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Clima, il destino dell’Europa

Oggi la Commissione europea adotta una Comunicazione al Consiglio dei capi di Stato e di governo e al Parlamento europeo denominata “Limiting Global Climate Change to 2 Degrees Celsius – Policy Options for the EU and the World for 2020 and Beyond”. Il suo punto di partenza è la constatazione che il cambiamento del clima è in atto. Interventi urgenti per contenerlo entro livelli tollerabili sono perciò necessari. Il testo della Comunicazione e lo studio di supporto riaffermano la volontà di intervento e la leadership europea nei confronti del fenomeno.

Perchè l’Unione riparta

L’Unione Europea è in crisi profonda. Perché l’equilibrio originale è stato profondamente alterato dai successivi allargamenti, paralizzando le decisioni sulle grandi questioni. E perché è sceso il sostegno pubblico alle istituzioni comunitarie, a causa di politiche nazionali inadeguate ad affrontare le sfide dell’integrazione e della globalizzazione. Occorre una nuova iniziativa in tre settori critici: un disegno credibile di politiche economiche coordinate; un accordo sulla riforma del bilancio; una discussione aperta sulle questioni istituzionali. Una sintesi e, in allegato, il documento integrale.

Popolari, un fronte ancora aperto

Anche se la Commissione europea ha deciso di non avviare la procedura di infrazione nei confronti delle banche popolari, una riforma resta comunque necessaria. Per evitare i rischi di autoreferenzialità del management e gli ostacoli al rafforzamento patrimoniale derivanti dal modello cooperativo. Conservare il voto capitario e rendere più trasparenti e controllabili gli assetti di governo è possibile consentendo una effettiva partecipazione dei soci, attraverso strumenti che garantiscano realistiche possibilità di organizzare il voto.

La Bce dei sospetti incrociati

I due candidati all’Eliseo parlano della necessità di ridiscutere lo statuto della Bce e di sottometterla alle decisioni politiche. Eppure, la banca centrale ha giocato un ruolo stabilizzatore. Mentre l’Eurogruppo non è riuscito a coordinare le politiche di bilancio degli Stati membri. Ma se si dà l’impressione di non aderire ai principi fondatori dell’Unione economica e monetaria, si creano le condizioni perché ogni proposta del governo francese venga guardata con diffidenza. Proprio quando la zona euro rischia di dover affrontare periodi difficili.

Come essere una colomba agendo da falco

Il recente rialzo dei tassi di interesse da parte della Banca centrale europea è stato molto criticato, soprattutto dai politici. Ma l’aspetto cruciale è capire come la banca centrale gestisce le aspettative di inflazione. Se la Bce avesse affrontato lo shock petrolifero annunciando già nel dicembre 2005 che da lì in poi si sarebbero rialzati i tassi per un certo periodo di tempo, i vantaggi sotto questo profilo sarebbero stati significativi. E non avrebbe finito per danneggiare di fatto le prospettive di crescita. Il confronto con la Fed.

Un “partenariato privilegiato” tra Europa e Turchia

Il vero problema non è quello di decidere quando e a che condizioni la Turchia sia pronta a entrare nell’Unione Europea, ma piuttosto è quello di valutare se l’Europa di oggi, con i suoi compromessi al ribasso, è pronta ad accoglierla. L’esempio della politica regionale basta per comprendere la difficoltà. La proposta di formalizzare accordi di “partenariato privilegiato” serve a garantire la continuità giuridica dei progressi compiuti nell’ambito dei negoziati di adesione, attivando le politiche comuni negoziate con una dotazione finanziaria indipendente.

Crescita italiana e crescita europea

Nel terzo trimestre 2006 l’economia italiana è cresciuta dell’1,7 per cento rispetto allo stesso periodo del 2005. Più della Francia che, dal 1995 a oggi, ha sempre registrato risultati migliori dei nostri. Tuttavia, i dati tendenziali per Germania, Regno Unito e Stati Uniti superano quelli italiani per più di un punto percentuale. La scarsa crescita di più lungo periodo non è un problema europeo, ma sostanzialmente di Italia e Germania. Che hanno ancora molto lavoro da fare per risolverlo. Dopodichè forse scopriremo che l’Europa è capace di crescere quasi come gli Stati Uniti.

Il debito sopra Berlino

La Corte costituzionale tedesca ha rigettato la richiesta di Berlino di 35 miliardi di finanziamenti federali per far fronte all’imponente deficit della capitale. Una sentenza apprezzata perché evita che tutti gli Stati tedeschi si sentano autorizzati a trasferire a livello federale le conseguenze dei loro disavanzi. Tuttavia, non muta l’orientamento di fondo: in caso di grave crisi fiscale, l’ultima ratio continua a essere l’intervento del governo centrale. Restano così intatti i disincentivi al perseguimento di politiche di bilancio rigorose.

La Francia sulla difensiva

Se la politica di approfondimento dell’integrazione europea è morta, si può comunque puntare alla costruzione di un mercato interno veramente funzionante, dove le quattro libertà di circolazione trovano la loro realizzazione completa. Si tratta di una seconda fase di integrazione, che va oltre quella commerciale, e coinvolge servizi, governance, basi imponibili, diritti e obbligazioni. Per questo spaventa gli Stati membri nei quali è più forte la tradizione del controllo. E quei settori delle imprese che temono il confronto.

Un patriottismo non proprio economico

I politici hanno un atteggiamento ambivalente verso gli investimenti diretti dall’estero. Li apprezzano, ma vorrebbero fermarli quando significano la perdita di controllo su un’impresa ritenuta strategica. D’altra parte, spesso si attribuisce a questo dato troppa importanza. Soprattutto, se si guarda allo stock di investimenti e non al flusso. O se si prendono le cifre complessive senza considerare la loro composizione. Per esempio, misurati tenendo conto di questi elementi, gli Ide sembrano essere marginali e le posizioni di Francia e Germania si invertono.

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