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Consob: l’indipendenza in una nomina

La prossima nomina di un commissario Consob è per la politica l’occasione per dimostrare che anche in questo ambito è finito un ventennio e forse più. Scegliendo una persona di provata competenza e indipendenza, senza cadere in vecchie logiche che ci hanno portato al collasso.

AUTORITÀ ALL’ITALIANA
Le authority sono istituzioni nate nei paesi di tradizione anglosassone. Hanno il compito di ovviare a specifici fallimenti di mercato, cioè aree in cui il mercato non è in grado di determinare risultati efficienti. Funzionano sulla base di due principi chiave: a) un mandato chiaro, come “la tutela degli investitori e l’efficienza, la trasparenza e lo sviluppo del mercato mobiliare” (la Consob), “il duplice compito di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato [delle comunicazioni] e di tutelare i consumi di libertà fondamentali dei cittadini” (l’Agcom); b) l’indipendenza dal potere politico, ferma la loro soggezione alle leggi e dunque al controllo della magistratura, del Parlamento che può incidere sulla loro attività modificando le leggi, e dell’opinione pubblica. L’indipendenza prevede in particolare che i commissari non rispondano a chi li ha nominati ed è motivata dal fatto che il conseguimento degli obbiettivi del mandato possono confliggere con gli interessi contingenti del potere politico. Ad esempio, la tutela dei piccoli risparmiatori può contrastare con l’esigenza di interventi contro Opa ostili su imprese che la politica vuole proteggere, vuoi per interessi “superiori” (l’italianità), vuoi per interessi “inferiori” (proteggere imprenditori amici).
Per questo motivo, i membri delle authority dovrebbero essere professionisti di provata competenza e indipendenza.
Purtroppo, il funzionamento di una istituzione può essere completamente sconvolto quando adottata in contesti con una tradizione politica e culturale diversa da quella in cui l’istituzione è stata creata. È quanto successo per le authority in Italia. Nella mentalità dei politici italiani, il concetto di indipendenza non è contemplato. In molti casi ciò è dovuto a chiari interessi personali, come per le nomine all’Agcom, che ha poteri di intervento sul settore in cui operano le imprese di Silvio Berlusconi. Ma anche quando non ci sono interessi privati la musica non cambia. I politici che hanno guidato il paese negli ultimi vent’anni sono cresciuti in un mondo in cui la politica aveva un ruolo onnipresente nell’economia. Anche nel caso di politici “benevolenti”, le authority sono viste come prolungamenti del potere politico, da utilizzare di concerto con gli altri poteri. È un chiaro tratto culturale: nelle nomine, si privilegia l’appartenenza e la garanzia che, quando serva, il nominato risponda alle richieste del nominante. Da qui, la pratica di spartirsi i posti, per garantire un equilibrio che rispecchi quello politico. Proprio perché non è percepita come un valore, nei processi di nomina non si prova neanche a preservare una parvenza di indipendenza: è normale che ciascun commissario abbia un chiaro referente politico.
UN’OCCASIONE PER LA POLITICA
Per la prima volta nella vita della seconda repubblica, il Governo è in mano a quarantenni, formati in un periodo in cui la presenza incombente della politica nella vita economica non era più data come un fatto scontato. Da un punto di vista culturale, Enrico Letta e Angelino Alfano hanno un chiaro vantaggio rispetto ai loro predecessori per comprendere e apprezzare l’importanza dell’indipendenza delle authority dal potere politico. Presto avremo la possibilità di capire se questo Governo rappresenta una cesura con un modo di far politica che ci ha portato al collasso economico e sociale o se la nuova generazione eredita i vizi di quella che sta sostituendo.
Nelle prossime settimane il Governo dovrà nominare il sostituto di Michele Pezzinga alla Consob. Dopo la nomina di Giuseppe Vegas, chiaro esempio di contiguità assoluta col potere politico (è stato senatore e membro del Governo di centro-destra), sarà fondamentale scegliere un nome competente e veramente indipendente, che mostri che il Governo è interessato al buon funzionamento del mercato mobiliare e non al controllo dell’autorità che vigila sulla Borsa. L’appuntamento è quindi doppiamente importante. In primo luogo, perché un buon funzionamento della Consob è fondamentale per promuovere la capitalizzazione delle nostre imprese, aspetto cruciale per competere sui mercati internazionali. In secondo luogo perché segnalerà se siamo di fronte a un nuovo modo di fare politica o se si ripropongono le vecchie, trite, perdenti logiche consociative che premiano l’appartenenza rispetto alla competenza e che hanno portato il paese nella palude in cui ci troviamo da ormai due decenni.

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  1. Stefano

    Mi sembra abbastanza ingeneroso il riferimento a Vegas: grazie al suo intervento si è evitato che soggetti responsabili di gravi dissesti a danno di azionisti di minoranza venissero “premiati” con il consenso di tutto il cd. salotto buono. Ogni riferimento alla vicenda Fondiaria è puramente casuale. E non si tratta del solo intervento meritevole di lode. Insomma, una Consob più interventista, sul modello SEC.

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