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MA L’ITALIA È GIÀ MULTIETNICA

L’Italia non sta diventando multietnica perché qualche scriteriato ha aperto le frontiere. Il cambiamento avviene per dinamiche ed esigenze che hanno origine all’interno della nostra società, e in modo specifico nel mercato del lavoro. Discriminare o ritardare l’accesso alla cittadinanza rischia di portare acqua proprio al mulino di quel fondamentalismo che si vorrebbe contrastare. Mentre la legge che definisce reato la permanenza nel nostro territorio senza permesso di soggiorno è inapplicabile per mancanza di strutture e mezzi adeguati, prima ancora che anticostituzionale.

 

 

Il Corriere della Sera nelle ultime settimane è sceso in campo con alcuni dei suoi editorialisti di punta in una campagna che prende di mira gli immigrati mussulmani, le critiche alla legge che definisce reato l’immigrazione irregolare e le ipotesi legislative di maggiore apertura sulla cittadinanza agli stranieri. Nel mirino sono finiti anche gli intellettuali definiti liberal e in modo particolare il coordinatore de lavoce.info, Tito Boeri. (1)
Mi permetto di intervenire nel dibattito con qualche considerazione. Ne ho fatto oggetto, più brevemente, di una lettera allo stesso Corriere, da cui riprendo alcuni spunti.

UNA LEGGE INAPPLICABILE

Si può convenire sul fatto che il presidio dei confini è una dimensione costitutiva della sovranità degli Stati moderni, per quanto democratici. Tutti dispongono di polizie di frontiera, richiedono passaporti, espellono all’occasione stranieri indesiderati. Nello stesso tempo, si obbligano a esaminare le istanze dei richiedenti asilo e ad accogliere quelli che ne hanno diritto, anche se arrivano, come in genere accade, violando le frontiere o usando documenti falsi. Come osserva Seyla Benhabib, “le democrazie liberali hanno sempre l’onere, allorché vigilano sui propri confini, di dimostrare che i modi in cui mettono in atto la propria vigilanza non violano diritti umani fondamentali”.
Altra cosa è una legge che definisce reato la permanenza sul territorio con un permesso turistico scaduto, da parte di persone che spesso lavorano. Non so dire se sia conforme alla Costituzione, ma la sua eventuale bocciatura non equivale all’apertura indiscriminata delle frontiere, come sostiene Angelo Panebianco. Il mio dubbio è semmai sull’efficacia: l’Italia dispone in tutto di 1.220 posti nei centri di identificazione ed espulsione, e riesce a espellere ben pochi immigrati. La legge è inapplicabile per mancanza di strutture e mezzi adeguati. Rischia di intasare la macchina della giustizia, di spingere gli immigrati irregolari verso condizioni ancora più marginali e contigue all’illegalità, di confermare alla fine il messaggio che in Italia le leggi sono severissime sulla carta, ma poco applicate nei fatti.
Qui si innesta un’altra questione. Gli immigrati irregolari non si insediano in Italia per colpa dei preti troppo accoglienti o degli intellettuali liberal, ma perché sono richiesti da molti datori di lavoro italiani, famiglie comprese, e non solo a Rosarno calabro. Infatti anche l’attuale governo, dopo tanti proclami di lotta senza quartiere all’immigrazione “clandestina”, è stato costretto a varare una sanatoria, la sesta in poco più di vent’anni, senza contare le sanatorie mascherate da decreti flussi. La fermezza di facciata è contraddetta dall’inefficacia dei controlli sui luoghi di lavoro. In Francia sono stati arrestati in un anno 900 datori di lavoro di immigrati non autorizzati, in Italia questo non avviene.

FONDAMENTALISMO E DISCRIMINAZIONE

Quanto ai mussulmani, il problema della penetrazione del fondamentalismo in queste comunità esiste. Ma vanno colti tre aspetti: 1) è un problema tipicamente europeo, negli Stati Uniti i circa 6 milioni di mussulmani non sono percepiti come una minoranza chiusa e ostile, non vivono in quartieri-ghetto, sono in gran parte istruiti e professionalmente qualificati. 2) Il fondamentalismo si nutre della discriminazione e dell’esclusione economica e sociale. I mussulmani in Europa non vivono in ghetti per loro scelta, ma perché non riescono a uscirne. E nei ghetti l’identità culturale e religiosa, l’unica risorsa accessibile a tutti, diventa facilmente un simbolo di opposizione a una società ostile ed escludente. In quei contesti la predicazione fondamentalista attecchisce più agevolmente. 3) Non è possibile, in un ordinamento democratico, né comprimere la libertà di culto, né impedire l’accesso alla cittadinanza per motivi religiosi, né indagare le opinioni di chi chiede di lavorare in Italia, di ricongiungersi con la famiglia o di diventarne cittadino. I criteri di accesso tendono oggi a insistere maggiormente sul fattore linguistico, o sulla conoscenza dei fondamenti storici e normativi dell’identità nazionale, ma in nessun caso possono vagliare gli atteggiamenti di chi, avendone i requisiti (anzianità di soggiorno, fedina penale pulita, eccetera) presenta istanza per acquisire la cittadinanza.
Il dubbio che sorge è che il problema dell’integrazione dei mussulmani venga sollevato per chiudere le porte della cittadinanza a tutti gli immigrati, compresi filippini e peruviani. Va allora notato che una differenza troppo marcata tra la popolazione di fatto insediata sul territorio e quella ammessa al voto è una disfunzione pericolosa per una democrazia. Fa pensare all’antica Atene, dove la democrazia valeva per gli ateniesi (maschi), non per le donne, gli schiavi, ma neppure per i meteci, gli immigrati stranieri di allora. Discriminare o ritardare l’accesso alla cittadinanza (impedirlo in una democrazia non è possibile, la questione riguarda i tempi: cinque o sette o dieci anni) rischia di portare acqua al mulino di quel fondamentalismo che si vorrebbe contrastare. Semmai, credo si dovrebbe ragionare su due possibili punti: 1) se si vuole evitare il fenomeno dei “cittadini di carta”, ossia dell’accesso strumentale alla cittadinanza per ricavarne dei benefici, bisognerebbe attenuare le distanze tra i benefici accordati ai cittadini e agli immigrati lungo residenti. Per esempio, concedere l’accesso all’impiego pubblico, salvo alcune funzioni di particolare importanza per la sicurezza dello Stato; 2) se si vuole incentivare l’impegno nell’integrazione, occorrerebbe premiare, con un riduzione dei tempi di accesso, chi si dedica a comportamenti meritevoli, come il volontariato (per esempio, la protezione civile), il dono del sangue, la partecipazione con esito positivo a percorsi formativi in Italia.
Lascio da parte il problema dei giovani. Riesce difficile capire come si possa sperare di veder crescere lealtà e attaccamento al nostro paese a chi viene lasciato a lungo fuori della porta della cittadinanza, e costretto a lunghi e complicati procedimenti per accedervi, magari perché arrivato in Italia a due anni, o perché, nato qui, per un anno o due è stato accudito dai nonni al paese d’origine dei genitori.
La società italiana non sta diventando multietnica perché qualche scriteriato ha aperto le porte. Il cambiamento avviene per dinamiche ed esigenze che hanno origine all’interno della nostra società, e in modo specifico nel mercato del lavoro. In realtà noi produciamo ogni giorno la società multietnica, quali che siano le nostre opinioni al riguardo. Non è possibile utilizzare le braccia e rifiutare le persone, o negare loro di poter entrare un giorno a pieno diritto nella comunità dei cittadini di cui ormai, di fatto, fanno parte.

(1) Nei giorni scorsi si è acceso sulle pagine del Corriere della Sera un vivace dibattito innescato da un editoriale di Giovanni Sartori, cui è seguita una lettera di Tito Boeri e ben due repliche di Sartori (1,2). Boeri ha infine scritto un suo secondo intervento, che pubblichiamo e che è stato ospitato anche dai blog NoisefromAmerika e di Corrado Giustiniani su Il Messaggero.it nonché dalla stesso sito del Corriere della Sera, oltre che da numerosi altri siti web.

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UNA LEVATA DI SCUDO PER LE PICCOLE IMPRESE

20 commenti

  1. roberto boschi

    Leggo con piacere queste precisazioni di Ambrosini. Aggiungerei un dato che rafforza queste ragioni: il basso tasso di natalità e (il conseguente) invecchiamento degli italiani non può che essere compensato dall’immigrazione, pena tensioni sociali difficilmente affrontabili. La questione integrazione è, ovviamente, un problema vero, ma affrontandolo sapendo che molti degli immigrati (badanti, operai agricoli, manovalanza, ecc) sono necessari per la nostra sopravvivenza, è forse molto più ragionevole e può stimolare la ricerca di soluzioni concrete e non propagandistiche!

  2. RG

    Sabato sera, cena a casa di amici. Si parla dei fatti di Rosarno e malgrado il gruppo sia di sinistra e i toni pacati le argomentazioni sono per così dire leghiste: troppi immigrati, troppo diversi da noi, troppi problemi, troppo etc etc. Peccato che tutti abbiamo la "signora che viene due mezze giornate a fare le pulizie" pagata in nero, e peccato che non sappiamo se la signora è in regola con il permesso di soggiorno. Quando ho fatto notare la nostra incoerenza c’è stato un attimo di silenzio… a seguire un bel giro di Nebbiolo e si è cambiato argomento. Siamo un grande popolo.

  3. sigieri

    Lo Stato ha il diritto di decidere quali stranieri possono stare legalmente nel proprio territorio; se esiste la necessità di disporre di forza lavoro addizionale si deve prevedere un sistema di quote di ammissione per breve e lunga residenza e contemporaneamente dotare le persone ammesse di uno statuto di diritti e doveri, senza alcuna discriminazione economica e sociale rispetto ai propri cittadini. I datori di lavoro che impiegano manodopera straniera devono applicare pienamente i contratti collettivi di lavoro e le norme sulla sicurezza e più in generale la leglislazione del lavoro. Al di fuori di questi casi la presenza del cittadino straniero extracomunitario è illegale; ad eccezione dei casi accertati di asilo politico. L’aiuto ai paesi poveri non va fatto attraverso lo strumento dell’immigrazione "spontanea", ma con progetti generosi di aiuto finanziario ed industriale nei paesi di origine. Sul problema dell’integrazione attraverso la cittadinanza "breve" e tutto sommato priva di condizioni è inutile fare delle fughe in avanti; non credo tra l’altro che questo sia il desiderio più sentito dalla generalità degli emigranti. Discorso a parte sulla emigrazione islamica.

  4. Michele Sgarro

    Da figlio di un immigrato italiano (da Cerignola a Brescia nel 1958 ) e residente nella provincia più densamente popolata di extracomunitari ( che si stanno ghettizzando da soli) , dico solo che se si crede ancora nel concetto di integrazione multietnica con questo criterio demenziale fino ad oggi adottato , si rischia di portare sul nostro territorio una guerra civile di inaudita portata, che sarà il pretesto per le "nazioni unite " di banchettare da queste parti come poco tempo fa (aprile 1945). Siamo un paese mai stato nazione e con l’amor patrio sotto i tacchi, che si diverte a dare la colpa sempre alla politica e agli altri, troppo buono e spiritoso per capire che da noi, negli ultimi cinque anni ( il primo extracomunitario a Brescia è arrivato 20 anni fa e si era iscritto all’università di Medicina ndr. Oggi è "integrato" e parla il dialetto meglio di me ….) non sta arrivando la crema del terzo mondo, ma l’uomo disperato che , fino a ieri, ci siamo diveriti a sfruttare! Bisogno aiutarli concretamente nel loro paese d’origine, non sfruttandoli qui (sottopagati e schiavi) altrimenti saranno sempre una "pianta con le radici in un vaso!

  5. Alberto Lusiani

    Contesto la tesi enunciata che gli stranieri entrano in Italia "per dinamiche ed esigenze della nostra societa’" e non perché le frontiere sono aperte. I dati Eurostat del 2007, 2008 e 2009 mostrano che l’immigrazione (legale piu’ illegale) in Italia e’ ai massimi di tutti i Paesi OCSE comparabili, rispetto alla popolazione residente, circa 450mila immigrati all’anno, mentre in Stati comparabili come Francia e specie Germania, che ha natalita’ simile a quella italiana, e percentuale di immigrazione ormai comparabile, l’immigrazione è stata ridotta negli medesimi anni sostanzialmente a zero. Io ne concludo che mentre altrove gli Stati sono capaci di regolare l’immigrazione secondo i desideri della societa’ e la disponibilita’ di lavoro, in Italia motivazioni ideologiche e disfunzioni dello Stato permettono immigrazione ai massimi OCSE anche in anni di crisi economica.

  6. Stefano

    Condivido. Solo un piccola nota riguardo i problemi di integrazione delle comunità musulmane in Europa accennati dal Prof. Ambrosini. Io vivo da quattro anni nel Regno Unito (Leeds e Londra) e qui non ne percepisco alcuno. Musulmani/e sono molti dei miei colleghi, degli impiegati della mia banca, degli impiegati delle poste, dei miei vicini di casa, il mio dottore "della mutua", etc. Vero e’ che 1) sono in gran parte immigrati di seconda o terza generazione e quelli della prima vivono qui da 20-30 anni 2) nessuno si sogna di chiedergli conto della loro religione – cosi come a me non chiedono conto del mio essere italiano -.

  7. Robert

    L’immigrazione di massa fa parte del pacchetto di riforme che dal 1992 in poi sono state imposte in gran parte del mondo occidentale, insieme con le privatizzazioni, le liberalizzazioni, la deregolamentazione del mercato del lavoro e precarizzazione. Risultato: un disastro. Ci troviamo ora con economia a pezzi, società ingovernabili, generazioni senza un presente né un futuro, terrorismo. Ottimo. Credo sia lampante che così non si può continuare, ed infatti le cose stanno cambiando. Sul tema immigrati, c’è un’immane confusione, dettata dalla necessità di legittimare ex post il disastro in corso. Gli argomenti dell’articolo potevano forse andare bene nel 1995, o nel 1999, magari persino nel 2002, ma nel 2010 è ormai chiaro che il degrado in cui ci troviamo non ha alcun senso né alcuna giustificazione. L’Italia è un paese già di per sé sovraffollato, ci fa bene una riduzione della popolazione anche a 40-45 milioni di persone. La demografia funziona a cicli, non può essere sempre al rialzo. Il nostro paese è cresciuto da 20 milioni 200 anni fa a 60 milioni: naturale che ci possa essere una flessione. In Giappone non si sono stranieri e tutto funziona benissimo, meglio che in Europa.

  8. Parini FM

    Stiamo alimentando la camera magmatica; troppi immigrati nullafacenti e in mano alla criminalità organizzata, sfruttamento degli immigrati irregolari. Mancanza di controlli, troppe poche espulsioni, mancanza di serietà. Gli stessi immigrati regolari ci chiedono (opero in un centro di accoglienza) severità con chi delinque poiché i regolari vogliono,in parte, integrarsi. Non possiamo fingere che il nostro territorio sia piatto ed accogliente come sono la Francia e la Spagna. L’Italietta è un paese per quaranta milioni di abitantio ,ma nessuno ha il coraggio d’affermarlo.I magrebini regolari che spacciano,che sfruttano la prostituzione,ecc.l i teniamo per aumentare i problemi di gestione della criminalità….la quale li usa per i suoi fini. L’Italia è un paese incompiuto con Puglia, e, soprattutto,Calabria, Campania e Sicilia in mano alla malavita. Vogliamo incrementare questa situazione accogliendo cinesi, senegalesi ,russi ecc. Accomodatevi e il futuro dell’Italia sarà sempre più nero.

  9. roberto

    Al di là della pelle nera e della religione mussulmana (ma molti degli espulsi dal territorio di Rosarno erano cristiani), mi sembra rilevante sottolineare la questione strettamente economica della storia. Il mercato agricolo da un lato è regolato dalle regole europee (che hanno reso conveniente la non raccolta rispetto alla raccolta) e dall’altro dal più arcaico dei fenomeni feudali, il caporalato, che assume la forma del controllo di cosca su terreni (di loro proprietà) e territori (organizzazione del lavoro, corruzione di apparati, controllo della logistica e dei prezzi). Mi pare terribilmente chiaro che gli africani senza dimora e diritti sono un esercito (agricolo, ovvero industriale) di riserva nel senso classico marxiano, e che mai come adesso l’intermediazione mafiosa dell’economia rende possibile quello che neppure i capitalisti più spietati di Brecht (e Marx) potevano sognare. Il lavoratore che costa poco più di zero può essere eliminato fisicamente quando non serve. Razzismo e guerra di religione sono un po’ sovrastruttura?

  10. Nico Massa

    Ricordo che Aristotele, pur meteco, sosteneva che "per la cittadinanza occorre una certa eccellenza e non si diventa cittadini per il fatto di abitare in un luogo". Forse aveva capito. L’idea della cittadinanza quale fattore, anzichè effetto, di una buona integrazione non trova riscontri oggettivi in alcun paese europeo, nè nelle banlieus ‘africane’ di Parigi, nè nell”incubo eurabico’ (parola del "The Economist") di Rotterdam. La realtà è che si possono integrare alcuni individui non le comunità. E queste si costituiscono in base ai numeri ed alla forza delle identità, a prescindere dalla ns. ‘apertura’. Se un mercato del lavoro drogato da overdosi di bassi salari richiede braccia di persone problematiche per la civile convivenza, sarà il caso di disintossicare la nostra economia, più che nominare quanto prima "todos caballeros". Dopotutto il Giappone, a dispetto del calo demografico, sembra sopravvivere anche senza "nuovi giapponesi". Xenofobi o lungimiranti?.

  11. francesca

    Desidererei avere delle indicazioni su come si possa intervenire con leggi e piani di lavoro a livello comunale per migliorare l’integrazione degli stranieri presenti sul territorio. Ci sono già comuni che si sono mossi o si stanno muovendo in questo senso in Italia che potrebbero fungere da modello o potrebbero essere contattati? Ho cercato sul sito dei comuni a cinque stelle e non ho trovato nulla. Naturalmente non sto solamente parlando di politiche sociali, ma anche economiche e di integrazione politica. Nel mio comune è nata una lista civica il cui programma viene sviluppato con la partecipazione dei cittadini e mi piacerebbe integrarlo su queste tematiche. Naturalmente trattandosi di un programma politico (nel senso nobile di questo termine) servirebbero informazioni approfondite che poi spetterà a noi adattare alla situazione specifica della nostra città. Diritto di voto, politiche abitative, strutture di accoglienza, integrazione scolastica, alfabetizzazione e corsi professionalizzanti, supporto per il riconoscimento di titoli ottenuti all’estero, attività di sensibilizzazione della popolazione sul tema immigrazione, fino ad una politica che coordini tutto quanto.

  12. luigi zoppoli

    Al di là della presenza oramai massiccia di stranieri nel territorio, qualunque osservazione diventa sbagliata se non considera il ruoo che da tempo l’immigrazione ha conseguito nel paese. L’immigrazione si è economicamente integrata per la gran parte con benefici effetti per l’economia preente e futura. E non è possibile dimostrare qui perchè è falsa l’argomentazione dei salari resi bassi dalla presenza straniera. Ciò detto, a proposito del Corriere della Sera, del dialogo con lo scortesa Prof. Sartori e della replica del Prof. Boeri avrei preferito che si desse qui conto. Con la consueta asciutta sobrietà.

  13. giovanni pede

    Se un mercato del lavoro drogato da overdose di bassi salari richiede braccia di persone problematiche per la civile convivenza, sarà il caso di disintossicare la nostra economia, più che nominare quanto prima "todos caballeros". Dopotutto il Giappone, a dispetto del calo demografico, sembra sopravvivere anche senza "nuovi giapponesi". Xenofobi o lungimiranti?." Penso sia proprio questo il punto, e, con riferimento al Giappone, anch’io sono stato colpito dal perfetto funzionamento delle cose, senza l’apparente presenza di non giapponesi. Con riferimento poi al mercato del lavoro, mia nipote sedicenne, negli USA per un anno di studio, nel periodo della raccolta delle patate ha lavorato insieme ai suoi compagni di scuola perchè le lezioni sono state sospese: non vi riferisco quel che ha guadagnato perchè c’è da vergognarsi pensando ai 25 euro al giorno corrisposti ai braccianti di Rosarno.

  14. Giuseppe Balacco

    Vedo tantissimi connazionali fare lavori inutili o dannosi, come importunarmi al telefono, riempirmi la cassetta delle lettere di volantini, provare a vendermi prodotti finanziari truffaldini e l’elenco potrebbe continuare a lungo, comprendendo anche tanta pubblica amministrazione e gli operai di Termini Imerese. Non credo che questi lavori diano soddisfazioni professionali. Sono anzi convinto che andare a raccogliere le arance, dietro giusta compensazione economica, farebbe più felici molti di loro. Come in tanti hanno già commentato in queste pagine con altre parole, la storia degli immigrati che mandano avanti la nostra economia è una schifosa bugia. Per mandare veramente avanti l’economia bisognerebbe attirare i migliori scienziati ed i migliori artisti del pianeta. La manovalanza a costo zero (o quasi) serve solo a farci diventare tutti più poveri, a ridurre la sicurezza sul logo di lavoro e ad imbarbarire il paese. Come è possibile che nel 2010 siamo arrivati ad accettare il capolarato come qualcosa di inevitabile? Se gli stranieri andassero via, sarebbero giocoforza sostituiti dagli italiani disoccupati o impiegati in lavori inutili.

  15. giacomo

    Condivido l’articolo e la risposta ai commenti critici che contengono affermazioni documentate difficilmente contestabili. Del resto se la lega, se l’attuale governo, che ripetono da anni che i clandestini vanno espulsi, hanno approvato una sanatoria per centinaia di migliaia di badanti la ragione è una sola: abbiamo bisogno di immigrati.

  16. Innocenzo Malagola

    L’immigrazione è una risorsa perché l’Italia è un Paese ricco: ha bisogno di "poveri" che svolgano le attività che gli italiani non vogliono più svolgere (da povero esportava mano d’opera). Avendo posseduto poche colonie, per ora il numero degli immigrati è %-tualmente inferiore a quello di altri Paesi .Non commento Tito Boeri, persona che stimo, essendo rimasto sorpreso dalla superficialità con la quale tratta un tema che evidentemente non conosce e sul quale non è documentato. L’articolo di Maurizio Ambrosini."Una legge inapplicabile" per presidiare i confini che sono una dimensione costitutiva. E’ poco efficace ed "inapplicabile per mancanza di strutture e mezzi adeguati". Aiutiamo tutti a migliorare la legge e le strutture. In Francia funziona meglio ? "Fondamentalismo e discriminazione". Due aspetti:1) è un problema europeo perchè in Europa sono tantissimi (6 milioni USA sono una percentuale bassissima)e perchè l’ Europa è fondata sul welfare, non sul principio di libertà: è un confronto improponibile.2)d’accordo ma il 90 % ha meno di 40 anni e il vero musulmano è fondamentalista per definizione (ved."Risveglio musulmano"del 1928).

  17. antonio petrina

    La posta del Corsera del 20 gennaio riflette bene il tema da approfondire: quale integrazione vogliamo, ma specialmente il diritto di cittadinanza si acquista automaticamente (come è adesso) col solo decorso del tempo, ovvero sono necessari un "percorso" (con alfabetizzazione, confronto di idee, di costumi e conoscenza delle regole, ecc ), non breve, in cui ci si incammini con buona volontà e con regolare e onesto lavoro?

  18. A.M.

    Si discute pro o contro l’immigrazione, talora sul quantum pro tempore necessario all’economia italiana, sulla concessione della cittadinanza e del diritto di voto nonchè sulle modalità di apertura delle frontiere. Ci si dimentica invece di parlare di qualità dell’immigrazione in termini di paese di provenienza, tipo di cultura, età, genere, grado di istruzione, integrabilità, di tracciabilità della vita precedente. I numeri non sono tutto! Vi è non poca differenza fra l’arrivo di uno scienziato, di un meccanico, di un infermiere, di una badante, di un bracciante, di un venditore ambulante, di un’infermiera. Per non parlare poi delle attività illegali o criminali.

  19. AM

    L’Italia è in un momento difficile a seguito della crisi e molte famiglie hanno problemi nell’arrivare a fine mese, ma il nostro è il paese delle chiacchere a vuoto dove governo e opposizione fanno a gara nel creare cortine fumogene che distraggano il cittadino. L’ultimo caso: le dichiarazioni del premier su crimine e immigrazione. Si tratta di affermazioni banali e lapalissiane, anche se non diplomatiche e inopportune. E’ ovvio che se aumenta la popolazione adulta in Italia per effetto dell’immigrazione, anche nell’ipotesi (non corrispondente alla realtà) che gli immigrati siano più virtuosi degli italiani, aumenta in assoluto anche il numero dei crimini commessi. Lo stesso fenomeno si avrebbe in presenza di un rientro in massa dei cittadini italiani che risiedono all’estero. Tutto qui? C’era proprio bisogno che opposizioni e clero facessero tanto clamore?

  20. beppe

    Vogliamo parlare di immigrazione e sport? Quanti sono gli oriundi e gli immigrati nelle nazionali di calcio di Germania, Francia e Inghilterra? Da noi l’unico candidato possibile, Balotelli, ogni volta che entrava in campo era sommerso dai "buh" razzisti di migliaia di cosiddetti tifosi. E poi dicono che l’Italia è multietnica … mah, semmai multi-razzista!

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