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NUOVE METROPOLITANE, VECCHI ABBAGLI

Per ridurre traffico e inquinamento, amministrazioni e cittadini puntano sui grandi investimenti in infrastrutture di trasporto collettivo. Tanto che anche una piccola città come Aosta pensa di costruire una metropolitana. Ma le grandi opere urbane realizzate di recente o in fase di progetto hanno ricadute piuttosto modeste sulla domanda complessiva di mobilità e sulla ripartizione modale fra trasporto individuale e collettivo. Anche perché al momento della decisione si tendono a sottostimare i costi e a sovrastimare la domanda.

La via considerata più efficace da politici e cittadini per la riduzione della congestione e dell’inquinamento delle città è rappresentata dai grandi investimenti in infrastrutture di trasporto collettivo. Molte città italiane ed europee spendono ingenti risorse pubbliche per dotarsi di reti di metropolitane e tram in sostituzione dei sistemi di autobus esistenti, ritenuti inefficaci. Nelle grandi città europee reti più o meno estese di trasporto pubblico di massa servono oggi una quota significativa della domanda: nell’area metropolitana di Milano, ad esempio, all’incirca il 20 per cento dei 4,8 milioni di spostamenti giornalieri viene effettuato in metro.
 
METRO ANCHE NELLE PICCOLE CITTÀ
 
Negli ultimi anni anche molte città di piccola e media dimensione hanno voluto imitare le grandi aree urbane, progettando linee metropolitane di dubbia utilità. Ultima è la dichiarazione del sindaco di Aosta, 35mila abitanti, che vede con favore l’idea di una metropolitana. (1) 
Per quanto, in linea generale, gli investimenti infrastrutturali in ambito urbano siano da ritenersi preferibili a quelli che interessano i collegamenti in aree più disperse, quasi sempre la decisione di realizzare un’opera ha carattere esclusivamente “politico”, spesso celato sotto la parola “strategico”, e non è fondata su rigorose analisi trasportistiche. In molti casi le nuove infrastrutture, i cui costi graveranno in misura significativa sui bilanci comunali (e statali), verranno utilizzate per una frazione della capacità disponibile. I benefici in termini di viaggio porta a porta interesseranno quasi esclusivamente coloro che si spostano lungo il corridoio scelto, mentre per gli altri abitanti non cambierà nulla. Per una parte degli utenti, addirittura, l’aggravio di tempo dovuto alla necessità di raggiungere la fermata annulla o riduce il beneficio conseguente alla maggiore velocità commerciale dell’impianto fisso (recenti i casi dei tram di Bergamo e Padova). Gli impatti sulla mobilità complessiva sono modesti come dimostrano, tra gli altri, i dati recentemente pubblicati relativi a due opere aperte da qualche anno: la metropolitana automatica di Torino, aperta in due fasi tra il febbraio 2006 e l’ottobre 2007, e il minimetrò di Perugia in esercizio dal gennaio 2008.
 
I CASI DI TORINO E PERUGIA
 
Nell’area metropolitana torinese vengono effettuati all’incirca due milioni di viaggi in auto al giorno. Il numero di utenti della metropolitana, a oltre due anni dall’apertura, si attesta invece intorno alle 90mila unità. (2) Tuttavia, la maggioranza di costoro utilizzava in precedenza i mezzi pubblici di superficie, mentre solo una parte è stata effettivamente “creata” dalla nuova infrastruttura. Sulla base di casi analoghi, si può stimare che gli spostamenti sottratti al trasporto individuale sono intorno alle 25mila unità. Il traffico privato complessivo è quindi stato ridotto di poco più dell’1 per cento. Un risultato analogo è stato conseguito a Tolosa con l’entrata in servizio, nel 1993, di una linea di metropolitana simile a quella torinese.
Il sistema di Perugia, invece, è una sorta di ascensore orizzontale, costituito da piccoli treni trainati da una fune. La capacità del sistema è ovviamente inferiore a quello di una metropolitana, ma il costo è stato comunque ragguardevole: 71 milioni di euro secondo il progetto del 2002 per meno di 4 km di linea. (3) Il canone pagato dal comune per costruzione ed esercizio è di ben 10 milioni all’anno. La domanda prevista era di 12mila passeggeri al giorno, ma a due anni dall’apertura si registrano 9-10mila passeggeri. (4) Il tutto, “nonostante la rete di bus sia stata riorganizzata per portare utenti al minimetrò”, cioè siano stati forzati gli interscambi. Per cercare di interpretare anche questi dati, proviamo a fare un rapido conto. Ipotizzando che per tutti i giorni lavorativi dell’anno vi sia la domanda massima rilevata (10mila), si ottiene un valore di circa 3 milioni di viaggiatori annui. Questo significa che il canone che il comune paga per un singolo viaggio sul minimetrò è di almeno 3,3 euro per soli 4 km di percorso. A questi vanno aggiunti poi i costi dei bus che sono necessari a portare utenza al sistema. Non abbiamo altri dati, ma ci pare che la riorganizzazione abbia aumentato di molto i costi complessivi. (5)Bisogna poi tenere presente che il sistema perugino non ha dato risposta a un problema di capacità, essendo i flussi di progetto perfettamente compatibili con quelli tipici di linee di autobus. (6)
I due casi, insieme a quello della metropolitana di Parma, sembrano indicare come, pur in presenza di investimenti significativi, le “grandi opere” urbane recentemente realizzate o in progetto comportino ricadute piuttosto modeste in termini di modifica della domanda complessiva di mobilità e della ripartizione modale fra trasporto individuale e collettivo. Inoltre, le stime di costo e di domanda utilizzate in fase di decisione sono spesso errate: quasi sempre sottostimate le prime e sovrastimate le seconde. (7) E, mentre i costi gravano sull’intera collettività, i benefici sono per la maggior parte goduti solo da coloro che hanno la fortuna di abitare o lavorare in zone limitrofe all’infrastruttura. Sembra quindi del tutto inappropriato dare un giudizio positivo a priori sulla loro realizzazione. Per evitare un cattivo utilizzo delle risorse, sarebbe preferibile un approccio meno “dogmatico”, e la decisione sull’opportunità o meno di realizzare l’opera dovrebbe derivare da una quantificazione analitica e realistica dei costi e delle ricadute di ciascun intervento.
 
(1) Per la metropolitana ad Aosta si veda la notizia Ansa del 13 gennaio 2010.
(2) www.cityrailways.it
(3) www.minimetrospa.it
(4) www.cityrailways.it
(5) Il minimetrò ha una capacità per veicolo pari circa a quella di un autobus, quindi non c’è stata una riduzione dei km percorsi e il costo di un posto-km su un autobus è al massimo di poche decine di centesimi contro quasi 1 euro per il minimetrò.
(6) Una singola linea esercita con autobus normali può servire flussi di 3mila persone/ora su due direzioni (frequenza di tre minuti nella punta e 75 posti a mezzo). A Perugia questi flussi sono stati ottenuti concentrando più linee originariamente provenienti da diverse direzioni con frequenze singolarmente inferiori.
(7) Si veda, ad esempio, Flyvbjerg B., Bruzelius N., Rothengatter W. (2003), Megaprojects and Risk: An anatomy of Ambition, Cambridge University Press.

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43 commenti

  1. Andrea Zatti

    I casi riportati confermano ulteriormente uno dei risultati più diffusi della analisi trasportistiche in ambito urbano: si possono ottenere risultati significativi in termini di modificazione modale solo combinando azioni push (di disincentivo rispetto al traffico privato: ZTL, tariffazioni, traffic calming, etc) a quelle pull (di attrazione verso quello collettivo: nuove infrastrutture, sconti tariffari, corsie preferenziali, etc). Il problema degli interventi reali è che ci si concentra molto sulle seconde, che sono anche politicamente più accettate, e si fa molto poco riguardo alle prime. Il risultato e una sorta di doppio dividendo negativo: i problemi di traffico ed inquinamento permangono e le infrastrutture si dimostrano economicamente non sostenibili. Tra i “vecchi abbagli” va quindi necessariamente annoverato anche quello per cui si possano risolvere i problemi della mobilità urbana solo con le tecnologie e le infrastrutture senza una radicale modificazione dei comportamenti degli utenti.

    • La redazione

      Attuare misusre di "push" significa peggiorare le condizioni di spostamento di chi usa l’auto. Non sembra essere una misura che va nella direzione di migliorare la mobilità urbana. Il problema dell’inquinamento urbano è stato in larga misura risolto grazie al miglioramento tecnologico nel settore dei trasporti ed in quelli della produzione di energia elettrica e del riscaldamento. I livelli di concentrazione di inquinanti nell’aria sono stati drasticamente abbattuti rispetto al passato. Miglioramenti sono ancora possibili ma sono di modesta entità se paragonati ai risultati già raggiunti ed hanno costi marginali via via crescenti (per ottenere lo stesso risultato in termini di riduzione delle emissioni che vent’anni fa poteva essere raggiunto togliendo dalla circolazione mille auto, oggi è necessario eliminarne indicativamente diecimila; ed il rapporto è destinato a salire con il progressivo rinnovo del parco circolante e l’ulteriore riduzione delle emissioni unitarie).

  2. Stefano Manestra

    Non ho ben capito il senso di quest’articolo. Mi sta bene la critica ai mega-porgetti di micro-capitali (Parma, Aosta, Perugia), dove la domanda, anche stimata al massimo del suo potenziale, è insufficiente a sostenere l’offerta; comprendo un po’ meno quella per Torino, dove la domanda esiste (2 milioni di viaggi in automobile!) e si tratta di volgerla verso l’offerta di trasporto pubblico; l’obiezione sul tempo per raggiungere la fermata del mezzo pubblico suggerisce di infittire la rete pubblica, non di rinunciare alle opere. La misura complementare di ogni infrastruttura pubblica deve essere la progressiva restrizione nell’uso dell’automobile privata; a Roma i 45 minuti che quotidianamente impiego per raggiungere il mio posto di lavoro si dimezzano nella prima quindicina di agosto, proprio perché sparisce il traffico privato. Fino a quando si consentirà agli italiani di soddisfare sempre e comunque il bisogno, spesso artificioso, di 1 o 2 tonnellate di metallo, gomma, plastica e vetro per trasportare i loro 100/200 chili di carne e ossa, qualunque politica dei trasporti pubblici è destinata al fallimento; e la sua critica rischia di essere mera accettazione dell’esistente.

    • La redazione

      E’ evidente che le due città non vanno considerate sullo stesso piano. Non si sta giudicando se un progetto è meglio dell’altro. L’accostamento deriva dal fatto che in questi giorni sono stati resi pubblici dati di frequentazione per entrambe e che tali dati mostrano chiaramente una tendenza: opere realizzate senza badare ai costi (indipendentemente dalla scala della città) e soprattutto al rapporto tra benefici e costi, nessun ragionamento su modi alternativi di ottenere gli stessi risultati, nessuna analisi critica di quanto ottenuto. Meno d’accordo ci troviamo con la sua affermazione: "La misura complementare di ogni infrastruttura pubblica deve essere la progressiva restrizione nell’uso dell’automobile privata". Misure di pricing sono auspicabili e hanno anche l’effetto di aumentare l’uso dei mezzi. Politiche restrittive invece sono sicuramente efficaci, ma non sono né efficienti né eque, anche considerando i costi ambientali. Se fosse completamente vietato l’uso delle auto andremmo tutti in tram e i tram sarebbero pieni. Ma siamo sicuri che staremmo meglio? Ricordiamoci che il trasporto pubblico è il mezzo, non il fine delle politiche urbane!

  3. rosi

    Sono di Perugia e considero il progetto della mini metro uno scandalo. Non ha migliorato i servizi di chi viaggiava già con mezzo pubblici se non per pochissimi residenti (anzi, la riorganizzazione delle linee dell’autobus ha penalizzato molti utenti di autobus che vivono troppo lontani per poter usufruire del mini metro). Non incoraggia nuovi utenti fuori di certe occasioni (partite, fiera dei morti, quanti giorni all’anno?). Ha turpato con rumore e la sua molle visiva diversi quartieri. Ma che pensavano i nostri politici? Che tutte le persone di queste quartieri lavorassero al centro? Che allo stadio andassero solo i residenti del centro storico (pochissimi)? Adesso stanno cercando adirittura di spostare L’Eurocholate dal nostro centro storico bellissimo ad un parcheggio da mercato rionale/stadio pur di trovare altri utenti (i poveri visitatori) per aumentare le loro statistiche di utenti.

    • La redazione

      Grazie. Basta pensare a cosa si sarebbe potuto fare per la città con 10 milioni di euro di canone del minimetrò, tolto qualche milione per i servizi di autobus…

  4. Enrico

    Sono un torinese e per noi la metropolitana è un traguardo simbolico…Milano sì e noi no? Schersuma nen! Scherzi a parte. L’ area metropolitana di Torino può forse esser definita tale solo in onore ai tempi in cui il solo comune superava il milione di abitanti, ciò nonostante una rete seria di trasporto sotterranea è, a mio avviso, indispensabile. Il problema è che attualmente abbiamo solo mezza linea. Altro che rete. Se ci fossero almeno tre linee intere, diverrebbe molto più verastile, quindi utile e, forse, utilizzata.

    • La redazione

      E’ chiaro che Torino è (era) la città senza metropolitana in Italia dove poteva essere più necessaria, proprio per la sua dimensione e densità. Naturale anche che tra più linee si genererebbe un effetto rete. Ma anche in questo caso rispondiamo: il trasporto pubblico è il mezzo, non il fine delle politiche urbane. L’obiettivo non è riempire i mezzi, ma risolvere dei problemi (o migliorare la vita) ai cittadini nel modo più efficiente ed equo possibile.

  5. paolo serra

    Anche a Bologna c’è un progetto, già avallato dal Cipe, per un tratto di sotterranea dalla Stazione Centrale alla Fiera, meno di tre km, che, inevitabilmente sortirà gli effetti descritti nel vostro intervento. Il fatto è che i sindaci sono terrorizzati dalle reazioni di commercianti ed automobilisti per ogni tipo di lavoro stradale. Cosicchè cercano di evitare il problema contingente scaricandolo sui loro successori. Inoltre, fino a quando le infrastrutture saranno finanziate per due terzi dal governo centrale ogni alternativa a costo inferiore verrà scartata a priori. Il sistema è folle, come tante altre cose nell’ex Bel Paese.

    • La redazione

      Il termine tecnico è "finanza derivata": io faccio le scelte per spendere denaro del livello superiore. Il quale distribuisce le risorse in funzione delle richieste: se, poniamo, Bologna non avesse progettato un metrò, non avrebbe ottenuto quei soldi per fare altro. Diverso sarebbe trasferire denaro alle città dicendo loro di spenderlo come vogliono (naturalmente entro certe regole). Se preferiranno la metropolitana per pochi rispetto agli autobus per tutti, ne risponderanno alle elezioni.

  6. Angelo Carbone

    Di solito sono architetti e non ingegneri trasportisti e materie come tecnica ed economia dei trasporti, gestione ed esercizio dei sdt, pianificazione dei trasporti nemmeno sanno cosa siano ma prendono decisioni “alla carlona”, indagini sul traffico mai fatte e fatte male, la questione è sempre la stessa mentre un chirurgo non farebbe mai l’anestesista (e viceversa). Architetti che nel loro corso di studi hanno preparato esami tipo storia dell’architettura e similari si mettono a fare ciò e questo è il risultato. Un piccolo consiglio nelle città medio piccole bisogna che le piste ciclabili arrivino dappertutto magari sviluppando l’uso delle bici elettriche, con autobus a metano di piccola dimensione (minibus) aumentando la frequenza degli stessi con parcheggi scambiatori (non a pagamento). Molto ci sarebbe da dire, ma il problema è sempre lo stesso: persone incompetenti.

    • La redazione

      Non credo che si aspetti una risposta…! Comunque a volte c’è incompetenza, a volte (spesso) il tutto è frutto di un sistema decisionale distorto (si veda commento successivo a Paolo Serra).

  7. Andrea Mariani

    Ho letto con interesse l’articolo di Beria e Ramello in merito alla dubbia economicita’ di linee metropolitane in piccole citta’. Osservazioni piu’ che condivisibili supportate da ampie basi statistiche. Vorrei introdurre pero’ un’ulteriore elemento di riflessione: la domanda di mezzi pubblici tende ad aumentare nel momento in cui il servizio e’ frequente e consente di raggiungere la destinazione finale in tempi certi. Gli autobus e le altre forme di trasporto che non beneficiano di percorsi dedicati non sempre rispondono a queste esigenze: basti pensare alle paralisi in caso di pochi centimetri di neve oppure a seguito di lavori stradali o incidenti automobilistici. Ulteriormente, spesso il materiale utilizzato e’ obsoleto ed inquinante e la sostituzione massiva richiede significativi investimenti. Al fine di ridurre le emissioni di anidride carbonica, a Citta’ del Lussemburgo si stanno progettando e realizzando delle linee tramviarie lungo i percorsi dedicati degli autobus. Un sistema gia’ oggi efficiente sara’ presto meno inquinante: il modo migliore per chiedere agli utilizzatori finali di pagare un pochino di piu’ lo stesso servizio per salvaguardare la salute di tutti.

    • La redazione

      Non sosteniamo che non si debbano mai realizzare infrastrutture a impianto fisso. Riteniamo che politiche alternative avrebbero portato a risultati identici o migliori a minor costo sociale. Ad esempio sostituendo i bus vecchi con quelli nuovi (qualche centinaio di migliaia di euro cadauno, quindi circa 300 autobus al prezzo di un km di metropolitana, senza contare i costi di manutenzione), realizzando un tram invece che una metropolitana, ecc.

  8. Massimo GIANNINI

    Il problema é che in Italia si fanno poche analisi costi/benefici e vere valutazioni d’impatto. Molto apprezzabile il sito lavoce.info quando cerca di farle come per la TAV, il ponte sullo stretta o le centrali nucleari. Tuttavia pare che il dogma e il giudizio aprioristico politico e italico prevede che prima si decida e poi si facciano eventualmente le analisi e valutazioni di quello che si dovrebbe fare senza valutare gli scenari alternativi. Esattamente il contrario di quello che si dovrebbe fare. Un brutto vizio che costa caro al Paese.

  9. PDC

    Pur non essendo un esperto, mi sembra probabile che l’intensità dell’uso della metropolitana dipenda fortemente dal grado di ramificazione di questa. Una singola linea andrebbe bene per una città monodimensionale, per una città reale servono reti più articolate. Nel caso di Torino, il problema sarebbe in quest’ottica la carenza di investimenti, che non hanno prodotto una massa critica di linee. Sono certo che gli autori possono avere accesso ai dati necessari per verificare una eventuale correlazione tra il grado di ramificazione delle reti metropolitane nel mondo e l’intensità del loro utilizzo.

    • La redazione

      L’effetto rete è certamente vero, però si veda la nostra risposta ad "Enrico" del 29/1/2010.

  10. sandro_aa

    Sono di Torino e concordo che la metropolitana è usata poco. Il motivo principale è che collega “nulla a nulla”: non passa nelle vicinanze di nessuna grande fabbrica, non passa vicino a nessun grande palazzo uffici, non passa vicino a nessuna università, non permette di raggiungere nessun ospedale, non permette di raggiungere l’aereoporto (nemmeno “cambiando” e prendendo il treno o un autobus). Un capolinea è in zona centrale (Stazione Porta Nuova), l’altro a quasi 10 Km dalla più vicina uscita della tangenziale. Tranne che al capolinea non esistono parcheggi di interscambio nei pressi delle fermate. E’ vero che collega due delle tre stazioni principali della città ma lo fanno anche i treni e non credo che un pendolare sano di mente decida di scendere dal treno e salire sulla metropolitana per andare alla stazione F.S. successiva. Tutto considerato i 90.000 passeggeri sono moltissimi e dimostrano che i cittadini userebbero i mezzi pubblici volentieri se questio servissero loro ad andare a lavorare, a scuola, ecc.

    • La redazione

      La linea poteva essere progettata meglio ed intercettare una domanda maggiore? Probabilmente sì. Non dimentichiamo comunque che il percorso è lungo uno dei principali assi di penetrazione urbana di Torino.

  11. nfd

    Non sono affatto d’accordo con l’approccio di questo articolo. Le metrò sono questione urbana, non meramente trasportistica. Ci sono ragioni immobiliari, urbane e politiche che spiegano perché si fanno. Questo non vuol dire ch’io voglia difendere tutti i progetti di tutti i sindaci, ma ché se si segue questa logica non si capisce il senso di questo fenomeno e si rischia di buttar via il bambino con l’acqua sporca.

    • La redazione

      Purtroppo ha ragione: spesso sono altre le ragioni dietro a scelte di questo tipo. In primo luogo le ragioni immobiliari e quelle diciamo così "industriali" o, se si preferisce, di natura Keynesiana. Ma se l’obiettivo è creare occupazione, siamo sicuri che con centinaia di milioni non si possano creare più posti che i 600 operai di un cantiere per 5 anni? Quanto alle ragioni politiche, sono evidenti a tutti.

  12. Fabrizio Balda

    Non capisco come si possano porre sullo stesso piano i casi di Torino, Perugia, Aosta e Parma. Da una parte vengono presentati i casi di cittadine intorno ai 100/200 mila abitanti, dall’altra Torino, che ha un’area metropolitana di 2 milioni di abitanti, dove la domanda di mezzi di trasporto puliti e efficienti è grande. Su quest’ultimo caso non ha senso fare i conti al momento in cui è in funzione solo mezza linea, mi piacerebbe rifare i calcoli quando saranno in funzione le 2 linee che si intersecano e che permetteranno una copertura della città molto migliore anche se non ancora adeguata. Credo sia realistico stimare almeno 350.000 movimenti al giorno e una riduzione del traffico privato almeno del 15%.

    • La redazione

      L’attuale utenza della metropolitana di Torino è di circa 100mila passeggeri al giorno. Un quarto degli utenti sono persone che prima si spostavano in auto. Si tratta dell’1% circa degli spostamenti in auto nell’area metropolitana. Qualora l’utenza triplicasse, la riduzione della mobilità individuale sarebbe dell’ordine del 3% e non del 15% come da Lei prospettato.

  13. Luigi Del Monte

    Per prima cosa bisogna calcolare la domanda e confrontarla con l’offerta a disposizione di TPL, se non basta bisogna trovare accorgimenti per aumentarla (aumento frequenza, mezzi + grossi, passaggio dal bus al tram, dal tram al metro). Questo vale sia per le città piccole sia per le grosse. Per esempio a parma un tram costa meno e se ne può costruire di più oppure aumentare i percorsi in filobus con sede protetta. Sembra che in italia si costruisce non per equilibrare domanda/offerta ma per riempire le tasche dei costruttori.. parliamo della TAV MI-TO costata 54 M€/km da TO-NO e 72 tra NO-MI? sapete quanti treni ci passano sopra? 7 al giorno ogni direzione! Nemmeno uno all’ora ed hanno pure deviato i TO-RM prima via PC poi via MI! era utile? vedendo i treni mi sembra di no, almeno che ci mettano sopra pure gli IC che fermano a NO e VERCELLI 1/h oppure alternati ore pari IC e ore dispari AV, ma almeno che si usi.

  14. pietro brogi

    Vivo a Firenze (sic!). Le opere preparatorie e di realizzazione di una tramvia sono in corso da oltre dieci anni. Presumibilmente una intera generazione ha subito i costi ed i disagi della realizzazione e non vedrà benefici. (Al momento non è ancora partita la prima linea). Non mi risulta che siano stati contabilizzati i costi extra finanziari della realizzazione: in termini di morti e feriti per incidenti stradali conseguenti ai cantieri ed alle modifiche di viabilità connesse, per l’aggravamento del traffico dovuto ai mezzi impiegati nella costruzione della infrastruttura ed i costi economici conseguenti ai ritardi quotidiani dovuti agli stessi cantieri….. Questo desiderio dei nostri amministratori di infilarsi in opere mastodontiche finanziariamente ma di una pochezza realizzativa palese è veramente impressionante. Avessero almeno il coraggio di cercare la verità dai dati consuntivi! Questo servirebbe per altre esperienze. Sono consapevole che sia più facile criticare che costruire ma la ricerca della verità dovrebbe essere sempre presente. La responsabilità si deve ricercare anche in un giornalismo connivente e non interessato a stimolare questa ricerca di verità.

  15. Alessandro

    L’articolo è sicuramente interessante, ma non spiega quale possa essere la strada da seguire. Dobbiamo tutti tornare ad usare l’auto? Non penso che sia proponibile, bisogna trovare qualche altra soluzione.

  16. Oreste Imparato

    Il dilemma non è riconducibile a nuove metro si o nuve metro/tram no, ma all’impostazione del "sistema" di trasporto più adatto al caso in esame ed in particolare alla politica dei trasporti che la città o conurbazione si è data; spesso i nuovi sistemi sono stati attuati senza tenere nel debito conto l’intero percorso da origine a destinazione dell’utenza ,delle rotture di carico conseguenti e della "security" in certi orari delle stazioni/fermate del sistema; per le linee tramviarie in aree centrali non si è avuto il coraggio/possibilità di ridisegnare l’intero sistema della circolazione che richiede una drastica limitazione della circolazione privata e dei bus a favore di tram frequenti, silenziosi,non inquinanti e soprattutto ben connessi in aree opportunamente attrezzate e vitali al resto della rete di trasporto pubblico/privato.Infine mi accontenterei e penso che molti comuni si potrebbero accontentare che i costi di gestione fossero bilanciati dagli introiti di esercizio, in quanto ai costi di investimento, se l’opera o il sistema rappresentano un beneficio per la comunità, potrebbero rientrare a priori in un costo a carico della collettività.

  17. f.m.parini

    Ero bambino e ricordo gli incontri di mio padre con alcuni amici. Erano progettisti e discutevano a fine anni 50 sulla necessità sia di realizzare le quattro linee della MM a Milano, ma soprattutto una linea circolare esterna. I ricordi di mia madre erano più precisi; mi raccontò pure che un progettista professore al Politecnico sosteneva la necessità di realizzare la Mi-Na a tre corsie per ponti e manufatti, lasciando la terza corsia grezza per eventuali ampliamenti. Sempre un amico di mio padre, questo lo ricordo benissimo, sostenne la necessità di realizzare al centro delle tangenziali un manufatto per realizzare una ferrovia sopraelevata leggera. I progettisti le idee le avevano una volta. Purtroppo non ricordo il nome di questi amici di mio padre tutti certamente morti.
    Sono favorevole ai mini metro poichè sostituiscono autobus, metro, non hanno bisogno di guidatori ,hanno dimensioni da luna park, possono essere flessibili e i costi nel tempo sono sostenibili. Poi, non hanno bisogno di grosse infrastrutture.

  18. Manlio Pennone

    I politici hanno imparato dagli economisti e dai meteoroghi a fare proposte a lungo termine, evitando accuratamente gli argomenti a breve termine; le metropolitane indubbiamente utili, richiedono capitali che non abbiamo e l’affidabilità che non abbiamo per attirare i capitali esteri. Sarebbe già molto se – evitando la consueta retorica – si ultimassero le metropolitane esistenti.

  19. ciuffini

    In che modo è stato stimato il costo dell’infrastruttura connesso all’utilizzo degli autobus? Chi conosce Perugia sa bene che le dimensioni delle strade, soprattutto verso il centro, sono molto strette e che una corsia dedicata per i bus potrebbe essere realizzata solo nel caso in cui l’intera città venisse messa a soqquadro. A quali costi? Anche ammettendo che l’infrastruttura sia già sufficiente e non lo è affatto, non inciderebbe nel costo dell’autobus almeno la sua manutenzione? La portata di 3000 pax ora di un bus è una sciocchezza. Considerando una frequenza di 3 minuti e 75 posti (vedi testo) , con 20 passaggi orari si fanno 1500 pax ora. La freq. di 3 min. è controproducente e crea solo perturbazione sulla linea (i bus, piano piano, si accodano…) e un bus contiene 75 persone in piedi se si considerano 6 passeggeri ogni mq (normativa). L’articolo dunque compara sistemi (minimetrò e autobus) che non sono comparabili per portate orarie, velocità commerciali, confort, consumi, emissioni…etc , attribuendo ad uno l’ammortamento dell’investimento per l’infrastruttura e all’altro no. In sintesi, un confronto fuorviante che non ha alcun senso.

  20. Marcello Malamisura

    Segnalerei anche il caso di Salerno, dove da oltre dieci anni si stanno portando avanti i lavori per una metropolitana di superficie (sfruttando la rete ferroviaria già esistente). A parte i costi (lievitati anche per le solite vicissitudini giudiziarie), siamo ora in attesa dell’entrata in esercizio (già più volte rimandata) che dovrebbe portare, nientemeno, che all’attivazione di corse ad intervalli di oltre 20 minuti. Ma è davvero tanto difficile per i nostri politici quantomeno abbozzare studi di fattibilità, con relativi impatti in termini di costi e benefici per la collettività?

  21. paolo greppi

    Sono un ingegnere impiantista, ormai in pensione; ho lavorato negli ultimi anni a Venezia, in laguna, e mi son sempre domandato perchè non venga realizzata una sorta di funivia, con cabine da 8/12 posti per collegare ad esempio la zona di Tessera a Venezia. L’impatto ambientale sarebbe minimo, in quanto i piloni avrebbero interassi assai ampi e la portata oraria potrebbe essere di tutto rispetto. Vi sono inoltre ottime ditte, e queso tipo di impianto,ormai garantisce ampi standard di affidabilità e sicurezza.. allo stesso modo, in molte città italiane, con notevoli pendenze etc potrebbero essere impiegati mezzi simili.. Grazie per l’attenzione e saluti P. Greppi

  22. Pietro Brogi

    Sono perfettamente d’accordo con il collega Greppi che questa opzione dovrebbe sempre essere analizzata, anche in città ove non siano presenti dislivelli altimetrici, dato che questi mezzi lavorano economicamente anche in piano. Il maggiore beneficio è la minimizzazione dell’impatto sul traffico esistente, che in gran parte può rimanere non perturbato insieme alla limitazione dell’inquinamento. Le problematiche più significative che si debbono prendere in considerazione sono le problematiche di sicurezza del viaggiatore (difficoltà di interventi di soccorso e vigilanza), la rigidità del servizio che si interrompe totalmente in caso di guasto in qualsiasiasi punto del percorso e l’impatto estetico. Comunque mi risulta che alcuni esperimenti siano stati fatti in alcune città.

  23. markup

    Vorrei portare un contributo alla discussione parlando anche del disagio che questa opera arreca a discrete fasce di popolazione (circa 400 famiglie) L’impianto entra in funzione alle 07,00 ma viene acceso alle 06,00 se non prima e la manutenzione è esclusivamente notturna (riaccensioni alle 24,00 come alle 03,00) i binari passano a pochi metri da palazzi, scuole, asili, parchi e il problema del rumore (la fune emette un suono a bassa frequenza costante che passa attraverso le mura) è fonte di notevole disagio. La polemica in città è durissima (270 esposti fino ad oggi) e la soluzione, postuma, è stata trovata per "legge" innalzando i limiti di decibel consentiti nelle zone interessate. I costi per sanare il problema pare siano elevati e visto il deficit dell’opera sono al momento insostenibili, quindi alle già citate problematiche si sono aggiunti anche i danni derivanti dall’ impatto acustico quali svalutazione immobili, peggioramento qualità della vita, cause civili in arrivo contro il comune, società e progettisti. Forse la valutazione degli effetti collaterali va fatta in fase progettuale e non dopo, specialmente ora che si pensa addirittura alla costruzione di un 2° tratto.

  24. Eros Pannei

    Se volete sapere esattamente quanto costa mantenere giornalmente il minimetro di Perugia basta andare sul mio sito http://www.umbrialibera.it dove troverete tutto se volete vi mando i documenti.

  25. Giovanni Brambilla Rossi

    Leggo i commenti, alcuni molto tecnici, sul minimetrò di Perugia. Ho viaggiato sul minimetrò nel settembre scorso. Sono un ambientalista di sinistra, amante della natura e difensore strenuo della salute pubblica. Per me è un mezzo fantastico! Qui al Nord, proprio ora, ben 80 Comuni hanno dichiarato guerra allo smog da traffico. Andremo incontro a disagi non indifferenti pur di respirare, per qualche ora, un po’ di aria migliore della solita zozzeria. E voi a Perugia avete il minimetrò che non inquina. E che fate? Lo criticate? Ma non vi vergognate?Potenziatelo e diminuite i mezzi a gasolio e a benzina, piuttosto di dire scempiaggini! Anzi, e lo dico a tutti gli amministratori di destra e di sinistra: il minimetrò è un modello da imitare in altre città italiane, proprio per garantire un’aria più pulita ai nostri figli.

  26. Andrea Molocchi

    Partendo da presupposti errati, l’articolo punta il dito sul problema meno importante, dimenticando quello importante. Nell’ottica del benessere pubblico, i costi di trasporto che contano non sono solo quelli per lo Stato, e nemmeno quelli privatistici (costi reali sostenuti dai consumatori di servizi di trasporto), ma anche (e soprattutto) i costi esterni della mobilità (3% del PIL, vedi http://www.externalcosts.eu e http://www.costiesterni.it). La motivazione a sostenere gli elevati costi del trasporto di massa sul rotaia è di risparmiare sui costi esterni del trasporto veicolare privato, di cui purtroppo l’articolo si dimentica. Il punto non è tanto o solo il fatto che in Italia le decisioni sono prese senza applicare l’analisi costi benefici, piuttosto e soprattutto il fatto che le decisioni sono prese senza valutare i costi nemmeno troppo occulti di tipo ambientale, incidentale e da congestione, che ricadono sulla collettività nel suo complesso. Una linea di metro oggi ha tassi di rischio di incidente mille volte inferiori rispetto al bacino stradale preesistente.

  27. Stéphane Buchet

    Per due volte in 3 mesi, volendo prendere la metropolitana per andare da Collegno a Piazza Bernini, ho rinunciato e utilizzato la mia macchina perchè non ho trovato dove lasciare la macchina! Parcheggio pagante pieno e nessun posto a meno di 1.100 metri. Già non c’è un accesso diretto dalla tangenziale, non c’è parcheggio ed è pure difficoltoso accompagnare o prendere qualcuno, non essendo previsto nessun piazzale. Ancora una volta, se un proggetto non è globale, non invoglia e non funziona al 100%.

  28. Giuliano Vergnasco

    La metropolitana di Torino a oggi non è valutabile nei termini nei quali viene fatto nell’articolo, in primo luogo perché si parla di una linea di metropolitana incompleta, poi perché non tiene conto dei cambiamenti fatti in superficie. A linea ultimata la metro di Torino attraversera’ la città da Est a Sud unendo di fatto 3 delle stazioni ferroviarie torinesi (Porta Susa, Porta Nuova e Lingotto), porterà al più grande polo fieristico cittadino, al costruendo palazzo della regione e a 3 dei migliori alberghi torinesi. Quindi direi che i conti andranno fatti quando la linea sarà completa. Poi bisogna valutare anche ciò che è stato fatto in superficie, Corso Francia ha praticamente cambiato volto, ha visto ridurre il traffico veicolare (Piazza Rivoli era uno dei punti critici della città per il livello di inquinamento), sono stati costruiti nuovi e più ampi marciapiedi che danno piu’ respiro al piccolo commercio e sono state inserite nei caratteristici controviali due piste ciclabili.

  29. giannario nava

    scrivete: "Se fosse completamente vietato l’uso delle auto andremmo tutti in tram e i tram sarebbero pieni. Ma siamo sicuri che staremmo meglio? Ricordiamoci che il trasporto pubblico è il mezzo, non il fine delle politiche urbane!" nel libro Ecotopia (http://en.wikipedia.org/wiki/Ecotopia) si sostiene che sì, si starebbe tutti meglio e che il viaggiare può diventare un pezzo di vita piacevole e dunque (pro quota) un fine come sempre tutto è relativo al recinto di valutazione tecnico, economico, culturale e psicologico ciò che è sensato spendere in un contesto è insensato spendere in un altro faremo ancora un sacco di errori e butteremo ancora un sacco di soldi ma a furia di dissipare cambieranno i paradigmi e abbandoneremo la follia del trasporto individuale che genera occupazione di spazio vitale (quanti ettari copre un km di autostrada? quanto cibo ci si potrebbe produrre?) per un trasporto personale su reti a minimo ingombro personalmente credo che perseguire il sogno valga la spesa e che senza sogni neppure una lira vada spesa c’è una metrica economica per tutto questo?

  30. paolo

    Inviterei gli autori a girare le citta’ del Nord America, Stati Uniti e Canada. Qui in effetti la tedenza e’ fare proprio quello che questi economisti suggeriscono, puntare tutto sul mezzo privato e limitare al minimo le spese per nuove infrastrutture (guai ad alzare le tasse!). Risultato: molte citta’ (eccezioni a parte) non hanno un sistema di trasporti pubblici efficiente , raggiungere l’aeroporto con i mezzi spesso richiede tempi lunghissimi , per esempio a Toronto (in molte citta’ non esiste neanche un autobus per l’aeroporto), integrazione tarrifaria inesistente, sistemi di pagamento basati su vetusti ‘gettoni’, treni poco frequenti e lumaca, fette importanti della popolazione sono tagliate fuori da opportunita’ di lavoro se non possiedono un mezzo privato, eccetera. E’ questo che vogliamo in Italia?

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