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Un Grillo nella testa dei giovani

Una prima analisi dei risultati elettorali sembra mettere in luce un voto generazionale. Alla Camera, quasi la metà dei giovani hanno votato il Movimento  5 stelle. Sarebbe il più rilevante spostamento di voto della storia elettorale italiana.

UN VOTO GENERAZIONALE

Nei primi commenti al risultato delle elezioni molti opinionisti hanno suggerito che l’affermazione del Movimento 5 Stelle (M5S) ha fatto finalmente emergere il tema della frattura tra le generazioni – sia nel modo di fare politica, sia nella visione di cosa debba fare e di chi debba proteggere lo stato sociale. Lo stesso Grillo, il 27 febbraio, attraverso twitter e il suo blog, ha suggerito tale interpretazione: “Le giovani generazioni stanno sopportando il peso del presente senza avere alcun futuro e non si può pensare che lo faranno ancora per molto”; “Si profila a grandi linee uno scontro generazionale, nel quale al posto delle classi c’è l’età” (post del “6 Febbraio). E anche la composizione per età degli eletti del M5S sembra confermare questa interpretazione: 33 e 46 anni l’età media per Camera e Senato.
Se così fosse queste elezioni avrebbero dato una risposta a uno dei puzzle di più difficile soluzione per gli studiosi di relazioni intergenerazionali: l’assenza di conflitto generazionale pur in presenza di forti squilibri di welfare tra giovani e anziani.
La natura del rompicapo può essere sintetizzata come segue. Negli ultimi decenni v’è stato in Italia (e, in misura minore, anche in altri paesi Europei) un forte inasprimento delle disparità tra le condizioni socio-economiche della popolazione giovane e quelle dei non-giovani:

1) una flessibilizzazione del mercato del lavoro avvenuta “al margine”, ovvero scaricandola completamente sui nuovi entrati nel mercato senza nemmeno sfiorare chi nel mercato del lavoro c’era già (gli insider, i protetti)
2) un sistema di welfare in cui la spesa sociale per la popolazione anziana è pari a 12 volte a quanto speso per i giovani (la media nella EU15 è di 3 volte)(1);
3) la rottura del patto generazionale alla base del sistema pensionistico con il passaggio da sistema retributivo a quello contributivo.

Nonostante tutto questo, però, numerosi dati sembravano indicare l’assenza – o irrilevanza – di conflitto generazionale.

a) le indagini mostravano che i giovani, al pari dei loro genitori, erano a favore del mantenimento degli attuali assetti di welfare (pensioni incluse);
b) erano assenti movimenti di protesta giovanile chiaramente connotati a livello anagrafico e che coinvolgessero quote rilevanti di popolazione;
c)  la distribuzione del voto giovanile era relativamente omogenea rispetto a quella del voto dei genitori (2).

Non sorprende, quindi, che molti studiosi suggerivano che quello del conflitto generazionale fosse solo un mito delle società contemporanee (3). L’unica risposta plausibile al rompicapo sembrava essere che le differenze tra classi sociali (attorno a cui si è fin qui organizzata buona parte della rappresentanza politica) e l’influenza delle subculture politiche superavano di molto le diseguaglianze tra generazioni.

QUALCOSA È CAMBIATO

Le recenti elezioni sono un segnale che il panorama è mutato? è vero che è emerso un chiaro comportamento di generational voting?
In attesa dei dati di future indagini campionarie sul tema, tentiamo di dare una prima risposta al quesito utilizzando l’informazione relativa alla differenza nella quota di voti ai vari partiti alla Camera e al Senato. Attribuire tale differenza al voto giovanile, in particolare ai giovani nella fascia 18-24 anni (presenti alla Camera, assenti al Senato) necessita di due assunti forti. Primo, assumiamo che l’astensione sia sostanzialmente simile per giovani e non. Secondo, dobbiamo assumere che tra gli ultra 24enni il voto disgiunto risulti trascurabile, cioè che tutti, o quasi, abbiano votato al Senato lo stesso partito scelto alla Camera. Il primo assunto è sostenuto dal fatto che il tasso di partecipazione non presenta differenze tra Camera (75,19 per cento) e Senato (75,11 per cento ) (dati Ministero dell’Interno). Per quanto riguarda il secondo va detto, innanzitutto, che in assenza di dati completi sui flussi e da indagini campionarie post-elettorali è molto difficile depurare l’effetto del voto giovanile dalla pratica del voto disgiunto nello spiegare la differenza di voti al M5S tra Camera e Senato. Non possiamo escludere a priori che un gruppo consistente di individui abbia votato M5S alla Camera e un altro partito al Senato. Elettori mossi da calcolo razionale (votare diversamente al Senato nelle regioni più contendibili) o anche elettori “critici” – in particolare del Pd – che lanciano un segnale di protesta rivolto al partito o all’area politica in cui si identificano. Nel primo caso dovremmo attenderci uno scarto maggiore tra Camera e Senato nelle regioni in cui alla vigilia si pensava che ci sarebbe stato un risultato incerto (particolarmente in Lombardia), nel secondo che lo scarto sia maggiore nelle regioni “rosse”. Tuttavia, come mostrano le analisi seguenti, la stima del voto per il M5S tra gli under 24 rimane di molto sopra la media in tutte le regioni e non solo in quelle cosiddette contendibili (dove poteva agire una scelta razionale di voto difforme) o in quelle “sicure” della protesta da sinistra (le regioni della “zona rossa”): un possibile indizio del fatto che il voto disgiunto abbia giocato un ruolo marginale nel determinare il differenziale Camera-Senato nei voti per il M5S.

LA DIFFERENZA TRA CAMERA E SENATO

Al netto di questi caveat passiamo alle nostre stime. In tabella 1 abbiamo riportato i voti ottenuti dai principali partiti alla Camera e al Senato, e la relativa differenza. In termini assoluti, il M5S ha incassato un numero di consensi alla Camera superiore di oltre 1.400.000 voti rispetto a quanto ottenuto al Senato. Tra i principali partiti è quello che registra il differenziale più elevato. Sotto l’ipotesi che la differenza sia in toto voto giovanile possiamo stimare la percentuale di voti al M5S tra giovani di età 18-24. La percentuale, calcolata a livello regionale e nazionale, si ottiene dal rapporto tra la differenza nel numero di voti ottenuti alle due Camere e la stima dei voti validi attribuibili alla fascia di età 18-24. Quest’ultima viene calcolata riproporzionando i voti validi totali alla quota dell’elettorato di questa fascia di età (essendo la popolazione di riferimento quella fornita dall’Istat al 1.1.2011, abbiamo considerato come gruppo di interesse quello di età 17-23 anni).

Voti validi alla Camera e al Senato e stima della percentuale di voti per il M5S tra la popolazione di 18-24 anni. Elezioni politiche 2013

tabelle grillo

Adottando questa procedura arriviamo a stimare che la quota di consensi per il partito di Grillo tra i giovani tra i 18 e i 24 anni ha superato il 47 per cento, contro una percentuale media del 25,6 per cento.  Tale dato sembrerebbe indicare con tutta chiarezza l’emergere di un fenomeno di generational voting, ovvero un profilo di voto per i giovani drasticamente diverso rispetto a quello generale, con una forte sotto-rappresentazione del voto per gli altri partiti e per il Partito democratico in particolare. Un dato particolarmente significativo se si considera che applicando la stessa procedura all’elezione del 2008 la stima della percentuale di 18-24enni che votavano Pd non si discostava dal valore dell’intero elettorato. Il fenomeno peraltro rappresenterebbe la conferma di un trend rilevato già nel periodo pre-elettorale: nel corso del 2012, infatti, le intenzioni di voto per il M5S erano cresciute esponenzialmente prima e dopo la tornata di elezioni comunali, e con una velocità maggiore proprio nella fascia 18-24 anni (4). Nello stesso senso vanno anche i risultati di una recentissima indagine pubblicati sul Corriere della Sera: Tecné, infatti, stima che il 37,9 per cento  degli elettori con meno di 30 anni hanno votato M5S alle ultime elezioni politiche (5).

CONCLUSIONI

I dati di survey pre-elettorali lasciavano intravvedere che l’attesa crescita dei consensi verso il M5S fosse trainata dai new voters o, comunque, dagli elettori più giovani. I risultati delle elezioni del 24-25 febbraio sembrano aver confermato (e rafforzato) questo fenomeno, tanto che è plausibile argomentare che il voto “grillino” abbia agito in modo deflagrante sulle dinamiche elettorali anche sul piano generazionale. La nostra tesi è che probabilmente siamo di fronte a una nuova dinamica del comportamento elettorale, con un forte e rapido allineamento del voto (anche) su basi generazionali. L’emergere di tale dinamica è di particolare rilevanza non solo dal punto di vista della soluzione del puzzle dell’assenza del conflitto generazionale, ma anche perché i giovani, al primo o al secondo voto importante, potrebbero avere trovato il loro partito e iniziato a esprimere un chiaro pattern politico, diverso da quello delle altre generazioni, con conseguenze importanti per le future tornate elettorali. Se ciò non fosse avvenuto, e il differenziale positivo di voti per il M5S alla Camera risultasse effettivamente da una generalizzazione su larga scala del voto disgiunto,  saremmo di fronte a uno dei più rilevanti spostamenti di voto della storia elettorale italiana, assolutamente inatteso almeno quanto il riallineamento compatto dei giovani attorno a un nuovo partito. Attendiamo dati più solidi per scoprire il seguito.

(1) Börsch-Supan, A. (2007) European Welfare State Regimes and their Generosity Towards the Elderly, in «Mea Discussion Papers», n. 128.
(2) Si veda ad esempio Arber, S. e Attis-Donfut, C., 2007, “The myth of generational conflict”, Routledge.
(3) Si veda l’indagine Demos 2008, http://www.demos.it/a00200.php
(4) Corbetta, P.G. e Gualmini, E. 2013 “Il partito di Grillo”, Il Mulino. Pagina 96.
(5) http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna&currentArticle=1T9KQJ

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11 commenti

  1. Anna Flavia Pascarelli

    Magnifica riflessione!

  2. rosa

    Analisi importante per capire e per iniziare un dialogo intergenerazionale…

  3. Guido

    Il sottoscritto è un esempio di voto disgiunto over 60 (M5S al Senato), del quale rimango convinto, perchè è ora che il conflitto, che per me rimane tuttora tra classi (sinistra vs destra con un po’ di interclassismo al centro), si estenda anche alle generazioni, in una prospettiva di riallineamento delle disparità/disequità ed escludendo progressivamente certe “code” distributive semplicemente vergognose. Ben venga dunque lo svecchiamento della gerontocrazia, che considero una perversa deriva storico-antropologica sempre meno giustificabile, verso un riassetto dei poteri verso l’età di mezzo dove si possono coniugare, al livello migliore, i requisiti di competenza, di autonomia e connessa responsabilità che il cervello è mediamente in grado di garantire. E’ ora che il Senato, dopo 2500 anni, si trovi una nuova e più consona denominazione.

  4. Ninni

    La politica italiana è lontana dalla vita reale del Paese ed è incapace pertanto di affrontare e risolvere i problemi che stiamo vivendo.
    I politici di professione vivono ancora nell’illusione che inserendo qualche volto nuovo e cambiando nome al partito, si possano riciclare in eterno. Ma non è più così.
    Chi comanda e rappresenta i partiti tradizionali sono ancora ex pci, ex psi, ex dc o msi.

    Dal dopoguerra ad oggi la politica italiana si è alimentata innescando contrapposizioni tra diverse ideologie (comunisti vs fascisti vs democristiani), scontri tra classi sociali (operaio vs imprenditore), o scontri generazionali (figli 68ini vs il pater familias). Negli anni 90 poi con tangentopoli e la fine della I repubblica sono morte le ideologie del 900 ed è nata contemporaneamente la contrapposizione tra il berlusconismo e l’antiberlusconismo che ha accompagnato tutta la II repubblica insieme allo scontro perenne sindacato-confindustria, diventati nel frattempo armi di distruzione dei partiti.

    Con la crisi economica in atto è cambiato tutto: i ragazzi e i giovani hanno una sola preoccupazione, una prospettiva per il futuro e mantenere il tenore di vita dei loro genitori.
    I ragazzi di oggi, cosi come i 30-40enni, non sono interessati ad alcuno scontro generazionale con i genitori (anzi i genitori aiutano con le loro pensioni i figli e i figli si sostituiscono allo stato sociale per tutelare la loro anzianità). Non sono interessati nemmeno allo scontro tra sindacato e…

    • Guido

      Scusa l’appunto, io preferirei parlare di “conflitto”, che non esclude la dialettica costruttiva, piuttosto che di “scontro” che allude alla sola ostilità ed è sempre negativo. Tale conflitto, più latente che manifesto nel nostro caso, riguarda il rapporto tra le generazioni come classi di età grossomodo 25ennali che si susseguono nella storia da sempre, non certo il rapporto all’interno del singolo nucleo familiare che in effetti spesso risulta sussidiario rispetto all’intervento pubblico di welfare.

  5. Francesco

    “con una forte sotto-rappresentazione del voto per gli altri partiti e per il Partito democratico in particolare”. Perché? Credo che il pdl sia ancor più sottorappresentato tra i giovani… Se volete sostenere che la cosa riguardi il Pd in particolare, dovreste mettere qualche dato a sostegno della vostra tesi (relativo anche agli altri partiti), o no?

    • Guido

      Lo scostamento desunto dall’analisi rivela in ogni caso un nuovo e diverso atteggiamento dei giovani nei confronti dei partiti tradizionali, di destra di sinistra o di centro che siano, e questo rappresenta un salto di qualità nell’individuazione della propria desiderabile rappresentanza politico-istituzionale.

    • dario

      Nell’articolo abbiamo riportato, per ragioni di spazio, unicamente la percentuale stimata del M5s tra i giovani. Lo stesso calcolo sul Pd dava valori decisamente bassi (attorno al 10%), inferiori a quelli del Pdl (15-20%). Applicando la stessa procedura, nel 2008 sia Pd che Pdl raccoglievano circa il 30% del “voto giovanile” calcolato in questo modo. Va ricordato che si tratta di stime che possono risentire fortemente della presenza di voto disgiunto, come chiariamo nell’articolo. Per avere dimensioni più precise e sicure del fenomeno è necessario attendere i dati di survey post-elettorali.

  6. Bruno Cipolla

    Ecco una facile estrapolazione da fare:

    Ogni anno 500-700K vecchi elettori muoiono
    Ogni anno 450-550K giovani diventano elettori

    I vecchi elettori votano solitamente per i partiti tradizionali
    I giovani NO.
    Esercizio: calcolare la distribuzione dei voti fra un anno in base alla variazione biologica del parco elettori.

    Conclusioni: ci sono delle ottime speranze di un cambiamento radicale.

    http://www.indexmundi.com/it/italia/tasso_di_mortalita.html

    http://www.indexmundi.com/it/italia/tasso_di_natalita.html

  7. Bruno

    Il parere di un 24enne:
    Il conflitto generazionale c’è, solo che è unilaterale, per questo è difficile vederlo.
    I giovani italiani sono oggi una forte minoranza ed in quanto tale subiscono il volere della maggioranza, i non-giovani.
    Si guardi al mercato del lavoro duale (soluzione tacitamente accettata da tutti, da tutti i sindacati a tutti i partiti), si guardi alle pensioni (un patto “necessario”), si guardi al welfare ( che ai giovani in quanto giovani non offre niente), si guardi alla cultura gerontocratica ( trovatemi un giovane italiano che abbia una posizione istituzionale di rilievo, eccetto Renzi che peraltro è stato silurato, e ditemi se è giusto che al cinema ci siano le riduzioni per gli over-60 ma non per gli under-25)
    Da decenni la politica del paese, rincorrendo gli interessi della maggioranza, non ha avuto scrupoli nel togliere ai giovani per accontentare i non-giovani.
    Non c’è protesta da parte dei giovani, dite? Non è facile per chi sta costruendo la propria identità costruire al contempo un interesse “di classe”, e rendersi conto infine che il nostro paese, invece che aiutarci a prendere il volo (come sarebbe naturale) ci sta tarpando le ali… per quello che è un bieco gioco a somma zero dove a quanto pare se sei giovane.. conti meno..perchè gli interessi precedono ciò che è giusto.

  8. Maurizio

    Abito a velletri in provincia di Roma, un comune di 54000 abitanti dove sono stimati 8000 immobili “fantasma” non accatastati. Qui il pdl è stato  ancora il primo partito. Dai risultati elettorali delle singole sezioni si nota che il pdl prevale nelle sezioni  delle zone dove sono stati commessi più abusi(casali di campagna trasformati in ville con piscine)mentre nelle sezioni semicentrali con iscritti che abitano in  appartamenti modesti di recente costruzione i grillini sono di poco  il primo partito. La propaganda per il condono edilizio ha funzionato… 

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