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La rendita viaggia in autostrada

L’analisi dei bilanci degli ultimi anni del Gruppo Autostrade mostra che il fatturato netto è in costante crescita, il rapporto tra valore aggiunto e fatturato netto è abnorme, la redditività delle vendite è decisamente elevata, così come quella del capitale di rischio. Cala solo il Roi, a causa dell’incorporazione nella molto indebitata NewCo28. Ma proprio questo è il dato utilizzato dal Nars per valutare gli adeguamenti dei pedaggi. Alla fine saranno dunque gli utenti a sostenere il costo di tutta l’operazione? L’Authority per i trasporti è sempre più urgente.

L’istituzione di un’Authority per i trasporti sembra essere entrata nell’agenda del governo. Oggi, la struttura regolatoria, introdotta in seguito alla privatizzazione della Società Autostrade, risulta incompleta proprio perché non è stata costituita un’autorità con poteri sanzionatori. Non solo, è anche inadeguata perché il Nars, Nucleo di attuazione e regolazione dei servizi di pubblica utilità, che fa capo al Cipe, è troppo debole rispetto alle dimensioni dei concessionari. Anche per questa ragione il sistema tariffario garantisce ai soggetti regolati rendite elevate. (1)
Per rendersene conto basta analizzare i bilanci del Gruppo Autostrade. (2)

Il fatturato

Il fatturato netto è in costante progressiva crescita: tra il 2001 e il 2005 è aumentato del 32 per cento. Nei primi nove mesi del 2006 è ulteriormente cresciuto (+6,1 per cento), per l’aumento sia delle tariffe (+2,55 per cento) che del traffico (+2,5per cento). I canoni di concessione Anas sono pari a solo l’1 per cento del fatturato lordo, molto meno di altre concessioni di reti infrastrutturali.
Il rapporto tra valore aggiunto e fatturato netto è abnorme: l’80 per cento, quattro volte quello delle società industriali (20 per cento), mentre nel settore dei “Servizi pubblici, autostrade, gas e acqua” è pari al 57 per cento. (3)
Concettualmente, il valore di questo rapporto dovrebbe essere determinato dal mercato: dovrebbe misurare quanto il mercato apprezza il valore messo dall’impresa nello svolgimento della sua attività, e infatti così accade per l’industria manifatturiera esposta alla concorrenza mondiale. Quando invece la determinazione del prezzo di un servizio è sottratta al mercato e affidata direttamente o indirettamente a un organismo amministrativo, il rapporto aumenta. La differenza tra il 57 per cento medio dei servizi pubblici e il 20 per cento dell’industria può essere presa come misura della protezione che gli operatori dei servizi pubblici ricevono dalle autorità amministrative. Nel caso di Autostrade, poi, lo scarto tra l’80 e il 57 per cento è l’indice di un’ulteriore protezione. Infine, mentre nei servizi pubblici il rapporto comincia a calare – 60 per cento nel 2002 e 2003, 58 per cento nel 2004, 57 per cento nel 2005, segno di un’apertura sia pur timida, insufficiente e tardiva del mercato –, per Autostrade è rimasto inchiodato: 80 per cento nel 2001, 82 per cento nel 2002, di nuovo 80 per cento nel 2003, 2004 e 2005.

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Produttività del lavoro e redditività

La produttività del lavoro (valore aggiunto per addetto) del Gruppo Autostrade è aumentata, da 188mila euro nel 2001 a 253mila nel 2005 (+34 per cento), perché è diminuito il numero medio di dipendenti: da 9.276 del 2001 a 9.217 del 2005. Nel terzo trimestre del 2006 l’organico medio è sceso ancora, raggiungendo il livello di 9.147 unità.
Il Gruppo incassa dai clienti a 70 giorni, media tra il cash di chi paga in contanti al casello, i tempi del telepass e la dilazione ai clienti societari. Invece, paga i fornitori a 275 giorni. La forbice tra le due dilazioni di pagamento, pari a sette mesi, equivale per il Gruppo Autostrade a un enorme finanziamento a breve.
La redditività delle vendite (Ros in percentuale) è straordinariamente elevata e addirittura crescente: 42 per cento nel 2001, 52 per cento nel 2005. Prima della privatizzazione, nel 1998 era 32 per cento, in linea con quella nello stesso anno delle autostrade in Francia (25÷36 per cento) e in Spagna (28÷40 per cento). (4)
Quindi la crecita anomala è degli anni duemila, dopo la privatizzazione, per l’effetto combinato di cura gestionale e aumento delle tariffe.
Altrettanto vale per la redditività del capitale di rischio (Roe in percentuale), che passa dal 15 per cento nel 2002 al 24 per cento nel 2005. È molto difficile trovare un’impresa italiana con simili indici di redditività.
Da un’analisi dei flussi di cassa emerge che nel 2005 il Gruppo Autostrade avrebbe potuto finanziare i nuovi investimenti tecnici, appena 852 milioni, quasi solo grazie all’utile netto, pari a 804 milioni, se non ne avesse distribuito tra gli azionisti più della metà, ovvero 436 milioni. Per il 2006, è prudente attendere il consuntivo ufficiale prima di esprimere valutazioni.

I pedaggi

Per il 2007 il ministro delle Infrastrutture ha chiesto al Nars un parere in ordine a ulteriori adeguamenti tariffari. Nel frattempo, l’Anas ha rinviato ogni determinazione. Dal 1° gennaio 2007 le tariffe autostradali in vigore sull’intera rete nazionale hanno comunque subìto un aumento variabile tra lo 0,8 e l’1,8 per cento in funzione delle classi veicolari. Non è un introito aggiuntivo per le concessionarie, va a beneficio esclusivo di Anas, che così compensa un po’ la modestia del canone di concessione versato dal Gruppo Autostrade.
Negli anni Novanta il Nars, in base alla delibera Cipe n. 319 del 1996, era solito determinare gli adeguamenti tariffari anche attraverso il confronto per gli ultimi cinque anni tra la remunerazione del capitale investito – Roi, Return on investments, ovvero Rona, Return on net assets – e il costo del capitale, Wacc, Weighted average cost of capital. (5) Ma, a seguito dell’operazione di incorporazione della ex-Autostrade nella NewCo28, società a suo tempo creata dai soci e fatta indebitare molto per acquisire la Società Autostrade, è successo che al 31 dicembre 2003 nello stato patrimoniale consolidato del Gruppo sono emersi da un lato, all’attivo, un avviamento e un incremento di immobilizzazioni immateriali pari nel complesso a quasi 6 miliardi, dall’altro, al passivo, maggiori debiti finanziari per lo stesso importo. Nonostante non siano derivati da veri e propri investimenti tecnici, i quasi 6 miliardi di maggior attivo totale hanno finito per accrescere il denominatore, cioè l’attivo totale netto medio, del Roi, cosicché questo indice di redditività è sceso dal 19 per cento del 2002 al 14 per cento del 2003, all’11 per cento nel 2005.
Il rischio è che ora il Nars, nel rispondere al ministro delle Infrastrutture, dica che il pedaggio non può diminuire, o addirittura deve aumentare, perché il Roi negli ultimi cinque anni è diminuito. Ma se ciò accadesse, gli utenti delle autostrade finirebbero per sostenere il costo dell’operazione con la quale gli azionisti di maggioranza, con pochi capitali di rischio e molti debiti, hanno assunto il controllo del gruppo.

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(1) Vedi Boffa F., Rondi L., Vannoni D., Zanetti G., 2006, “Il sistema produttivo”, in Gallo R. e Silva F. Le condizioni per crescere, Il Sole 24 Ore libri. E su lavoce.info Boitani A., Ponti M., 2005 Autostrade, galline dalle uova d’oro e polli da spennare.
(2) R&S, Annuario, Milano luglio 2006
(3) Mediobanca, Dati cumulativi di 2.010 società italiane, Milano agosto 2006.
(4) R&S, I Trasporti, Milano 2000.
(5) Coco G., 2002, Difficoltà di tariffazione autostradale in Italia

http://dinamico.unibg.it/highways/presentations/coco/coco.ppt

 

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Sommario 20 gennario 2007

  1. bellavita

    prima di proporre nuove authorities, vorrei un’indagine (parlamentare, non di un’altra authority) sull’efficacia e l’efficenza delle authoirities esistenti. Già l’idea di delegare a un’authority compiti propri dello stato mi sembra antidemocratica e costituzionalm. eversiva. La versione italiana è stata poi di sistemare gli amici romani in ricchi canonicati e fargli passare il tempo a discuetere dele competenze.

  2. franco benoffi gambarova

    Vedo con soddisfazione che lavoce.info ritorna su questo argomento con grande chiarezza. Già il 27.7 in una mia lettera avevo richiamato l’attenzione sui pedaggi e sul fatto che Tremonti avesse reso ancora più favorevole a Schema 28 il meccanismo, già di per sè perverso, per calcolare gli aumenti ai pedaggi.
    Questo è il cuore del problema, non il fatto che gli azionisti di Autostrade siano italiani o spagnoli o turchi.
    Questa è la colpa, grave, del governo Berlusconi e del suo ministro Tremonti (su questo tema in disaccordo con il pur discusso collega Lunardi).
    Su questo punto deve essere focalizzata l’attenzione del governo, in particolare di Bersani che sembra essere il ministro più sensibile a temi di questo genere, senza la visceralità di Di Pietro.
    Su questo gli Italiani giudicheranno.
    Franco Benoffi Gambarova

  3. VC

    Complimenti per l’analisi e la chiarezza dell’articolo del prof. Gallo.
    Speriamo che serva a riordinare il settore.

  4. Luigi de Pierris

    Intervento quanto mai opportuno. Tutta la vicenda autostrade mostra quanto i meccanismi di regolamentazione siano inadeguati in questo paese – anche a causa di una certa acquiescienza dei controllanti verso i controllati.
    Per esempio non mi risulta che nessuno abbia mai chiesto conto alla concessionaria della incompleta attuazione del programma di investimenti previsto dalla convenzione.
    C’è stato quindi un colossale e ingiustificato trasferimento di risorse dalle tasche degli utenti a quelle degli azionisti della concessionaria sul quale è necessario intervenire.
    Ben venga la Authority, a patto però che sia in grado di resistere alle enormi risorse di lobbying della quale la concessionaria dispone. A mio avviso ci sarebbero addirittura gli estremi per l’imposizione di una “windfall tax”, sul modello di quanto accaduto anni fa in Inghilterra nel settore delle risorse idriche.

  5. Pietro SILVA

    Sono perfettamente d’accordo con Benoffi Gambarova.
    Piuttosto che mettersi di traverso rispetto a progetti di riassetto azionario, il Governo dovrebbe, urgentemente, intervenire sulle regole, il loro rispetto e i relativi meccanismi di controllo.
    Fatto ciò, la proprietà diventa secondaria

  6. A. Albertin

    Mi associo al commento del sig. Bellavita

    Negli ultimi tempi per i piu’ svariati motivi si propone la creazione di una apposita authority che, non si sa per quali magici motivi, dovrebbe risolvere tutti i problemi.

    Le authority presenti non stanno brillando per efficacia ed efficenza.

    A breve dovremo proporre al creazione di una Authority per “l’eliminazione delle Authority inutili”

  7. Gaetano Criscenti

    bellissimo articolo dal quale emerge con chiarezza l’artifizio contabile che ha determinato un così grande utile per gli azionisti di Autostrade, un fatto così enorme , che non è sfuggito senz’altro ai politici che se ne sono occupati, da Tremonti a Lunardi, a Berlusconi, ma che è stato forse anche favorito.
    Ciò che mi pare strano è che non si capisca come la fusione sia stata motivata da questo BENGODI di utili senza controlli, e che sia sfumata , non per l’opposizione al capitale straniero di Di Pietro, che anzi non si è mai opposto a questo, ma solo perchè ,una volta toccato con mano che , in una maniera o in un’altra, questi meraviglisi utili, diminuiranno drasticamente nel futuro, ed anzi bisognerà fare le infrastrutture che Autostrade si era impegnata a fare e non ha fatto, con esborsi di vari milardi di euro, l’appetibilità è venuta meno!!!!

  8. errebi

    l’articolo del prof. Gallo è lucido e disarmante. Possibile che una questione così mastodontica sia passata inosservata al governo?
    Posso capire che devo finanziare la sanità con il ticket, ma perchè devo finanziare i privati che controllano Autostrade?
    Una parola di Bersani, chiara come quella sul costo delle ricariche telefoniche, a cui seguano provvedimenti conseguenti potrebbe ridare un po’ di speranza ai cittadini di questo sventurato paese.
    A proposito di Authority, mi piacerebbe che qualcuno valutasse le prestazioni di Guazzaloca all’Antitrust, e le rendesse pubbliche, permettendo di sgomberare la mente, se del caso, da cattivi pensieri.

  9. silvio pancheri

    Autostrade? Non si tratta di rendita e non serve un’authority, serve un contratto adeguato. Gallo riferisce le sue critiche a un bilancio di una concessione di costruzione e gestione. Ma se oggi invece fossimo in presenza di una concessione di sola gestione, cambierebbe qualcosa?
    Ecco la differenza.
    Il piano finanziario di un’autostrada in concessione di costruzione e gestione serve a ripagare i debiti contratti per realizzare l’opera; la concessione dunque fissa durata, contributo pubblico e livello tariffario necessari per raggiungere lo scopo.Il piano finanziario che regola la concessione della fase successiva ha invece per oggetto la sola gestione dell’autostrada, incluse le spese di investimento necessarie alla sua conservazione e al suo miglioramento. Al concessionario di gestione spetta solo il profitto da gestione, mentre il concedentefissa il livello delle tariffe a seconda di quanto intende incassare di onere di concessione. Quest’ultima è un’operazione specualare al modo in cui il concedente fissa in fase di concessione di costruzione e gestione il contributo pubblico iniziale. Sta al concedente e non a un’authority fissare la tariffa.
    Oggi siamo nella situazione in cui un concessionario di fatto di gestione ottiene di poter investire per conto del concedente quanto annualmente costituirebbe l’onere di concessione, anticipando gli investimenti nel primo decennio e recuperando nell’arco di venti o trent’anni. Ma non è una concessione di costruzione egestione. Le concessionarie investono così circa sessanta miliardi di euro che il concedente , avesse riscosso gli oneri di concessione, avrebbe potuto reinvestire in teoria dove voleva. Se la chiave di lettura fosse la concessione di sola gestione anche altri aspetti prenderebbero nuova luce; ad esempio, il rapporto tra valore aggiunto e fatturato netto tornerebbe normale eanche la tariffa non andrebbe più aggiornata invia automatica per l’inflazione.

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