Io che d’anni ne ho diversi
ben ricordo i giorni persi
a studiare economia:
quanta, quanta nostalgia

Eran provvidi quei testi,
ch’oggi appaiono modesti,
degli autori sol nostrani,
Vito, Fanno ed il Bresciani,

pure aggiungo il Di Fenizio.
La chiarezza avean per vizio
e non v’erano d’eguali
pe’ insegnar i fondamentali.

Era allora ben chiarito
che può andar distribuito
la ricchezza c’hai prodotto,
e che il pasto pria va cotto.

A quel tempo il PIL correva,
il benessere cresceva,
era il debito contato,
alla lira l’Oscar dato.

Si trovava il posto a vita,
con l’industria su in salita,
pure in crescita il terziario
e chi mai era il precario?

Oggi i tempi son cambiati
ed i testi, assai ingrossati,
son tradotti dall’inglese,
presto pure dal cinese.

Sono pieni d’equazioni,
ma non danno soluzioni
all’Italia declinante.
Della crisi devastante,

i segnali hanno ignorati:
gli anni 30? Non pensati,
mentre tossica finanza
creò carta e non sostanza.

Ci vorrebbe un altro Adamo
o un Pareto anche italiano,
meglio ancora un Maynardo
che lontano abbia lo sguardo.

Ma frattanto meditate
su Caritas in Veritate!

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