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Una dote da imitare per il contratto di ricollocazione

Il contratto di ricollocazione è una delle principali novità del Jobs act. Per capire se funzionerà, si può guardare all’esperienza della dote unica del lavoro della Lombardia, che ha dato buoni risultati. La “presa in carico” resta il nodo da risolvere. Controlli e priorità dei servizi pubblici.
Cos’è il contratto di ricollocazione
Il contratto (o voucher) di ricollocazione è tra le principali novità del Jobs act: in estrema sintesi, un lavoratore licenziato che riceve l’indennità di disoccupazione inizia contemporaneamente un percorso di reinserimento professionale, attraverso un programma coordinato dalla sua regione (che deve regolare con una delibera la possibilità di stipulare il contratto). La procedura prevede che il destinatario del contratto di ricollocazione abbia la possibilità di scegliere la struttura dalla quale intende farsi assistere. La struttura – pubblica o privata – deve essere iscritta all’Albo nazionale dei soggetti accreditati in servizi di ricollocazione del lavoro (altra novità del Jobs Act).
Al lavoratore sarà assegnato – dai centri per l’impiego – un tutor che svolgerà funzioni di controllo: verificherà se il lavoratore disoccupato segue regolarmente il percorso di ricollocazione e la sua disponibilità ad accettare eventuali offerte “congrue” di impiego.
Il meccanismo agisce secondo un modello di “quasi-mercato”. In Italia esiste solo un caso dove il principio sta funzionando ed è la dote unica del lavoro (Dul) in Regione Lombardia. Anche altre regioni hanno anticipato la riforma incominciando a sperimentare il nuovo istituto: il Veneto con il “progetto mobilità” e il Lazio con il progetto-pilota per i licenziati Alitalia. Tuttavia, in entrambi i casi non è ancora noto l’effettivo esito occupazionale.
Conoscere l’impatto della Dul nel mercato del lavoro assume un’importanza rilevante per le future politiche del lavoro nel nostro paese. Certo, le caratteristiche occupazionali presenti in Lombardia non sono le stesse del resto del paese e seppur in sofferenza per effetto di un progressivo invecchiamento della popolazione e una riduzione della partecipazione al lavoro dei giovani, il contesto lombardo resta comunque tra i più attivi nel paese: tra il 2011 e il 2014 ha visto un incremento di 68mila unità e conta in generale più di 4 milioni di occupati.
La dote della Lombardia
Nell’ambito di un concreto miglioramento del mercato del lavoro, dato che le politiche attive accompagnano lo sviluppo e non lo sostituiscono, la domanda fondamentale è se la Dul migliori veramente le chance occupazionali dei suoi destinatari.
Attraverso un lavoro di analisi delle comunicazioni obbligatorie e altre fonti amministrative, si è studiato l’andamento occupazionale dei destinatari della Dul, verificando il loro status occupazionale dopo sei/dodici mesi dalla presa in carico. Per ognuno dei casi sottoposti a valutazione si sono identificati analoghi “casi di controllo” che hanno le stesse caratteristiche di genere, età, titolo di studio, nazionalità, hanno perso lavoro nello stesso arco di tempo e vivono nella stessa provincia.
Osservando la percentuale di avviamenti realizzati, la Dul in generale permette di aumentare le chance occupazionali, di almeno 30 punti percentuali. Il vantaggio si manifesta in forme diverse a seconda delle caratteristiche socio-anagrafiche, come per esempio la classe di età (figure 1 e 2).

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 Figura 1 – Andamento occupazionale destinatari Dul e gruppo di controllo

giubileo 1

Fonte: Elaborazioni dati Arilf Lombardia

Figura 2 – Andamento occupazionale destinatari Dul e gruppo di controllo per classe di età

giubileo 2

Fonte: Elaborazioni dati Arilf Lombardia

Per il 2014, Regione Lombardia ha stimato i costi dell’intervento e gli eventuali risparmi in termini di politiche passive non realizzate, prendendo in considerazione solo i disoccupati da meno sei mesi: la spesa complessiva in politiche attive (che vanno da 3700 a 5800 euro a seconda delle caratteristiche socio-anagrafiche del disoccupato) è stata di 4 milioni di euro, mentre i risparmi in sussidi non erogati ammontano a 9 milioni di euro (figure 3 e 4).

Figura 3 – Schema generale remunerazione dei servizi per fasce di aiuto

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Fonte: Elaborazioni dati Regione Lombardia

Figura 4 – Beneficio economico della Dul in termini di risparmio in politiche passive

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Fonte: Elaborazioni dati Regione Lombardia

Applicato a livello nazionale, il modello Dul della Lombardia permetterebbe una riduzione di spesa in ammortizzatori e sussidi di almeno 500 milioni di euro (stima in difetto), risorse che potrebbero essere utilizzare per nuovi servizi pubblici per l’impiego o altre politiche del lavoro (per alcune stime sulla Lombardia si veda Arifl n. 12/2015 “L’impatto del Jobs act sulle politiche attive”
L’esperienza della Dul suggerisce che la concreta applicazione del contratto di ricollocazione richiederà certamente tempo: infatti, lo strumento realizzato in Lombardia è frutto di un lungo percorso, iniziato nel 2007 con le prime sperimentazioni, nel corso del quale sono state necessarie correzioni e pianificazioni di nuovi modelli in grado di ridurre fenomeni di opportunismo da parte dei soggetti privati e dove ancora non mancano aree di miglioramento, come una migliore distribuzione delle risorse che premi soprattutto coloro che prendono in carico e collocano i soggetti più svantaggiati.
La sfida per le altre regioni
Una delle principali innovazioni dello dote unica del lavoro strumento sono le cosiddette fasce di intensità aiuto (presenti anche in Garanzia giovani), che permettono di “calibrare” gli interventi in relazione alle difficoltà di collocazione nel mercato del lavoro dei destinatari (il numero ideale suggerito dalla Commissione europea è tra le quattro/cinque fasce). Una seconda novità è il “budget per operatore” basato sulle caratteristiche degli enti e sui risultati, con una forte accentuazione alla collocazione del soggetto preso in carica.
La vera sfida per gli strumenti futuri è l’attuazione della “presa in carico” (tema tra i più studiati all’estero). Infatti dove si applica un modello di concorrenza, il comportamento tipico da parte degli operatori privati (profit e no-profit) è quello di “selezionare” tra i destinatari i soggetti più facili da collocare o manipolarne i risultati. Anche in questo caso, la soluzione può venire da quanto realizzato in Lombardia nella gestione Garanzia giovani, ovvero un costante controllo da parte dell’operatore pubblico nei confronti dei propri enti accreditati sull’effettiva presa in carico dei soggetti registrati al programma. La registrazione avviene solo via web e un eventuale problema di auto-selezione del campione dovuto a mancanza di informazioni dovrebbe diventare priorità dei servizi pubblici per l’impiego.
 
 
 
 

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  1. Michele

    Tutta l’analisi e le conclusioni si reggono sulla bonta della selezione di “analoghi casi di controllo”. Il link alla analisi contro-fattuale – almeno sul mio ipad – non funziona. Certamente la Lombardia è un ambiente economico ben diverso dalla media del paese.

  2. Gabriele

    Forse la figura 1 presentata nel testo non è pienamente esplicativa dell’impatto netto ottenuto con le doti. Infatti non si comprende la ragione per cui il gruppo di controllo presenta un tasso di occupazione iniziale molto diverso da quello del gruppo di controllo. Anche in questo forse, il confronto dovrebbe avvenire su due gruppi dalle caratteristiche omogenee.
    Parimenti, non si vede un impatto netto così rilevante nella misura in cui il cambiamento fra t0 e t12, in termini di tasso di occupazione gravita sempre intorno ad un aumento di 20 punti percentuali sia nel primo che nel secondo gruppo.

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