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QUANTO COSTA NON DECIDERE

L’adozione pro rata del metodo contributivo per tutti i lavoratori dal 1° gennaio 2012 è un provvedimento apprezzabile sia per i suoi effetti sull’equità intergenerazionale, sia per le implicazioni, almeno nel medio termine, sul contenimento della spesa per pensioni. Se questa scelta fosse stata adottata nel 1995 con la riforma del sistema previdenziale, i risparmi per il bilancio del settore pubblico sarebbero stati crescenti nel tempo, per un ammontare complessivo pari a quasi due punti di Pil. E la riduzione sarebbe stata maggiore per le prestazioni elevate.

L’adozione pro rata del metodo contributivo per tutti i lavoratori a partire dal 1° gennaio 2012 è uno dei punti all’ordine del giorno dell’ennesima riforma delle pensioni. Si tratta di un provvedimento apprezzabile sotto differenti punti di vista, sia per i suoi effetti sull’equità intergenerazionale, sia per le implicazioni, almeno nel medio termine, sul contenimento della spesa per pensioni.

QUANTI SONO I PENSIONATI DAL 2000

Quando, nel 1995, venne introdotto il sistema contributivo, il legislatore decise di effettuare una netta cesura nel trattamento che sarebbe stato riservato alle generazioni allora viventi. In particolare, la regola contributiva sarebbe stata calcolata pro-rata solo per coloro che all’epoca avevano meno di 18 anni di contribuzione. I lavoratori più anziani invece vennero “graziati”, tanto che per loro ha continuato fino ad oggi a valere la più generosa regola retributiva. Perché hanno potuto godere di regole di accumulazione dei diritti pensionistici più generose rispetto a quelle riservate ai lavoratori più giovani? La risposta va ricercata nella maggiore abilità di questo gruppo sociale di essere rappresentato nelle sedi in cui la riforma fu decisa (il tavolo di concertazione tra governo e parti sociali) e non tanto in quello dell’equità o del rigore giuridico.
Ben venga dunque un intervento che coniuga risparmi per il settore pubblico a una maggiore equità nel trattamento riservato alle differenti generazioni.
Ma perché il legislatore ha aspettato così tanto tempo per compiere questo passo? E soprattutto la lentezza nel decidere ha avuto un costo?
La tabella 1, tratta da informazioni desunte dal casellario centrale dei pensionati dell’Inps, riporta il numero di nuovi pensionamenti per anzianità e vecchiaia nel periodo 2000-2010 (i dati precedenti non sono disponibili), con l’esclusione ovvia dei pensionati Inpdap. La grande maggioranza di coloro che hanno avuto accesso alla pensione tra il 1995 e oggi è andata in quiescenza con la regola retributiva. Il flusso annuale di nuovi pensionamenti è stato pari a circa 400mila individui e gli importi medi delle prestazioni sono assai differenti a seconda che si parli di pensioni di vecchiaia oppure di anzianità, con le seconde decisamente di importo più elevato delle prime. Ipotizzando flussi di pensionamento simili anche per il periodo 1996-2000, per i quali non disponiamo di informazioni, possiamo approssimare in 4,5 – 5 milioni il numero di pensionati “graziati” dal passaggio, seppure pro rata, al sistema contributivo.

Leggi anche:  Più lavoratori, ma più vecchi

Tabella 1

Elaborazioni da:
http://www.inps.it/portale/default.aspx?iMenu=12&bi=03&link=DATI+E+BILANCI

PENSIONI CON IL PRO RATA

L’introduzione del pro rata a partire dal 2012 produrrà riduzioni relativamente modeste sull’importo futuro delle pensioni. Ma cosa sarebbe successo se la scelta fosse stata effettuata subito, nel 1995? Per dare una (approssimativa) risposta abbiamo fatto ricorso ai dati della rilevazione dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane della Banca d’Italia nel periodo 1998-2008, che riporta, tre le altre informazioni, quella sull’importo (al netto della tassazione) delle pensioni di vecchiaia e anzianità, sull’anno di pensionamento e sull’anzianità contributiva al momento dell’uscita dal mercato del lavoro. Unite ad alcune ragionevoli ipotesi sulla dinamica salariale e su quella del Pil nel periodo esaminato, abbiamo ricalcolato la pensione con la regola del pro rata, per tutti coloro che nell’Indagine sono andati in pensione tra il 1996 e il 2008 e che avevano più di 18 anni di contribuzione nel 1995.
La tabella 2 riporta la riduzione media assoluta e percentuale delle pensioni liquidate anno per anno.
La riduzione media della pensione, sia in termini assoluti che percentuali, (e quindi il risparmio per il bilancio del settore pubblico) sarebbe stata crescente nel tempo, fino a superare i 1.500 euro medi per pensionato annui nella fase finale.

Tabella 2

Nostre elaborazioni sui dati delle Indagini campionarie dei bilanci delle famiglie italiane della Banca d’Italia. 1998 – 2008.

Ci possiamo poi chiedere se la riduzione delle pensioni avrebbe interessato prestazioni elevate o basse. A questo riguardo la tabella 3 mostra come si distribuiscono le pensioni potenzialmente interessate dal provvedimento ed evidenzia che nella maggior parte dei casi l’importo delle stesse le porta nella parte alta della distribuzione complessiva dei trattamenti per vecchiaia e anzianità.

Tabella 3

Quota 1: esprime la percentuale delle pensioni calcolate con il pro-rata all’interno di ogni singolo decile
Quota 2: esprime la distribuzione percentuale delle pensioni calcolate con il pro-rata tra i decili (in questo caso la somma per colonna è per costruzione pari al 100%).
Nostre elaborazioni sui dati delle Indagini campionarie della Banca d’Italia. 1998-2008.

La figura 1 infine riporta, a prezzi costanti 2008, il cumulo dei risparmi per il bilancio pubblico che sarebbero stati realizzati nell’ipotesi di adozione immediata della regola pro rata sin dal 1995.
Anche senza tenere conto dei risparmi futuri, la simulazione mette in evidenza come il risparmio complessivo derivante dall’adozione del pro rata sin dall’introduzione del sistema contributivo nel 1995 avrebbe generato risparmi pari a quasi due punti di Pil nei tredici anni per i quali i dati sono disponibili.
Coniugare equità e rigore sarebbe dunque stato possibile anche in passato. A volte (spesso) quello che è mancato è stato il coraggio di prendere decisioni costose nel breve periodo in termini politici.

Leggi anche:  Come riformare le pensioni anticipate

Figura 1
Risparmi per il settore pensionistico derivanti dall’adozione del pro rata nel 1995. Valori a prezzi costanti 2008. Milioni di euro.

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

  1. Bruno

    Se non ricordo male, a suo, si fece un gran parlare della necessità di costruirci la cosiddetta seconda gamba: i fondi. Ho scelto il fondo Cometa e, la beffa, il rendimento dopo il primo anno è stato inferiore che se avessi continuato a versare in azienda, che non potevo più fare. Altro argomento. Lo scalone della nuova riforma è traumatico.. Classe 53. Ho fatto qualche calcolo. Prima della riforma pensionamento previsto al 1 NOV 2015. Dopo la riforma: al 1 Aprile 2020 (anzianità di 43 anni e 2 mesi) oppure 1 Giugno 2020 (vecchiaia 66 + 11 mesi). Con assegno ridotto, leggo 1% anno, di ca 8% che diventa significativo. Senza parole.

  2. Giancarlo Ascione

    Come giustamente ricordano gli autori la riforma Dini, inizialmente prevista con il passaggio al contributivo per tutti, virò al sistema “misto” sulla base dell’anzianità pregressa anche, se non soprattutto, per la fiera opposizione dei sindacati, la cui platea di associati era allora costituita in maggioranza da persone in regime retributivo. La discriminizione fu sopportata senza eccezione di costituzionalità da parte di nessun soggetto, forse perchè perpetrata a sfavore dei “venienti” cioè dei più giovani. E perchè su questo poteva innestarsi più facilmente il “pilastro” della complementare con i fondi chiusi gestiti dagli stessi sindacati. Ancora una volta il perenne e diffuso conflitto di interessi del nostro paese!

  3. Laura Dragosei

    Complimenti, queste cose chi si occupa di pensioni da anni le sapeva già, ma vederle scritte nero su bianco fa un altro effetto.

  4. Vittorio Palmieri

    E’ del tutto evidente che la riforma attuale fa pagare un prezzo elevato ad alcune persone. E’ del tutto comprensibile che queste persone rimangano senza parole. Eppure, non è possibile rinviare oltre una riforma sostanziale che abbatte una serie di privilegi, perché non è più possibile inseguire venature conservatrici radicate nella nostra società che condizionano il Paese.

  5. gfranco

    MA perche’ non applicare il la pensione con metodo contributivo anche a quelli andati in pensione dopo il 2000 salvaguardando gli importi inferiore a tre volte la pensione minima ?

  6. Marco 1952

    La riforma Fornero ha, per me, due colpe :una di aver colpito le mie aspettative, l’altra,molto più grave, di essere totalmente incoerente. Le pensioni dovrebbere essere gestite come una assicurazione ,quando i politici parlano di “solidarietà” in campo previdenziale i contribuenti onesti (per amore o per forza) mettano la mano sul portafoglio…La solidarietà andrebbe fatta a livello generale ,non espropriando i contributi. Un a gestione assicurativa dovrebbe prevedere una età di erogazione libera e una aliquota di rendimento crescente per chi si pensiona più tardi; dovrebbe però consentire anche sfruttare tutti i contributi. Non è così nella Caserma Fornero; vietato il passaggio al contributivo per gli ante 1996, sterilizzazione dei contributi aggiuntivi versati dopo i 40 anni per coloro che sono ingabbiati nel retributivo (spesso più sfavorevole come nel mio caso , dipendente pubblico retribuzioni reali calanti nei prossimi anni) . Si dirà che i dipendenti pubblici possono rimanere a lavorare ( personalmente non ne posso più, e poi rimanere per forza dà risultati ?) ma tale tesoi dimostra che la pensione è considerato un obolo per bisognosi.

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