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Il fisco e le donne

La riduzione fiscale a vantaggio delle famiglie con figli dovrebbe essere al centro della riforma fiscale. Più che una riduzione generalizzata delle aliquote, serve un misura permanente che incentivi la partecipazione femminile alla forza lavoro e la natalità. Per esempio attraverso una imposta negativa: una detrazione fiscale condizionata alla presenza di figli, a un reddito congiunto al di sotto di un limite da definirsi e al fatto che entrambi i componenti della coppia siano occupati.

La Legge finanziaria di quest’anno prevede una riduzione generalizzata delle aliquote marginali. Sarebbe più utile una riduzione mirata delle imposte sul reddito al fine di affrontare alcuni dei problemi più importanti del nostro paese.
La riduzione fiscale a vantaggio delle famiglie a basso reddito con figli carico in cui entrambi i genitori lavorano dovrebbe essere al centro della riforma dell’Irpef. Il fisco è infatti un tassello essenziale per costruire un welfare che sappia conciliare famiglia e lavoro. Attraverso i risparmi fiscali, la riforma dovrebbe prevedere sostanziali incentivi alla partecipazione alla forza lavoro del secondo componente della famiglia, normalmente la moglie.

Basso tasso di occupazione femminile e bassa fertilità sono due dei principali problemi che incidono negativamente sul tasso di crescita del nostro paese. Il tasso di occupazione femminile in Italia è del 42,7 per cento sulla popolazione attiva, contro la media europea del 55,1 per cento. Il vertice di Lisbona del marzo 2000 ha fissato l’obiettivo di portare il tasso di occupazione femminile al 60 per cento entro il 2010. Per l’Italia, significa un aumento del tasso di occupazione femminile del 17-18 per cento, ovvero diversi milioni di donne occupate in più. Le prospettive di crescita dell’occupazione italiana sono dunque affidate alla componente femminile. (1)
Un problema strettamente correlato alla bassa occupazione femminile è la bassa fertilità delle donne italiane. Il tasso di fertilità delle famiglie italiane è fermo a 1,2 figli per coppia, ben lontano dal tasso di rimpiazzo della popolazione (2,1 figli per coppia) e dall’1,9 della Francia, 1,7 di Inghilterra e 2,1 degli Stati Uniti.
Il 30 per cento delle donne italiane non torna al lavoro dopo la maternità perché la cura dei figli assorbe la maggior parte del loro tempo. Fuori dal mercato del lavoro, le donne non sono in grado di mantenere le loro capacità professionali: più ne stanno lontano, più è difficile per loro tornare a un’occupazione permanente. Inoltre, troppo spesso il ritorno al lavoro stabile è poco conveniente dal punto di vista economico perché tutto il loro stipendio finisce in tasse o in babysitter. Questa è la ragione per cui molte donne si ritirano dalla forza lavoro dopo la maternità o cadono nel lavoro sommerso.

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L’imposta negativa

Gli incentivi monetari al lavoro potrebbero allora prendere la forma di imposta negativa.
Si tratta di una detrazione d’imposta che diventa un trasferimento netto dalla amministrazione fiscale all’individuo per i contribuenti con reddito da lavoro inferiore a una certa soglia. Costituisce dunque un efficace incentivo all’occupazione femminile in quanto è a tutti gli effetti un premio monetario per chi dichiara un seppur minimo reddito da lavoro.
La detrazione fiscale dovrebbe essere concessa esclusivamente a tre condizioni: la presenza di figli in famiglia, un reddito congiunto al di sotto di un limite da definirsi e il fatto che entrambi i componenti della coppia siano occupati. Per incentivare ulteriormente il ritorno delle madri al lavoro, si potrebbe poi ipotizzare una detrazione addizionale per le spese di cura dei figli, sempre se entrambi i componenti della coppia sono occupati. (2)
La detrazione, per esempio fino a 2mila euro, potrebbe essere concessa in misura proporzionale dal primo euro di reddito fino a un livello da definirsi (per esempio 5mila euro) e poi gradualmente ritirata per livelli di reddito superiore. Solo chi non supera il reddito minimo imponibile (per esempio 9mila euro) avrebbe diritto a ottenere la detrazione d’imposta in forma di trasferimento diretto. In questi casi, si potrebbe anche istituire un sistema di crediti d’imposta. Il credito fiscale è preferibile al trasferimento diretto perché induce ad avere un rapporto con l’amministrazione tributaria e riduce il problema pratico e psicologico di ritirare il trasferimento.
Anche nel caso di una coppia di fatto, la detrazione fiscale dovrebbe essere basata sulla dichiarazione famigliare congiunta. Infatti, se fosse basata sulla dichiarazione individuale, anche compagne di mariti ricchi o individui con grosse rendite e bassi redditi da lavoro potrebbero vantare diritti alla detrazione. La scelta di riconoscere il pagamento all’uomo o alla donna sarebbe però lasciata alla coppia. L’accertamento del reddito familiare congiunto in un sistema di tassazione individuale può risultare problematico dal punto di vista amministrativo, ma l’Inghilterra ha affrontato con successo un problema simile.

Se ci sono altri sussidi

Il sistema di imposta negativa è condizionato al percepimento di un reddito da lavoro ed in quanto tale costituisce un incentivo esplicito all’occupazione. Esso è tanto più efficace quanto più non interagisce con altri strumenti del welfare che non sono condizionati al percepimento di un reddito da lavoro quali sussidi di disoccupazione o alla casa. Infatti, l’incentivo al lavoro diminuisce se per aver diritto al premio monetario bisogna rinunciare al sussidio di disoccupazione o al diritto alla casa. Nel caso italiano, dove i sussidi di disoccupazione sono attualmente poco generosi, un sistema di imposta negativa ha buone possibilità di dimostrarsi efficace. Misure di sostegno alla povertà non condizionate al percepimento di un sia pure minimo reddito da lavoro, per esempio nelle forme assunte più o meno intenzionalmente dal reddito minimo di inserimento, non sono facilmente conciliabili con misure fiscali di incentivo all’occupazione femminile quali l’imposta negativa.

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Un sistema di imposta negativa funziona in varie versioni in Usa, Gran Bretagna e Francia.(3)  Tipicamente una riforma di questo tipo è onerosa dal punto di vista del bilancio pubblico e richiede un’amministrazione fiscale efficiente che incorpori prontamente le informazioni riguardo al reddito e la condizione di occupazione dei componenti della famiglia. L’evidenza internazionale ha mostrato che gli incentivi sono tanto più efficaci tanto più l’imposta negativa è mirata a gruppi sociali ben definiti. Sia per ragioni di costi complessivi sia perché i risultati sono meglio visibili su gruppi sociali definiti, è preferibile che l’imposta negativa funzioni solo per le famiglie bi-reddito con figli. Inoltre l’estensione alle donne singole con figli è esposta alla critica che ciò costituirebbe un incentivo alla dissoluzione della famiglia.

 

Ovviamente, un sistema fiscale adeguato alle esigenze delle donne che vogliono conciliare famiglia e carriera è solo una parte di una strategia più complessiva di sostegno alla natalità e alla partecipazione femminile alla forza lavoro. L’altra parte fondamentale è il miglioramento del sistema pubblico e privato dei servizi all’infanzia. Queste misure, con al centro la riforma fiscale, sono necessarie per aumentare la mobilità sociale e per combattere le disuguaglianze e la povertà che iniziano dalla prima infanzia.


(1) La differenza tra il tasso di occupazione italiano e la media europea è dovuta alla minore occupazione delle donne, perché il tasso di occupazione tra gli uomini in età attiva è sostanzialmente simile in Italia a quello dei principali paesi europei e degli Usa.

(2) I costi per la cura dei figli potrebbero essere sostenuti sia nel settore pubblico sia in quello privato.

(3) Una proposta di imposta negativa per tutti i contribuenti e non limitata alle famiglie con figli è stata avanzata in Italia da DeVincenti, Paladini e Pollastri.

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  1. Eleonora

    Ma queste detrazioni si rivolgono a situazioni già positive, se entrambi i genitori lavorano, sicuramente per loro sarà più facile gestire economicamente la famiglia! Il problema è far trovare lavoro alle donne quindi incentivi importanti alla loro assunzione, al loro reinserimento lavorativo se hanno già figli (e magari hanno dovuto lasciare temporaneamente il lavoro).

  2. silvia

    Assolutamente no! Occorrono incentivi per le assunzioni stabili delle donne con figli, il problema è trovare lavoro. Inoltre incentivi al part time e nidi diffusi e a basso costo!

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