La disponibilità del 730 precompilato può rappresentare una novità positiva, in grado di snellire il rapporto tra fisco e contribuente e diminuire i costi di adempimento. Lo è senz’altro per i contribuenti senza oneri detraibili. Altri invece potrebbero rimetterci.
In quanti presentano il 730
Dal 15 aprile i contribuenti possono accedere al nuovo sistema di dichiarazione 730 precompilata dall’amministrazione finanziaria. È già stato sottolineato come l’accesso al nuovo sistema non sia agevole, in continuità con una tradizione degli enti pubblici dissonante con i dettami e proclami della Pa digitale. È però una novità utile per i contribuenti interessati? Cerchiamo di capirlo.
Secondo le ultime statistiche fornite dal dipartimento delle Finanze i contribuenti Irpef sono un po’ meno di 41 milioni. I contribuenti con una sola fonte di reddito non sono tenuti a presentare la dichiarazione, perché tutte le informazioni sono documentate nei 770 del datore di lavoro. Quelli che hanno presentato il modello 730 sono invece più di 19 milioni (poco meno di uno su due) e sono suddivisibili in tre gruppi:
1) contribuenti con più fonti di reddito senza detrazioni o deduzioni per oneri e spese, quasi 4 milioni di unità, il 20 per cento dei 730;
2) contribuenti con una o più fonti di reddito e con oneri deducibili o detraibili che decideranno di modificare o integrare la dichiarazione precompilata;
3) contribuenti con una o più fonti di reddito con oneri deducibili o detraibili, ma che decideranno di accettare e inviare la dichiarazione precompilata dal fisco pagando più imposta del dovuto.
Una novità positiva?
La disponibilità di un 730 precompilato pare rappresentare una novità positiva, in grado di snellire il rapporto tra fisco e contribuente e di alleggerire i costi di adempimento. Ma non è sempre così e, come spesso accade, il diavolo sta nei dettagli.
È chiaro che più è alta la quota di contribuenti con altre detrazioni e deduzioni sul totale dei 730 (in tutto l’80 per cento), minore è il vantaggio di averlo precompilato: in questi casi il contribuente deve comunque ricontrollare il modello, poiché solo una minoranza delle voci deducibili e detraibili possono essere riportate direttamente e correttamente dal fisco.
Il grado di informatizzazione del contribuente medio non è elevato e il grado di conoscenza della normativa fiscale non è da meno. Una quota molto bassa di contribuenti “730” è in grado di verificare la correttezza delle informazioni riportate nella dichiarazione precompilata; molti meno i contribuenti in grado di verificare la correttezza del quadro riepilogativo di imposta, acconti e saldo.
Di conseguenza, per chi può integrare il precompilato con ulteriori dati su deduzioni e detrazioni, la tentazione di ricorrere all’assistenza fiscale è molto alta, soprattutto da quest’anno è “certificata” ed esenta i contribuenti dal rischio di futuri controlli: i professionisti del fisco, in caso di errori, saranno responsabili non solo delle conseguenti sanzioni, ma anche della maggiore imposta accertata.
Ciò sta inducendo gli operatori fiscali a procedere con maggiore accuratezza rispetto al passato, verificando meglio le informazioni del contribuente. Ne consegue un maggior “esborso” in termini di tempo per entrambe le parti e di denaro per il contribuente, poiché la remunerazione richiesta da professionisti e Caf è aumentata di qualche decina di euro per tutti (penalizzando anche quelli che conoscono la normativa fiscale ma con basso livello di informatizzazione).
Accettare o modificare?
Per chi ha oneri detraibili “da usare” una prima alternativa è quella di rinunciare all’assistenza fiscale e inviare online il 730 dopo aver apportato le modifiche; in questo caso, però, l’onere del controllo della dichiarazione ricade sull’amministrazione finanziaria e, indirettamente, sul contribuente eventualmente controllato e accertato.
Una seconda e più semplice alternativa è accettare in toto le informazioni riportate nella dichiarazione precompilata, in cambio della sicura assenza di controlli e contestazioni. In questo caso, però, il contribuente rinuncerà alla fruizione delle deduzioni e detrazioni spettanti, il che fa immaginare che tale comportamento sarà funzione inversa del relativo sgravio d’imposta: sarà conveniente accettare la dichiarazione proposta solo in caso di detrazioni basse, più basse dell’onorario richiesto dal Caf o dal commercialista.
Tanto maggiore sarà la quota di contribuenti che effettueranno questa scelta, tanto minore sarà il successo del modello precompilato, con un maggiore gettito per lo Stato e una distorsione della stessa progressività dell’Irpef, fondata anche sul disegno delle detrazioni.
Per i contribuenti senza oneri detraibili, per i quali i dati precompilati e la liquidazione potrebbero essere accettati e inviati online senza oneri finanziari e di adempimento, si configura generalmente un vantaggio. Ma anche in questo caso esiste una minoranza di contribuenti che potrebbe rimetterci: a qualcuno è già capitato di vedere annotata sul suo precompilato una fonte di reddito e non la relativa ritenuta subita, regolarmente riportata invece nella certificazione ricevuta, mentre a qualcun altro compaiono interessi per mutuo prima casa che però non sono utilizzati come detrazione nel calcolo dell’imposta dovuta.
Questi errori o scelte del fisco (alcune spese detraibili potrebbero essere del periodo precedente e perciò riportate, ma non usate nel calcolo della liquidazione) sono comprensibili, considerando l’enorme mole di lavoro svolta dall’amministrazione in poco tempo, ma spingono il contribuente a un sistematico riscontro sia documentale che del calcolo d’imposta del proprio precompilato.
Un altro vantaggio per il contribuente si potrebbe osservare nel caso inverso, ovvero situazioni in cui è assente nella dichiarazione precompilata un reddito imponibile, il che consentirebbe al contribuente una sorta di evasione legittimata.
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