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Le prospettive di saturazione dei valichi alpini

Qualunque prospettiva infrastrutturale sui nuovi collegamenti transalpini non può prescindere da un insieme di misure complementari fra loro, per disincentivare il trasporto stradale e garantire una maggiore efficienza da parte degli operatori ferroviari. Misure che per il momento non ci sono. E dunque è alto il rischio di un sensibile sottoutilizzo della capacità esistente o programmata. L’avvio di un’opera tanto costosa come la Torino-Lione è una vera e propria “scommessa”, condotta dal sistema decisionale facendo appello a risorse pubbliche.

Il recente rapporto sulla capacità dei valichi alpini, redatto dalla Commissione europea e focalizzato sul nuovo collegamento ferroviario Francia-Italia, ha ravvivato la discussione. (1) In particolare, la previsione di una completa saturazione del sistema nel 2028 è stata più volte ripresa per ribadire la necessità di decisioni rapide. Pertanto, può essere interessante ripercorrere i contenuti dello studio, evidenziando come si sia giunti a valutare la capacità del sistema, così come a stimare i tassi di crescita della domanda di trasporto attesi per i prossimi venti o trent’anni.

Le fonti dello studio

Innanzi tutto, il rapporto non contiene alcuna valutazione originale né della capacità di trasporto né dell’andamento dei traffici. Si limita a confrontare fra loro le valutazioni effettuate, in tempi e modi parzialmente diversi, dalle società incaricate della progettazione dei nuovi tunnel di base del Fréjus (Ltf), del Gottardo (Alptransit) e del Brennero (Bbt), con l’obiettivo specifico di “fornire un’immagine chiara delle condizioni di trasporto sugli assi transalpini Est-Ovest e Nord-Sud, e di verificare che non vi siano doppi conti a livello dei traffici stimati per i differenti progetti ferroviari transalpini”.

La stima della capacità

La capacità del sistema dei valichi alpini esistenti viene stimata in 271 milioni di transiti/anno, mentre per quanto concerne la frontiera italo-francese il valore scende a 90 Mt/anno (71 su strada e 19 su ferro). (2) Sono valori basati sull’ipotesi di una limitazione amministrativa del traffico stradale pesante su livelli assai inferiori all’effettiva capacità tecnica del sistema. (3) Per quanto concerne i valichi ferroviari, lo studio si limita a riprendere i valori già noti contenuti nello studio redatto da PriceWaterhouseCoopers nel giugno 2004, così come rivisti da Ltf. (4) Anche in questo caso, si tratta di stime molto prudenti, tra l’altro basate su definizioni inusuali e non comparabili con quelle generalmente adottate. (5)

Le previsioni di traffico

Per quanto concerne il traffico, lo studio concorda con la previsione Ltf di una crescita dai 49 Mt/anno del 2004 ai 77 del 2020, ai 96 del 2030. Dal canto suo, il traffico ferroviario sarebbe destinato a raggiungere i 19 Mt/anno nel 2020 (ancora sulla linea storica) e i 33,4 Mt/anno nel 2030 (nel nuovo tunnel di base), sempreché ci si trovi in presenza di “misure politiche forti” per il trasferimento modale. Questo andamento si configura però come una netta inversione di tendenza rispetto al passato, con uno scarto fortissimo rispetto ai risultati ottenuti da Bbt: +80 per cento all’orizzonte 2020 e +200 per cento all’orizzonte 2030 (vedi grafico). (6)

Fonti: Alpinfo (andamento storico), Commissione UE DG-TREN su dati LTF/BBT (previsioni)

A fronte di tale discrasia, gli estensori dello studio si limitano ad argomentare che “(…) le previsioni di traffico realizzate da Bbt per il nuovo collegamento Francia-Italia sono basate su numeri vecchi e non sembrano tener conto della capacità supplementare generata dai lavori di modernizzazione in corso sulla linea storica di Modane, così come della costruzione del tunnel transalpino e delle opere complementari sui versanti francese e italiano. La differenza importante e non giustificata della stima del traffico merci a Modane tra gli studi di Bbt e di Ltf richiederà che la definizione dell’offerta futura a Modane sia verificata ed eventualmente armonizzata con quella di Ltf (…)”. (7)

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Alcuni interrogativi

Le conclusioni raggiunte dallo studio derivano dal confronto fra stime di capacità minime e previsioni di crescita massime. Si configurano pertanto come soglia temporale cautelativa, raggiungibile soltanto in presenza di “misure forti”, tali da garantire un’inversione di tendenza del traffico anche prima della realizzazione della nuova linea.

In questo senso, la situazione della linea Torino-Lione appare quanto mai paradossale, poiché la massima “urgenza” rivendicata dal sistema decisionale si correla a un andamento del traffico fra i più deludenti (-43 per cento fra il 1997 ed il 2005). Lo studio della Dg-Tren tende a ricondurre queste cattive prestazioni ai vincoli geometrici esistenti lungo la linea, dimenticando tuttavia di spiegare per quale motivo infrastrutture analoghe stiano registrando oggi andamenti ben più positivi. (8) In realtà, vi sono molte ragioni per ritenere che la riduzione dei flussi transitanti a Modane dipenda da una molteplicità di fattori diversi, che includono un relativo rallentamento della domanda sull’asse Italia-Francia, alcune persistenti difficoltà gestionali nell’esercizio ferroviario, e anche una sostanziale assenza di politiche di regolazione del trasporto stradale, volte a incentivare il trasferimento modale. Si tratta di fattori che su altre direttrici sono stati oggetto di ben definite politiche di accompagnamento, collocate in un contesto di liberalizzazione dei servizi ferroviari più avanzato di quello esistente alla frontiera francese. (9)

È ormai ben chiaro che qualunque prospettiva infrastrutturale, riguardante i nuovi collegamenti transalpini, non può prescindere da un insieme integrato di misure complementari fra loro, volte sia a disincentivare il trasporto stradale, sia a garantire una maggiore efficienza da parte degli operatori ferroviari. Ma tali misure si trovano oggi, nella migliore delle ipotesi, a uno stadio embrionale, rendendo tangibile il rischio di un sensibile sottoutilizzo della capacità infrastrutturale esistente o programmata. In queste condizioni, l’avvio di un’opera tanto indivisibile e costosa finisce per rappresentare una vera e propria “scommessa”, condotta dal sistema decisionale facendo appello a risorse esclusivamente pubbliche. (10) Forse i contribuenti, qualora adeguatamente informati, preferirebbero tutt’altri impieghi.

 

* Membro dell’Osservatorio Valle di Susa istituito presso la presidenza del Consiglio

(1) Vedi European Commission – Dg – Tren; Estimation des potentialités du trafic fret à travers les Alpes: cas spécifique de la nouvelle liaison ferroviaire transalpine France-Italie; a cura di Ecorys, Cowi, Ecn, Ernst&Youg Europe, Consultrans, rapporto finale (6° ed.), dicembre 2006.

(2)Lo studio prende in esame l’arco Ventimiglia-Tarvisio, escludendo così i due transiti italo-sloveni di Gorizia e Villa Opicina.

(3) Così, la capacità del tunnel autostradale del Gottardo è stata assunta pari a 650mila transiti/anno, mentre per quella complessivamente garantita dai due trafori del Monte Bianco e del Fréjus, viste le misure regolamentari adottate dal governo francese, si è deciso “(…) di limitare il traffico stradale di veicoli pesanti al traffico massimo osservato in passato sui due passaggi, cioè circa 2,5 milioni di transiti (…)”. Da ultimo, il livello di saturazione del valico di Ventimiglia è stato stimato in 1,8 milioni di transiti/anno. Si tratta di valori certamente inferiori alle capacità tecniche effettivamente conseguibili, come evidenziato dal fatto che il traforo del Fréjus ha già superato da solo, durante il periodo di chiusura del Monte Bianco, la soglia di 1,5 milioni di transiti/anno, mentre sull’autostrada del Brennero (paragonabile a quella di Ventimiglia) si raggiungono già oggi i 2 milioni di transiti, senza che si verifichino rilevanti “effetti tappo”, dannosi per l’economia nazionale.

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(4) I valori riportati sono pari a 28 e 31 Mt/anno, rispettivamente, per i tunnel di base del Brennero e del Gottardo (non si tiene conto della capacità residua sulle linee storiche), a 13 Mt/anno per la linea di Tarvisio, a 15 Mt di t/anno per la direttrice Sempione-Lötschberg (dopo l’apertura del nuovo tunnel), a 17 milioni di t/anno per la linea di Modane e a 2 Mt/anno per quella di Ventimiglia.

(5) Questi valori sono da intendersi riferiti alla “capacità effettiva”, un concetto introdotto da Ltf in modo da tenere conto delle oscillazioni settimanali e mensili della domanda nonché delle asimmetrie esistenti nei traffici di import-export. Essi, pertanto, risultano inferiori non soltanto alla “capacità tecnica” delle linee, ma anche alla loro capacità pratica, come comunemente definita a seguito dell’esame dei modelli di esercizio ferroviari attivabili sulle infrastrutture esistenti o programmate. Nel complesso, i valori assunti dallo studio si collocano ai limiti inferiori dell’intervallo delle stime prodotte nel corso degli ultimi 10-15 anni, ponendosi al di sotto, per quanto concerne la linea di Modane, anche alle precedenti valutazioni di Rfi-Rff, contenute nello Studio di ammodernamento della linea storica del 2000.

(6) Gli studi di Alptransit non contengono revisioni specifiche sulla direttrice Torino-Lione.

(7) A pag. 30.

(8) Nello stesso periodo in cui la linea ferroviaria Torino-Lione ha perso oltre il 40 per cento del suo traffico, i flussi lungo la direttrice Sempione-Lötschberg sono cresciuti del 37 per cento, e quelli lungo il Brennero del 30 per cento.

(9) A tale proposito, si può evidenziare una significativa considerazione degli estensori dello studio Dg-Tren, secondo la quale “(…) il progetto di collegamento ferroviario Francia-Italia, creando nuova capacità ferroviaria, permetterà di aprire al mercato a nuovi operatori e di svilupparlo in ragione di un’accresciuta concorrenza (…)” (p. 19). Peraltro, tale misura potrebbe tranquillamente essere attuata fin d’ora, come del resto sta avvenendo su altre direttrici, come il Brennero, contribuendo a sostenere l’attuale crescita dei traffici lungo le linee storiche.

(10) I costi attesi superano i 16 miliardi di euro.

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  1. Giovanni

    Condivido pienamente le conclusioni riportate nell’articolo e vorrei sottolineare un aspetto che spesso viene sottaciuto all’opinione pubblica e che riveste, secondo il mio parere, un’importanza fondamentale nella decisione se fare o meno le opere in questione. Mi riferisco al rischio, più volte paventato, che i materiali estratti per lo scavo delle gallerie contengano, tra l’altro, quantità non indifferenti di amianto e di uranio che potrebbero causare, se inalati o se esposti alle radiazioni, gravi danni per la salute sia per gli abitanti dell’intera Valle di Susa sia per quelli dei comuni che si trovano allo sbocco di suddetta valle (Rivoli, Moncalieri, Torino per citare i più popolosi).
    Orbene, allo stato attuale, i sistemi proposti dalle autorità per la messa in sicurezza di detti materiali non convincono pienamente gli esperti del settore in quanto non garantirebbero la totale sicurezza degli abitanti della zona (basta inalare poche fibre di asbesto per correre seri rischi di ammalarsi di mesotelioma). E’ questo è, a parer mio, il punto focale della questione perché non si può pretendere, in nome di presunti, futuri, vantaggi economici e commerciali della Nazione (ancor tutti da dimostrare) di mettere a repentaglio la salute di alcuni milioni di persone (occorre ricordare che, generalmente, i venti spirano dalla Valle di Susa verso la pianura). Nel dubbio, in questo caso, è meglio astenersi.

  2. Andrea Debernardi

    Nel corso della riunione dell’Osservatorio Valsusa ho avuto modo di discutere il rapporto con alcuni degli estensori ed anche con un rappresentante della Commissione Europea. In quella sede mi è stato spiegato che, in ogni caso, il rapporto non esprime la posizione della Direzione Generale Trasporti della Commissione. Al di là delle considerazioni di merito, sarebbe stato simpatico precisare questo dettaglio anche nei tanti articoli dedicati allo studio dagli organi di stampa nazionali…

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