Lavoce.info

Categoria: Commenti e repliche

Perché calano le assunzioni

I dati mostrano un calo di assunzioni con contratti parasubordinati dopo l’entrata in vigore della riforma Fornero. Ma ne evidenziano anche l’aumento nel semestre precedente. E uno degli obiettivi era rendere più difficile il ricorso al lavoro precario. Il peso dell’incertezza sulle sorti della legge.

I costi del non fare

L’articolo pubblicato da Stefano Clerici e Alessandra Garzarella, collaboratori del prof. Gilardoni, sui “costi del non fare” propone una metodologia talmente originale e innovativa che non ci si può che augurare che la comunità scientifica internazionale ne venga edotta, e sia presentato nelle maggiori sedi preposte. Vi saranno certo vasti echi e dibattiti.

La risposta ai commenti

Ringraziamo i lettori per i commenti arrivati al nostro articolo. Per esigenze redazionali di seguito rispondiamo solo ad alcuni dei vari spunti interessanti.

La risposta ai commenti dei lettori

Rispondo molto sinteticamente alle osservazioni al mio pezzo sul lavoce.info, in cui si è fatto riferimento all’operato amministrativo di questi primi mesi della giunta Pizzarotti, raffrontandolo per punti con il programma elettorale e con le “Linee programmatiche di mandato 2012-2017” approvate dal Consiglio comunale con delibera del 26 luglio 2012.
I fatti possono piacere o non piacere, alcuni commenti apparsi sul sito sono palesemente viziati da spirito di parte, se non palesemente in mala fede, ed a questi non è il caso di rispondere, pur non sottraendomi al merito sui singoli fatti. Tuttavia è in generale comprensibile la reazione di sorpresa e/o delusione alla presa d’atto di una distanza reale che si è manifestata tra le intenzioni elettorali e programmatiche del Movimento 5 stelle a Parma e la prassi amministrativa manifestatasi nei primi mesi con gli atti concreti della giunta Pizzarotti.
I miracoli non li fa nessuno, né li poteva fare in pochi mesi Pizzarotti, a cui va riconosciuto soprattutto il merito di una discontinuità etica netta rispetto a un sistema di potere che a Parma ha espresso nel recente passato un’idea distorta di città, oltre i limiti dell’illegalità.
Tuttavia è emersa in questi mesi la distanza reale tra le ottime intenzioni espresse in via programmatica e la difficoltà reale del governare. La stessa idea di democrazia partecipata, nella prassi, si è dimostrata ad ora di complessa attuazione e i tentativi effettuati sono sembrati non solo inefficaci, ma in alcuni casi ostili al confronto, frutto probabilmente della fatica di misurarsi con il dissenso.
Non vi è dubbio che il programma di governo su Parma possedesse aspetti molto affascinanti, lo stop immediato alla costruzione del termovalorizzatore, il consumo di suolo zero, il ripianamento del debito del Comune passando da una ricontrattazione con le banche (detentrici del debito), senza gravare i cittadini di imposizioni fiscali e tariffarie pesanti, la riconversione del sistema distorto delle partecipate. Come era affascinante il progetto di una giunta di esperti di levatura nazionale a servizio di una città, laboratorio di una nuova politica. La realtà è stata diversa. Al debito si è fatto fronte con un aumento drastico della pressione fiscale, di rette e tariffe, a fronte di una limitazione dei servizi. Il progetto di bloccare il termovalorizzatore avrebbe dovuto passare da scelte coraggiose e drastiche che, come noto anche nei tempi della campagna elettorale, avrebbero comportato rischi elevati di richieste danni da parte di Iren s.p.a., che sta realizzando l’impianto a proprie spese. Iren è soggetto attuatore del piano prov.le del 2005; vi sono dubbi sulla linearità dell’affidamento diretto (avvenne in realtà alla preesistente Enìa, allora a totale controllo pubblico, ora confluita in Iren, società quotata in borsa), come vi sono preoccupazioni per presunti pericoli alla salute pubblica in caso di attivazione del forno. Non entro nel merito di quello che il Sindaco avrebbe potuto fare o non fare, mi limito a rilevare che il sindaco non attivato nessun provvedimento e, se ancora nulla accade, entro poche settimane il forno entrerà in funzione.
Sulle politiche urbanistiche non è vero che i piani attuativi (circa 200.000 mq di nuove aree urbanizzate) erano già stati approvati dalla precedente amministrazione di centro-destra, mentre è vero che essi avevano già superato l’iter istruttorio, ma, in base alla legge regionale Emilia Romagna 20/2000, modalità e tempi di proposta al giudizio del consiglio spettano alla giunta, come l’approvazione spetta al consiglio comunale che è organo sovrano e che questi piani ha immediatamente approvato. Non si entra nel giudizio, si prende atto che in pochi mesi ed in assenza soprattutto di linee generali di trasformazione urbanistica di una città già martoriata da ipertrofia edificatoria e da eccesso di consumo di suolo, si sia voluto, con tempi velocissimi, dare il via a ulteriori espansioni edilizie, che avrebbero, se non altro, potuto attendere di essere contestualizzate in un nuovo progetto di città. Non può sfuggire, in generale e nello specifico di questo caso, come l’estensione di nuovi piani edificatori comporti un vantaggio immediato di cassa per il Comune, in termini di entrate dovute a contributi ed oneri di urbanizzazione: si tratta dell’ormai decrepito conflitto tra interessi tra esigenze di cassa dei Comuni e sostenibilità delle scelte sul territorio, il quale tuttavia è una risorsa finita e non rinnovabile. L’opzione consumo di suolo zero presuppone altre scelte, più rigorose.

La risposta a Federico Russo e ai commenti dei lettori

Ringrazio i lettori de lavoce.info per i loro commenti, numerosi e costruttivi, al mio articolo sul dimezzamento dei parlamentari. Cercherò di rispondere a quelle che mi sembrano le osservazioni più significative.

Dimezzare il Parlamento con il modello tedesco

Nel suo intervento intitolato “Dimezzare il Parlamento? No, meglio gli stipendi” Valentino Larcinese sostiene che la proposta di dimezzare i parlamentari sia eccessiva, perché rischierebbe di penalizzare la capacità rappresentativa dell’istituzione.

L’Italia protagonista della rivoluzione energetica *

Roberto Della Seta e Francesco Ferrante*

LE TRE DOMANDE SUGLI INCENTIVI

In un recente editoriale sul Corriere della Sera, Alberto Alesina e Francesco Giavazzi hanno aggiunto la loro voce a quella di altri commentatori – si pensi a Massimo Mucchetti – che periodicamente denunciano il peso eccessivo sulle bollette degli incentivi destinati al sostegno delle energie rinnovabili.

Alcune precisazioni sullo spread

La febbre dello spread ha abbandonato i mercati (per il momento), ma non la politica. Non è un caso quindi che il nostro esercizio di fact-checking abbia suscitato polemiche e sia stato criticato, soprattutto su Twitter.

Restano i dubbi sulla salute dei grandi gruppi bancari

Riuscire a determinare se i bilanci di una banca, soprattutto quando dispone di asset che si avvicinano o superano, in dimensione, il Pil del paese in cui opera, siano completamente trasparenti, è estremamente difficile. Di norma, solo il management della banca è in grado di stabilire quanti prestiti, o più in generale quante attività, sono di cattiva qualità. Ciò costituisce un tipico esempio di asimmetria informativa, per cui né gli analisti di mercato né le autorità di vigilanza sono in grado di avere un quadro preciso della situazione dei conti. La situazione si inasprisce ulteriormente in contesti di turbolenza finanziaria ed economica, come quelli che stiamo vivendo in questi anni.

La scarsa fiducia fa crescere l’inflazione: replica ai commenti di Malgarini

Secondo i consumatori italiani, i prezzi al consumo sono praticamente raddoppiati tra il 2003 ed oggi. Questa percezione è del tutto incoerente con i dati osservati: se i prezzi fossero davvero raddoppiati, avremmo assistito da un lato ad un crollo dei redditi reali e dei consumi, e dall’altro ad un incremento molto forte nell’utilizzo dei più comuni strumenti di pagamento finanziari, cose che non sono avvenute nella realtà. Perché si è verificato questo errore di percezione? E come porvi rimedio? Circa il primo punto, secondo l’ultima relazione della Banca d’Italia (1) tra il 2003 e il 2006 il reddito lordo disponibile delle famiglie italiane espresso a prezzi concatenati e corretto per l’inflazione attesa ha registrato tassi di crescita molto modesti, notevolmente inferiori a quelli dei decenni passati. Da qui è derivato, nell’interpretazione sostenuta nel mio articolo, un possibile fenomeno di “disillusione monetaria”, ossia le famiglie avrebbero attribuito ad un’abnorme crescita dei prezzi problemi derivanti dalla dinamica assai modesta del reddito disponibile. Ma perché proprio i prezzi? Ossia, perché il disagio legato alla stagnazione della produttività sperimentata nei primi anni 2000 (2) è stato essenzialmente percepito in termini di elevata inflazione? Posso avanzare tre generi di spiegazioni, suscettibili di essere ulteriormente verificate in futuro: in primo luogo, un ruolo potrebbe averlo giocato il sistema dei media, che sia in Italia sia in altri paesi ha rilanciato in occasione del passaggio all’euro “paure inflazionistiche” che non trovavano riscontro nei dati ufficiali. Potrebbe aver influito anche la storia passata del nostro paese, che ha vissuto negli anni ’70 e nei primi ’80 lunghe fasi di stagflazione, in cui ad una stagnazione del reddito si associavano aumenti molto elevati dei prezzi. Da ultimo, è possibile sostenere (3) che la “disattenzione” mostrata dai consumatori verso la statistica ufficiale non sia interpretabile in termini di “irrazionalità” ma piuttosto, appunto, di “disattenzione razionale”: le informazioni veramente rilevanti sarebbero quelle riferite alle situazioni individuali, di cui le stime riferite al “consumatore medio” sarebbero solo un’approssimazione, tanto meno precisa quanto più aumentano nelle moderne economie avanzate complessità ed eterogeneità (4). Da questo punto di vista, la statistica ufficiale può avere effettivamente un ruolo rilevante per cercare di riconciliare percezioni e dati osservati: ad esempio, diffondendo dati più disaggregati, come ha iniziato a fare l’ISTAT con gli indici di prezzo distinti per territorio (5) e tipologia familiare (6), e promuovendo l’uso delle moderne tecnologie dell’informazione e comunicazione per la diffusione dei dati (7). In conclusione, la divaricazione tra percezioni e realtà non è affatto – come alcuni commenti sembrano suggerire – una questione di scarso interesse per gli accademici, di cui al più “incolpare” cittadini poco avvertiti: è invece a mio giudizio un rilevante problema aperto, che richiede risposte anche innovative, per gli economisti sotto il profilo dell’elaborazione teorica e per gli statistici per quanto riguarda le modalità di raccolta e diffusione delle informazioni e la loro trasformazione in effettiva conoscenza. 

(1)                    Banca d’Italia (2007), Relazione Annuale per l’anno 2006, http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/relann/rel06/rel06it
(2)                      Draghi M. (2007), “Consumi e crescita in Italia”, 48esima Riunione Scientifica Annuale, Società Italiana degli Economisti, http://www.bancaditalia.it/interventi/integov/2007/26102007/Draghi_26_10_07.pdf  
(3)                     CURTIN R. (2007), “What US Consumers Know About Economic Conditions”, paper presented at the second OECDWorkshop on “Measuring and Fostering the Progress of Societies, Istanbul, June 27, http://www.oecd.org/dataoecd/32/39/38758180.pdf?contentId=38758190)
(4)                    VAN TUINEN H. (2007), “Innovative Statistics to Improve our Notion of Reality”, background paper for the session “Statistical Offices: Information Brokers or Knowledge Builders”, second OECD Workshop on “Measuring and Fostering the Progress of Societies, Istanbul, June 27,http://www.oecd.org/dataoecd/5/59/38780056.pdf
(5)                     ISTAT, Indici Regionali NIC, http://www.istat.it/prezzi/precon/aproposito/indici_regionali_nic.xls
(6)                     ISTAT (2007), Indicatori della dinamica dei prezzi al consumo per alcune tipologie di famiglie, Approfondimenti, febbraio, http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20070220_00/
(7)                    OECD (2007), Istanbul Declaration, http://www.oecd.org/dataoecd/23/54/39558011.pdf

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