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Premio Nobel all’economista che dialoga con le scienze dure

William Nordhaus è un indiscusso pioniere dell’economia del cambiamento climatico. I suoi modelli di valutazione integrata sono strumenti che consentono un dialogo tra il sistema macroeconomico e quello climatico, integrando scoperte di molte discipline.

Un precursore dell’economia del cambiamento climatico

La data di nascita dell’economia dei cambiamenti climatici è il 1983 quando uno studio della National Academy of Science indaga per la prima volta i potenziali effetti socio-economici e politici degli effetti del riscaldamento climatico (il termine “cambiamento climatico” è più appropriato, ma all’epoca si parlava per lo più di “riscaldamento”). Altri studi dell’Academia avevano raccolto evidenza scientifica sulla relazione tra le emissioni antropiche di gas serra e la temperatura globale, ma quei rapporti guardavano alla fisica dell’atmosfera e alla climatologia, non alla relazione con la sfera socio-economica.

William Nordhaus, insieme a Thomas Schelling, è tra i primi economisti a interessarsi al problema ed enfatizza il fatto che, sebbene la responsabilità dell’uomo nell’alterazione del clima sia incontestabile e sebbene ciò possa avere effetti dirompenti sulla economia, questi effetti sono anche molto incerti. Per questo propone di associare un prezzo alle emissioni di CO2 (carbon tax) che dia conto delle conseguenze sul clima e che però sia moderato, proprio per le tante incertezze.

L’idea è che le implicazioni socio-economiche delle emissioni sono così incerte che non è chiaro se una rigida politica di mitigazione (con un prezzo molto elevato della CO2) sia sensata o se invece abbia più senso adattarsi a un clima più caldo.

Nel corso degli anni Nordhaus, insieme a molti altri, cercherà di affinare le stime sull’impatto dell’innalzamento della temperatura, incorporando le scoperte che emergono da molteplici discipline, come ad esempio la glaciologia, la scienza delle foreste e la scienza dell’atmosfera, e sposterà la sua posizione verso la necessità di politiche climatiche più stringenti.

Modelli per una scienza “aperta”

Sono alcuni dei lavori empirici di Nordhaus che hanno aperto la strada agli innumerevoli studi econometrici che guardano agli effetti della temperatura sulla crescita economica, ma la motivazione del premio Nobel fa esplicito riferimento al suo lavoro modellistico.

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I modelli di valutazione integrata, di cui Bill Nordhaus è indiscusso pioniere, sono strumenti che consentono un dialogo tra il sistema macroeconomico e quello climatico. Il primo era un semplice modello di programmazione lineare che consentiva di proiettare la domanda di energia lungo un secolo. Poi nasce Dice (per avere più informazioni o anche solo “giocarci”, questa è la pagina web) che è un modello di crescita alla Ramsey, connesso con un modulo che descrive il ciclo del carbonio e un modulo che descrive il sistema clima. Una funzione di danno chiude il ciclo, descrivendo il feedback del clima sulla economia. Il modello permette di rispondere a domande quali: quale è il percorso ottimale delle emissioni per mantenere la crescita della temperatura sotto i 2°C? Quale è la temperatura ottimale, tenuto conto dei costi e dei benefici di mitigazione del cambiamento climatico? Quale è il costo sociale del carbonio?

Uno dei colpi di genio di Nordhaus è stato quello di rendere il modello totalmente “open source”. Sul suo sito web le equazioni, il codice, la calibrazione, tutto è minuziosamente descritto e assolutamente riproducibile. Nel miglior spirito della open science, Nordhaus apre la porta della modellizzazione integrata a una intera generazione di ricercatori. Per chi conosce quest’uomo, timido e gentile, il gesto è il frutto di un genuino desiderio di confrontarsi alla pari con il prossimo, qualsiasi sia la disciplina di appartenenza, tramite il linguaggio universale della matematica.

Per economisti, ingegneri, scienziati del clima e fisici, il modello Dice, nella sua semplicità, permette infinite variazioni e sviluppi (per esempio, versioni stocastiche o con cambiamento tecnologico endogeno, versioni a molteplici regioni che utilizzano concetti base della teoria dei giochi, versioni che includano preferenze sofisticate verso la disuguaglianza, versioni con agenti multipli o eterogenei). Insomma, la porta è aperta a tutti (le citazioni ai lavori che descrivono la struttura di base del modello Dice si contano a migliaia e ricorrono in giornali scientifici di moltissimi campi disciplinari diversi). Anche i suoi maggiori detrattori o coloro che hanno scritto di potenziali mancanze o debolezze del suo modello riconoscono che la critica è possibile proprio perché Nordhaus ha reso pubblico – e quindi migliorabile – lo strumento.

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Dagli anni Ottanta a oggi il campo dell’economia dei cambiamenti climatici è esploso e studia temi di sempre maggiore attualità, quali il legame tra cambiamento climatico e migrazioni, o il ruolo del cambiamento climatico sull’occupazione. In alcuni casi, la disciplina ha influenzato in modo determinante le politiche climatiche (si pensi solo alla valutazione del costo sociale del carbonio fatta dalla Environmental Protection Agency e su cui gli Stati Uniti avevano costruito la loro politica climatica, basandosi tra l’altro sul modello Dice).

Il Nobel di quest’anno premia dunque uno strumento che apre l’economia a un dialogo proficuo, e alla pari, con le altre scienze dure. Uno strumento che ha un chiaro e diretto fine: quello di rispondere a una delle principali sfide che l’umanità si trova oggi di fronte.

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Il Punto

  1. FRANCO PECCHIO

    brava valentina, la parte di open source del modello mi era sfuggita negli altri commenti che avevo letto, ed è certamente stato centrale per la riuscita del progetto.

  2. Gabriele

    Complimenti per la chiarezza (e anche la grazia) dell’articolo

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