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Autore: Marco di Marco

Esperto di indagini sulle condizioni economiche delle famiglie e di politiche sociali. Dal 1988 al 1999, all’Ispe (ora Isae), è stato impegnato nello studio degli effetti redistributivi delle politiche economiche e sociali, con il modello di microsimulazione ITAXMOD. Ha contribuito, per la parte italiana, ai progetti internazionali di ricerca dell’Oecd sulla distribuzione dei redditi. Dal 2000, lavora all’indagine dell’Istat ‘Redditi e condizioni di vita’. Partecipa alla Task Force di esperti del progetto EU SILC (coordinata da Eurostat). Si è occupato di riforma delle pensioni e dell’introduzione del Minimo Vitale in Italia.

Il sogno di Ezio Tarantelli

È in libreria la biografia di Ezio Tarantelli, scritta dal figlio Luca. Nell’intreccio di lutto personale e tragedia di una nazione, emerge il progetto di cambiamento proposto da un grande economista. E il suo impegno per una democrazia risolutiva dei problemi collettivi è il sogno che ci resta.

CREDITO FAMILIARE: ISTRUZIONI PER L’USO *

A fine novembre il governo ha presentato due nuovi strumenti di sostegno ai redditi delle famiglie: la social card e un bonus una tantum di importo variabile. Considerando l’inconsistenza delle politiche anti-povertà delle due passate legislature, si spera che queste misure costituiscano il primo passo sperimentale di un percorso di riforma del welfare. Restano però provvedimenti che per l’esiguità dell’importo e per l imprecisione del disegno tecnico, rifletterono più il desiderio di cogliere un successo di immagine che l’intenzione di alleviare significativamente le condizioni dei poveri.

REDISTRIBUZIONE IN CERCA DI PRIORITA’ *

Le indagini dell’Istat e della Banca d’Italia confermano che il nostro paese ha un grado di disuguaglianza di reddito superiore alla media europea, mentre la ricchezza netta presenta una distribuzione ancora più diseguale. Nella Finanziaria 2008 non è prevista una misura significativa di contrasto della povertà. Ma prima della crisi, il governo sembrava intenzionato a tornare sul tema dell’esclusione sociale. Sarebbe comunque opportuno assegnare una chiara priorità alle politiche per i più poveri e indicare l’ammontare di risorse disponibili nel prossimo futuro.

STATISTICI O INQUISITORI?*

La raccolta di informazioni statistiche attendibili presso i cittadini e le imprese è uno dei principali compiti della statistica ufficiale e pone un delicato problema, che riguarda allo stesso modo la qualità dei dati e la correttezza dei rapporti fra stato e società civile. Nel dibattito scientifico, nessuno raccomanderebbe metodi autoritari nella raccolta di informazioni statistiche. Piuttosto, la migliore letteratura raccomanda di stabilire un rapporto di fiducia con le persone intervistate, basato preferibilmente sulla condivisione dello scopo delle indagini statistiche, della loro utilità sociale. In effetti, in tutti i paesi democratici, lo stato raccoglie informazioni a fini statistici senza fare ricorso a metodi coercitivi. A parte considerazioni di tipo etico, la ragione ‘tecnica’ è chiara: le informazioni estorte ai cittadini sotto minaccia di sanzione sono quasi sempre meno affidabili (basti pensare allo scarsa qualità dei dati del vecchio Gomkomstat, l’ufficio statistico dell’URSS).
In Italia, fino alla fine del 2007, è esistito a questo riguardo un paradosso giuridico: era infatti in vigore una legge che obbligava i cittadini a rispondere comunque all’Istat, a pena di sanzioni pecuniarie. L’Istat è stato quindi sinora costretto a seguire, da un lato, le migliori pratiche professionali (che sconsigliano la minaccia di multe) e, dall’altro, ad informare gli intervistati dell’esistenza di un obbligo di risposta e delle relative sanzioni, che scattavano qualunque fosse il motivo della mancata risposta. Alle perplessità tecniche si aggiungevano i dubbi etici. E giusto multare una famiglia colpita da un lutto recente perché non se la sente di rispondere all’indagine dell’Istat?
La Finanziaria 2008 stabilisce saggiamente che, a partire da quest’anno, le eventuali sanzioni verranno applicate tenendo conto dei motivi della mancata risposta. La nuova normativa, quindi, riconosce l’erroneità della precedente per quanto riguarda i criteri di raccolta efficiente delle informazioni statistiche. Questo rende eticamente improponibile l’applicazione delle vecchie sanzioni. Sembra infatti profondamente incoerente applicare ai cittadini le sanzioni previste da una normativa superata proprio perché si era rivelata scientificamente insostenibile ed inopportuna.
Con il cosiddetto decreto ‘Milleproroghe’, pertanto, il Governo ha disciplinato la transizione fra la vecchia e la nuova normativa, in modo da evitare disparità di trattamento fra cittadini e imprese. In sostanza l’Istat viene esentato dal multare le mancate risposte alle vecchie indagini, evitando così una montagna di costosissimi accertamenti, che rischiano oltretutto di generare un contenzioso amministrativo complicatissimo. E’ strano il fatto che alcuni parlamentari chiedano di cancellare la disciplina della fase di transizione, a rischio di ingolfare inutilmente la macchina della giustizia amministrativa e civile. Tutto questo nel nome del vecchio obbligo di risposta assolutamente inderogabile che, se applicato pedissequamente, avrebbe molto probabilmente peggiorato la qualità delle statistiche ufficiali e, quel che è peggio, trasformato l’Istat nel Grande Fratello (o, se si preferisce, nella Santa Inquisizione).

(*) L’articolo riflette esclusivamente opinioni personali e non coinvolge la responsabilità dell’Istat

Se ai poveri manca il “minimo vitale”

L’Italia è uno dei pochi paesi d’Europa in cui non esiste una garanzia di reddito minimo. La mancanza di uno strumento specifico e universale di contrasto della povertà impedisce di tutelare al meglio i bisogni delle famiglie che vivono, come ha denunciato il Presidente Napolitano, “in penose ristrettezze”. Eppure un intervento circoscritto alle situazioni di disagio estremo costerebbe non più di 3 o 4 miliardi di euro. E l’introduzione di un minimo vitale potrebbe essere accompagnata dalla riorganizzazione dei trasferimenti pubblici per i carichi familiari.

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