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La beata ignoranza sugli incentivi alle rinnovabili

La componente A3 della bolletta elettrica è stata pensata per far pagare direttamente ai consumatori il sostegno alle fonti rinnovabili. Il conto è oggi di 90 euro all’anno per il consumatore medio. Ma gli italiani, soprattutto se giovani, ne sanno ben poco. I risultati di un’indagine.
COSA C’È NELLA COMPONENTE A3
Il decreto “Fare 2” dovrebbe colpire al cuore la “componente A3”. Da un paio di mesi, infatti, imperversa il dibattito su come ridurre il peso in bolletta degli incentivi alle rinnovabili, tecnicamente chiamati appunto “componente A3”.
La bolletta dell’energia elettrica che arriva a casa, infatti, remunera quattro fattori: l’elettricità consumata (pari a circa il 53 per cento del costo totale), il suo trasporto e distribuzione (14 per cento), gli oneri di sistema (20 per cento) e, infine, le tasse (13 per cento). (1)
Tutto chiaro? Sì, se non fosse per gli oneri di sistema, dentro i quali c’è un po’ di tutto: dalla messa in sicurezza del nucleare (componente Mct), alla promozione dell’efficienza energetica (Uc7), al sostegno alla ricerca (A5) e altro ancora. Tuttavia, la maggior parte degli oneri è rappresentata dalla componente A3, intitolata: “Promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili e assimilate”. (2) Per il famoso utente domestico medio, la A3 da sola vale il 93 per cento degli oneri di sistema, ovvero il 18 per cento della bolletta complessiva, in soldoni circa 90 euro. A livello aggregato, gli incentivi annualmente pagati hanno raggiunto, nel 2012, i 10 miliardi di euro e arriveranno a 12 miliardi a fine 2013.
L’INDAGINE E QUELLO CHE GLI ITALIANI IGNORANO
La A3 è stata pensata per imputare direttamente in bolletta il sostegno alle fonti rinnovabili. In particolare, la A3 finanzia i costi sostenuti dal Gestore servizi energetici (Gse) per acquistare l’energia da fonti rinnovabili a condizioni economiche incentivanti. La differenza tra quello che paga il Gse e il prezzo corrente di mercato dell’energia elettrica è dunque l’incentivo finanziato dalla componente. Tutto il meccanismo si basa sulla non infondata ratio che sia il consumatore di energia elettrica a sobbarcarsi direttamente il costo della sostenibilità; cioè che si carichi parzialmente dell’impatto ambientale che il suo consumo di energia impone alla collettività. Tuttavia, il consumatore non ha nessun potere di controllo e alle sue spalle si sono consumate le decisioni della politica, con gli esiti esplosivi sulla bolletta ben visibili nel grafico sottostante.
Figura 1 – Evoluzione della componente A3 per varie tipologie di consumatore domestico
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La A3 incide, ovviamente, anche (meglio, soprattutto) sulle imprese, che vedrebbero di buon occhio una riduzione di tale voce di spesa. Come? Persi nell’ingegneria finanziaria, con emissioni trentennali di bond e filosofiche discussioni su swap e tassi di sconto, riteniamo che si sia persa di vista la soluzione più semplice: azzerare la A3 alle imprese e caricarla tutta sui clienti domestici, soluzione, in fondo, non dissimile da quella tedesca. Provocazione? Certamente, ma basata sui risultati curiosi e forse inaspettati di un’indagine campionaria. (3)
Il nostro campione rappresentativo (1.500 cittadini lombardi) ha infatti risposto anche a due domande proprio su questa componente. Nella prima si è chiesto se l’intervistato fosse a conoscenza della A3. Si poteva scegliere fra quattro risposte e questo ha consentito agli intervistati non solo di dichiarare se fossero o meno a conoscenza della componente, ma anche di esprimere il proprio accordo o disaccordo sul fatto che gli incentivi fossero finanziati in bolletta. Nella seconda domanda, invece, si è chiesto di indicare il valore della A3, per l’anno 2012, pagato da un’utenza domestica tipo (lasciando la possibilità di rispondere “non so”).
Figura 2 – Conoscenza della componente A3 e accordo al suo inserimento in bolletta
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Quello che risulta dal questionario è che i consumatori poco sanno della componente (solo il 47 per cento conosce la A3) e che sono tendenzialmente contrari al suo utilizzo (il 52 per cento non è favorevole). Sono inoltre in netta minoranza coloro che, a conoscenza della A3, la vedono favorevolmente (17 per cento). All’opposto, il 31 per cento degli intervistati, pur non conoscendola, si dichiara contrario al finanziamento delle fonti rinnovabili in bolletta. Per quanto riguarda la stima dell’impatto, poi, i risultati sono desolanti: il 69 per cento degli intervistati dichiara perfetta ignoranza e solo il 10 per cento dei rispondenti stima l’importo corretto (100 euro). La figura 3 riporta i risultati per le sole persone che si sono dette a conoscenza della componente (e quindi, presumibilmente, le più informate), divisi tra i favorevoli e i contrari. Risulta che entrambi i sottogruppi sottostimano gli importi dovuti nel quasi l’85 per cento dei casi, forse ricordandosi di bollette di anni passati, ben meno salate. Per chi tenta una stima, il valore medio si attesta in totale sui 51 euro annui (ovvero la metà del valore effettivo). È interessante notare che i favorevoli sottostimano maggiormente il peso della componente A3 (50 euro) rispetto ai contrari (54 euro).
I GIOVANI NON PAGANO LE BOLLETTE
Analizzando le risposte per classi di età, infine, risulta che quasi il 65 per cento dei giovani fra i 18 e i 34 anni non è a conoscenza della componente A3; tuttavia, quasi il 60 per cento si dice favorevole all’incentivazione in bolletta delle fonti rinnovabili. Per le fasce di età più elevate, ovvero dai 55 anni in su, si ottengono risultati speculari: quasi il 63 per cento degli intervistati si è dichiarato allo stesso tempo a conoscenza e contrario al finanziamento delle rinnovabili in bolletta. In prima analisi, questa è una conferma indiretta che i giovani italiani, vivendo in maggioranza a casa coi genitori, non conoscono a fondo le spese della famiglia.
Figura 3 – Indicazione del valore della componente A3
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Insomma, il risultato dell’indagine è impietoso: gli italiani (almeno quelli del nostro campione) sono poco e mal informati. I risultati peggiori arrivano dai giovani, quasi completamente ignari dell’esistenza di un sistema di finanziamento delle rinnovabili in bolletta. Da qui, la nostra proposta: sfruttando il fattore tempo, l’ignoranza e l’entusiasmo dei giovani, perché non far gravare la componente A3 sulle famiglie?
Certo, si potrebbe anche percorre la strada alternativa della trasparenza e dell’informazione, ma ci sembra che, in questi anni, non si sia sentito l’effettivo bisogno di imporre bollette realmente comprensibili e trasparenti. Ciò ha consentito l’insabbiamento e l’oblio, almeno parziale, (anche) della A3. Ora, anziché complesse ingegnerie finanziarie, perché non continuare nel solco consolidato dello spremere il consumatore inconsapevole (prodigandosi per farlo rimanere tale)?
(1) L’Autorità per l’energia elettrica e il gas (Aeeg) calcola il costo della bolletta per un utente domestico tipo, ovvero famiglia residente con consumi pari a 2700 kWh/anno, potenza del contatore pari a 3 kW e servito in maggior tutela. Le percentuali riportate si riferiscono al quarto trimestre 2013.
(2) In “assimilate” ricade un mondo (in vero poco rinnovabile) che, nel 2012, vale 896 milioni di euro. Questo mondo è popolato dalla cogenerazione, dal “calore recuperabile” da scarti dalla produzione da fonti fossili di giacimenti minori o isolati.
(3) Svolta durante il progetto di ricerca: “Idea – Idroelettrico e ambiente” finanziato da Fondazione Cariplo (volto a cercare tutt’altro, ma le scoperte migliori sono spesso casuali).

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36 commenti

  1. vervan

    Spero che la conclusione dell’articolo fosse ironica e provocatoria: sfruttare l’ignoranza del consumatore per spremerlo ancor più mi pare un obbrobrio. E poi: 1) la produzione di energia col fotovoltaico è già eccessiva e crea problemi ai produttori veri di energia che sono costretti a comprarla nei momenti in cui è prodotta e non quando serve 2) fra alcuni anni ci sarà un problema enorme e dai costi elevatissimi per lo smaltimento degli impianti giunti a fine vita, non è il caso di aumentarli ancora 3) è inutile favorire le imprese se i consumatori avranno sempre meno soldi perchè ulteriormente spremuti 4) anche a me piacerebbe un’auto elettrica di ultima generazione e non inquinante se me la pagassero i contribuenti. Gli incentivi vanno tolti o drasticamente ridotti, sono un puro e semplice regalo alla minoranza che ha installato questi impianti.

  2. Marco Catellacci

    L’articolo non considera che già in Germania sarà presto rivista l’esenzione delle aziende dal pagamento dell’equivalente della A3, per il semplice motivo che alcune aziende (Enel su tutte) hanno portato la questione di fronte all’Unione Europea in quanto trattasi secondo loro di aiuti di Stato. Se la Germania sta per fare dietrofront, perché seguirli su una strada che a breve diventerà non più percorribile?

  3. Pepi Cima

    Mi sarebbe piaciuto anche vedere fra i risultati dell’indagine se le gente conosce l’unita’ di misura di cosa paga in bolletta, il kWh e se sa distinguere il kW dal kWh. E’ raro vedere che questo accada anche negli articoli di giornale a proposito di temi enrgetici.
    Si vede dalle cifre riportate come la componente risparmio, che tutti gli analisti competenti stimano essere la “vera” fonte rinnovabile del futuro , sia colpevolmente sottoincentivata. E non e’ difficile capire perche’.
    Lo stimolo al risparmio e’ culturale e ha due componenti: una di cultura tecnico scientifica e una di carattere morale. Difficilmente posso immaginare una societa’ meno adatta di quella italiana per lo sviluppo di entrambe.
    A tutte le scienze nel loro complesso la scuola dedica meno tempo che non allo studio di irrilevanti lingue morte e per quanto riguarda i principi morali l’obbiettivo principale del paese e’ ora crescere, nel senso del PIL, ad ogni costo, calpestando ulteriormente l’ambiente se necessario.
    Basta con gli stimoli alla creazione di nuovi posti di lavoro manufatturieri, discutiamo di ridistribuzione delle risorse vitali.

  4. Franco da Parma

    L’articolo è un buon contributo alla trasparenza. Sarebbe utile conoscere quanti sono gli utenti che pagano i complessivi 12 miliardi di euro/anno e quanti sono gli utenti che ne beneficiano. In ogni caso si tratta di una redistribuzione del reddito che, a mio parere, favorisce chi ha maggiori opportunità e disponibilità economiche per installare sistemi come il fotovoltaico.

  5. rosario nicoletti

    E i poveretti non sanno che l’energia delle “rinnovabili” (essendo discontinue) immessa in rete in quantità cospicua costringe spesso a far lavorare le centrali termiche a potenza ridotta con un minore rendimento di queste ultime. In sostanza, i soldi vengono buttati in due modi: pagando cara l’energia delle “alternative” e sprecando le possibilità delle “convenzionali”. Un bel risultato!

    • Pepi Cima

      Mi piacerebbe sapere chi sostiene che le centrali convenzionali sono meno efficienti quando erogano una potenza ridotta, a me non risulta che i generatori a gas, i più efficienti ed economici generatori esistenti da qualche decennio, o le centrali idroelettriche funzionino a efficienza ridotta nei picchi di produzione eolica o solare. Le grandissime centrali a carbone in voga cinquanta anni fa è possibile che abbiano una grande inerzia di produzione ma questo è sempre stato un loro problema anche per l’inevitabile fluttuazione circadiana.

  6. ago.manni

    Bene bene. Anch’io sono un beato ignorante. E grazie a voi adesso si può finalmente sapere una cosa che è tanto tempo che mi ruga parecchio: avete fatto il conto di quanto valgono le “morchie” dei petrolieri, cosiddetto CIP6? Non dovrebbero essere i petrolieri a pagare per smaltire questi rifiuti speciali, anziché incassare dei soldi? Ora fuori le cifre, possibilmente esatte al centesimo, poi vediamo che provvedimenti prendere, anche retroattivi, se necessari. Un cordiale saluto e un incoraggiamento a proseguire.

  7. Bruno Repezza

    Anche a me la conclusione pare incomprensibile (sperando sia ironica). Nell’articolo c’è una imprecisione riguardo a quel 31% che non sa ma è favorevole (non contrario). Così si spiegherebbe la tesi degli autori nel caso non fosse ironia: “poiché la maggioranza dei favorevoli è ignorante possiamo tassarli di più” (prima che si sveglino?)
    Io avrei inserito un ulteriore quesito per vedere quanti sono per ogni gruppo quelli che oltre a essere consumatori di energia al momento sono anche produttori.

  8. marco

    Alcuni (pochi) osservatori dicevano queste cose già quindici o venti anni fa. Gli incentivi sono esplosi in pochi anni accompagnati dall’entusiasmo degli ecologisti e dall’interesse di accorti investitori. Adesso si vedono gli effetti perversi di politiche che più che ecologiche definirei ideologiche. Chi pagherà in futuro questi errori?

  9. edoardo zanchini

    Facciamo trasparenza fino in fondo. Ricordiamolo che dal 2002 la bollette delle famiglie e’ passata da 340 a 520 euro, e che la ragione sta al 90% nella curva del prezzo del petrolio. Raccontare la favola che è tutta colpa delle rinnovabili e’ inesatto, anche se un peso c’è’ ma e’ pur sempre il 15% del totale delle bollette delle famiglie mentre in Germania supera il 20%. Trasparenza vuole anche che si racconti che nei 90 euro ci sono anche i soldi per le fonti assimilate, ossia a centrali da fossili e raffinerie che sarebbe interessante raccontare alle famiglie. La trasparenza è’ nell’interesse delle fonti rinnovabili e dell’efficienza, anche perché Sono ricchi i sussidi che in bolletta esistono per le fonti fossili di cui nessuno parla mai.

  10. In Italia le fonti rinnovabili sono state finanziate con l’aggravamento della bolletta energetica, ossia le generazioni future pagheranno una. Bolletta più cara, ma in cambio avranno meno inquinamento, tutto chiaro, ma vediamo dove sono andati a finire i soldi degli investimenti, in primis i maggiori produttori sono tedeschi e cinesi per i pannelli e gli americani per gli inverter, per fare fare alle imprese questi investimenti abbiamo dato incentivi che permettono di quadruplicare l’investimento, forse doveva essere fatta una politica più accorta du tale campo, oggi stiamo assistendo ad un mercato drogato da tali incentivi.
    Invece di colpire la prima casa su tali investimenti vi è’ l’Imu agevolata, basta applicarla con il metodo normale e i conti possono tornare.

  11. Massimo Matteoli

    L’articolo, ai là di quelle che possono esser le intenzioni degli autori, contribuisce a diffondere la tesi (errata) che i contributi alle energie rinnovabili siano un costo “gravoso” per i consumatori.
    Si dice ai cittadini che pagano molti soldi per gli incentivi, ma ci si guarda bene dallo spiegare cosa succederebbe se invece che dal sole o dal vento quell’energia fosse prodotta con combustibili fossili.
    Su questo argomento qualche tempo fa un ricercatore del CNR in uno studio affermò, invece, che l’aumento del fotovoltaico, a parte i benefici ambientali e per la bilancia dei pagamenti, faceva addirittura diminuire la bolletta per i consumatori, svolgendo un importantissimo effetto calmiere nella “borsa” elettrica.
    Questo è il link all’articolo che venne pubblicato su Il Sole 24 Ore http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2011-05-02/costi-rinnovabile-155044.shtml
    Ad oggi non ho visto nessuna risposta, A buon intenditor poche parole

    • Federico Pontoni

      Egregio sig. Mattioli,
      il nostro articolo non valuta l’impatto delle rinnovabili. Semplicemente presentiamo i risultati di
      un’indagine dove si cercava di capire l’attitudine degli italiani.
      L’articolo da lei citato da una parte ci dà ragione: suggerisce infatti una distribuzione di ricchezza
      dai consumatori ai produttori. Dall’altra, entra nel merito degli effetti
      macroeconomici, che noi non tocchiamo. Ci pare, però,(da quel che si desume dal
      Sole, visto che non ci risulta ancora un lavoro pubblicato su rivista
      scientifica) che l’articolo non fornisca una comparazione della profittabilità
      delle rinnovabili al loro costo-opportunità. Ovvero: quale utilizzo alternativo
      si sarebbe potuto trovare per le risorse dedicate agli incentivi? In questa
      ottica pure incentivare lo scavo di buche avrebbe portato a maggiori introiti
      per le società movimento terra e quindi a maggiori tasse. Fatturato e posti di
      lavoro nel settore delle rinnovabili sono generati quasi interamente in fase di
      installazione e quindi sono temporanei; la gestione degli impianti rinnovabili,
      invece, crea pochissima occupazione (e lo dice il GSE, non noi). L’unico
      effetto certo a livello macro è l’aumento del costo di un input di produzione, ovvero
      l’energia elettrica, almeno nel breve. Quindi suggerire che, “alla fine allo
      Stato conviene”, è argomento piuttosto debole.
      Infine: nessuno ha stimato l’impatto sui prezzi in maniera seria in Italia. In Germania, un’interessante paper di Rathmann stima la riduzione del prezzo medio di circa 6,4 euro. Utilizzando questo valore, in Italia avremmo una diminuzione di circa 2,5 miliardi di euro della nostra bolletta, a fronte di incentivi pari a 12 miliardi. Il break-even sarebbe garantito da una riduzione di circa 35 €/MWh.
      Filippo d’Arcangelo e Federico Pontoni

  12. marco caco

    come spiegato questo:
    http://www.iefe.unibocconi.it/wps/allegatiCTP/IEFE%20La%20Voce%2011%20aprile.pdf
    a meno che non ci dia “La Voce” ed il doppio Hyde….

    • Federico Pontoni

      Siamo d’accordo con Marzio
      Galeotti: le fonti rinnovabili hanno un vantaggio, rispetto ad altre forme di
      generazione dell’energia elettrica, che non è prontamente monetizzabile
      (semplificando un po’, hanno un vantaggio “ambientale”). Siamo d’accordo che una
      forma di incentivazione sia dovuta per remunerare questo vantaggio e permettere
      di superare i costi d’avviamento nel settore. Però l’articolo (di Aprile 2012)
      parla di una componente A3 che incide per il 7% sulla bolletta. La figura 1
      mostra che c’è stato un incremento vertiginoso dell’aliquota complessiva
      destinata alla remunerazione della A3 e che, ad oggi, il 20% sia una cifra più
      vicina alla realtà. Questo, a fronte del fatto che i consumatori non ne siano a
      conoscenza, non essendovi cenno in bolletta.
      Filippo D’Arcangelo e Federico Pontoni

  13. Daniele B.

    Gli effetti degli scellerati finanziamenti alle politiche rinnovabili non stanno facendo altro che creare una gigantesca bolla. E’ alquanto palese che il sistema non sia sostenibile: per quanti anni ancora i consumatori saranno disposti a sopportare questo giochetto? Quando (ipoteticamente) si raggiungerà la parità tra produzione “privata” e “pubblica” chi sarà disposto a produrre energia e a pagare sempre di più in bolletta (o a produrre senza trarre alcun beneficio monetario)?

  14. Mauro

    Stimo molto la qualità dei contributi che appaiono in lavoce.info e perciò molto mi dispiace vedere articoli come questo che a mio avviso affrontano un tema sui cui c’e’ un dibattito acceso in corso con parzialità e con un’imprecisione (la frase “per acquistare l’energia da fonti rinnovabili a condizioni economiche incentivanti” non corrisponde affatto a quanto avviene per caso più eclatante di incentivo, ovvero quello del fotovoltaico dove l’incentivo è legato alla produzione e ha un valore fissato dal conto energia per kWh prodotto).
    Per fare un bilancio corretto dell’impatto delle rinnovabili, bisogna considerare l’effetto combinato di quanto è aumentato il costo, a causa della componente A3, con quanto è diminuito il costo di produzione per merito delle rinnovabili.
    Vorrei segnalare agli autori e ai lettori la recente audizione del GSE al Senato: http://www.slideshare.net/gserinnovabili/audizionealsenatodelgse-v18
    da cui si evince che, ad esempio, il fotovoltaico ha fatto abbassare il prezzo alla borsa elettrica italiana significativamente, rendendolo più omogeneo nelle 24 ore: v. slide pag. 28 dove in un giorno feriale di maggio 2013 il prezzo, rispetto a maggio 2006, si abbassa di 0,02 €/kWh, grosso modo quanto costa l’incentivo per il fotovoltaico in media oggi in Italia.
    Illuminante è poi la slide a pag. 17 che confronta gli andamenti dei prezzi dell’energia elettrica in alcuni paesi europei.
    Mentre per la Francia, dove la produzione è dominata dal nucleare, i valori sono costanti fra 2011 e 2013, in Germania sono diminuiti (più bassi ora addirittura di quelli francesi), così come in Italia e in Spagna. Quello che sarebbe interessante gli autori ci spiegassero invece è perchè in Italia i prezzi alla produzione sono così elevati (qui gli incentivi non c’entrano).
    Dopo il grave errore di non avere abbassato gli incentivi per il fotovoltaico quando i costi degli impianti sono calati drasticamente, sarebbe folle che ora si facesse l’errore opposto di sminuire la potenzialità dell’energie rinnovabili in Italia proprio quando esse sono vicine alle grid parity per cui per mantenerne vivo il mercato sono sufficienti incentivi leggeri e fra un po’ nemmeno piu’ quelli.

    • Federico Pontoni

      Caro sig. Mauro,
      La premessa è doverosa: il
      nostro articolo non intende fare un bilancio sulle rinnovabili. Riportiamo i
      risultati di un’indagine dove si mostra come la maggioranza del nostro campione
      rappresentativo non sembra essere né informata né favorevole agli incentivi in
      bolletta alle rinnovabili.
      L’imprecisione che lei
      pensa di aver scovato, invece, non c’è. Quello che abbiamo scritto è giusto e
      può verificarlo direttamente nelle slide da lei citate e linkate. Il GSE compra
      l’energia rinnovabile (nel caso del fotovoltaico a prezzi fissi stabiliti dai
      conti energia, in altri casi no) e la rivende sul mercato. La differenza fra
      quanto paga e quanto riceve sul mercato è finanziata dalla A3. Nelle slide da
      lei citate, vedrà che il peso del fotovoltaico sulla A3 è di oltre sei
      miliardi.
      Un altro appunto: nel
      documento del GSE da lei citato, non si fa nessuna stima di quanto il
      fotovoltaico ha abbassato i prezzi. Si mostrano solo grafici: le conclusioni
      sono sue e non supportate da dati (ma ci permetta: se il costo alla produzione
      dell’energia rinnovabile fosse così basso da giustificare un abbattimento dei
      prezzi, che bisogno ci sarebbe di incentivarle?)
      Peraltro, confrontare un
      anno pre-crisi con un anno di recessione rende impossibile tirare le
      conclusioni a cui giunge lei.
      Infine, le correggiamo noi
      un’imprecisione: lei sostiene che il costo medio degli incentivi è di 20 €/MWh
      (ovvero 0,02 €/kWh). In realtà, il costo medio dell’incentivo è di circa 360
      €/MWh, sempre come può vedere dalle slide citate da lei.
      Filippo d’Arcangelo e Federico Pontoni

  15. gb

    Ok, ma facciamo trasparenza fino in fondo dicendo che le fonti assimilate Cip6 pesano per meno del 10% dei 90 euro di A3…. e che non tutte le tariffe domestiche sono uguali, per chi ha un contatore di potenza superiore a 3 kW (tariffa D3) il costo della A3 è di 190 €/anno per un consumo di 3000 kWh.

  16. Andrea Bartolazzi

    L’articolo da la netta impressione di propendere per la tecnologia tradizionale o quantomeno di non gradire l’evoluzione dei sistemi energetici. Infatti l’ignoranza sulla A3 che scandalizza gli autori è vera per tantissime faccende legate all’energia, come giustamente ricordato da vari commentatori.
    Inoltre si dovrebbe ricordare come questi incentivi, ad oggi praticamente azzerati per nuove costruzioni, abbiano contribuito e stiano tuttora contribuendo a trasformare il sistema elettrico.
    E’ evidente che ogni trasformazione della società da luogo ad una reazione contraria. In particolare da parte di chi come i gestori di centrali a ciclo combinato sta perdendo importanti quote di mercato ed è a rischio chiusura. Non dobbiamo però perdere di vista gli obiettivi che ci eravamo prefissi e che stiamo lentamente raggiungendo, tra gli altri: indipendenza dalle fonti fossili con conseguente miglioramento della bilancia commerciale e indipendenza dai paesi del medio oriente per citare solo quelli cari agli economisti.

    • Piero Iannelli

      Indipendenza dalle fonti fossili?
      Guardi la verde Germania e’ un chiaro esempio.
      Addio al nucleare, sotto col carbone
      ..Ah, pare che ultimamente tra i più accaniti sostenitori della mitigazione climatica sia esplosa anche un’altra moda, quella dell’anello al naso!
      http://www.climatemonitor.it/?s=germania+carbone

      • Massimo Matteoli

        Dillo a quelli di Olbia

      • Andrea Bartolazzi

        Eppure proprio la Germania, dove c’è come qui una accesa discussione sul costo delle rinnovabili ha deciso di portarsi dall’odierno 23% al 55-60% di energia elettrica da rinnovabile per il 2030 (vedi a proposito l’accordo di governo tra Unione e SPD).

  17. Giovanni Goldoni

    A leggere i commenti verrebbe da dire: non toccate le rinnovabili. Al di là delle battute o delle provocazioni, penso che si debba guardare soprattutto alla situazione complessiva del settore elettrico italiano: stallo degli investimenti in impianti di produzione di qualsiasi tipo, che durerà ancora per un tempo molto lungo, e prezzi finali che da tempo immemorabile sono tra i più elevati in Europa. Il confronto corretto, infatti, non è tra i prezzi all’ingrosso, che beneficiano indirettamente degli incentivi generosi dati alle rinnovabili, come qualcuno ha fatto anche notare, ma tra i prezzi al consumo, dove quegli incentivi riappaiono.
    Su come distribuire l’onere degli incentivi esistono da sempre due scuole di pensiero: quella che pensa alla tutela della competitività delle imprese e quella che si preoccupa delle famiglie meno abbienti. Entrambe concordano sul fatto che se il totale degli incentivi alle rinnovabili fosse più basso, la questione sarebbe meno urgente. D’altra parte, come si può facilmente vedere nelle slide dell’audizione del Gse del giugno scorso, il livello degli incentivi per kWh concessi al fotovoltaico nazionale è sempre stato molto più generoso che altrove. Ed è da lì che hanno avuto origine prima la bolla del settore fotovoltaico e poi una parte dei problemi correnti del settore elettrico.

  18. Lisa Taiti

    Buona sera, per una corretta informazione bisognerebbe spiegare anche come vengono destinati gli incentivi a rinnovabili e cosiddette assimilate, categoria quest’ultima, in cui si ricomprende un sacco di cose, nemmeno lontane parenti delle fonti rinnovabili. Va molto di moda biasimare gli incentivi, a volte anche con valide ragioni, ma tutto viene spiegato come se tutto quel 10% in bolletta andasse agli impianti a biomasse o fotovoltaici o altro. In realtà non è così, ma quei denari vanno in larga parte ad incentivare i termovalorizzatori (altra fonte energetica non proprio efficiente) o nello smaltimento dei sottoprodotti delle raffinerie. Perché non colmate anche questa, allora, di beata ignoranza? Perché non specificare le percentuali di utilizzo per rinnovabili e per assimilate? Credo che i consumatori meritino anche questo.

    • giancarlo girotti

      La stampa, l’informazione di questo paese è peggio di un paese di terzo MONDO ,Stiamo all,ultimo posto.
      Le rinnovabili comprende altre situazioni IQUINANTI e di iteressi privati che non ha niente con le RINNOVABILI
      Tutto questo ,Grazie alla legge sulle RINNOVABILI fatta DALLA brava Persona del grande Andreotti che ha incluso tutto sotto la legge le rinnovabili.CHI lo sa QUESTO .IL GRANDE PARLAMENTO VI HA POSTO rimedio ?????????? .LA legge ITALIANA è tutta cosi .SI DA voce in televisioneSOLO al figlio direina e a quelli come LUI. QUESTO NON è un paese NORMALE L,EURAPA lo sa .

  19. ING

    Sulle questioni tecniche meglio l’ingegneria dell’economia… come spesso accade si parla solo della componente A3 e non di tutti i costi evitati tipo la calmierazione del mercato elettrico nelle ore di punta. non si citano gli incentivi alle fonti fossili, quelli quand’è che finiranno? stendiamo poi un velo pietoso sulla questione elle esternalità evitate…..

  20. pepicima

    La pubblicazione citata sostiene due tesi ovvie e alcune inesattezze. La prima e’ che se si smantellano troppe centrali convenzionali dovesse mancare il vento rimaniamo senza e la seconda che ci sta’ costando sempre di piu’ il verde alla luce della riduzione del prezzo del gas dovuta alla produzione shale.
    Non ancora vero in europa.
    Entrambi gli argomenti nulla hanno a che vedere con una diminuzione di ” rendimento di queste ultime”

  21. gb

    Cara Lisa, il problema è che va poco di moda cercarsi i dati e si parla per sentito dire.
    Vediamo dove vanno i denari (da dati GSE):
    Fabbisogno componente A3 (dati di budget 2013) 11.887 milioni di €.
    Fabbisogno assimilate Cip6 2013: 541 mln€
    Fabbisogno rinnovabili Cip6 2013 (quasi tutti termovalorizzatori): 364 mln€
    I rimanenti 11 miliardi di euro circa a parte un paio di centinaia di milioni che andranno a coprire alcune voci di corollario (funzionamento GSE, oneri per risoluzione anticipata convenzioni Cip6, parte del ritiro Dedicato) si può dire che vanno ad impianti fotovoltaici, eolici, a biomasse ets etc

  22. Rinaldo Sorgenti

    Sottile il “sarcasmo” che è espresso nelle conclusioni dell’interessante articolo. Purtroppo, la realtà è che la stragrande maggioranza dei cittadini paga ma non sa che cosa e resta anche ben mascherato e confuso “per cosa”!
    La motivazione di tutto questo è evidente: probabilmente perchè il generico supporto alle Fonti Rinnovabili potrebbe non essere più così entusiasta se il cittadino (soprattutto chi materialmente paga le Bollette) sapesse quanto e per quali motivazioni deve subire questo onere che, come alcuni sanno, sostanzialmente beneficia una piccola percentuale di individui rispetto a chi, invece, se ne fa carico.
    Sorprendente quanto abbiamo sentito esprimere dal Presidente della neonata associazione che riportava un preciso quesito:
    – Quesito: “Taluni suggeriscono di trasferire l’onere degli incentivi sulla fiscalità generale”
    – Risposta: “Questo non è possibile, perchè la fiscalità è già troppo elevata” (!)
    Però, non c’è che dire: risposta sincera ma anche molto eclatante..

  23. Rinaldo Sorgenti

    Costi evitati? E quali? Forse quelli dovuti per gli impianti di “back-up” che Terna chiede obbligatoriamente di tenere accesi al minimo e però pronti ad intervenire al momento che il Sole non brilla ed il Vento non soffia? In proposito, ci stanno provando a far riconoscere ulteriori incentivi (capacity payment) per venire incontro agli Operatori di questi impianti (solitamente a gas che servono come “back-up” di sicurezza al sistema elettrico nazionale, ma c’è qualcuno che vorrebbe giusto aggiungerli in Bolletta a carico di tutti, anche se tali costi sono chiaramente causati/dovuti alle carenze delle troppe Fonti Solare FV ed Eolico incentivate ed installate nel Paese. Abbiamo già l’anno scorso addirittura raggiunto un volume doppio rispetto al programma richiestoci per il 2020! Incredibile, vero, l’efficienza (in questo caso, del Paese! Per quanto riguarda i cosiddetti “incentivi alle fossili” che taluno cerca di buttare nella mischia, per confondere un po’ le cose, a quali ci si riferisce?
    Alla defiscalizzazione delle accise sul gasolio per la pesca, od a quello per gli autotrasportatori? Ma in questo caso pare alquanto evidente che si tratta di incentivi alle rispettive attività economiche (per consentire loro di sopravvivere. Solo la “fantasia” (od altro) può far pensare che siano “incentivi” alle fonti fossili. Suvvia, riconosciamo almeno che si è esagerato con gli incentivi alle Rinnovabili, con oltre 240 miliardi di euro complessivi al 2032 da corrispondere (e prelevare dalle Bollette dei consumatori, per la maggioranza dei casi ignari del tutto)?

  24. Gian80

    “se il costo alla produzione dell’energia rinnovabile fosse così basso da giustificare un abbattimento dei prezzi, che bisogno ci sarebbe di incentivarle?”
    Il punto è che l’abbattimento c’è nei momenti peak (il c.d. peak-shaving, a mezzogiorno il sole brilla e il consumo industriale diminuisce, ergo la domanda scende e l’offerta sale, ergo il prezzo crolla), ma ci sono delle botte tremende ai non-FV e ai cicli combinati all’alba e al tramonto (quando le imprese, sopratutto d’inverno, consumano, e il sole non c’è).
    Quindi se guardiamo al LCOE, il costo marginale è minimo, ma se guardiamo alla remunerazione dell’investimento l’incentivo è (purtroppo) necessario – altrimenti andremmo ancora a carbone.

  25. gianfranco

    in Germania le centrali nucleari funzionano a pieno ritmo, saranno smantellate (forse, sono curioso di vedere) solo dopo il 2020. Noi paghiamo ancora lo smantellamento di quelle mai entrate in funzione, da oltre trenta anni.

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