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MUSICAL CHAIRS NELL’INFORMAZIONE

Il valzer di nomine che ha portato De Bortoli al Corriere della Sera e Riotta al Sole-24ore trae anzitutto origine dagli scarsi risultati della carta stampata. L’esito del giro di poltrone appare politicamente equilibrato. Ma non è finito: è ora vuota la casella della direzione del TG1. Un incarico di grande peso se si considera che l’insieme dei principali giornali indipendenti raggiunge un pubblico comparabile con solo uno dei telegiornali principali. E che il capo del governo ha sempre fatto del controllo delle televisioni, un suo punto di forza.

Il giro delle poltrone è ufficialmente iniziato con la sostituzione di Paolo Mieli, Direttore del Corriere della Sera, con Ferrucio De Bortoli in arrivo dal Sole 24 ore, dove lo rimpiazza Gianni Riotta che così abbandona la direzione del TG1. In questo vorticoso musical chairs sicuramente giocano i risultati non brillanti che il mondo della carta stampata ha conosciuto nell’ultimo anno, con una contrazione delle vendite e una forte caduta degli introiti pubblicitari. Le aspettative per il prossimo anno inoltre non sono certo ottimiste, visto l’andamento globale dell’economia.
La contrazione degli investimenti pubblicitari porterà a profondi cambiamenti nell’intero comparto dei media, e in primo luogo al comparto televisivo, dove l’operatore emergente, Sky, oramai di peso economico comparabile a Rai e Mediaset, affidandosi ad un modello di business che ottiene una quota preponderante dei ricavi dalla sottoscrizione degli abbonamenti piuttosto che dalle entrate pubblicitarie risulta relativamente meno esposto rispetto ai due gruppi dominanti. Alcuni recenti episodi di forte attivismo del gruppo Sky nell’acquisire programmi e personaggi di spicco sottraendoli ai gruppi dominanti potrebbero essere interpretati anche in questa prospettiva. Sino ad ora i canali Mediaset sono riusciti a limitare i danni sul fronte dei ricavi pubblicitari. A fronte di una contrazione del mercato pubblicitario sui media, passato da 8 miliardi e 172 milioni nel 2007 a 7 miliardi e 978 milioni nel 2008, con una contrazione del 2.4%, il gruppo Rai ha perso 53 milioni di introiti mentre la concessionaria delle reti Mediaset li ha incrementati di 3 milioni, attestandosi su una quota del 38% del totale. Alcuni grandi investitori, inoltre, hanno spostato quote considerevoli del proprio budget a favore del gruppo privato, suggerendo a molti commentatori che le scelte degli inserzionisti, in periodi di crisi e di taglio dei budget pubblicitari, possano essere influenzate anche dal desiderio di non scontentare chi siede al Governo. Tesi difficile da dimostrare ma sicuramente plausibile, se ancora ci fosse bisogno di capire cosa sia il conflitto di interessi.

IL PESO DI UNA SOLA POLTRONA

Ma torniamo alle recenti nomine. Rispetto ai rumors che nelle ultime settimane avevano agitato la cronaca politica e il mondo dei giornali, da più parti si è osservato che la soluzione a cui si è giunti per i due quotidiani indipendenti appare assai più equilibrata rispetto ai timori di un loro riposizionamento più prossimo alle esigenze del Governo e della sua maggioranza. E tuttavia, nel giudicare vincitori e vinti in questa complessa operazione non bisogna dimenticare che la direzione del TG1 è ora vacante. Per un politico come Berlusconi, la televisione conta ben di più dei giornali nella formazione dell’opinione pubblica, e via Solferino appare come un prezioso cimelio cui si può anche rinunciare se la contropartita è Viale Mazzini. Purtroppo questa considerazione è suffragata prima di tutto dai dati.

      Tab.1 Numero e audience media telegiornali e diffusioni quotidiani nel 2008

 

Telegiornale Numero medio spettatori Audience
TG1 ore 20.00 6.472.000 30.66%
TG2 ore 20.30 2.484.000 10.74%
TG3 ore 19.00 2.117.000 14.22%
TG4 ore 18.55 1.355.000 8.55%
TG5 ore 20.00 5.384.000 25.42%
Studio Aperto ore 18.30 1.416.000 12.09%
Quotidiano Diffusione
Corriere della Sera 620.605
Repubblica 556.433
La Stampa 309.150
Sole 24 ore 334.697
Messaggero 210.954

      Fonte: Elaborazioni Studio Frasi su dati Auditel e dati ADS

Tenendo conto che il numero medio di lettori per copia è di circa 3, l’insieme dei principali giornali indipendenti raggiunge normalmente un pubblico comparabile con uno dei telegiornali principali. Insomma, dopo un breve sospiro di sollievo per la soluzione che ha interessato due importanti organi di stampa, non possiamo che tornare ancora una volta a constatare come il pluralismo nel sistema televisivo italiano sia caratterizzato da un pessimo stato di salute. Attendiamo senza molte illusioni la nomina del nuovo direttore del TG1.

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15 commenti

  1. roberto bagnoli

    Essendo un giornalista del Corriere sono interessato all’argomento Mi domando, a proposito della tesi esposta nel suo articolo, se non sarebbe il caso di riflettere sul "Caso Italia". Mi risulta, infatti, che l’Italia è l’unico Paese grande dell’area Ocse dove la pubblicità televisiva raccolgie il 70% del totale e il 30 va alla carta stampata. Negli altri Paesi, almeno i più evoluti, il rapporto è esattamente inverso. Questo si spiega con la legge Gasparri e, credo, ancor con la vecchia Mammì che non hanno mai messo tetti alla pubblicità televisiva. Questa asimmetria, purtroppo non facilmente spiegabile per ragioni politiche (l’opposizione non ha mai fatto una vera battaglia su questo) è diventata letale se leggiamo bene gli ultimi dati degli incassi pubblicitari del dopo crisi: la televisione nel 2008 ha subito una flessione del 3%, i giornali del 40%. Mi piacerebbe un approfondimento su questo tema e un paragone serio con altri Paesi. Grazie dell’ospitalità Roberto Bagnoli

  2. Antonio Buffo

    Certamente la nomina di De Bortoli a direttore del Corriere è stata una gran bella cosa…altra importante nomina è stata quella di Garimberti a presidente RAI , il che mi fa sperare che un ex-giornalista di Repubblica si opporrà, anche solo formalmente, alla nomina di uno direttore tg1 abastanza di parte , anche se la proposta di Masi a dg da parte del cda , attesa , non fa ben sperare . Che dire ? La situazione è da un pò di anni proccupante e , per quanto possa avere solo 19 anni , me ne accorgo ormai da quando ero abbastanza "piccolo" (guardacaso dal 1994 , quando avevo 5 anni , ad oggi c’è sempre stato Berlusconi …mah) , sia per la TV che per i giornali (sono sempre più convinto che Marco Travaglio abbia ragione sul fatto che i giornalisti hanno potenti freni espressivi-esterni) . Tuttavia mi chiedo, almeno per quanto riguarda la TV di tutti, c’è un modo per scollegarla dalla politica? Ci sarebbe la privatizzazione, ma la diffusione di contenuti culturali, già molto bassa (ormai è rimasto solo MInoli all’1 di notte su rai3 e qualcos’altro), possa essere nulla a causa della concerrenza che gudagna a suon di pubblicità .Dunque, quale soluzione?

  3. giampiero di santo

    Tutti continuano ad accusare il centro-sinistra di non avere voluto affrontare il problema del conflitto di interessi, favorendo così il monopolio di Berlusconi-Publitalia sulla pubblicità e quindi sull’informazione. Forse, e solo in parte, questa colpa può essere attribuita all’Ulivo del 1996, che disponeva di una discreta maggioranza in entrambe le camere. Ma se Prodi avesse davvero provato a introdurre una legge sul conflitto di interessi e a cancellare la Gasparri con il suo ultimo governo, con un senatore di maggioranza, sarebbe saltato, invece che al principio del 2008, almeno un anno prima. Mastella, che alla metà del 2007 aveva già in tasca l’accordo con Berlusconi per tornare nel centro-destra, si sarebbe sfilato subito dall’Unione e Prodi sarebbe tornato a casa in anticipo, Non è detto che ciò sarebbe stato un male per il centro-sinistra, ma nessuno vuole firmare la sua condanna a morte. O no?

  4. edoardo bottini

    Definire "giornali indipendenti" il Corriere della sera o Repubblica che non sono editi da editori puri ma da imprenditori con i loro conflitti di interesse, mi pare inappropriato. Se con indipendenti si intende rispetto alla politica, anche questo è discutibile visto che il Corriere ha sempre subito le pressioni di palazzo Chigi (vedi vicenda De Bortoli) e Repubblica ha sempre dichiarato di appoggiare il PD, in ossequio alle direttive del proprietario De Benedetti, sulla cui centrale a turbogas di Aprilia (con le relative mobilitazioni della comunità locale e gli sgomberi della polizia) Repubblica ha totalmente glissato. Indipendente, per quanto mi riguarda, siginifica "che non ha interessi altri dalla pubblicazione di notizie che rispondano al vero". Gli altri quotidiani citati sono tutti di proprietà di grandi gruppi industriali (Fiat, Confindustria, Caltagirone). Direi quindi che nessuno dei quotidiani citati rispetta la definizione sommaria di indipendenza proposta sopra.

  5. Giuseppe P.

    Non preoccupiamoci. Fra poco anche il Tg1 sarà "normalizzato" con la nomina a direttore di Maurizio Belpietro, attualmente dipendente del presidente Berlusconi alla direzione di Panorama e già direttore del Giornale. Se questo non è conflitto d’interessi…

  6. federico

    Penso che l’analisi di Michele Polo sia corretta e condivisibile. E’ chiaro che il partito al governo sarà favorito da questi cambi di casacca, riuscendo a mettere le mani sulla direzione del principale telegiornale italiano. D’altronde, per storia personale e cultura politica non ci si poteva aspettare qualcosa di diverso. Piuttosto, occorrerebbe riflettere sulle colpe di chi stando in precedenza al governo e avendo tutto il tempo per modificare la situazione anche dal punto di vista strutturale si è sempre e solo occupato di questioni bagatellari senza intervenire su quelle principali. Temo significhi che, per quanto si possa criticare l’occupazione delle televisioni, sia quanto gli italiani si meritano e, evidentemente, desiderano.

  7. Davide Stasi

    E’ comprensibile la preoccupazione di Polo rispetto ai destini del TG1. Nell’architettura della comunicazione e della spartizione effettivamente si tratterebbe di un elemento-chiave. Il fatto è che il TG1 si è già consegnato volontariamente al "padrone di casa", adeguandosi alla linea già sotto la direzione Riotta. Mi sono occupato più volte sul mio blog di analizzare singole notizie del TG1 o il suo intero agenda setting, concludendo che si tratti di una testata già perfettamente in linea e "gradita". Quand’anche il nuovo direttore fosse politicamente organico alla maggioranza, le differenze, a mio avviso, saranno minime: le tecniche di information overload, le notizie da distrazione di massa, e la strisciante campagna di razzismo soft e anti-magistratura proseguirà serenamente secondo la linea già tracciata da Riotta. Che, non a caso, può interpretare il suo spostamento al "Sole" come una promozione.

  8. Franco BORGHI

    Sono alquanto pessimista sulla nomina del nuovo direttore del TG1. Se è vero quanto si legge in questi giorni che il nuovo direttore sarebbe Belpietro, allora l’ obbiettività di questo telegiornale cadrà al livello più basso che si possa immaginare. Spero che la scelta del nuovo TG1 non ricada su di lui. Lo spero per gli italiani. Io uso altri strumenti per aggiornarmi, tra i quale La Voce.info.

  9. Alberto Lusiani

    Ho letto con interesse l’intervento del giornalista del Corriere sulla ripartizione anomala degli introiti pubblicitari in Italia (sbilanciata sulla TV) rispetto agli altri Paesi (immagino quelli OCSE o quelli avanzati). Non credo che la chiave di spiegazione sia solo politica. In Italia il numero di lettori di quotidiani e’ molto inferiore alla media dei Paesi OCSE e a mio parere questo dipende dal ritardo di alfabetizzazione rispetto alla media OCSE (Tullio De Mauro parla di un ritardo di 4 secoli rispetto ai Paesi piu’ avanzati come l’Olanda). Un ulteriore specificita’ dell’Italia e’ lo scollamento tra ceti popolari ed elites (altro aspetto evidenziato da Tullio De Mauro), e anche questo contribuisce a limitare la diffusione della Stampa.

  10. Lorenzo Sandiford

    Ha ragione chi sottolinea che non era facile per il Governo Prodi di allora fare qualcosa contro il conflitto d’interessi di Berlusconi. Oltre al problema del rischio di far saltare la maggioranza, che però non mi pare fosse così grave su questo tema e da attribuire al solito Mastella, c’erano tanti altri problemini. Ad esempio, il fatto che di conflitti d’interessi, soprattutto a livello locale, ce ne erano in abbondanza anche nel centrosinistra (magari di tipo un po’ diverso, ma c’erano), tant’è che un ddl elaborato da Passigli aveva posto una strana soglia relativa alle dimensioni delle aziende a cui si sarebbero dovute applicare le norme contro i conflitti. Oppure la difficoltà di gestire di fronte all’opinione pubblica italiana eventuali norme che avrebbero parzialmente e temporaneamente "espropriato" il Cavaliere, elaborate da una maggioranza con ex comunisti. Tuttavia strategie alternative non ortodosse esistevano. Ad esempio si poteva imporre a Berlusconi il ritorno a tv private senza telegiornali o meglio senza programmi di informazione. Nessuno sarebbe stato accusato di esproprio. O imporre ai suoi TG direttori esterni di nomina politica bipartisan.

  11. amsicora

    Il Tg1 è sempre stato più filogovernativo dell’ufficio stampa di palazzo Chigi: ieri con l’ulivista Riotta, nominato nell’estate del 2006 poche settimane dopo l’insediamento del breve ed infausto secondo governo Prodi, domani con Belpietro (?) proveniente dalla berlusconiana Panorama. Non mi scandalizzo se il TG1 va alla maggioranza, il TG2 alla destra e il TG3 alla sinistra: la lottizzazione delle poltrone c’è sempre stata alla Rai, come del resto in tutte le aziende pubbliche, dall’Eni in giù.

  12. Mauro

    Non compro mai il giornale, ma li leggo quotidianamente via internet, anche perchè mi trovo all’estero. Credo che nel calcolo delle copie andrebbero aggiunti i visitatori delle pagine web dei principali quotidiani. A quel punto credo che qualcuno sarebbe un pò più preoccupato.

  13. Emanuele

    A ben vedere, le eccesse rappresentazioni di cui a dato prova al summit, è solo un early warning per spianare la strada alle obiezioni per la nomina del Tg1. Sì, sarà anche un processo alle intenzioni ma cosa sarebbe allora, impulsività? La Commisione Europea ha eccepito la documentazione richiesta a supporto del Governo sulla Legge Gasparri, dato che non sembra siano arrivate le risposte cogenti alle problematiche rimarcate. Aprire un’altra questione in Rai sarebbe difficilmente percorribile e preventivare non guasta mai.

  14. luigi zoppoli

    Tutto sommato, quello che sta accadendo nel mondo dell’informazione e della pubblicità è del tutto prevedibile. Normale, direi. L’unica circostanza fastidiosa è che troppa gente è attentissima ai conflitti di interesse che rileva ed è del tutto tetragona al conflitto di interesse di Berlusconi che conflitto di interessi e monopolio mediatico ed informativo e pubblicitario ha istituzionalizzato, vedendoselo riconosciuto come merito.

  15. Gianfranco Salvioli

    Il cambio della direzione dei telegiornali è una tradizione della nostra "democrazia" quando si formano nuove maggioranze. Che i quotidiani La Repubblica e La Stampa siano indipendenti è di problematica dimostrazione dopo aver letto la composizione della proprietà editoriale. Si ricordi anche l’editoriale del Corriere della Sera (firmato dal Direttore) di qualche anno fa che invitava i lettori a votare per l’Ulivo o comunque contro Berlusconi? I mali sono purtroppo diffusi, forse troppo.

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