Se la Bce permette alle banche greche di continuare ad acquistare titoli di Stato mina la propria credibilità? Labile il confine tra politica monetaria e fiscale. Il meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie chiamato a dimostrare la sua capacità di funzionare in modo prevedibile e trasparente.
Autore: Tommaso Monacelli Pagina 7 di 10
Tommaso Monacelli è professore ordinario di Economia all'Università Bocconi di Milano, e Fellow di IGIER Bocconi e del CEPR di Londra. Ha ottenuto il Ph.D. in Economia presso la New York University, ed è stato in precedenza assistant professor a Boston College e professore associato all'Università Bocconi. E' associate editor di riviste scientifiche internazionali, tra cui il Journal of the European Economic Association, il Journal of Money Credit and Banking, e la European Economic Review. E' stato adjunct professor presso la Columbia University, visiting professor presso la Central European University, e research consultant per Bce, Ocse, IMF, e Riksbank. I suoi interessi di ricerca riguardano la teoria e politica monetaria e la macroeconoma internazionale.
Una sorpresa positiva nel Quantitative easing europeo: non ha limiti temporali, ma è condizionato al raggiungimento di un obiettivo di inflazione. Occorreranno però più di 4 anni per attuare un programma simile a quello della Fed. Senza aspettarsi grandi benefici in termini di maggiore inflazione.
La decisione della Banca centrale svizzera di sganciare il franco dalla parità con l’euro mostra come sia difficile oggi gestire il tasso di cambio. Ma fa anche pensare che il Quantitative easing della Bce sia ormai alle porte. Mentre gli investitori sono ancora alla ricerca di sicurezza.
La Bce mette in atto misure innovative. Necessarie, ma non ancora sufficienti ad affrontare i problemi dell’area euro: l’incertezza che paralizza le banche e la crescita di flussi di capitale non orientati a investimenti produttivi. Con il problematico sovra-apprezzamento dell’euro.
Cosa sarebbe successo se Democratici e Repubblicani non avessero trovato l’accordo sull’innalzamento del tetto del debito federale negli Usa? Le conseguenze avrebbero potuto essere catastrofiche, in particolare sui mercati interbancari.
È un piccolo grande mito dei nostri tempi l’idea che con tassi nominali prossimi allo zero la politica monetaria sia di fatto impotente. La Banca centrale europea potrebbe ricorrere a diversi strumenti alternativi per evitare un ulteriore aggravarsi della crisi. Un regime che potrebbe piacere anche ai tedeschi.
La Banca centrale del Giappone ha annunciato un radicale cambio di regime nella propria condotta. Non è una semplice manovra di politica espansiva, è il tentativo di uscire dalla trappola deflazionistica. Sul suo successo non mancano i dubbi. Come risponderanno la Fed e la Banca centrale europea?
La Bce ha inaugurato l’era delle Outright Market Transactions. È l’atteso piano di acquisto di titoli sovrani sul mercato secondario. Ha quattro caratteristiche essenziali: è illimitato nella sua portata; gli acquisti saranno pienamente sterilizzati; riguarda titoli con scadenza breve e prevede condizioni per il paese che voglia accedervi. Dimostra che almeno la Banca centrale si preoccupa della sopravvivenza della moneta unica e ne rafforza l’indipendenza. Ma ripropone un rimpallo di responsabilità con gli Stati membri e difficilmente risolverà i problemi dell’euro.
Perché è tanto importante l’unione fiscale europea? Perché autorità monetaria e politica devono cooperare, soprattutto (ma non solo) nei momenti di crisi. Nell’Eurozona, però, ci sono una banca centrale e 17 stati membri ed è pressoché impossibile mettere tutti d’accordo. Così la Bce rimanda gli interventi “non convenzionali” all’Efsf. Con un effetto paradossale: i paesi non vogliono ricorrere al Fondo perché temono un effetto reputazionale negativo. E un aggravarsi dello spread dei tassi del loro debito.
Anziché spiccare un volo da ape, la Bce ronza su e giù come un grosso e pesante insetto. Infatti, dopo le recenti dichiarazioni del presidente Mario Draghi i mercati si aspettavano provvedimenti decisi, come un programma di acquisto di titoli (di stato e non) preannunciato nella sua durata, nella sua ampiezza e nei suoi obiettivi. Invece, soltanto segnali sull’eventualità che, forse, si potrà agire in futuro. Un autogol. E la delusione dei mercati non ha mancato di farsi sentire.