Un accordo preventivo tra sindacati e imprese del settore potrebbe garantire la continuità del servizio durante gli scioperi: i lavoratori rinuncerebbero ai loro stipendi, ma lazienda si impegnerebbe a versare il doppio o il triplo di questi in un fondo cogestito per opere di pubblica utilità. Così lastensione dal lavoro costerebbe davvero cara allazienda dei trasporti e il danno inferto non ricadrebbe sugli utenti. Una parte del fondo potrebbe essere poi utilizzata dalle due parti per informare la cittadinanza sulle ragioni del contendere.
Se, come pare, il primo dicembre scorso, a causa dello sciopero totale a sorpresa dei mezzi pubblici, sono stati 150mila i milanesi che non sono riusciti a recarsi al lavoro e sono stati dieci volte tanti i milanesi che hanno perso due ore di lavoro, la perdita complessiva subita dalla città, senza contare le altre componenti del danno, ammonta a non meno di 60 milioni di euro. Accordi convenienti e accordi equi Il motivo dello sciopero è costituito da una differenza di circa cento euro lordi di stipendio mensile, corrispondenti a un costo aziendale di centocinquanta euro. Moltiplicati per i novemila autoferrotranvieri milanesi e per i due anni di vigenza della parte economica del contratto collettivo di cui si discute, fanno circa 45 milioni. Conveniente, anche se non necessariamente equo, come non è necessariamente equo l’esito incruento di una trattativa condotta sotto la minaccia di una pistola puntata. Beninteso, non voglio dire affatto che sia iniquo quanto oggi gli autoferrotranvieri rivendicano, soprattutto in riferimento al costo della vita milanese; voglio solo dire che questo meccanismo negoziale non dà alcuna garanzia di equità; anzi è gravemente irrazionale, poiché fa pesare sull’accordo contrattuale la minaccia di un danno ingiusto a terzi. D’altra parte, al tavolo delle trattative non siedono i rappresentanti della collettività, cui quella minaccia è rivolta, ma i rappresentanti delle aziende dei trasporti municipali. E nelle giornate di sciopero queste aziende non soltanto non subiscono un danno, ma addirittura guadagnano. Perdono soltanto il ricavo della vendita dei biglietti di corsa singola, che costituisce solitamente una parte molto modesta delle loro entrate; non perdono invece il ricavo degli abbonamenti, né il contributo pubblico periodico che copre il deficit di bilancio. Viceversa, risparmiano stipendi, carburante e usura dei mezzi. In altre parole, paradossalmente, lo sciopero degli autoferrotranvieri fa bene al bilancio delle loro aziende. Così stando le cose, non c’è da stupirsi che le trattative sindacali ristagnino. Nello sciopero dei trasporti pubblici c’è questo elemento di anomalia: la sua efficacia sta tutta nel danno enorme inferto a soggetti terzi, agli utenti; non in un danno inferto alla controparte datrice di lavoro, quella che siede al tavolo delle trattative. Logica vorrebbe che, stando così le cose, al tavolo delle trattative sedesse il sindaco; anzi, il ministro del Bilancio, finché i soldi per pagare gli autoferrotranvieri, in ultima analisi, vengono da lui. Si eviterebbe almeno il gioco dello scaricabarile a cui si assiste in questi giorni circa la responsabilità del trascinarsi inconcludente delle trattative. La soluzione razionale Ma la soluzione più razionale del problema sarebbe un’altra: si chiama “sciopero virtuale” e si basa su di un accordo preventivo tra sindacati e imprese del settore per garantire la continuità del servizio durante gli scioperi, rinunciando i lavoratori ai loro stipendi e impegnandosi l’azienda a pagare il doppio o il triplo degli stipendi stessi a un fondo cogestito per opere di pubblica utilità. Un seme di speranza Certo, può apparire ingenuo e persino un po’ ridicolo proporre un salto in avanti di civiltà come quello dello sciopero virtuale, in un contesto quale quello italiano attuale, nel quale egoismi, particolarismi e faziosità prevalgono a tutti i livelli, la cultura della legalità è rinnegata persino ai vertici dello Stato, gli indici della coesione sociale sono in costante ribasso. Ma, proprio perché questa è la triste congiuntura civile che stiamo attraversando, avrebbe un grande significato che proprio in questo momento una o più tra le confederazioni sindacali maggiori sottoscrivessero con una o più aziende di trasporto municipale un accordo sulla possibilità dello sciopero virtuale. Non rinuncerebbero a nulla: lancerebbero soltanto un segnale di speranza. Getterebbero un seme, nella fiducia che col tornare della buona stagione esso potrà germogliare e dare frutti.
Tirate le somme, nella sola giornata di sciopero a sorpresa del primo dicembre, la città di Milano ha sopportato un danno superiore al beneficio totale che i suoi autoferrotranvieri stanno rivendicando (la sproporzione è, per lo più, molto maggiore nel caso dello sciopero di altre categorie-chiave del trasporto pubblico, come i controllori di volo). Se poi si considera che lo sciopero del primo dicembre era l’ottavo della serie, nell’ambito di questa vertenza contrattuale, si potrebbe concludere che firmare subito un accordo (magari soltanto regionale o aziendale) senza scioperi, accogliendo fin dall’inizio integralmente la rivendicazione dei lavoratori, sarebbe stato conveniente per tutti.
Così davvero lo sciopero costa caro all’azienda dei trasporti; i lavoratori possono dunque esercitare una forte pressione su di essa in modo diretto, e non in modo indiretto col prendere in ostaggio la cittadinanza. Una parte consistente del fondo cogestito, finanziato in questo modo, deve essere posto a disposizione di ciascuna delle parti contendenti per la realizzazione delle rispettive campagne di informazione dell’opinione pubblica circa i motivi del contendere: possono essere realizzati spot televisivi, utilizzate pagine intere di quotidiani, distribuiti messaggi ai viaggiatori, per conquistare l’appoggio della cittadinanza. Questa viene così coinvolta ancora nella vertenza, ma non nel modo barbaro in cui essa è stata coinvolta a Milano lunedì scorso, cioè col tenderle un’imboscata, col violare il suo diritto al lavoro e alla libertà di movimento, bensì nel modo civilissimo che è proprio dei lavoratori che sanno battersi per i propri interessi senza ledere quelli di altri lavoratori.
Non è necessario che, con l’accordo istitutivo di questa forma di lotta, il sindacato rinunci al proprio diritto di proclamare anche uno sciopero tradizionale. Basta prevedere la possibilità dello sciopero virtuale e stabilirne preventivamente l’opportuno regolamento. Sarà questa forma di lotta alternativa, poi, ad affermarsi da sola, per la sua maggiore efficacia nei confronti dell’azienda e per la straordinaria possibilità che offrirà ai lavoratori di stabilire un rapporto positivo con la cittadinanza.
IPOTESI DI ACCORDO COLLETTIVO AZIENDALE
SULLO SCIOPERO VIRTUALE
Oggi, … … 2003, tra
– la Società … (da qui innanzi indicata come “l’Azienda”), e
-le Organizzazioni Sindacali …, …, … (da qui innanzi indicate come “le Organizzazioni Sindacali”)
si è convenuto quanto segue.
1. Le Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente accordo si riservano la facoltà di proclamare, senza alcuna limitazione temporale, lo sciopero virtuale.
Si intende per sciopero virtuale, ai fini del presente accordo, quello che, senza produrre alcuna sospensione della prestazione lavorativa né alcun pregiudizio alla normale funzionalità del servizio, comporta:
a. la cessione, da parte del lavoratore che vi aderisce, del proprio credito retributivo corrispondente alla durata dello sciopero stesso al Fondo di cui al punto 5; nella determinazione del suddetto credito non si computano gli elementi di retribuzione differita (mensilità aggiuntive, trattamento di fine rapporto);
b. l’obbligo a carico dell’Azienda di effettuare il pagamento in favore del Fondo di cui al punto 5 dell’importo ceduto dal lavoratore, più un importo di pari entità;
c. la destinazione delle somme che in tal modo si saranno rese via via disponibili, per la realizzazione di iniziative di progresso civile o per scopi di solidarietà sociale;
d. la pubblicazione, a cura e spese del Fondo di cui al punto 5 – su due quotidiani con diffusione nella zona per la quale lo sciopero è proclamato (scelti di volta in volta dal Comitato di Gestione del Fondo) – di una inserzione predisposta dalle Organizzazioni Sindacali proclamanti, nella quale saranno esposti i motivi dell’agitazione, nonché di una inserzione dell’Azienda, nella quale sarà esposta la sua posizione al riguardo. In entrambe le suddette inserzioni verrà dato conto della destinazione delle somme cedute dai lavoratori e di quelle aggiuntive versate dall’azienda, in conseguenza dello sciopero virtuale.
2. I contributi previdenziali corrispondenti alla retribuzione ceduta dal lavoratore aderente allo sciopero vengono regolarmente versati dall’Azienda all’Istituto previdenziale competente, previa trattenuta, dall’importo versato al Fondo, della quota gravante sul lavoratore.
3. Lo sciopero virtuale può essere proclamato da una o più Organizzazioni, in riferimento alla generalità dei lavoratori dell’Azienda o a una parte determinata di essi. La proclamazione deve avvenire, mediante comunicazione ai lavoratori interessati e alla Direzione aziendale, con almeno dieci giorni di anticipo rispetto alla data in cui lo sciopero produce gli effetti di cui al punto 1.
Lo sciopero virtuale può essere proclamato in corrispondenza o no con la proclamazione, da parte di altre Organizzazioni, dello sciopero nella sua forma tradizionale, comportante l’astensione dal lavoro.
4. I lavoratori che intendano aderire allo sciopero virtuale devono darne comunicazione alla Direzione aziendale, di regola con almeno sei giorni di anticipo rispetto alla data per la quale esso è proclamato. La comunicazione può essere data in forma scritta, oppure in forma telematica, secondo le modalità che saranno definite mediante apposito protocollo concordato tra l’Azienda e le Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente accordo.
L’adesione allo sciopero virtuale comporta l’accettazione, da parte del lavoratore, di tutti gli effetti di cui al punto 1.
5. Presso la Direzione dell’Azienda è costituito un Fondo denominato “Fondo di solidarietà”, alimentato dai versamenti di cui al punto 1, lett. a e b, che saranno effettuati mediante accredito su di un apposito conto corrente bancario.
6. La gestione del Fondo è affidata a un organo collegiale denominato Comitato di Gestione, composto da
-un membro designato da ciascuna delle Organizzazioni Sindacali firmatarie del presente accordo;
– un membro designato dall’Azienda, il quale disporrà di tre voti qualora le Organizzazioni Sindacali firmatarie siano almeno quattro, due voti qualora le Organizzazioni Sindacali firmatarie siano almeno tre, un voto qualora le Organizzazioni Sindacali firmatarie siano meno di tre.
Il Comitato elegge nel proprio seno il Presidente, cui compete l’esecuzione delle delibere.
7. Il Comitato di Gestione del Fondo delibera, con la maggioranza semplice dei voti espressi dai partecipanti alla seduta, la destinazione delle somme che si saranno rese via via disponibili, nel rispetto di quanto disposto al riguardo nel punto 1, lett. c e d.
Il Presidente dà esecuzione alle decisioni del Comitato disponendo del conto corrente bancario di cui al punto 5 mediante firma congiunta con il rappresentante dell’Azienda nel Comitato di Gestione.
Il rappresentante dell’Azienda nel Comitato di Gestione può rifiutare la propria firma sull’atto di disposizione soltanto nel caso in cui esso tenda a finalità differenti rispetto a quelle tassativamente indicate nel punto 1, lett. c e d. Ogni controversia in proposito è risolta entro trenta giorni con lodo inappellabile da un arbitro unico designato dal Presidente della Sezione Lavoro del Tribunale territorialmente competente, senza altro vincolo di procedura se non quello di sentire, in contraddittorio tra di loro, tutti i membri del Comitato di Gestione. Le spese dell’arbitrato sono poste a carico del Fondo.
Caro Ichino, a volte rimango un pò perplesso leggendo le sue proposte. Affinchè sia equo, lo sciopero virtuale deve essere un strumento in mano al lavoratore. Pertanto non può essere equilibrato nel misure verso le parti. Perciò, se si dispone che il lavoratore perda il salario del periodo non lavorato (e per me è troppo, vista l'oggettiva condizione di ricatto sussistenziale. Andrebbe bene decurtare il 50% del salario) alle aziende, affinchè siano "incentivate" a considerare le ragioni dei lavoratori, dovrebbe essere applicata una misura pari almeno al triplo (e non certo paritaria, dato che i lavoratori effettivamente prestano l'opera). I fondi, inoltre, dovrebbero essere gestiti a vari fini (ad es. sussidi di disoccupazione) ma non quello di creare "spot" di comunicazione (quelli dovrebbero essere semplici comunicati, riportati gratuitamente in modo chiaro ed efficace da tutti gli organi di informazione che dispongono di concessioni pubbliche o pubblici financiamenti (dalle reti televisive, per finire con tutta la carta stampata, anche quella locale), il motivo è semplice, il salario perso di chi sciopera non deve "arricchire" qualcun altro in particolare i medi.
Da quando esiste il diritto di sciopero è evidente che lo si esercita la fine di porre a carico dell'azienda o più in generale del datore di lavoro un elemeto di pressione esterna olltre che di danno derivante dalla mancata produzione di un bene o servizio. Ora mi pare ce lo sciopero "virtuale" cancelli uesta possibilità e quindi gli unici a rimetterci sono i lavoratori. E' del tutto evidente che al prof. Ichino questo dato non sfugga. L'obiettivo è dunque solo quello di ridurre a miglior consiglio gli indisciplinati lavoratori. Al contrario perchè non impegnare le imprese, Stato compreso, a rinnovare i contratti entro un termine definito per legge? Oppure a corrispondere un'indennità fissa in caso di vacatio contrattuale? E' chiaro, che una proposta simile non può essere neppure discussa, ma solo perchè non è interessnte per il mondo imprenditoriale. Avanti dunque Brunetta e Sacconi, avanti c'è posto, ma solo per i soggetti forti..
In ogni categoria di lavoro occorre precisare bene i tempi in cui vanno rinnovati i contratti di lavoro. Di solito durante i miei 35 anni di lavoro, proprio nel settore trasporti, ho dovuto scioperare molto, proprio a causa dei contratti di lavoro che erano scaduti anche da più di tre anni. Le regole vanno rispettate anche e soprattutto dai datori di lavoro, scrivete anche questa regola!
Si, lo sciopero virtuale può essere la soluzione ideale, se il lavoratore versa le sue giornate e le aziende versano l'equivalente o il doppio, in un fondo che potrebbe servire per gli ammortizzatori sociali o per fini simili, altrimenti in Italia il contratto andrebbe alle calende greche, in quanto una parte non avrebbe nessun interesse a chiudere la partita. Il fondo e il suo utilizzo dovrebbero invece essere regolati dalla legge e non dalle parti in causa; allora si potrebbe pensare di estendere la proposta anche ad altri settori.
Gentile prof. Ichino. Leggendo il suo articolo mi sono trovato concorde su temi e idea. Poi ho guardato i commenti e dopo un attimo di smarrimento, per citazioni a scioperi di cui non avevo memoria, ho visto le date: 2003. All'inizio ho pensato di aver letto male, poi di aver fatto un viaggio nel tempo. In realtà la situazione è più semplice, banale e triste: in sei anni non è cambiato praticamente nulla. Soprattutto le persone al governo che sono sempre le stesse ed ora come allora fanno i propri comodi proteggendo le lobby ed i loro serbatoi di voti pagando coi soldi dei contribuenti i loro acquisti di potere. Quindi perché l'idea, che rimane valida, dovrebbe trovare piu' accordo ora di quanto ne ottenne 6 anni fa?
Caro Professor Ichino volevo solamente ricordarle come lei sicuramente sa lo sciopero virtuale esiste già. Infatti nel settore ferroviario i ferrovieri che partecipano allo sciopero indetto dai sindacati vanno al lavoro si dichiarano scioperanti pur facendo viaggiare i treni nella fascia protetta dei pendolari. Naturalmente il danno per l'azienda è quello di un traffico azzerato nelle altre ore,e i dipendenti nun subiscono nessuna trattenuta per lo sciopero. I pendolari mi sembra siano abbastanza protetti nelle ore 6/9 e 17/21. Cos'altro pretendete dai lavoratori e cosa dovrebbero fare i lavoratori di quell'impresa per aver un contratto firmato? E vi sembra una sceltà di civiltà prioritaria in questo momento che stiamo attraversando? Poiché si sono accorti che effettivamente si poteva scioperare senza perdere un giorno di paga,cercano di togliere questo vantaggio in nome della civiltà,destinando quei soldi in un fondo di indubbia destinazione come tanti altri in Italia, cogestito, per opere di pubblica utilità. Di fatto però si dà un colpo al diritto di sciopero inventando alchimie per indirne uno. Chapeau.
Teoricamente la sua prof.Ichino sarebbe anche una buona idea,ma pensa veramente che ci sarebbe qualche azienda in Italia disponibile a firmare un'accordo come quello che lei suggerisce? L'unica alternativa è che sia la legge ad imporlo, ma anche qui credo che in Parlamento ci sarebbe il veto di Confindustria. Idea teoricamente bellissima, praticamente impossibile da attuare.
Con lo sciopero virtuale, da sfruttati a benefattori...Nel solco della tradizione, il lavoro dipendente continua a pagare il benessere altrui. Ma da dove arrivano queste idee strampalate? Chi le lancia ha mai lavorato in una azienda ed ha mai avuto bisogno di scioperare per difendersi dallo strapotere altrui? Inventiamoci qualcosa di più serio e credibile, perchè se non è corretto sacrificare l'interesse degli utenti di un servizio a quelli dei lavoratori che lo erogano, penso non sia corretto neppure il contrario.
Almeno relativamente al trasporto, nella lista dei costi sostenuti dall'azienda forse bisognerebbe includere (anche se è un poco lezioso) quelli relativi alla reputazione, qualità del servizio offerta in primis. In periodi medio lunghi questa incide, modificandole, nelle scelte dei viaggiatori orientandole verso modi/fornitori del servizio concorrenti. Più in generale non sono d'accordo con un'analisi tanto economica di un atto tanto Politico come uno sciopero; trovo che il fine di uno sciopero sia Politico con auspicate conseguenze economiche, non viceversa. Il punto non è danneggiare l'azienda (per cui si lavora!) ma, come già detto ed ovvio, dare evidenza al problema. Per questo credo che un'analisi dei costi inflitti all' "avversario" sia un poco fuorviante. Ne tantomeno concordo con la fiducia che il Prof. Ichino ripone nella maturità e forza dell'opinione pubblica. Se la cronaca durata mesi di una vertenza sindacale non smuove nessuno perche' mai dovrebbero alcune pagine di giornale o spot pubblicitari, lette poi da chi, visti poi da chi?
Sono un ex-navigante Alitalia. Nel lontano 1993 elaborai e proposi ad alcuni rappresentani sindacali di categoria la mia idea di una regolamentazione delle agitazioni con ciò che io definivo "sciopero alla giapponese". In poche parole si scioperava lavorando, con una fascetta colorata al braccio onde sottolineare visivamente alla clientela lo stato di agitazione. La giornata lavorativa veniva devoluta ad una associazione "non profit" da definire. L'azienda veniva penalizzata versando almeno 3 volte tanto alla stessa associazione "non profit". Da parte sindacale solo sorrisetti e un vedremo. Inizio estate 1994, su un volo Roma-Torino trovo l'allora Ministro della Sanità del 1° governo Berlusconi, l'onorevole Raffaele Costa. Governo nato il 10/5/94. L' on. Costa era stato Ministro dei Trasporti poco prima nel governo Ciampi, quindi un'interlocutore profondo conoscitore dei problemi agitazioni sindacali del trasporto aereo. Chiedo se posso esporre una mia idea, mi ascolta, poi mi liquida con un sorriso dicendomi che non è fattibile. Oggi a distanza di 16 anni se ne riparla a livello governativo e Lei dott. Ichino ha elaborato una proposta nel 2003 che purtroppo leggo solo oggi.
Sicuramente lo sciopero dei trasporti come effettuato oggi danneggia gli utenti e non l'azienda e crea tensioni tra i cittadini danneggiati, che potrebbero anche essere solidali con le richieste degli scioperanti e gli scioperanti stessi. normalmente lo sciopero crea un danno economico al lavoratore (perdita del salario giornaliero) e all'azienda (perdita della produzione giornaliera); il lavoratore comunque si astiene dalla prestazione, mentre nella proposta dello sciopero virtuale, il lavoratore lavora gratitamente. Mi si risponderà che l'azienda ha una perdita economica dovendo effettuare i versamenti al fondo, ma qualche dubbio mi rimane. dato che molte vertenze nascono dal fatto che i contratti vengono rinnovati con anni di ritardo e a volte o sono al ribasso o non vengono onorati, penso che si potrebbe trovare un meccanismo di sanzione forte per le parti che non ottemperano o alla tempistica o al rispetto dei contratti stessi.
Come spesso succede, l'autore propone buone idee (a mio modesto avviso!). Sono d'accordo in sostanza: uno sciopero non è uno sciopero se non "danneggia" il datore di lavoro. Immaginare che il datore di lavoro si senta sotto pressione se un terzo viene danneggiato (mentre lui risparmia) è irreale. E' inoltre incredibile che, di fatto, i danneggiati siano solo cittadini e scioperanti! Il problema del trasporto pubblico è enorme: dirigenti non responsabili della loro azienda, debiti ripianati dallo stato, lo stato che gioca alla trattativa al ribasso con i suoi cittadini (sotto forma di dipendenti o di fruitori del servizio). Insomma, davvero un bel quadro!
Professore, la sua mi pare una proposta iniqua e sbilanciata che provocherebbe un progressivo trasferimento di risorse dall'azienda alla cogestione azienda-sindacato, accrescendo enormemente il ruolo e il potere di quest'ultimo. Soffiando sul fuoco delle rivendicazioni, il sindacato avrebbe tutto interesse a proclamare scioperi senza fine, che non danneggerebbero gli utenti, ma solo i bilanci aziendali. Conferendo un potere negoziale e di gestione enorme ad un organismo quello sindacale che gode attualmente di una rappresentativita` assai limitata, soprattutto nel settore privato.
Veramente un bell'articolo! fino a pochi minuti fa pensavo che l'economia fosse la culla delle seghe mentali e invece grazie a questo pezzo penso che anche gli economisti abbiano un senso in questa terra...