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Autore: Marco Leonardi

leonardi È professore ordinario di Economia dell'Università degli studi di Milano. Phd. in economia alla London School of Economics, è stato visiting scholar presso il Massachussetts Institute of Technology di Boston e l'Università di Berkeley. I suoi principali interessi scientifici riguardano l'economia del lavoro e in particolare temi legati a disoccupazione, disuguaglianza e redistribuzione. È stato, durante il governo guidato da Paolo Gentiloni, consigliere economico del presidente del Consiglio.

Quale riforma per la legge Biagi

I contratti a tempo determinato rispondono a esigenze organizzative e funzionali reali delle imprese e hanno contribuito a un effettivo aumento dell’occupazione. Hanno però scaricato tutti i costi della flessibilità e della precarietà su una minoranza di lavoratori “al margine”, per lo più giovani. Tali differenze vanno eliminate. Ripensando contemporaneamente il contratto a tempo indeterminato. I periodi di prova potrebbero allungarsi e essere disciplinati liberamente dai contratti collettivi. E si dovrebbe prevedere una indennità economica di licenziamento.

Italia-Germania nella partita della competitività

Dal 2000 a oggi l’Italia ha perso nei confronti della Germania circa il 15 per cento della propria competitività, calcolata come costo del lavoro per unità di prodotto. La spiegazione è solo in parte nella diversa specializzazione dei due paesi. L’incremento della produttività è stato più alto in Germania, mentre i salari nominali tedeschi sono cresciuti meno di quelli italiani. Perché da noi è stata più alta l’inflazione. Eppure, nei prezzi alla produzione la differenza è minima. E dunque il problema è nei margini di profitto della distribuzione e nei prezzi dei servizi.

Un impatto piccolo piccolo

Il provvedimento sulla competitività prevede un aumento dell’entità e della durata dei sussidi di disoccupazione, che oggi in Italia sono molto bassi. Quale sarà l’effetto di questo intervento su disoccupazione, livello medio dei salari e disuguaglianza salariale? La riforma, seppur indirizzata nella direzione giusta, non porterà cambiamenti significativi. Un impatto ben maggiore si otterrebbe riformando l’intera materia delle provvidenze finanziarie e normative conseguenti ai licenziamenti, in particolare la cassa integrazione.

Il fisco e le donne

La riduzione fiscale a vantaggio delle famiglie con figli dovrebbe essere al centro della riforma fiscale. Più che una riduzione generalizzata delle aliquote, serve un misura permanente che incentivi la partecipazione femminile alla forza lavoro e la natalità. Per esempio attraverso una imposta negativa: una detrazione fiscale condizionata alla presenza di figli, a un reddito congiunto al di sotto di un limite da definirsi e al fatto che entrambi i componenti della coppia siano occupati.

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