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Autore: Luca Enriques Pagina 1 di 2

enriques È Professor of Corporate Law presso la Faculty of Law dell'Università di Oxford. La sua ricerca si incentra sul diritto societario e dei mercati finanziari. Dottore di ricerca in diritto commerciale (Università Bocconi, 1999) e LL.M. (Harvard Law School, 1996), è stato due volte John Olin Fellow alla Cornell Law School (1999 e 2000), ha insegnato alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Bologna dal 1999 al 2007. È stato professore di diritto commerciale nel Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università LUISS "Guido Carli" nel 2013-14 e Nomura Visiting Professor of International Financial Systems alla Harvard Law School nel 2012-13. È Research Fellow dello European Corporate Governance Institute e Fellow Academic Member dello European Banking Institute . Ha lavorato alla Banca d'Italia dal 1995 al 1999 ed è stato Commissario Consob dal 2007 al 2012.

Ddl Capitali: forse il gioco non vale la candela

Il Ddl Capitali approvato dal governo contiene semplificazioni ispirate all’idea che uno stato non debba avere regole più rigide di quelle previste dalla Ue. Ma è difficile che possa invertire la tendenza di un mercato azionario sempre meno vivace.

Quella multa che colpisce solo gli indipendenti nel Cda

L’apparato sanzionatorio della disciplina delle operazioni con parti correlate va rivisto. Il nuovo regime dovrebbe distinguere tra violazioni per dolo e per colpa degli amministratori indipendenti. Sanzioni per chi compie operazioni in conflitto d’interessi.

Se quattro anni (di studi in legge) vi sembran pochi

Ringrazio Stefano Liebman e chi ha commentato il mio articolo, arricchendo la discussione di spunti utili. Con questa replica vorrei chiarire meglio il senso delle mie idee su durata e accesso agli studi di giurisprudenza e rispondere ad alcune specifiche critiche.

Come si forma un avvocato

In America si discute sulla possibile riduzione di un anno dei corsi di giurisprudenza. Perché per preparare i futuri avvocati sembra più efficace un periodo di tirocinio. E da noi? Cinque anni solo per la laurea e tanto studio mnemonico. Barriere all’entrata e apertura a laureati in altre materie.

CORPORATE GOVERNANCE IN BANCA: QUALI LEZIONI DALLA CRISI *

Il sistema di governo societario anglosassone, già considerato il modello di riferimento, si è rivelato fallimentare. Soprattutto applicato alle banche. È mancato il monitoraggio da parte dei creditori ed è stata irresistibile per soci e manager la tentazione di scommesse sempre più rischiose, mentre il mercato del controllo societario ha premiato i peggiori. Tre proposte per dare più potere e responsabilità agli azionisti.

Un passaggio stretto per le minoranze

Se per ipotesi il riassetto di Telecom non fosse nell’interesse della società, ma solo del gruppo di controllo, quali speranze avrebbe un azionista di minoranza di bloccare il piano o almeno di ottenere il risarcimento del danno? E’ tutto nelle mani degli amministratori e, in particolare, di quelli indipendenti. Se questi approvano la proposta, agli azionisti di minoranza restano solo due strade. Possono coalizzarsi in una maggioranza alternativa nella successiva assemblea. Oppure cercare una tutela in giudizio. Entrambe appaiono decisamente impervie.

Per il falso in bilancio il tempo si è fermato al 2002

Dopo uno scandalo come Parmalat, è difficile presentarsi sui mercati finanziari internazionali senza una seria disciplina penale del falso in bilancio. E dunque bene ha fatto il Parlamento a rivedere il blando regime introdotto nel 2002. Ora però l’emendamento al testo di legge sul risparmio azzera la novità, salvo un inasprimento di pena nel caso di grave danno ai risparmiatori. Una scelta criticabile perché lancia il messaggio che la repressione delle frodi contabili non è una priorità in Italia. E perché accresce il costo del capitale per tutte le imprese italiane.

Risposte lente e sbagliate

Alcune parti del disegno di legge sul risparmio non rispondono alle priorità del mercato finanziario e degli investitori. Soprattutto, tutta la discussione parlamentare non tiene conto del nuovo quadro di regole che la Comunità europea sta delineando. Ma una riforma della legislazione finanziaria italiana resta urgente. A patto che si basi su pochi punti essenziali, tali da non sconvolgere l’operatività quotidiana delle imprese, ma capaci di mandare i giusti segnali di serietà agli investitori internazionali.

Ma il problema è il Codice civile

A rendere necessario il decreto salva-calcio è un articolo del codice civile. Tutela i creditori imponendo la liquidazione o la ricapitalizzazione di una società sulla base di soli dati contabili. Garantisce pochi benefici, ma ha alti costi perché scoraggia l’attività imprenditoriale attraverso società di capitali. Oltre alle squadre di calcio penalizza molte piccole e medie imprese. E infatti una simile regola non esiste nella maggior parte dei paesi europei. Sarebbe perciò più opportuno abolirla del tutto dal nostro diritto societario.

Giochi di prestigio

Il caso Cirio dimostra che il socio di controllo di un importante gruppo quotato è stato in grado nel pieno rispetto delle regole sulla gestione delle società di dirottare alla holding di controllo un’ingente somma di denaro, sottratta così a azionisti di minoranza e creditori. Né la situazione è destinata a migliorare con la riforma del diritto societario, perché non si introducono i deterrenti più efficaci.

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