada per il superamento dell’attuale regime “transitorio” di maggior tutela. La maggior tutela copre le famiglie e le piccole e medie imprese (connesse in bassa tensione, con meno di 50 dipendenti e un fatturato inferiore a 10 milioni l’anno) che non hanno un contratto sul mercato libero. Sono rifornite a condizioni fissate trimestralmente dall’Autorità per l’energia (Aeegsi) sulla base dei costi di approvvigionamento di “acquirente unico” (un aggregatore di domanda a capitale interamente pubblico). Secondo il monitoraggio Aeegsi tra il 2012 e il 2013, il numero di famiglie sul mercato libero è cresciuto dal 21 al 25 per cento (al netto di quanti hanno seguito il percorso inverso), mentre le Pmi sono passate dal 37 al 40 per cento. Se si guarda invece ai consumi energetici, tale quota è cresciuta, rispettivamente, dal 24 al 29 per cento e dal 66 al 68 per cento: segno che si sono mossi principalmente i consumatori con una domanda più elevata e, quindi, più motivati a cercare offerte maggiormente convenienti (figura 1).
Figura 1 – Numero di clienti in maggior tutela da luglio 2007 a ottobre 2014
Fonte: elaborazione su dati AU
La migrazione dei consumatori dalla maggior tutela al mercato libero sembra incoerente con una diffusa “leggenda metropolitana”, secondo la quale i prezzi sul mercato libero sarebbero nettamente superiori a quelli di tutela. La credenza deriva forse da una lettura frettolosa del rapporto Aeegsi. Tuttavia è chiaro, da una lettura più attenta, che il gap di prezzo è riconducibile interamente alla scelta (sottolineo: scelta) di molti consumatori di sottoscrivere offerte a prezzo bloccato. Il confronto coi prezzi di tutela, in questo caso, è metodologicamente scorretto, in quanto si tratta di due prodotti diversi. Chi preferisce il prezzo bloccato “compra” certezza, più che risparmio. D’altra parte, non è sorprendente che in un periodo di calo dei prezzi all’ingrosso il prezzo variabile sia, in termini monetari, conveniente; non è detto che, in un contesto differente, questo sia ancora vero. In tutti i casi, le potenzialità di risparmio restano significative. Un consumatore domestico tipo (3 kW di potenza e consumo pari a 2.700 kWh/anno, secondo la definizione Aeegsi) può spendere fino a 53,5 euro all’anno in meno (10,7 per cento) se sceglie un’offerta a prezzo variabile, fino a 34,5 euro l’anno (6,9 per cento) se preferisce il prezzo bloccato. Delle sette offerte a prezzo variabile disponibili, sei battono la tutela in termini monetari; delle diciannove a prezzo bloccato, otto lo fanno (fonte: estrazione dal Trova offerte Aeegsi effettuata il 19 giugno 2015).
I passi da fare
Proprio quest’ultima considerazione introduce un tema centrale nell’ambito della liberalizzazione dei mercati retail dell’energia elettrica. Oltre al risparmio, sono infatti due le ragioni di fondo. In primo luogo, la presenza di un’offerta di riferimento “pubblica” favorisce nei consumatori una presunzione di protezione, che può “ridurre la propensione a switchare verso offerte migliori”, come scrive l’Acer (l’Agenzia che coordina i regolatori europei, inclusa Aeegsi). In altre parole, la tutela non tutela, ma ingessa, il consumatore. Per proteggerlo dagli abusi esistono altri e più appropriati strumenti, a partire dalla regolamentazione di settore e dal normale esercizio dei poteri dell’Antitrust (che infatti sollecita l’eliminazione della maggior tutela). In secondo luogo, l’ingessamento della domanda non è privo di effetti dal lato dell’offerta. Rallenta infatti l’innovazione commerciale, impedendo quel processo di sofisticazione del servizio che, invece, ha segnato la telefonia negli ultimi vent’anni. Non vale l’argomento che le telecomunicazioni hanno potuto godere di un progresso tecnologico che non c’è nell’elettrico. L’evidenza dimostra che le nuove tecnologie si impongono proprio attraverso le pressioni concorrenziali: per esempio, sebbene ciò fosse tecnicamente possibile da molto tempo, i taxi hanno iniziato a modernizzarsi solo dopo l’arrivo di piattaforme alternative. Nel caso in questione, innovazione significa far evolvere gli operatori da puri venditori di una commodity in fornitori di un servizio complesso. Questo processo di differenziazione dell’offerta è in parte già in atto: ne sono esempi le citate offerte a prezzo bloccato, quelle dual fuel, quelle green, e molte altre. Ma la vera rivoluzione viene dall’intrecciarsi della vendita di energia coi servizi di efficienza energetica, come enfatizza l’Acer. Il nesso tra mobilità della domanda e differenziazione dell’offerta è ben visibile mettendo in relazione il numero di offerte commerciali disponibili (e dunque l’ampiezza della libertà di scelta dei consumatori) col numero di anni trascorsi dall’apertura dei mercati retail (figura 2).
Figura 2 – Numero di offerte commerciali presenti nelle capitali di Stati europei rispetto agli anni trascorsi dalla liberalizzazione.
Fonte: Acer.
Il cambio di paradigma presuppone un intervento a 360 gradi sulle condizioni al contorno: tempistiche di fatturazione e conguaglio, gestione dei processi di passaggio di gestore, contrasto alla povertà energetica, smart meter, e altro ancora. Le offerte stesse vanno rese più confrontabili anche attraverso il potenziamento di strumenti come il Trova offerte e una maggiore chiarezza delle comunicazioni commerciali. In quest’ottica, introdurre una data limite (come fa il disegno di legge sulla concorrenza) è salutare perché implica un obbligo di arrivare a una conclusione che finora è mancato: in fondo, la maggior tutela è stata spesso un alibi per rimandare questo tipo di interventi. Il consumatore elettrico, formalmente libero dal 2007, è ormai sufficientemente maturo per tutelarsi da sé: è giunta l’ora di togliergli i braccioli e lasciarlo nuotare.
* Carlo Stagnaro è capo della segreteria tecnica del ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi. Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire all’autore e non investono la responsabilità dell’istituzione di appartenenza.
Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.
11 Commenti