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CONTRORDINE: MEGLIO IL TUNNEL DEI MEZZI PUBBLICI

Il trasporto collettivo risulta competitivo rispetto a quello individuale solo per gli spostamenti diretti verso le zone centrali delle maggiori aree urbane. Ha senso allora investire ingenti risorse pubbliche per convincere un ristretto numero di automobilisti a salire sui mezzi pubblici? Forse sarebbe preferibile realizzare infrastrutture stradali sotterranee a pedaggio. Una soluzione più sostenibile in termini di finanza pubblica, vantaggiosa anche per l’ambiente.

 

Negli scorsi giorni l’Osservatorio “Audimob” dell’Isfort ha pubblicato il “Rapporto su stili e comportamenti di mobilità degli italiani”. La ricerca sintetizza i risultati di dieci anni di indagini ed evidenzia una crescita complessiva della domanda di trasporto, espressa in termini di passeggeri-km, tra il 2000 e il 2009 pari al 17,8 per cento. Rimane pressoché invariato il numero di spostamenti per persona (tre al giorno) mentre cresce la distanza media di spostamento, da 9,6 a 11,4 km, con un più 18,8 per cento. Aumenta, ma in misura più contenuta, il tempo medio di spostamento, che passa da 19 a 21 minuti. Ci si sposta dunque più rapidamente oggi rispetto a dieci anni fa: la velocità media passa da 30 a 32 km/h. In parallelo, si registra un’ulteriore riduzione della quota degli spostamenti effettuati a piedi e con i mezzi collettivi e prosegue la crescita della domanda soddisfatta dall’auto che, nel 2009, è risultata di poco inferiore al 75 per cento, cinque punti in più rispetto a inizio secolo. Sembrano quindi non aver raggiunto l’obiettivo auspicato le politiche di riequilibrio modale che trovano un generale consenso in entrambi gli schieramenti politici. Ma quali sono le ragioni del fallimento? È perché agli innumerevoli proclami sulla mobilità sostenibile non ha fatto seguito un impegno corrispondente in termini di potenziamento dell’offerta di infrastrutture e di servizi di trasporto collettivo?

VINCE SEMPRE L’AUTO

Per rispondere all’interrogativo può essere utile confrontare i dati relativi alla ripartizione modale in Italia con quelli di Germania e Francia, paesi che presentano un livello di offerta di trasporti pubblici superiore a quello dell’Italia sia in termini quantitativi che qualitativi. Ebbene, stando ai dati forniti dalla Commissione Europea che si riferiscono ai soli spostamenti motorizzati, nel 2007 la quota di domanda soddisfatta dall’auto è stata pari all’81,8 per cento in Italia, all’83,9 per cento in Francia e all’84,4 per cento in Germania.
In Italia è più elevata la percentuale di spostamenti su autobus e pullman: probabilmente, la differenza è dovuta a una maggiore concorrenza tra i servizi automobilistici e ferroviari a lunga percorrenza, considerato che la legislazione francese vieta l’istituzione di linee automobilistiche parallele alle ferrovie. In Francia e Germania la domanda soddisfatta dagli impianti fissi in ambito urbano risulta doppia rispetto a quella italiana: 1,5 contro 0,7 per cento.

Tabella 1 – Ripartizione modale del trasporto passeggeri terrestre in Germania, Francia e Italia – anno 2007

Fonte: elaborazione su dati European Commission, EU Energy and Transport in Figures 2009, p. 119

D’altra parte, nella stessa Svizzera, paese europeo con il miglior sistema di trasporto pubblico di breve e lunga percorrenza, la quota modale dell’auto è di soli tre punti inferiore a quella italiana.

L’ILLUSIONE DEL RIEQUILIBRIO MODALE

I dati sembrano evidenziare come i risultati che possono essere conseguiti con il miglioramento dell’offerta di trasporti collettivi siano molto modesti e tali da non mutare significativamente l’evoluzione di lungo periodo dell’impatto ambientale della mobilità.
Di questa realtà erano consapevoli gli estensori del Piano generale dei trasporti e della logistica del 2001 che prevedeva come “massimo riequilibrio modale possibile”, in presenza di “notevoli interventi infrastrutturali e organizzativi”, una riduzione della quota del trasporto passeggeri su strada dal 1998 al 2010 pari all’1,6 per cento. Nello stesso documento si precisava prudentemente che tali “previsioni di riequilibrio modale vanno considerate come uno strumento per l’individuazione delle priorità di intervento infrastrutturale e non necessariamente come dei futuri possibili”.
L’illusione del riequilibrio modale è resa evidente anche dalle ricadute di due tra i maggiori investimenti in infrastrutture di trasporto collettivo realizzate in Italia negli ultimi anni. Si tratta della metropolitana di Torino e della linea alta velocità da Roma a Napoli. A Torino, la mobilità individuale nell’area metropolitana è stata ridotta di circa l’1,5 per cento. Nel caso della nuova linea ferroviaria, si è registrata una contrazione del numero di spostamenti in auto tra le due città pari all’1 per cento: 2,76 milioni nel 2005 e 2,74 milioni nel 2007. L’Av ha prodotto un aumento rilevante della domanda soddisfatta dal treno (da 2,67 milioni a 3,29 milioni di passeggeri) con conseguente crescita complessiva di emissioni e consumi energetici. (1)
Pur migliorandone le prestazioni, il trasporto collettivo può risultare competitivo rispetto a quello individuale solo per un segmento della mobilità: gli spostamenti diretti verso le zone centrali delle maggiori aree urbane. Per gli altri viaggi, che rappresentano una quota crescente della domanda complessiva, il divario in termini di prestazioni con il trasporto individuale non appare colmabile, quale che sia il livello di spesa pubblica per il settore.
Gli investimenti pubblici per il potenziamento dell’offerta di trasporto collettivo, interamente a carico della collettività, vanno prevalentemente a vantaggio di coloro che se ne servono, di chi, ad esempio, può spostarsi assai più velocemente in metropolitana invece che su bus. Certo, in ambito urbano vi sono benefici anche in termini di riduzione della congestione. Ma è la politica più efficace per il miglioramento della mobilità individuale? Investire ingenti risorse pubbliche per “convincere” un piccolo numero di automobilisti a salire sui mezzi pubblici? Non sarebbe preferibile adottare una soluzione più diretta con la realizzazione di infrastrutture stradali sotterranee a pedaggio? La seconda opzione avrebbe il vantaggio di essere più sostenibile in termini di finanza pubblica. In primo luogo perché non verrebbero a mancare gli introiti fiscali correlati all’uso dell’auto. Inoltre, la realizzazione di impianti fissi è generalmente a carico della collettività e, nelle condizioni attuali di basse tariffe ed elevati costi di costruzione e gestione, genera un incremento della spesa pubblica. Nel caso della realizzazione di tunnel stradali, invece, i pedaggi potrebbero consentire, con elevati flussi di traffico e basse velocità di spostamento in superficie, di coprire i costi di gestione e di ripagare quantomeno parzialmente l’investimento. A Oslo, un tunnel che attraversa la città è stato ripagato con i pedaggi riscossi per accedere all’area urbana nell’arco di poco più di un decennio. A Parigi è stata da poco aperta al traffico una “metrostrada” interamente finanziata con capitali privati. È attualmente in fase di progettazione un tunnel stradale che attraversa la città di Milano da nord-ovest a sud-est.
Con la realizzazione di infrastrutture stradali sotterranee si avrebbero anche benefici ancillari in termini ambientali: un aumento della velocità media di spostamento determina infatti una riduzione dei consumi unitari e delle emissioni. Più velocità, meno inquinamento e meno tasse. Un’alternativa win-win-win (per gli automobilisti, l’ambiente e la vivibilità urbana e per i contribuenti) che, forse, merita di essere presa in esame più attentamente di quanto non sia accaduto finora.

(1) Sebbene inferiore a quella che si sarebbe avuta se gli spostamenti aggiuntivi fossero stati effettuati in auto.

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

78 commenti

  1. pierantonio bellini

    Mi domando quanto possa essere effettivamente praticabile la soluzione ipotizzata… “sostenibile in termini di finanza pubblica, vantaggiosa anche per l’ambiente…” ma a zero-effetti nocivi sulla salute dell’intera popolazione ? L’esperienza di Oslo se ben ricordo è l’unica fin qui realizzata in europa per sollevare la città dal traffico dei mezzi pesanti collegato al porto. Ma da quanti anni il tunnel è in funzione? Sono sufficienti in termini di “durata-esposizione” per garantirne l’estendibilità “sicura”, a prescindere da costi “sostenibili” e da immediati “vantaggi” ambientali? Sono stati condotti studi scientifici per vagliare l’efficacia dei filtri di abbattimento degli scarichi emissiivi degli autoveicoli, utilizzanti le infrastrutture sotteranee, anche in termini di conseguenze sulla salute delle persone?

    • La redazione

      Il tunnel di Oslo è in prevalenza utilizzato da auto e non da mezzi pesanti. E non è l’unica esperienza in Europa. Per quanto concerne l’impatto ambientale complessivo, rimando alla risposta precedente. Considerato che il tempo di permanenza nel tunnel è di poche decine di minuti al giorno, l’esposizione complessiva agli agenti inquinanti di coloro che lo utilizzano è del tutto simile a quella degli altri abitanti della città.

  2. Lamberto Oldrizzi

    Ma scusate… e l’impatto ambientale? L’inquinamento? L’aumento del flusso veicolare? La riduzione del moto fisico di tutti noi? I conseguenti effetti sulla salute? Sono aspetti quantificabili? A me sembra che l’analisi globale dell’autore sia strumentalizzata e inattendibile.

    • La redazione

      Con riferimento al problema dell’inquinamento atmosferico, occorre in primo luogo sottolineare come l’evoluzione di lungo periodo del fenomeno sia strettamente correlata all’evoluzione tecnologica dei veicoli (ed a quella nei settori dell’industria, della produzione di energia elettrica e del riscaldamento). Sebbene ai più ignoto, la concentrazione delle sostanze inquinanti si è radicalmente ridotta negli ultimi decenni e non grazie ma nonostante il fallimento delle politiche di riequilibrio modale. A Milano, ad esempio, secondo i dati forniti da ARPA Lombardia, la concentrazione media attuale di PM10 è intorno ai 50 μg/m3; trent’anni fa le polveri totali (di cui il PM10 rappresenta l’80-85%) erano pari a 175 μg/m3 (Figura 1).

      Figura 1 – Concentrazione di polveri a Milano dal 1977 al 2005

      Per quanto riguarda gli altri inquinanti,negli ultimi quindici anni:
       il biossido di zolfo è passato da 38 a 5 g/m3 (-87%);
       il biossido di azoto è diminuito da 115 a 60 g/m3 (-48%);
       l’ossido di carbonio è stato abbattuto da 3,9 a 1,3 g/m3 (-67%)

      Una diversa ripartizione modale non avrebbe alcun impatto significativo su tale evoluzione. E, poiché le emissioni unitarie dei veicoli sono in rapida diminuzione, il costo marginale di questa politica è crescente: per ottenere lo stesso risultato in termini di riduzione di emissioni che venti anni fa si poteva conseguire riducendo il traffico di 10mila veicoli oggi sarebbe necessario eliminarne all’incirca 100mila.
      Grazie alla realizzazione dei tunnel, veicoli che oggi si muovono in superficie a velocità inferiori ai 20 km/h, si sposterebbero a 50-60 km/h. Ciò comporterebbe un’ulteriore riduzione delle emissioni unitarie che, come noto, sono molto più elevate alle basse velocità. Tale effetto sarebbe verosimilmente più rilevante rispetto a quello di incremento delle emissioni conseguente all’eventuale aumento del traffico complessivo (che dipenderebbe dal livello di pedaggio adottato). In ogni caso, non muterebbe l’evoluzione di lungo periodo del fenomeno.

  3. Alberto

    1- in quest’articolo non è contemplata la bici come mezzo di trasporto; 2- creare dei “tunnel automobilistici” è una follia tecnologica, con costi superiori a quella delle metropolitane (tanto criticate in questo stesso sito); 3- i mezzi pubblici vanno incentivati: chiudere i centri storici alle auto (che non significa le assurde e inutili ztl attualmente esitenti), aggiungere linee pubbliche e parcheggi scambiatori.

    • La redazione

      1) Secondo i dati Audimob, la bicicletta ha una quota modale trascurabile, pari all’1,1%.
      2) I costi di realizzazione dei tunnel sono analoghi a quelli delle metropolitane ma l’impatto sulla finanza pubblica molto più limitato.
      3) I mezzi pubblici sono già oggi, e da decenni, fortemente incentivati: gli introiti da traffico in Italia coprono all’incirca un quarto dei costi di produzione del servizio. Il resto è a carico dei contribuenti. Il contrario è vero per l’auto: in questo caso gli introiti fiscali sono di gran lunga superiori alla spesa pubblica.

  4. f.m.parini

    Per anni non si è puntato sulla gestione dell infrastrutture alternative alla gomma. Ora bisogna correre, ma…Dobbiamo tener conto dell’evoluzione, in Italia, del lavoro e della mobilità. Molte attività potranno essere svolte da casa,senza bisogno di grande spostamenti,quindi dell’uso dell’auto tranne nei grandi centri urbani. Nei centri urbani paghiamo la follia urbanistica; sono state costruite case senza box, risultato congestione del sistema. Una seria politica deve puntare alla realizzazione di linee metropolitane con tempi certi;(mio padre nel 50′ partecipò all realizzazione della linea 1 e tra colleghi, sostenevano allora la necessità di realizzare velocemente le altre tre linee e….infatti….) e lottare contro la sosta selvaggia e in doppia fila. Poi sono necessari i parcheggi; è allucinante la situazione a Milano, attorno al Politecnico, Statale, Bicocca, ecc. Sarebbe utile introdurre un pedaggio sulla tangenziale.

  5. alberto santel

    Difficile discutere di “mobilità”, disciplina diversa dai trasporti, nelle poche righe di un commento. direi due cose: nel testo si abbonda con i parametri qualitativi (preferibile, sostenibile, vantaggioso), senza dire quanto costa realizzare un tunnel e, soprattutto, quanto costa gestirlo; sempre che il risultato della combustione di gasolio e benzina non sia semplicemente disperso in atmosfera (all’altezza dell’ultimo piano delle case ? Un po’ più in alto? molto più in alto? Esistono luoghi dove si può costruire un tunnel senza aver e una casa sopra ?) oppure che non pensi di costruire tunnel dove possano circolare solo mezzi elettrici. al riguardo si può rispolverare il progetto del tunnel sottomarino di genova, che avrebbe dovuto garantire la “fluidità” della circolazione fra il casello di ge-ovest, il porto e la zona fiera, dimezzando (più o meno) il tempo di percorrenza in superficie. ottima idea, in project financing, regolarmente approvata e finanziata e regolarmente abortita quando il “privato” si è reso conto che il piano finanziario stava in piedi solo se tutti avessero pagato 1€ di pedaggio e che nessuno era disponibile a pagare, tranne nelle tre ore di massima punta. Secondo punto: il tunnel serve, come dice ramella, per spostarsi da un punto all’altro, a minor costo (per chi?), peccato che nessuno debba spostarsi da un punto a un altro, senza fermarsi mai. tutti vogliono/sperano di potersi spostare, in auto, door to door e questo è impossibile, posto che lo spostamento medio nelle aree urbane è molto inferiore ai 5 km, e che tutte le auto si muovono in media per un paio d’ore al giorno e stanno ferme per le altre 22. La soluzione, nelle aree urbane e metropolitane e per tutti gli spostamenti effettuati da persone normodotate, è la bici, con o senza pedalata assistita, integrata in un sistema di trasporti collettivi (non pubblici), in gradio di ottimizzare l’uso dello spazio, le emissioni inquinanti e i consumi energetici e i costi di gestione del sistema. senza fare conti sofisticati, con 1 km di tunnel si può far andare in bicicletta tutta milano e con il resto del costo del tunnel si organizza e gestisce un sistema di mobilità integrato, che ha bisogno di un solo presupposto: nessuna auto in sosta sulla superficie stradale. Così come per la leva di Archimede, l’eliminazione della sosta su strada è la soluzione per la mobilità sostenibile.

    • La redazione

      1) Nell’articolo non ci sono indicazioni di costo, ma si citano il caso di Oslo dove l’investimento è stato recuperato nell’arco di poco più di un decennio e quello di Parigi dove un investitore privato ha finanziato interamente una "metrostrada" senza sussidi pubblici. Non si sostiene che qualsiasi tunnel si autofinanzia ma che, in generale, la sostenibilità in termini di finanza pubblica è di gran lunga superiore a quella di linee di metropolitane che, non solo vengono interamente finanziate con risorse pubbliche, ma generano a valle un incremento della spesa di esercizio (oltre a ridurre le entrate fiscali correlate all’utilizzo dell’auto).
      2) La "soluzione" bicicletta credo si commenti da sé. Come scrive lei stesso, tale modo di trasporto verrebbe prescelto solo rendendo impossibile l’uso dell’auto privata. Sarebbe come vietare l’acquisto di un servizio cui i cittadini attribuiscono un valore molto elevato per accrescere le vendite di un altro da loro giudicato scadente. Se, ad esempio, vietassimo agli aeromobili di atterrare negli scali degli Stati Uniti, gli spostamenti intercontinentali verrebbero effettuati in nave.

  6. Pasquale Saturni

    Non sono un esperto, ma ho ugualmente qualche perplessità che vorrei esternare. Il tunnel non mi pare possa essere considerato un’alternativa al mezzo pubblico, ma piuttosto un’alternativa alle circonvallazioni. Il tunnel serve il traffico di attraversamento, il tram la mobilità pulsante della città. Del resto Oslo, del cui tunnel qui si parla, è la più piccola città europea dotata di metropolitana e in superficie la città è preclusa al traffico automobilistico. A Grenoble, una città di 150.000 abitanti il flusso giornaliero della tramvia (34 km) è stimato intorno ai 130.000 passeggeri, che salgono a 250.000 per il servizio pubblico complessivo. (Ho trovato riscontro per il primo dato, ma non per il secondo). Queste cifre sono significative e testimoniano l’importanza del servizio pubblico che, se efficiente, risolve ampiamente il problema urbano. Forte è poi l’impulso verso un’ ulteriore urbanizzazione, soprattutto commerciale, dato dalla realizzazione di nuove strade, con conseguente e progressivo incremento dell’inquinamento. In Italia per tunnel e opere simili si ricorre quasi sempre al project financing . Non dovendo inserire i costi nelle scritture gli Amministrazioni vengono “deresponsabilizzati”. Si ignora spesso il calcolo costi/benefici, il costo delle opere sale in modo incontrollato, le gare sono poco partecipate, la concorrenza quasi assente. Alla fine le concessioni hanno la durata incredibile di 50 anni. Quindi, tirando le somme, alla fine l’opera ricade sulle spalle anche delle future generazioni, perfino di chi deve ancora essere concepito e viene ripagata anche con autentici balzelli applicati a “opere di compensazione”.Opere di questo genere dovrebbero essere costruite da privati che dovrebbero assumersene direttamente il rischio e che per rientrare dall’investimento dovrebbero contare esclusivamente sui pedaggi, come nel caso del tunnel parigino. In Italia abbiamo un’auto ogni 60 abitanti, contro i 46 della media europea. Mi pare che ci muoviamo troppo e male. Sicuro, dunque, che dobbiamo dar la precedenza ai tunnel?

    • La redazione

      1) A Grenoble la quota modale dell’auto è cresciuta dal 65% del 1978 al 75% del 2002 (fonte: CERTU); se si considera l’area metropolitana nel suo complesso la quota dell’auto sale all’83%. Dati del tutto analoghi a quelli citati nell’articolo.
      2) Concordo con l’affermazione che i tunnel dovrebbero essere preferibilmente essere costruiti con capitali privati con diretta assunzione del rischio come nel caso di Parigi.

  7. Articioch

    Mi sembra abbastanza miope il ragionamento sulla metrò di Torino: incide poco sul trasporto poichè è solo una linea ed incompleta. Quando arriverà a collegare la periferia ovest (Rivoli) della città colla periferia sud (Nichelino), e quando magari verrà costruita la linea 2 (periferia sudovest-periferia nord) allora avrà un’incisione ben maggiore.

    • La redazione

      Non lo credo. Verificheremo la bontà della sua tesi tra qualche anno

  8. Corrado Fontaneto

    Alla base c’è una folle dispersione di fondi pubblici: il principio della normativa francese che vieta di contribuire autolinee (locali e non) che sviluppino il proprio percorso su una relazione di traffico già servita dalla ferrovia (a parte i REG CEE 1191/69 e adesso REG CEE 1370/2007) era già previsto in Italia dalla legge 5 maggio 1989 n.160 e dall’articolo 16 del Dl.vo 422/97, ancora oggi lettera morta benché vigenti. Poi si potrebbe estendere la politica inglese: più vuoi avvicinarti al centro con la vettura più paghi.

  9. Marcello Battini

    Non sono un esperto e quindi la mia è più che altro una provocazione. Dell’uso benefico della bici e delle gambe ne hanno parlato anche altri, io mi sento d’aggiungere che bisognerebbe ridurre il tempo e la necessità di viaggiare, costruendo alloggi vocini ai luoghi di lavoro, come usava una volta, prima che scoppiasse la speculazione edilizia. Il cittadino avrebbe più vantaggi: incremento di tempo di vita, meno inquinamento e più salute, risparmi economici che faciliterebbero la formazione di nuovo capitale. Cosa si vuole di più dalla vita?

  10. massimiliano colarieti-tosti

    Non mi e’ chiaro se la ripartizione modale sia calcolata sui km o sul numero di persone/viaggi che usano per ogni spostamento. Credo che sia cruciale chiarirlo nell’articolo.

    • La redazione

      La ripartizione modale fa riferimento ai passeggeri-km.

  11. lucilio cogato

    Sui tunnel stradali urbani le generalizzazioni sono fuorvianti. Alcuni sono bypass per eliminare il flussi di attraversamento. In quanto tali non sono alternativi al trasporto pubblico. Nel caso in vece dei tunnel destinati a garantire l’accessibilità ad aree urbane centrali o semicentrali, occorrono frequenti uscite connesse alla rete urbana che sono spesso di difficile realizzazione per ragioni di interferenze nel sottosuolo, inadeguatezza della rete stradale di superficie a ricevere il traffico aggiuntivo immesso dal tunnel (in termini sia di flussi che di sosta aggiuntivi) effetto barriera causato dalle rampe, stravolgimento del paesaggio urbano ecc. Questi problemi non ci sono se il tunnel nell’area centrale si connette solo a grandi parcheggi sotterranei, ma a questa concentrazione dell’offerta di stazionamento dovrebbe corrispondere anche un’analoga concentrazione della domanda. Inoltre, spesso manca lo spazio anche per i parcheggi sotterranei. Infine, per convincere gli automobilisti urbani a pagare un pedaggio (per il movimento come per lo stazionamento) occorre che l’alternativa gratuita in superficie non esista.

    • La redazione

      Gli automobilisti sono disposti a pagare un pedaggio se questo è inferiore al valore del tempo risparmiato (la velocità di spostamento in un tunnel è pari a tre-quattro volte quella che si registra nelle zone più congestione). Assumendo pari a 15 euro il valore di un’ora, una riduzione del tempo di viaggio di cinque minuti equivale ad un beneficio monetario di circa 1 euro.

  12. raffaele principe

    Le realtà urbane sono differenti una dall’altra, sia per gli aspetti urbanistici che produttivi. Portare a sintesi queste realtà è abbastanza complicato. Tunnel, metropolitane, corsie preferenziali ecc. possono servire come esempi da studiare e valutare, ma poi va cercata la soluzione appropriata a quella data realtà. Per le grandi aree metropolitane distribuire i flussi sia verso il centro che verso le periferie significa ripensare le politiche urbanistiche. Oggi i flussi collassano verso il centro di mattina, mentre di sera sono diretti verso le periferie, creando colli di bottiglia inestricabili. Chiudere i centri storici, creare delle corsie ciclabili vere, favorire il car sharing su auto elettriche, attivare semafori "intelligenti", cioè che fanno trovare sempre il verde ai mezzi pubblici di superficie, sono le politiche che nessuno oggi sembra in grado di sostenere, perché sfidare gli automobilisti pare sia impossibile, eppure ogni tanto pure loro vanno a piedi. Appunto i pedoni. Sono gli ultimi presi in considerazione, salvo pochissime realtà, nelle ristrutturazioni urbane, poi vengono le bici, a seguire i motorini, e tutto e tutti a servizio delle auto.

  13. Cesare

    Alcune questioni per aggiungere alcuni elementi all’articolo. 1- Estendo il caso Svizzera. Una rete ferroviaria e di trasporti urbani efficienti (e conveniente, con un abbonamento generale accessibile praticamente a tutti) ha l’effetto non solo di incentivare notevolmente l’utilizzo del treno, ma favorisce una rete di trasporti merci su rotaia notevolmente più efficiente. Gli italiani che percorrono in auto le autostrade svizzere e del nord Europa notano non tanto un minor traffico automobilistico (solo il 3% in meno in Svizzera secondo l’articolo) ma quanto una notevole minor quota di trasporto merci su gomma (dove sono i camion?). Questo è un effetto accessorio della efficienza della rete ferroviaria, non necessariamente legato all’alta velocità del trasporto passeggeri. 2- In realtà la rete ferroviaria elvetica non può essere estesa ulteriormente perché quasi al limite della sua capacità (fermo restando la qualità e puntualità). Ulteriori incrementi di capacità sono realizzabili solo con grandi e costosissimi progetti (tunnel AlpTransit). 3- Sarebbe interessante valutare l’incidenza percentuale dei trasporti intermodali (auto per raggiungere una stazione periferica, più treno). Un trasporto ferroviario efficiente favorisce anche questo tipo di utilizzo, con conseguente minor incidenza della quota “auto”. 4- Come evidenziato da altri commenti, come è stato considerato l’uso dello spostamento a piedi o in bicicletta in ambito urbano e suburbano? Basilea, che gode di un clima identico a quello di Milano, è la capitale svizzera della bicicletta. Numerose infrastrutture (piste ciclabili, parcheggi dedicati) e iniziative hanno l’obiettivo di promuovere l’uso integrato di bici, treno e bus. Non c’è veramente nulla che impedirebbe agli amministratori delle grandi città italiane di realizzare infrastrutture e politiche che incentivino questi metodi di trasporto a emissioni zero. Concosti che sarebbero una frazione rispetto a quelli per i tunnel stradali. 5- Una volta svuotate le autostrade del trasporto su gomma in eccesso e una volta svuotate le città delle auto per gli spostamenti cortissimi, avremmo veramente bisogno di questi faraonici tunnel?

    • La redazione

      1) In alcune città svizzere l’utilizzo del mezzo pubblico è molto più elevato della media europea. Ma ciò non significa che le esigenze di mobilità siano meglio soddisfatte. Ad esempio, a Zurigo, dove ogni anno, in media, ogni abitante effettua 470 spostamenti con i trasporti collettivi, il tempo medio di spostamento giornaliero è pari a 83 minuti; a Nantes, dove l’utilizzo dei mezzi pubblici è di gran lunga inferiore (105 spostamenti per persona all’anno) il tempo dedicato agli spostamenti è pari a 53 minuti. Un’indagine di qualche anno fa promossa dalla Regione Lombardia ha stimato pari a 39 minuti il tempo medio di spostamento con i mezzi collettivi e a 25 minuti quello per l’auto.
      2) La relativamente migliore performance del trasporto di merci su ferro in Svizzera rispetto all’Italia è conseguente ai vincoli imposti al traffico di transito ed alla superiore qualità dei servizi offerti più che ad una diversa efficienza (?) della rete ferroviaria.

  14. francesco

    Il vero problema dell’Italia sono le leggi urbanistiche volutamente mai più aggiornate dal ventennio fascista. Abbiamo le aree urbane (dal piccolo centro alla metropoli) più estese d’Europa, per una semplice convenienza di palazzinanari e speculazione edilizia. Morale della favola? Palazzine in centro o semiperiferia disabitate o abitate da pochi anziani, con la maggior parte della popolazione attiva spostata nei dormitori al di là delle circonvallazioni.

    • La redazione

      1) Come ricordato nell’articolo, la situazione dell’Italia è del tutto paragonabile a quella degli altri Paesi europei. Anche in tutti gli altri Paesi il problema sono le leggi urbanistiche?
      2) Più severi vincoli all’ampliamento delle aree urbane comportano, a parità di altre condizioni, un incremento del costo delle abitazioni. Una politica che favorisce i proprietari di immobili e danneggia chi vuole acquistare una casa. Non è poi affatto scontato che l’effetto di una maggiore densità abitativa sia una riduzione della congestione. Se lo spazio stradale si riduce più di quanto non avvenga per il traffico l’effetto è opposto a quello auspicato.

  15. Marco Spampinato

    L’articolo ingenera confusione. Prima di tutto il dato di fondo è molto discutibile. La serie storica della “quota di spostamenti quotidiani con mezzi pubblici” dell’Isfort (dato campionario) oscilla intorno ad un valore del 12%. Solo nel 2009 è di poco inferiore al dato del 2000. La serie storica dei passeggeri annui trasportati sui mezzi pubblici nei comuni capoluogo (fonte Istat, dati amministrativi) evidenzia invece una crescita importante, tra 2000 e 2008, della domanda di mobilità su mezzi pubblici. La media si compone di performance molto differenziate tra le città capoluogo. Quindi il “fallimento” di cui parla l’autore dell’articolo non è nei dati di domanda, e l’efficacia delle politiche di trasporto pubblico e mobilità alternativa su scala urbana va valutata in maniera meno approssimativa. Una seconda confusione è dovuta al mescolare giudizi sulla mobilità di lunga percorrenza e sulla mobilità urbana. Potrebbe risultarne sottovalutata l’efficacia di buone reti di autobus rispetto ad alcuni impianti fissi in città piccole, il problema del trasporto ferroviario LP nel Sud d’Italia, e molto altro. Il finale non offre veri elementi valutativi.

    • La redazione

      1) I dati Audimob (e quelli della Commissione Europea) attestano chiaramente come non vi sia stato nell’ultimo decennio un riequilibrio modale.
      2) Vi può essere una crescita dell’utenza dei trasporti collettivi e, al contempo, un aumento dello "squilibrio" modale (se l’uso dell’auto cresce più velocemente)
      3) La mobilità a lunga percorrenza rappresenta, secondo i dati Audimob, meno del 3% degli spostamenti complessivi.

  16. Ludovico

    Personalmente non ritengo che una soluzione come quella proposta sia quella in grado di risolvere il problema della mobilità perchè si devono tenere in considerazione ulteriori elementi: – per prima cosa dobbiamo riorganizzare seriamente i trasporti, evitando spostamenti inutili di mezzi commericiali vuoti, che transitano su e giù per il paese senza carico. – Considerare che in un raggio di 50/100 km i mezzi pubblici, come i treni, vengono utilizzati come metropolitane (pendolarismo), di conseguenza devono essere potenziati notevolmente, in quanto sostituiscono le auto. – L’auto è il mezzo privato più flessibile, ma data la maggior parte delle strutture urbanistiche dei centri italiani crea congestione e inquinamento e nonostante il suo utilizzo la velocità media degli spostamenti non è aumentata, anzi, diminuisce in quanto aumenta la numerosità di mezzi in circolazione. – L’utilizzo della bicicletta come mezzo alternativo, entro i 5 km, con tutti i suoi limiti, ma se ben inserita in un contesto, come ad esempio quello di Copenhagen, può essere una buona soluzione al problema della mobilità.

    • La redazione

      La velocità media di spostamento, secondo i dati Audimob, è aumentata nel periodo compreso fra il 2000 ed il 2009, da 30 a 32 km/h.

  17. ia

    Analizzando i dati dell’articolo si può evincere una unica cosa certa: che la quota di trasporto "tram e metropolitana" (1,5%) francese e tedesca è il doppio di quella italiana (0,7%). Se diamo per scontato che le città europee siano "migliori" nel trasporto cittadino dobbiamo guardare all’unico dato che differisce significativamente nella comparazione. Non si può mischiare il trasporto urbano-cittadino con il trasporto extraurbano, di collegamento tra città. Al di là di un fatto di quantità degli spostamenti vorrei venisse analizzato il lato della qualità. Mi sembra manchi il tempo medi di spostamento "urbano" dentro la città e correlato alla presenza di "tram e metropolitane". Soprattutto la comparazione dei tempi medi di spostamento va fatta tra le città di Francia e Germania e quelle italiane. L’unico dato che differisce significativamente.

  18. silvia

    Scusate ma il paragone non regge. Proprio perchè Oslo non è l’Italia, non soffre ad esempio di gravi probelmi di dissesto idrogeiologico. L’ Italia poi è sempre il paese del gattopardo, dove si vuol cambiar tutto per non cambiar mai nulla di fondo. Ma cosa bisogna ancora bucare, costruire, far pagare, ad esempio qui nel Nord? Semmai bisognerebbe rottamare interi quartieri costruiti senza alcun senso, se non quello dei costruttori, semmai bisognerebbe agire con precisione chirurgica sul traffico veicolare a reale vantaggio di quello pubblico, quello delle bici, dei pedoni e di quelli che costretti devono usare l’auto, tutti i santi giorni. E poi l’auto è uno status, Christine e banda in Francia mica si vergognano di non possederla, e usare a richiesta il car-sharing! Se ci fosse, ad esempio, data la concreta possibilità del tele-lavoro, part-time o full-time per i più, parte delle colonne di macchine magari non le subiremmo. Mi fermo, dico solo che le uniche autostrade, con relativi tunnel, che potrei ancora sopportare, per il bene comune, sono quelle telematiche. Ma sembra anche qui che ci sia del ritardo…lo so intanto si invecchia e anche la pazienza va a quel paese. Altrove!

  19. Riccardo Tonioli

    Il mito del “tunnel risolutore” ha sempre affascinato la categoria dei cosiddetti “trasportisti” che in esso hanno sovente visto una scorciatoia per fornire risposte semplici a problemi che sono invece assai complessi. Nella realtà concreta delle città è rimasto solo un mito sempre più usurato e velleitario, perchè i problemi legati alla mobilità (in un paese storicamente arretrato come il nostro, per lo meno sotto questo profilo) richiedono coerenti politiche urbanistiche e soluzioni articolate e calibrate sulle singole realtà territoriali. E non ci sono, ahinoi, scorciatoie sotterrranee.

  20. Marco Pascucci

    Un piccolo commento: nell’articolo mi sembra che si sottovalutino gli effetti del traffico generato da queste nuove ipotetiche infrastrutture stradali a pedaggio. Se, come dice l’articolo, l’AV tra Roma e Napoli ha portato la domanda su ferrovia da 2,67 milioni a 3,29 milioni di passeggeri (un aumento del 23%, di certo non trascurabile) lasciando praticamente inalterata la domanda di trasporto su strada, c’è da chiedersi che tipo di impennata avrebbe il traffico su gomma a fronte di una nuova offerta infrastrutturale. I meccanismi in questo caso sono complessi, ma di certo una proposta del genere andrebbe valutata con molta attenzione. Ferma restando l’importanza degli investimenti nel settore del trasporto pubblico, credo che sia necessario agire più sulle ragioni che generano le necessità dello spostamento, valutando poi caso per caso dove agire laddove si debbano colmare reali deficit infrastrutturali. Insomma, il problema non è di natura strettamente ingegneristica (e ve lo dico io da ingegnere “trasportista”) ma urbanistico, sociale e – perché no? – anche culturale.

    • La redazione

      L’articolo si conclude con l’auspicio di una valutazione più attenta delle possibilità offerte dai tunnel stradali in ambito urbano. Uno degli aspetti da valutare è certamente quello della domanda generata, peraltro poco rilevante in termini di evoluzione dell’impatto ambientale del traffico (si veda la risposta al Sig. Oldrizzi). Sottolineo come domanda aggiuntiva vi sarebbe anche qualora un miglioramento dei trasporti collettivi riducesse il numero di spostamenti in auto e migliorasse le condizioni di circolazione.

  21. Giuseppe Ferrari

    Lei dice che “Gli investimenti pubblici per il potenziamento dell’offerta di trasporto collettivo, interamente a carico della collettività, vanno prevalentemente a vantaggio di coloro che se ne servono, di chi, ad esempio, può spostarsi assai più velocemente in metropolitana invece che su bus”: invece quelli sul tunnel prevalentemente a vantaggio di chi andrebbero, se non di chi ne fa uso? Seguendo il suo ragionamento, la soluzione migliore mi sembra sia rinunciare sia al tunnel, sia ai trasporti pubblici.

    • La redazione

      Nel caso dei tunnel stradali a sostenere i costi del miglioramento dell’offerta sono gli automobilisti che, come nel caso di Oslo, hanno ripagato l’investimento pubblico con i loro pedaggi nell’arco di poco più di un decennio; a Parigi l’investimento è stato interamente a carico di un soggetto privato e, dunque, il problema non si pone.

  22. giorgio ponzetto

    L’utilità del trasporto pubblico collettivo non può essere valutata solo tenendo conto delle quote di traffico privato che riesce a assorbire ma anche per la sua funzione sociale di consentire la mobilità a quanti non sono nella condizione o non intendono per motivi vari di utilizzare sistematicamente un’auto. L’ipotesi prospettata di investire in tunnel a pagamento piuttosto che nei trasporti collettivi sarebbe penalizzante per fasce significative di cittadini. Se si spende meno per finanziare infrastrutture di trasporto pubblico, si spende comunque per i costosi pedaggi dei tunnel. Ed ancora la riduzione dell’inquinamento prodotto da un auto che attraversa la città utilizzando in parte un tunnel sotterraneo è sicuramente inferiore a quello di un auto che resta ferma perchè il proprietario usa un mezzo pubblico. La valutazione degli effetti sulla mobilita della metro di To portata ad esempio nell’articolo è alquanto prematura considerato che quello in funzione è solo un primo tratto che unisce la periferia ovest della città al centro con effetti già positivi ma che saranno maggiori quando la linea sarà completata.

    • La redazione

      La "socialità" dell’attuale politica dei trasporti è quanto meno dubbia. Come ha scritto Marco Ponti: "La gran parte degli utenti del trasporto pubblico sono oggi studenti, anziani, "casalinghe", impiegati nelle aree centrali distolti dall’uso dell’auto dalla congestione. Queste categorie hanno redditi molto articolati al proprio interno; e certamente non contraddistinguono più le categorie "svantaggiate" sul piano strettamente economico. Le categorie operaie, o del terziario meno remunerato, risiedono e lavorano in aree periferiche ai grandi centri; si muovono dunque non sulle linee radiali, ben servite (e servibili) dal trasporto pubblico, ma lungo percorsi tangenziali periferici, in cui l’uso dell’auto propria non ha alternative. Questi automobilisti di fatto sussidiano, con le loro tasse, i "commuters" che si recano nelle aree centrali, dove le retribuzioni (o i consumi) sono di livello più elevato"

  23. stefano

    I dati esposti dall’autore mi hanno sorpreso, soprattutto per quanto concerne il confronto con Francia ed Italia. Mi aspettavo differenze molto piu’ marcate. Comunque bisognerebbe guardare anche al numero di automobili pro capite, per il quale siamo al primo posto in Europa. Cio’ rende gli spostamenti lentissimi a causa del congestionamento, causa un grave inquinamento ambientale e acustico (basta fare un giro in centro a Roma, Parigi e Berlino per verificare le differenze), nonche’ paesaggistico. Una citta’ stracolma di macchine in cui non si puo’ neppure godere della vista di una piazza sgombra non e’ esaltante.

    • La redazione

      Il tasso di motorizzazione in Italia è più alto. Ma la percorrenza media per auto più bassa. La mobilità complessiva risulta dunque essere simile. L’inquinamento atmosferico si è ridotto drasticamente rispetto al passato e, anche in termini di emissioni sonore, i veicoli di oggi sono molto meno impattanti che in passato. Spostare una parte del traffico sottoterra può dare benefici di vivibilità in superficie. Ad Oslo, ad esempio, con l’apertura del tunnel è stata chiusa al traffico privato l’area più centrale della città.

  24. Marco Catellacci

    Se l’alternativa qui proposta è win-win-win allora anche la costruzione di cattedrali nel deserto diventa un’ottima cosa. A me sembra che l’articolo sia vittima di una miopia generalizzata. Nel breve periodo può anche darsi che sia meglio investire in tunnel, ma nel medio periodo vengono fuori problemi irrisolvibili. Dobbiamo muoverci nel modo più sostenibile possibile, anche se con i tunnel riuscissimo a portare la velocità media da 30 a 60km/h non avremmo risolto niente, lo stato avrebbe speso cifre enormi, i cittadini pagato pedaggi e l’ambiente avrebbe visto solo delle riduzioni risibili delle emissioni, pagandole con lo sventramento delle città. Dove non arriverà l’intelligenza delle persone arriveranno i limiti naturali, con l’aumento continuo dei prezzi dei carburanti le auto in circolazione si ridurranno, e se per caso un legislatore attento dovesse migliorare il trasporto pubblico allora potremo dire di aver migliorato realmente la nostra situazione.

  25. Paolo Rossi

    L’argomento mobilità è certamente molto sentito da tutti e va dato merito all’autore dell’articolo di aver sollevato la questione in modo corretto e motivato. Certamente quasi tutti condividiamo il desiderio di un ambiente meno inquinato, meno congestionato di auto, ove ci si possa spostare ovunque, liberamente, con bassi costi e senza disagi. L’articolo ha il merito di mettere in evidenza che non è possibile avvicinarsi a questo modello “mitizzando” il mezzo pubblico, se non altro perché si dimostra sostanzialmente incapace di rispondere efficacemente alla domanda di mobilità e non solo in Italia. Io separerei il problema “mobilità privata” da quello “combustibili fossili”: si tende a identificarli anche perché oggi non c’è quasi alternativa al motore a combustione interna. La mia proposta quindi è che, se tunnel (o altra soluzione “pay per use”) dev’essere, una parte dei proventi sia dedicata prioritariamente alla ricerca di soluzioni alternative all’uso del motore a combustione, oltre che alla mobilità pubblica, disincentivandolo quanto più possibile…

  26. Marco Ramponi

    2) La “soluzione” bicicletta credo si commenti da sé. Come scrive lei stesso, tale modo di trasporto verrebbe prescelto solo rendendo impossibile l’uso dell’auto privata. Sarebbe come vietare l’acquisto di un servizio cui i cittadini attribuiscono un valore molto elevato per accrescere le vendite di un altro da loro giudicato scadente. Se, ad esempio, vietassimo agli aeromobili di atterrare negli scali degli Stati Uniti, gli spostamenti intercontinentali verrebbero effettuati in nave. Attaverso tutti i giorni la città di Milano in automobile perchè utilizzare la bicicletta sarebbe rischioso, stressante e non salutare. Se fosse vietato utilizzare l’automobile utilizzerei la bicicletta in modo sicuro, comfortevole e salubre. Il mio spostamento sarebbe migliore rispetto a oggi per qualità, tempi e costi. Quante persone si trovano nella mia stessa situazione? Attraversare l’oceano in nave non sarebbe vantaggioso neanche se non ci fossero arei nel cielo. Sarebbe come vietare l’acquisto di un servizio cui i cittadini attribuiscono un valore medio basso (non “molto elevato”) per accrescere le vendite di un altro che grazie a tale divieto raggiungerebbe una qualità molto elevata!

    • La redazione

      "Quante persone si trovano nella mia stessa situazione?"

      A giudicare dall’esperienza dei Paesi che hanno attuato politiche a favore della mobilità ciclabile, pochi. Gli spostamenti a piedi e quelli in bici hanno, a partire dagli anni ’50 ceduto il passo, a mezzi pubblici e auto perché questi modi garantivano velocità di spostamento nettamente superiori e maggiore comfort. La velocità media di spostamento, secondo i dati Audimob, è pari a 32 km/h. Un dato analogo emerge da una recente indagine sulla mobilità in Gran Bretagna: gli spostamenti in auto avvengono ad una velocità superiore alla media (38 km/h) contro gli 11 km/h della bicicletta. La sostituibilità tra auto e bicicletta è quindi molto ridotta, ancor di più di quanto non lo sia quella tra auto e trasporto collettivo.

  27. Luca Santiccioli

    Solo qualche osservazione su questo interessante (provocatorio?) articolo: – mi pare poco onesto giustificare mediante dati che testimoniano lo scarso appeal del trasporto pubblico a scala macro (nazionale) l’idea di privilegiare l’auto (con i tunnel urbani a pedaggio) proprio in quegli ambiti (le città) in cui si concentrano le più positive esperienze di mobilità sostenibile e in cui pure l’autore riconosce una valenza alla mobilità pubblica; – è paradossale sostenere che i tunnel urbani a pedaggio potrebbero ripercuotersi positivamente sulla spesa pubblica: l’agevolare l’accesso ai centri urbani da parte delle auto frutterà sicuramente qualche soldo liquido, ma il concetto di esternalità lo vogliamo proprio ignorare? Le cure mediche per quanto provocato dalle emissioni delle auto non le paga la finanza pubblica? – in merito agli introiti fiscali legati all’uso dell’auto, potrebbe forse sorgere il sospetto che questa (unita agli interessi dell’industria automobilistica) sia la vera ragione per cui (quasi) nessuno osa mettere in atto misure arcinote a favore della mobilità e della salute pubblica: chiusura dei centri cittadini, road pricing, …

    • La redazione

      Solo in apparenza mobilità a scala nazionale e locale sono differenti. La stragrande maggioranza degli spostamenti avviene infatti su distanze medio-brevi. Per valutare l’efficacia di politiche volte, ad esempio, alla riduzione delle polveri sottili (la cui concentrazione è sostanzialmente omogenea a scala macro-regionale) è corretto fare riferimento ai dati complessivi di mobilità e non solo alla quota minoritaria, ed in calo, degli spostamenti diretti verso le aree centrali delle grandi città. Non si vuole affatto ignorare il concetto di esternalità. Non è però corretto ignorare che la pressione fiscale sull’auto negli ultimi decenni è andata progressivamente crescendo pur in presenza di una drastica riduzione delle esternalità ambientali. L’unica misura che fino ad oggi ha dato un contributo rilevantissimo in termini di riduzione dell’inquinamento atmosferico e del conseguente impatto sulla salute pubblica è stata l’introduzione di norme relative alle emissioni dei veicoli. Il contributo delle politiche di sussidio dei trasporti collettivi volte a favorire il riequilibrio modale è stato del tutto marginale. E lo sarà ancor di più in futuro: a parità di riduzione del traffico privato, si possono oggi ottenere risultati molto più modesti rispetto al passato quando i veicoli erano assai più inquinanti.

  28. donty

    I ciclisti sono saliti a Torino dall’8% di qualche anno fa al 12%, probabilmente grazie alle nuove piste ciclabili. Se fosse reso possibile l’utilizzo combinato bici+treno oppure bici+bus, si aumenterebbe ancora la quota di gente che circola in bicicletta invece che in auto. Se poi le Aziende finissero di vedere non oltre la punta del loro naso, potrebbero consentire il telelavoro ad una percentuale consistente di propri addetti (magari 3 gg su 5, a rotazione), a quel punto il livello d’inquinamento ed intasamento si ridurrebbe in maniera evidentissima, senza necessità di ulteriori sventramenti dei centri urbani per la realizzazione di tunnel. Tra parentesi: la costruzione di tangenziali, autostrade, tunnel ecc. non diminuisce il traffico automobilistico, lo incentiva. E’ sufficiente guardare agli Stati Uniti, che hanno autostrade all’interno delle città (mi viene in mente Los Angeles) con anche 6 corsie per senso di marcia … tutte regolarmente intasate. Credo che – se per attraversare LA – ci fosse solo un’arteria da 2 corsie per senso di marcia, anche gli statunitensi avrebbero scoperto da un po’ un altro tipo di mobilità, oltre a quella automobilistica.

    • La redazione

      1. La quota di mobilità soddisfatta dalla bicicletta nell’area metropolitana di Torino è di gran lunga inferiore alla percentuale di ciclisti che utilizzano più o meno sistematicamente le due ruote. Una stima di larga massima la si può ottenere con la semplice osservazione del traffico in tre zone della città: una centrale, una semicentrale ed una periferica. Il numero di bici che transitano mediamente nelle tre zone in un dato periodo di tempo è pari a circa il 2-3% di quello delle auto.
      2. Il fatto che la realizzazione di un’infrastruttura generi traffico aggiuntivo è un indicatore della sua utilità; benché si tenda spesso a dimenticarlo, è un beneficio e non una ricaduta negativa di un intervento (come dovrebbe essere ovvio, una strada – o una ferrovia – scarsamente utilizzata rappresenta un cattivo investimento).

  29. Rinaldo Sorgenti

    Complimenti all’attento Francesco Ramella per la sua abituale capacità di analisi e focalizzazione che aiuta a superare i preconcetti ed i tanti luoghi comuni, così speculativamente abusati soprattutto quando si tratta di argomenti come l’inquinamento, le diverse forse di produzione dell’energia e la mobilità privata e pubblica. E’ solo con l’ausilio di queste analisi e soprattutto con il confronto dei dati tra Paesi e Paesi e sistemi di grandezza omogenea che si possono chiarire molti aspetti e fare le scelte più opportune. Purtroppo questo continuerà ad essere difficile fintanto che gli “opportunisti” continueranno a speculare sulle paure agendo con le teorie demonizzanti. Bravo Ramella.

  30. ia

    “Tutti i trasporti pubblici a Oslo sono serviti dal sistema di biglietti comuni Oslo Sporveier, che permette liberi spostamenti entro un’ora dall’acquisto del biglietto. Le linee del tram e della metropolitana (T-Bane) sono le più grandi d’Europa se paragonate al numero di abitanti, e Oslo è anche la città più piccola al mondo ad essere servita completamente dalla metropolitana senza alcun tipo di Smart Card o Oyster Card.” No Comment: la citrazione sopra riportata da Wikipedia perla da sé. PS. Per il tempo medio di spostamento della bicicletta vorrei polemizzare sul fatto se sia stato incluso nelle statistiche anche i tempi di ricerca di un parcheggio. E non solo il tempo di “viaggio”. Cordialità.

    • La redazione

      Il tempo medio di viaggio per l’auto è calcolato « door to door »

  31. marco ferrari

    L’articolo non tiene conto del fatto che, soprattutto in ambito urbano e suburbano, nei trasporti si verifica un dilemma del prigioniero: A) Tutti vanno con i mezzi pubblici (beneficio 7) B) Molti con i mezzi pubblici (beneficio 5) – pochi con l’auto privata (beneficio 10) C) Molti con l’auto privata (3) – pochi i mezzi (3) Ovviamente questo porta al fatto che ci si ritrovi nell’equilibrio di Nash C) inseguendo la posizione B)! Allora la soluzione non è il tunnel, bensì OBBLIGARE la gente a stare in posizione A), quindi: congestion charge, blocchi al traffico privato, corsie preferenziali ecc.

    • La redazione

      La situazione ottimale non è quella con "pochi" utilizzatori dell’auto privata. La velocità media di spostamento con i trasporti collettivi di venti o trent’anni fa, in presenza di un livello di traffico molto inferiore a quello di oggi, era più alta di quella attuale dell’auto. Se fossero molti di più a spostarsi con i mezzi pubblici di superficie, il tempo medio di spostamento aumenterebbe. La stessa indagine Audimob mostra come negli ultimi dieci anni la velocità media di spostamento sia cresciuta.

  32. Saverio Malatesta

    Perché qunado si ferma solo una linea della metropolitana milanese o c’è uno sciopero dell’ATM, l’intero traffico cittadino va in tilt? Evidentemente la rilevanza del trasporto pubblico è maggiore rispetto a quello che appare da questo articolo. Posso convenire sul fatto che sia “iniquo” che una persona che abita in periferia, e non ha alcuna possibilità di adoperare il TPL, debba pagare anche con le sue tasse un servizio destinato ad altri. Sarebbe opportuno allora parlare di maggiori costi per gli utenti (scelta che nessun politico farà mai). Sono le zone periferiche che hanno bisogno di infrastrutture stradali, quelle centrali urbane dovrebbero più facilmente contare su un TPL adeguato, come avviene nelle maggiori città europee. Togliere auto private dalle strade aumenterbbe anche la velocità media del mezzi pubblici (bus e filobus). In considerazione di questo, credo che la costruzione di tunnel e parcheggi nelle zone centrali (vedi Milano) non sia la strada giusta. Cordialmente

    • La redazione

      La rilevanza del trasporto pubblico per gli spostamenti nelle aree centrali delle maggiori aree urbane è certamente superiore a quella media a scala nazionale. E, come si scrive nell’articolo, il potenziamento dell’offerta di trasporto collettivo comporta benefici anche in termini di riduzione della congestione. Non si auspica una riduzione del servizio attuale (che, però, potrebbe essere prodotto a costi e con sussidi pubblici molto più contenuti) ma ci si chiede se, a parità di risorse investite, e senza dimenticare il diverso impatto sui conti pubblici delle due alternative, sia possibile ottenere risultati migliori in termini di riduzione della congestione investendo ulteriori risorse a favore dei trasporti collettivi o in infrastrutture stradali sotterranee a pedaggio (che possono essere sia di tipo "tangenziale" come a Parigi o di attraversamento come a Oslo). Come ha detto qualche tempo fa il Presidente dell’Unione dei trasporti pubblici francesi: "per conquistare appena uno o due punti di quota di mercato nei confronti dell’automobile, dovremmo investire cifre colossali in trasporti collettivi. Mandiamo piuttosto le automobili sottoterra".

  33. Giuseppe De Marte

    Mi spiace ma non mi trovo per niente d’accordo con l’articolo. Non per una questione ideologica o scientifica, i dati da lui portati del confronto con Francia e Germania sono attendibili, pur dovendo tuttavia considerare la densità abitativa e la diversa morfologia del territorio di questi paesi. Proprio la puntata di Report di ieri sera 9-5-2010 (http://www.report.rai.it/R2_HPprogramma/0,,243,00.ht), ha portato argomenti più che convincenti alla insostenibilità del modello di mobilità Italia, fornendo proprio due numeri che in una rivista come lavoce dovrebbero significare qualcosa: 200 Mld di euro/anno, il costo complessivo del sistema di mobilità automobilistico, e 20 Mld di euro/anno quello del sistema pubblico. Ovvero in Italia spendiamo qualcosa come 10 volte di più del trasporto pubblico per la nostra adorata macchinetta. Bisogna con onesta intellettuale chiederci: con quali risultati in termini di mobilità, di inquinamento e di stress individuale e collettivo, visto lo stato delle infrastrutture itailiane? C’è qualcosa che non va e bisogna partire da un altro dato 60 auto ogni 100 abitanti in Italia sono troppe!

  34. Michele F.

    Personalmente trovo l’articolo qui sopra una collezione di non sequitur imbarazzante, non per i dati ma per la loro interpretazione. – se in italia l’uso dell’autobus è doppio di quello del treno, è perché l’investimento sulle strade è stato molto maggiore di quello sul ferro: abbiamo scoperto che se le ferrovie non ci sono la gente non le usa! – considerando le esternalità negative dell’auto, in termini di incidenti, inquinamento e conseguenti problemi di salute, congestione, consumo di territorio è evidente che l’auto è sovvenzionata dalla collettività non solo in termini di infrastrutture. In quest’ottica, è assurdo incentivare l’uso dell’auto per ottenere un recupero fiscale (che poi viene speso in strade, cure ospedaliere etc) – lei ragiona in termini di domanda fissa. l’apertura di una nuova strada è un incentivo a un maggiore utilizzo dell’auto. Nuove strade eliminano la vecchia congenzione ma ne creano di nuova! – costruire sottoterra costa. Non è meglio fare investimenti tipo scavalchi ferroviari e binari di precedenza che decongestionano le linee ferroviarie aumentando la capacità? Rinnovare il materiale rotabile e fare manutenzione per evitare cancellazioni?

    • La redazione

      Le entrate specifiche del settore automobilistico in Italia e negli altri Paesi europei sono all’incirca pari al doppio della spesa pubblica di settore mentre biglietti ed abbonamenti pagati dagli utenti dei trasporti collettivi locali coprono all’incirca un quarto dei costi di produzione. L’inquinamento atmosferico è drasticamente diminuito negli ultimi decenni. Notevoli miglioramenti sono stati ottenuti anche nel campo della sicurezza (il tasso di mortalità del trasporto su gomma è oggi pari a circa un decimo rispetto a quaranta anni fa). Investimenti pubblici volti a modificare la ripartizione modale possono dare un contributo del tutto marginale su entrambi i fronti. Come dimostrano le esperienze di altri Paesi, è invece possibile ottenere ulteriori significativi miglioramenti in termini di sicurezza con una intensificazione dell’attività di controllo e repressione dei comportamenti non conformi alle norme del codice della Strada (la Gran Bretagna ha un livello di traffico stradale analogo a quello italiano ma i morti sulle strade sono inferiori del 40%).

  35. Alberto

    Il mezzo collettivo su rotaia ha un consumo di spazio decisamente minore del mezzo individuale. Una ferrovia suburbana o una metropolitana può tranquillamente portare, su una coppia di binari, quarantamila persone all’ora per senso di marcia. Ammettendo che una corsia stradale permetta il passaggio di un veicolo ogni due secondi, una corsia stradale porta quindi circa duemila persone all’ora (un ventesimo). O se preferite un’autostrada urbana per avere la stessa portata della ferrovia richiede venti corsie per senso di marcia! Uno spostamento modale significativo dal trasporto collettivo a quello individuale (come auspicato nell’articolo) richiederebbe spazi (risorsa scarsa al livello del suolo, e costosa sottoterra) immensi. Per non parlare della necessità di trovare una sistemazione (parcheggio) alle auto degli utilizzatori del tunnel.

    • La redazione

      1) Nell’articolo non si auspica uno spostamento modale significativo dal trasporto collettivo a quello individuale (si sostiene che è impossibile il contrario).
      2) Come scrive lei stesso, infrastrutture sotterranee non comportano consumo di suolo. I parcheggi, sì (ma si potrebbero anch’essi realizzare – laddove più scarso è lo spazio in superficie – nel sottosuolo). La maggior parte degli utenti di eventuali infrastrutture sotterranee sarebbero peraltro effettuati da persone che già oggi si spostano in auto.

  36. marco ferrari

    La statistica di Tabella1 è fuorviante. Sono andato a leggermi il rapporto UE. Si parla di % di passeggeri/km in generale. (Fra l’altro non è corretto non riportare nel suo articolo a cosa quella % si riferisce!). E’ un calderone omni-comprensivo che non dà nessuna chiave di lettura. E soprattutto non si capisce come possa giustificare la creazione di tunnel! Una cosa la si capisce: la percentuale di passeggeri-km di tram e metropolitane in Francia e Germania è doppia rispetto all’Italia.

    • La redazione

      I passeggeri-km sono il parametro più corretto per "pesare" i diversi modi di trasporto. E, come già scritto in altre risposte, i dati "omni-comprensivi" a livello nazionale si riferiscono in larghissima maggioranza a spostamenti in ambito locale.

  37. Marco Ferrari

    Mi sembra un po’ riduttivo parlare del caso di Oslo, perché allora c’è il contro-caso di Dubai. A Dubai lo spazio non manca, i soldi per le infrastrutture nemmeno, e infatti ogni volta che ci vado raddoppiano i ponti, scavano tunnel, fanno cavalcavia, raddoppiano le corsie… nonostante questo c’è sempre un traffico automobilistico micidiale, nonostante strade a 6-8 corsie per senso di marcia. Hanno quindi capito bene che era il momento di fare una metropolitana, e infatti c’è da poco una bella metro sopraelevata ed è in espansione.

    • La redazione

      Sarebbe interessante sapere quanti residenti di Dubai hanno abbandonato l’auto per la metropolitana.

  38. Marco Ferrari

    Una trentina di anni fa ero alle elementari e andai in gita su un tram dell’Atm di Milano. Un vigile urbano tenne una lezione sulla mobilità, sul traffico ecc. Ci disse… "questo tram è lungo 12 metri e porta 80 persone, anche mettendo due persone per auto [cosa che non si verifica nella realtà, dove ce ne sono 1 virgola qualcosa], vuol dire che 80 persone occupano 40*5m = 200 metri", stiamo parlando di 12 metri lineari di spazio occupato contro 200 metri lineari delle 40 auto equivalenti… Basta il buon senso di quel vigile urbano di 30 anni fa per capire che i numeri snocciolati da Ramella non giustificano nessun tunnel. Hai voglia a costruire tunnel…

  39. Marco Spampinato

    Le premetto che sono un economista e non un ingegnere, pertanto non trascuro mai il problema delle preferenze individuali e della formazione delle aspettative. Inoltre conosco molto bene i dati Isfort, avendo costruito con altri l’indagine. Il suo articolo mi sembra voglia affermare che valga la pena costruire condizioni ancora più favorevoli al trasporto automobilistico, dato il fallimento di obiettivi di riequilibrio modale. Ma il suo ragionamento, lo dico nel suo stesso interesse, manca quanto meno di un “controfattuale”: avremmo avuto nell’insieme un maggiore o minore impatto sulla mobilità sostenibile se avessimo investito di meno in regolamentazioni e trasporti pubblici? Avremmo potuto ottenere migliori risulati regolamentando e investendo di più in mobilità sostenibile? E come? Cioè quali misure o quali investimenti si rivelano più efficaci? Laddove lei abbia invece preoccupazioni di tipo fiscale, cioé “come prelevare più tasse”, forse convengo con lei che gli automobilisti siano tassabili più facilmente, ma le proporrei di tassare le strade che già esistono….

    • La redazione

      1) Cosa sarebbe successo se avessimo investito di meno in trasporti pubblici? Risposta "micro" e di breve periodo con riferimento alla metropolitana di Torino: si avrebbero 8.500 spostamenti in auto in più su un totale di 1,6 milioni nell’area metropolitana. Risposta "macro" e di medio periodo: in Gran Bretagna dove, tra la metà degli anni ’80 ed i primi anni ’00 si è speso molto meno che in Francia ed in Germania per il tpl, la quota modale dell’auto è pari all’86% (84% in Francia e Germania).
      2) E se avessimo fatto di più? Nell’articolo si cita il dato svizzero dove si è investito molto di più sui trasporti collettivi: 78,3% di mobilità in auto contro l’81,8% dell’Italia.

  40. Vincenzo

    I gas di scarico come vengono smaltiti in questi tunnel, come quello di Oslo? Dove escono?
    Bisognerebbe sapere il vero perché di una metropolitana in una città di provincia. Forse questo permetterà di rispondere a un’altra domanda: perché i trasporti pubblici siano scadenti tranne in qualche caso in qualche città, nonostante gli investimenti.

  41. Vincenzo

    Ma sì, facciamolo il tunnel per le auto. Era ora! Mettiamo le auto sottoterra e così chi vuole usare i mezzi pubblici non è costretto a scendere sottoterra e infilarsi nel metrò. Sotto le auto, anche se non so dove vadano i gas di scarico; sopra quel due per cento che usa i mezzi pubblici, con filobus e tram, senza essere ghettizzata nella metropolitana.

  42. Michele F.

    La sua replica non risponde alle osservazioni. Finché lei considera soltanto i costi diretti, è ovvio che l’auto (che è un costo individuale) costa meno del mezzo pubblico che è sovvenzionato. Il treno richiede un’infrastruttura imponente per trasportare una gran quantità di passeggeri, quindi necessariamente i costi iniziali sono maggiori. Se lei ha mai guidato nel traffico saprà che i costi indiretti dell’auto non sono pochi: non sarebbe il caso che metta in conto un po’ di analisi quantitativa contanto anche questi? Oltretutto la sua soluzione sono tunnel sotterranei. Ha idea di quanto costano, quanto tempo richiedono e quanto sconvolgono la città? Con il recente tunnel di Castellanza (pochi km) si sarebbero potuti comprare una quindicia di treni. Lei sta proponendo infrastrutture imponenti per un mezzo a bassa capacità, massimizzando costo e inefficienza, e tutto sulla base di 3 percentuali fuori contesto. Nel frattempo ho verificato su wiki qualche dato sulla metropolitana di Torino che lei prende a esempio. Si parla di 90.000 passeggeri al giorno nel 2009, quindi realisticamente 60.000 auto in meno, o 400.000 metri quadri di occupazione di spazio in meno (un km per mezzo km d’auto tolte dalle strade!). Lei crede davvero che un tunnel stradale a singola corsia di 10 km avrebbe potuto fare altrettanto? Le faccio notare che secondo lei la riduzione degli spostamenti è stata dell’1,5%, il che presuppone che su Torino ci siano sei milioni di spostamenti al giorno, che mi pare decisamente sovrastimato. Ma il punto non è questo: lei sostiene che è impossibile spostare passeggeri dall’auto al mezzo pubblico, mentre a Torino abbiamo 90.000 nuovi passeggeri a pochi anni dall’apertura dell’infrastruttura. Andavano tutti a piedi o prendevano il tram? E di nuovo lei dimentica che l’offerta genera domanda. Un tunnel automobilistico genera nuovi spostamenti in auto e nuova congestione, una nuova metro genera passeggeri e riduzione della congestione. Perché non fa i conti di quanto costa 10 km di tunnel stradale o di metro, quanti passeggeri e con che costi si possono portare nei due casi?

    • La redazione

      Forse, prima di scrivere, sarebbe il caso di documentarsi un po’ meglio, senza accontentarsi di una affrettata lettura di "wiki". Si potrebbe, ad esempio, consultare il documento della Agenzia Mobilità Metropolitana di Torino all’indirizzo: http://www.mtm.torino.it/PDF/Imq2008_CATI_primoreport.pdf
      E si scoprirebbe (pag. 8) che il 78% degli utenti della metropolitana utilizzavano già prima i mezzi di superficie. E che gli spostamenti in auto "sostituiti" dalla metro sono 8.500, lo 0,5% di quelli nell’area metropolitana di Torino pari a 1,6 milioni . Come vede, la stima nell’articolo (1,5%) era sbagliata: per eccesso.

  43. Michele F.

    Ho verificato su wiki qualche dato sulla metropolitana di torino che lei prende a esempio. Si parla di 90’000 passeggeri al giorno nel 2009, quindi realisticamente 60’000 auto in meno, o 400’000 metri quadri di occupazione di spazio in meno (un km per mezzo km d auto tolte dalle strade!). Lei crede davvero che un tunnel stradale a singola corsia di 10 km avrebbe potuto fare altrettanto? Le faccio notare che secondo lei la riduzione degli spostamenti è stata dell’1,5%, il che presuppone che su torino ci siano sei milioni di spostamenti al giorno, che mi pare decisamente sovrastimato. Ma il punto non è questo: lei sostiene che è impossibile spostare passeggeri dall’auto al mezzo pubblico, mentre a torino abbiamo 90’000 nuovi passeggeri a pochi anni dall’apertura dell’infrastruttura. Andavano tutti a piedi o prendevano il tram? E di nuovo lei dimentica che l’offerta genera domanda. un tunnel automobilistico genera nuovi spostamenti in auto e nuova congestione, una nuova metro genera passeggeri e riduzione della congestione. Perché non fa i conti di quanto costa 10 km di tunnel stradale o di metro, quanti passeggeri e con che costi si possono portare nei due casi?

  44. paolo

    l’Italia e’ tra i Paesi Europei (e non solo) con maggiore densita’ abitativa. Anche zone periferiche di Milano o dell’hinterland hanno densita’ abitative paragonabile a quelle di zone urbane delle citta’ del Nord America. Del resto lo si vede guardando agli ingorghi perenni sulle strade italiane.

  45. A. F.

    Se si fanno le cose sul serio e investendo sul serio, si riesce ad essere convincenti.

  46. Matteo Bardelli

    Egr. Dott. Ing. Ramella, condivido, solo la prima parte del suo articolo ovvero, la sua constatazione che molti grandi investimenti nel settore del trasporto pubblico sono stati mal concepiti; ma, non condivido assolutamente la sua proposta di creare nuove infrastrutture stradali ad alta capacità per i mezzi privati che per loro natura sono meno efficienti a livello energetico ed ambientale. Mi spiego meglio: Il viaggiatore che deve decidere quale vettore utilizzare necessita di informazioni precise e facilmente reperibili per prendere in considerazione le alternative all’utilizzo della propria automobile; ma, queste sono facilmente reperibili nel nostro paese? Purtroppo, no. Nel nostro paese mancano gli investimenti "a basso costo" come Intermodal Journey Planner che includa gli orari dei treni di tutte le Imprese Ferroviarie (e non solo quelli di Trenitalia e dei suoi partner commerciali) e di tutti gli operatori del TPL; biglietti unici integrati sia a livello nazionale, sia a quello locale; occorrerebbe, inoltre, che i player del TPL, ed i regolatori pubblici, si ricordassero sempre che serve "muovere tutti, non solo i pendolari" e "muovere persone, non treni e bus".

  47. Vincenzo S.

    Quello che afferma un lettore sulla difficoltà di reperire informazioni è suffragato dai risultati di un indagine sulla conoscenza dei trasporti pubblici. Un intervistato su tre non conosce orari e percorsi. Ammettiamolo: prendere l’auto è più facile, per tanti motivi. 1) Basta saper guidare e vai dappertutto, o quasi. Segui le indicazioni. Al limite chiedi. Tutte le infrastutture sono state pensate per chi si muove in auto. L’auto è un mezzo di trasporto immediato: la prendi e parti. Il mezzo pubblico no: bisogna sperare che gli Enti Locali facciano in modo che funzioni. 2) Se non trovi spazio per parcheggiare è sufficiente che non ci siano vigili in giro e l’auto puoi piazzarla anche sui binari del tram. Le amministrazioni hanno impedito, negli anni ’60, questo malcostume eliminando i binari del tram (definiti antiestetici!) e piazzando autobus che hanno una velocità commerciale improponibile. 3) Se decidi di prendere i mezzi pubblici devi iniziare a procurarti i biglietti, sapere che tipo di biglietto occorre, perché ogni città ha le sue regole: biglietto orario, cumulativo, puoi fare una corsa in metro, no! quante ne vuoi eccetera.

  48. Francesco

    Il mercato del trasporto persone è fortemente distorto a favore del mezzo privato, che oltre a beneficiare di incentivi statali, scarica sulla collettività molti dei suoi costi diretti (manutenzione strade, congestione, inefficienze energetiche, inquinamento). Se ci basiamo su osservazioni fatte su un sistema viziato per definire delle stretegie, saranno viziate anche lo nostre scelte. In pratica: il singolo preferirà sempre l’auto al mezzo pubblico, fintanto che percepirà solo una minima parte dei costi della congestione veicolare. Questo però non significa che investire sul traffico privato sia la scelta vincente. Io sono per il "metodo Strasburgo": pianificazione urbanistica basata su trasporto su ferro più restrizioni e tassazione dell’uso (indiscrimanto) dell’auto nelle zone servite dal tpl (zone blu, congestion tax, pedaggi, sosta regolamentata per non residenti etc.). Tassando la congestione si finanzia il trasporto pubblico, il mercato si riequilibra e la gente comincia a usare il tram. Diversamente, continuando a costruire strade, si richiama sempre nuovo traffico per l’elasticità della domanda e si entra in circolo vizioso di congestione perenne. Dove sbaglio?

  49. Francesco Rocchi

    La metropolitana di Torino è una singola linea, difficile che da sola possa mutare significativamente le percentuali degli spostamenti cittadini. I dati che lei fornisce sono nazionali e riguardano anche i trasporti a lunga distanza, che lei sostiene pesare per il solo 3%. Includono, però, anche i trasporti urbani dei centri che non hanno servizi pubblici: in paesi di 20.000, 30.000 abitanti non ci sono autobus, ma solo piedi, biciclette e auto. Considerando che si tratta della maggior parte dei centri, non si falsa il discorso? Non bisognerebbe fare un confronto diretto tra Roma o Milano e Parigi e Londra? Roma ha una rete più corta e poco integrata, Parigi e Londra invece hanno reti tentacolari, sincronizzate e frequenti. A Parigi, mi dica se sbaglio, la metro copre il 18% degli spostamenti, insieme con il 16% dei bus e il 15% di RER e Transilien. Gli spostamenti in metro intra-muros arrivano addirittura al 50%. Non è con questi dati che sarebbe utile confrontarsi?

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