Le argomentazioni di Boeri/Garibaldi nell’articolo Come cambia la contrattazione su lavoce.info rendono necessaria una risposta sui tre aspetti dell’accordo del 22 gennaio scorso che vengono maggiormente criticati.

  1. Nell’articolo si sostiene che con il nuovo accordo i lavoratori avranno una copertura contro l’inflazione inferiore rispetto al precedente modello.

Le motivazioni addotte appaiono per la verità abbastanza confuse e fanno riferimento a fattori molto diversi quali la riduzione generalizzata di almeno il 5% della base di calcolo e una ventilata ipotesi che “tutta la retribuzione di fatto” dovrebbe essere coperta dall’inflazione. La prima asserzione è sicuramente esagerata e fortemente pessimistica, poiché base di calcolo per i futuri aumenti contrattuali, risulterà dall’applicazione dell’accordo per alcuni settori migliorativa dell’attuale, per altri neutra, per alcuni  contratti (6) si continuerà con la base di calcolo già fissata da anni  nei CCNL.

La seconda tesi è particolarmente originale perché finora nessun contratto in nessun momento della pur lunga storia contrattuale italiana ha mai previsto una copertura dall’inflazione di tutta la retribuzione di fatto. Per la verità né la piattaforma CGIL CISL UIL su cui è avvenuto il negoziato né nessun soggetto presente al tavolo ha mai sollevato un problema simile. Noi possiamo sostenere con documentazione ufficiale che il nuovo indicatore di inflazione (IPCA depurata dall’energia) se fosse stato applicato negli ultimi 11 anni avrebbe garantito una copertura del tutto analoga (anzi leggermente superiore) all’indice ISTAT Famiglie Operai Impiegati (FOI), che, vogliamo ricordarlo era l’indice non per rinnovare i contratti (che avevano come parametro il Tasso di Inflazione Programmata), bensì per effettuare nel biennio contrattuale successivo i conguagli, tra l’altro con la depurazione delle ragioni di scambio.

Quindi possiamo dire senza ombra di possibile smentita che il nuovo indicatore IPCA se applicato negli ultimi 11 anni avrebbe garantito una piena copertura dell’inflazione reale rilevata ex-post dall’ISTAT.

Era esattamente la richiesta della piattaforma sindacale CGIL-CISL-UIL e ha trovato piena attuazione nell’intesa. Per il futuro, il nuovo indicatore sarà sicuramente migliorativo rispetto al parametro dell’inflazione programmata che in mancanza d’accordo resterebbe ancora il riferimento per rinnovare i CCNL.

  1. Nell’articolo viene criticata molto duramente l’incentivazione mediante la detassazione e la decontribuzione, del secondo livello di contrattazione, adducendo l’eccessivo costo a carico dei contribuenti.
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Contemporaneamente si sostiene anche che con l’accordo non c’è nessuna sicurezza che avvenga l’estensione della contrattazione di secondo livello, dando a questa considerazione una connotazione molto negativa. Si può, quindi, presumere che anche gli autori pensino che sarebbe utile una maggiore diffusione della contrattazione di secondo livello.

E’ di tutta evidenza che proprio la consapevolezza della difficoltà di estensione della contrattazione aziendale (o territoriale) e contemporaneamente la comune valutazione della sua necessità per dare una spinta propulsiva alla produttività e alla competitività delle aziende, hanno spinto le parti a chiedere che venissero resi strutturali gli incentivi che riguardano sia le imprese (la decontribuzione) sia i lavoratori (principalmente la detassazione). Ora se l’obiettivo di sviluppare la contrattazione aziendale dei salari di produttività è ritenuto valido e necessario per il miglioramento del sistema, perché mai una incentivazione fiscale e contributiva dovrebbe essere talmente negativa, da essere così brutalmente stroncata?

Davvero non se ne vede la ragione. Tanto più che non vengono detassati salari tout court ma quella parte del salario legata alla produttività e ai risultati quindi per definizione la parte più economicamente fondata e sicuramente non inflazionistica.

  1. Si sostiene, infine, che non vanno confuse nella contrattazione collettiva la copertura contro l’inflazione con la ricerca di un legame più stretto fra salario e produttività, perché sono due problemi diversi che vanno affrontati con strumenti diversi. E lo si dice lasciando intendere che invece l’accordo contenga questa confusione.

Ora, tralasciando la considerazione che la proposta alternativa formulata dagli autori appare inestricabilmente intrecciata tra copertura dell’inflazione e retribuzione della produttività tutta in capo al Contratto Nazionale, configurando così un formidabile ritorno all’antico; se c’è una cosa chiara nella riforma è proprio quella che Boeri e Garibaldi  auspicano e cioè la separazione della dinamica retributiva legata alla copertura dell’inflazione, che è in capo al CCNL, dalla dinamica retributiva legata alla produttività che è in capo alla contrattazione di secondo livello. Si tratta di due strumenti diversi, esercitati da soggetti diversi, in luoghi diversi e in tempi diversi. E’ difficile pensare a qualcosa di più separato.
E’ una formula che ha il pregio della chiarezza e della semplicità ma soprattutto è una rivoluzione culturale in senso partecipativo delle relazioni sindacali nel nostro paese, fatto che da più parti e da molto tempo è stato sollecitato e che ora che si realizza viene poco valorizzato.
E’ ora importante che il sindacato si senta particolarmente impegnato a vincere questa sfida sul campo, individuando tutti quei percorsi negoziali che permettono un’effettività della contrattazione di secondo livello, aziendale o territoriale, collegata alla competitività e al buon andamento delle aziende, delle pubbliche amministrazioni, dei servizi, del terziario. In questo modo il lavoro può dare un grande contributo alla modernizzazione del nostro paese, così necessaria, anche per uscire in positivo da questadifficilissima fase di crisi economica.

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* Segretario Confederale CISL

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