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Cose da pazzi. Nelle stanze del potere

Il piano per preparare una possibile uscita dall’euro può aumentare la forza di contrattazione rispetto ai partner europei, ma anche indurre una fuga di capitali. Non proprio la condizione ideale per sedersi al tavolo negoziale.

Il Piano B, quello per preparare un’eventuale uscita dell’Italia dall’euro, ha giocato un ruolo importante nella risoluzione della crisi di governo. In particolare, avere partecipato alla sua definizione è costato al prof. Paolo Savona il posto di ministro dell’Economia. In un post sul sito Scenari economici, Savona ha successivamente chiarito meglio il suo pensiero: “… avrei chiesto all’Unione Europea di dare risposte alle esigenze di cambiamento che provengono dall’interno di tutti i paesi-membri; aggiungo che ciò si sarebbe dovuto svolgere secondo la strategia di negoziazione suggerita dalla teoria dei giochi che raccomanda di non rivelare i limiti dell’azione, perché altrimenti si è già sconfitti…”. Semplificando: una delegazione del governo italiano sarebbe andata a Bruxelles (o a Berlino) e avrebbe detto: o le regole della Ue cambiano in una direzione a noi più favorevole o attuiamo il piano B, l’uscita dall’euro, costoso per l’Italia ma anche per gli altri paesi dell’Unione.

La minaccia del caos nei mercati

Affinché possa indurre ad ottenere concessioni dalla controparte, una minaccia deve avere due caratteristiche: la sua attuazione deve far male all’avversario e deve essere credibile. La prima caratteristica è facilmente rispettata: un’uscita dell’Italia scatenerebbe il caos nei mercati finanziari e metterebbe in discussione l’architettura della moneta unica. Un’Italia con una moneta svalutata sarebbe, nel breve termine, un concorrente temibile su molti mercati per gli altri paesi dell’Unione. Una minaccia di uscita italiana dall’euro è quindi diversa da una minaccia della Grecia, troppo piccola per fare veri danni ai partner europei. La seconda condizione è più problematica: l’uscita dall’euro danneggerebbe anche molte famiglie italiane, che si ritroverebbero con i loro risparmi in una moneta svalutata. Questo danno, sebbene di difficile quantificazione, rischia di essere molto elevato. Perché mai un governo dovrebbe applicare un piano che danneggia i suoi cittadini? Occorre introdurre nell’analisi un altro elemento.

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In un recente articolo su Project Syndicate, il prof. Harold James della Princeton University ci ricorda il ruolo dei “Pazzi al potere” (Madmen in Authority).  La parola “pazzo” non va presa letteralmente. Per pazzo si intende in questo caso qualcuno che ha preferenze tali da attuare la minaccia. Ciò potrebbe accadere per diverse ragioni. Ad esempio, si può pensare che i partiti che sostengono il governo verranno puniti dagli elettori se non realizzeranno il programma con cui sono stati votati. Ridiscutere le regole europee, per quanto vaga, è un’affermazione che sia il Movimento 5 stelle che la Lega hanno fatto durante la campagna elettorale. E si è visto che ormai gli elettori puniscono inesorabilmente chi non mantiene le promesse. Una possibilità alternativa è che un governo gialloverde sottostimi i costi di uscita dall’euro per l’Italia. Di fronte alle richieste di un “pazzo” che può fare molti danni, a volte è meglio cedere. Ovviamente questo crea un incentivo a farsi credere pazzi prima di sedersi ad un tavolo negoziale. Nel caso concreto, gli interlocutori europei non saprebbero se fronteggiano un pazzo vero o uno che si finge pazzo, se il piano B è una pistola scarica o con il colpo in canna. E cederanno solo se attribuiscono una probabilità sufficientemente elevata alla credibilità della minaccia.

Una pistola sul tavolo della trattativa

Le cose sono ancora più complicate perché in un governo di coalizione le opinioni sono diverse. Quanti al suo interno avrebbero condiviso la decisione di attuare il piano B? E anche tra i partner europei la stima sui danni derivanti da una Italexit potrebbero differire. L’esito di un negoziato fatto in queste condizioni è per sua natura imprevedibile e non è affatto scontato che le richieste italiane sarebbero accolte. Cosa avrebbe fatto in tal caso un governo con il prof. Savona come ministro dell’Economia? Non lo sappiamo e forse non lo sapremo mai. Ma c’è un’ulteriore considerazione da fare. Gli investitori, coloro che sottoscrivono i titoli di stato, non vogliono aspettare di conoscere la risposta a questa domanda. Restare in una stanza in cui c’è una pistola, scarica o meno, non li rassicura. Fuor di metafora, come si è visto nei giorni scorsi, non appena si è percepito il rischio di ridenominazione, c’è stata un’ondata di vendite con relativa risalita dello spread. Se si sbandiera orgogliosamente la minaccia di uscire dall’euro, saranno gli euro delle famiglie italiane a uscire prima dai confini nazionali. Per impedirlo, la Grecia nel giugno 2015 ha dovuto introdurre controlli ai capitali. Non esattamente la condizione ideale per sedersi al tavolo negoziale.

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22 commenti

  1. Henri Schmit

    Invocare la teoria dei giochi significa minacciare. Dietro ogni trattativa c’è sempre anche un rapporto di forza. Ma il gioco, la strategia del confronto invece della ricerca argomentata di un compromesso, potrebbe avere un esito inatteso. Dall’altra parte del tavolo ci sono infatti alcuni giocatori, finora in minoranza, che potrebbero dare man forte a coloro che minacciano di uscire dall’euro ed aiutarli, nell’interesse proprio, a farlo davvero. E quelli là non sono pazzi, irrazionali, sono solo cattivi, egoisti, avendo perso l’illusione che l’Italia possa davvero riformarsi per convergere. Finora l’UE è un’unione di stati. Un’UE sovranazionale nascerà solo quando le autorità di uno stato nazionale incapace falliscono nel loro compito essenziale e abdicano davanti al desiderio dei loro cittadini di essere governati da un potere terzo più affidabile. Per questa ragione sono i politici non i cittadini a contestare con argomenti fuorvianti le istituzioni europee: temono di perdere il loro potere.

  2. Amegighi

    E’ molto interessante il suo articolo, trattando un argomento che alla fine si basa sulle funzioni cognitive (decision making) dell’uomo, di cui ci si sta interessando anche nel campo Economico (“Neuroeconomia”).
    Altrettanto interessante è che i meccanismi di questi processi, essendo alla base dei comportamenti adattativi di un organismo agli stimoli ambientali (ad esempio caccia alla preda o fuga dal predatore), sono fondamentali per l’evoluzione e si sono mantenuti nel corso della scala evolutiva utilizzando probabilmente processi neurali simili. Non sto dicendo che un topo (o anche un insetto..) siano capaci di “giudicare” l’utilità di comperare le azioni Y e vendere quelle X, ma sanno giudicare se è un “guadagno” assumere un determinato comportamento in seguito ad uno stimolo visivo percepito come predatore, oppure “perdita” se si assume un altro comportamento motorio, e di decidere di conseguenza (decision making).
    Neurotrasmettitori (ad esempio la dopamina) e circuiti nervosi che li liberano sono importanti in questo.
    Pensare, quindi, che qualcuno possa ragionare in modo differente da come ci siamo evoluti a ragionare da milioni di anni (il famoso panico dei mercati di cui Lei parla, lo si vede pure nei topi e in altri modelli animali se li si sottopone a prendere una decisione immediata e rapida) è pura utopia. Purtroppo non lo è che ci sia qualche “pazzo” (reale o meno…basterebbe anche uno ben depresso…) e si sta già studiando come limitarlo.

  3. toninoc

    Se lo stesso piano B fosse minacciato da uno o più partner Europei, cosa diremmo noi Italiani? Abbiamo visto che esiste anche un piano C che i nostri partner e soprattutto i mercati hanno applicato immediatamente rifiutando il Prof. Savona come ministro dell’economia solo per aver fatto l’ipotesi del piano B. Ci è costato uno spread elevato per diversi giorni e le conseguenze si sono aggiunte al già grande debito Italiano. Sarebbe ora che gli Italiani si comportassero almeno un po’ da tedeschi e sicuramente otterremmo, se non maggiore flessibilità, almeno maggiore credibilità.

  4. carlo

    C’è un altro aspetto da prendere in considerazione. Bene o male i paesi europei sono nostri partner. Una strategia costruita sulla minaccia di arrecare un danno è una strategia ragionevole trattando con di partner o si rischia di entrare in una spirale di sfiducia e rappresaglie che danneggia tutti ancora più del singolo evento?

  5. rosario nicoletti

    Un articolo estremamente equilibrato, dalle conclusioni quasi tutte condivisibili, tranne una: l’impennata dello spread si è avuta a mio avviso per l’incertezza creatasi ed il rischio di nuove elezioni, piuttosto che per il Prof. Savona ministro. Infatti lo spread era salito di poco, per poi impennarsi alla “rottura”. Resta il fatto che noi abbiamo bisogno di ridiscutere alcuni dei trattati europei.

    • Henri Schmit

      Giustissimo. Questo significa che, secondo i mercati, la scelta di Savona al MEF era meno penalizzante, rischiosa, di nuove elezioni immediate. Io, in questo caso, la penso come i mercati. E dubito che il vertice – i cinque principali ministri – del governo finalmente concordato sia più rassicurante di quello rifiutato dal Presidente della Repubblica, anzi è più sbilanciato su posizioni (virtualmente) euro-polemiche.

      • Virginio Zaffaroni

        L’analisi del grafico spread BTP/BUND del periodo in questione nega quanto lei dice. Le impennate, date e ore alla mano, risultano dovute alla circolazione della famosa bozza di contratto in cui si ipotizzava cancellazione BTP in mano alla BCE e possibile uscita dall’Euro e, in seguito, alle dichiarazioni di Salvini circa la possibilità di non rispettare le regole UE. Il resto lo hanno fatto gli algoritmi. Cito come fonte l’analisi puntuale svolta da Moyra Longo del Sole24H. Ciò detto, non è quindi affatto vero che l’impennata sia dovuta all’instabilità in sè o alle nuove elezioni, ma al rischio uscita Euro messo in atto dalla nuovamaggioranza in una selva di tweet, esternazioni, bozze, parole in libertà e asinerie varie.

        • Henri Schmit

          Ma non Le sembra che il momento del rischio reale di nuove elezioni (che proprio Salvini secondo i sondaggi doveva stravincere insieme al M5s) coincidesse esattamente con i peggiori eccessi del programma, dalla cancellazione del debito alle conferma delle altre idee senza copertura. Dovendo finanziare un investimento sto seguendo lo spread giorno per per giorno, dichiarazione per dichiarazione, senza necessità di analizzare i grafici. Vado comunque a leggere l’articolo di Moraya Longo, uno dei migliori giornalisti finanziari del paese.

        • Henri Schmit

          Ho letto gli ultimi tre articoli di M. Longo, dal 27 maggio al 3 giugno. Ho guardato l’evoluzione dello spread: è stato al massimo il 30 maggio dopo il rifiuto di Mattarella su Savona, le minacce di articolo 90 e di la richiesta di nuove elezioni, e non dopo la bomba della cancellazione del debito, idea circolata dal 16 maggio in avanti, esattamente con avevo scritto prima. Longo afferma solo le solite generalità e rapporta opinioni di investitori sentito al telefono, non analizza i fattori scattanti precisi (come ho fatto io). La sua critica al mio commento è una distorsione non veritiera. Basta guardare l’evoluzione dello spread e ricordarsi che cosa giorno per giorno erano i fatti e le previsioni politiche. Sarebbe onesto riconoscerlo.

    • Henri Schmit

      Dopo averlo vissuto con attenzione e preoccupazione, ho verificato l’andamento trimestrale dello spread; dopo le elezioni è rimasto stranamente calmo nonostante la pubblicazione di varie versioni di contratto di governo; solo a partire dal 15 maggio con le polemiche sulle follie senza copertura e la proposta di Savona come MEF è andato gradualmente in dieci giorni oltre 200; la rottura decisiva oltre i 300 c’è stata il 29/30 maggio con il rifiuto presidenziale, le minacce di articolo 90 e la richiesta di immediate nuove elezioni (alle quali i sostenitori di Savona avrebbero stravinto). Non c’entra “l’instabilità in sè” (una strana idea). Chi dice una cosa diversa, nega l’evidenza. In particolare non ho trovato alcun articolo in cui Moroya Longo affermi cose diverse; l’articolo del 30 maggio non propone un’ “analizza puntuale” dei fattori dello strappo, ma una descrizione generica della dinamica basata su interviste di singoli operatori esteri.

  6. Sono una strategia non è stata presa in considerazione… un PIANO C: mettiamo che la minaccia sia al punto da arrivare in parlamento e sia alle strette sul voto…diciamo pure 48 ore di discussione… facciamo 72… a questo punto i titoli di stato italiani inutile prendersi in giro sarebbero di fatto svalutati del 50% considerando che il nostro debito pubblico in mano estera è per il 50% e volendo per legge bloccare la vendita di qualsiasi titolo detenuto in italia con un decreto legge di domenica a mercati chiusi, questo implicherebbe che la frazione estera per 1.150 miliardi probabilmente sarebbe sul mercato alla ricerca di un acquirente che non c’e’ con uno spread a 20.000 e un controvalore a 400 miliardi… disponibilità monetaria largamente disponibile dalle banche italiane ancora non fuori dall’euro se la strategia fosse pensata con un paio di mesi di tempo esclusivamente nelle 3 maggiori banche italiane… a quel punto buy-back con un titolo del tesoro appositamente pensato e che riconosca un 5% secco alle banche che lo attuano…
    Differenza 1150-420 = 730 mil e debito a 1570 all’ 90% del PIL circa…..
    Insomma i mercati vanno combattuti con le loro stesse armi… non esiste il reato di INSIDER TRADING DI STATO.

    • Luca Morandini

      Mi domando come mai nessuno ci abbia pensato prima… hmm.. . magari perche’: a) il capitale (non la liquidita’) dele banche italiane crollerebbe (gli investitori stranieri possiedono circa il 30% del debito italiano, non il 50%); b) la BCE non potrebbe piu’ ri-finanziare le banche che presentassero titoli di stato italiani, creando *qualche problema* al sistema bancario italiano; c) quale investitore accetterebbe un misero 5% a fronte del rischio di prestare ad un debitore che li ha appena fregati? Ma anche ammettendo che il piano funzioni, l’Italia dovrebbe continuare a chiedere ingenti capitali all’estero: una crescita economica del 1,4% (quando va’ bene), non puo’ sostenere un debito di entita’ simile al PIL remunerato al 5% (come nell’ipotesi di cui sopra).

    • Aram Megighian

      Si è mica chiesto se i risparmiatori italiani abbiano anche loro un piano verso chi li porterà a veder volatilizzati i loro risparmi e le loro pensioni ?
      A vedere come rapidamente è stato cancellata la scritta “no Euro” dai muri della sede centrale della Lega, credo che la loro possibile opinione (e reazione…) sia importante.

  7. Savino

    Il primo pazzo è il popolo bue, poi arriva tutto a cascata.
    Non c’è consapevolezza nell’opinione pubblica su cosa rischiamo nella vita di tutti i giorni e per le persone comuni e non ricche in caso di uscita dall’euro.
    Gli italiani, dando una colorazione ingiustificatamente esasperata del malcontento, hanno trasformato un Paese predatore in un Paese preda.
    Così facendo, non hanno capito che, chi, oggi, si è finto povero, domani potrà divenirlo davvero.

  8. Marcello Romagnoli

    Già, molto meglio finire a sovranità limitata (anticostituzionale) e ad economia disastrata causa politiche mercantilistiche senza senso restando dentro all’euro….un non senso economico.

    Molto meglio una agonia che un tentativo di fuga, difficile, ma non impossibile.

    Non c’è infatti possibilità di ammorbidire le regole UE perchè sono state fatte così perchè si voleva fossero fatte così quindi…

    Fate tutte le valutazioni economiche che volete (sono solo vostri parere) poi la gente deciderà quello che è meglio fare per se.

    Io sto imparando a coltivare le patate…chi ha orecchie per comprendere, comprenda

    • Henri Schmit

      Il problema non sono le regole UE, ma l’incapacità dei politici nazionali e a cascata il loro discorso pubblico che mira a nascondere le vere cause del degrado.

  9. Enrico

    articolo strampalato che non coglie il nocciolo del problema. E’ evidente che, come auspicabile, si troverà un modo per uscire dalla moneta unica, lo si farà dal venerdì alla domenica introducendo PRIMA i controlli sui movimenti di capitale e, se non impedendo, quantomeno contenendo l’uscita. Articolo stampalato perché il problema non è se il sistema salta, ma “quando” e in “che modo” accadrà. Un regime di cambi fissi, applicato a paese disomogenei crea infatti condizioni di divergenza ed instabilità nel lungo periodo NON sostenibili. Questo si studia sui testi di macro-economia non ideologizzati. Fanno ridere pure i commenti che seguono. Mi piacerebbe sapere quanti hanno letto la teoria generale o articoli di Feldstei, Growe, ecc..

    • Maurizio

      Ma la nuova moneta verrebbe ideata e coniata/stampata nottetempo e distribuita a tutte le banche la domenica notte (con efficienza a dir poco fantastica, dato che presuppone scorte di metallo, carta filigranata e la capacità di produrre nuove matrici a tempo di record) oppure si metterebbe l’Italia intera in vacanza forzata fino a che una qualche carta (moneta o igienica che sia) abbia preso corso legale, facendo di fatto collassare l’intera economia ancor prima di iniziare ?

    • Corrado

      Per capire cose molto semplici come quella che se hai necessità di chiedere soldi a prestito devi essere affidabile altrimenti non te li danno non occorre studiare nessun libro nè idelogizzato nè strampalato

  10. Savino

    Le dimissioni al vertice di CDP sono la conferma: si fa tutto il programma, ma si fa tutto in deficit.

  11. Michele

    Le cose da pazzi non stanno solo nelle stanze del potere, ma anche nelle periferie. Come si fa a votare chi, con la flat tax, avvantaggia solo i ricchi e lascia senza protezioni sociali tanti poveri e tanti ceti medii poveriti? E te lo dice pure: i ricchi, con le tasse risparmiate, compreranno di più e qualche mancia la lasceranno pure cadere a terra qua e la. Sai che goduria… E via che il lumpenproletariat vota chi fa gli interessi dei ceti affluenti, mentre i ceti medio alti votano (sempre meno) la pseudo sinistra dei salotti ai parioli o corso magenta che precarizza il lavoro con colf a basso prezzo e la giungla del food delivery. Grande la confusione sotto il cielo!

  12. Giuseppe G B Cattaneo

    Un piano di uscita dalla situazione creata dall’euro è inevitabile ed è assurdo non averci pensato.

    Cfr Ashoka Mody The euro area’s deepening political divide 21 March 2018
    https://voxeu.org/article/euro-area-s-deepening-political-divide

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