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Francia, una legge controversa

Le restrizioni alla protezione dei richiedenti asilo, il rifiuto di lasciarli transitare, la rarefazione dei canali di regolarizzazione incancreniscono i problemi, non li risolvono. E le democrazie liberali rischiano di cadere in una spirale repressiva.

Una legge controversa

La Francia è stata scossa nelle ultime settimane dalle manifestazioni contro i comportamenti violenti della polizia, soprattutto nei confronti di immigrati e persone di colore.

Il caso che ha fatto esplodere il conflitto consiste nello sgombero dell’accampamento allestito a Parigi nella simbolica place de la République da un gruppo di alcune centinaia d’immigrati, in prevalenza afghani, appoggiati da attivisti e militanti, dopo un precedente sgombero di un altro insediamento nella zona periferica di Saint-Denis. Anche reporter e cineoperatori ne hanno fatto le spese, malmenati senza complimenti nel corso dell’intervento della polizia. Si è poi aggiunto il pestaggio di un produttore musicale di colore, Michel Zecler, vittima per una ventina di minuti delle violenze degli agenti, che qualcuno è riuscito a riprendere e a divulgare. Le proteste hanno investito in pieno la proposta di legge sulla “Sicurezza globale” che prevedeva (all’articolo 24) il divieto di fotografare o filmare gli agenti in azione, quando questo potrebbe pregiudicare la loro integrità fisica e psichica. Secondo i promotori, si trattava di “proteggere chi ci protegge”, scongiurando il rischio che possano subire minacce e ritorsioni. Secondo gli oppositori, scesi in piazza in settanta città, si trattava invece di una deriva autoritaria, volta a eliminare il controllo dei media e dell’opinione pubblica sui comportamenti della polizia.

Diritti civili e domanda di sicurezza

Al di là di alcuni fattori tipicamente francesi – come l’alternanza tra apatia politica e mobilitazioni di piazza, l’insoddisfazione endemica verso i governi in carica, la radicalizzazione dei conflitti politici – la vicenda transalpina solleva interrogativi di grande portata per le democrazie liberali del XXI secolo.

La prima seria questione riguarda la tensione tra domanda di sicurezza e diritti civili. Dopo gli ultimi sanguinosi attentati sul suolo francese, Emmanuel Macron si è prefisso l’obiettivo di dimostrare la capacità dello stato di proteggere l’incolumità dei cittadini, e forse anche di togliere spazio all’ingombrante concorrenza del Front National di Marine Le Pen. Il rafforzamento della sicurezza è stato declinato nel modo più facile, dando più potere alla polizia e affrancandola da scomodi controlli sui suoi metodi. Questo ha significato sacrificare – o quanto meno subordinare – all’istanza securitaria un aspetto rilevante dei diritti civili. Si è affacciata così una questione di fondo, non nuova ma incombente di fronte al riacutizzarsi delle minacce terroristiche: una democrazia liberale deve riuscire a conciliare la sicurezza dei cittadini con la tutela dei diritti fondamentali, anche quando il vento dell’opinione maggioritaria tenderebbe a offuscarli. Alla fine, il discusso articolo 24 è stato ritirato e dovrà essere ripensato, o forse accantonato definitivamente.

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Politiche migratorie contradditorie

Il secondo nodo problematico rimanda a una tipica contraddizione delle politiche migratorie: il divario tra immigrati autorizzati e altri che non lo sono, ma comunque circolano sul territorio, a volte in transito, altre volte in attesa di una risposta alla loro domanda di asilo, altre volte ancora sorretti dalla speranza di trovare uno spiraglio per mettersi in regola. Per esempio, gli afghani di place de la République molto probabilmente hanno qualche buona ragione per fuggire dal loro paese e cercare uno sbocco in Europa. La loro meta di solito è il Regno Unito, ma rimangono bloccati in Francia dalle convenzioni di Dublino. L’indurimento dei controlli interni, ossia le barriere all’accesso a vari servizi, si combina con la difficoltà di espellere chi arriva da paesi lontani e tormentati da guerre interminabili. Ne deriva la formazione di una popolazione soprannumeraria, precariamente accampata dove può, dedita quando possibile a qualche lavoro informale, oggi più spesso consegnata all’assistenza non istituzionale o a mobilitazioni solidali di semplici cittadini.

Non di rado, come a Parigi, i fantasmi si rifiutano di rimanere invisibili e con i loro assembramenti protestano contro le politiche che li escludono, fino a occupare luoghi simbolici. Lo stesso era avvenuto a Berlino, nel recente passato, con gruppi di profughi senza accoglienza.

Le restrizioni alla protezione dei richiedenti asilo, il rifiuto di lasciarli transitare, la rarefazione dei canali di regolarizzazione non risolvono il problema, lo incancreniscono. Fino a farlo diventare un visibile sfregio al decoro delle città, da risolvere senza risparmio di brutalità. Le democrazie liberali devono riscoprire il loro volto umanitario e solidale, se non vogliono cadere in una spirale repressiva che le conduce ad assomigliare sempre più alle concezioni autoritarie che vorrebbero contrastare.

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  1. Henri Schmit

    L’articolo 24 – senz’altro maldestro e sotto riscrittura – NON vieta di filmare ma di diffondere in particolare in rete l’immagine riconoscibile, il volto degli agenti impegnati nelle operazioni di mantenimento dell’ordine pubblico (cf vandalismo, violenza contro agenti) al fine di proteggerli contro azioni punitive private organizzare per esempio in rete. Non è vietato filmare alcunché né inviare foto o filmati alle autorità (o ai giornali che devono però rispettare quanto detto prima) per denunciare eccessi o peggio (come quello che è successo al povero Zecler, che però a parte la tempistica non c’entra con un progetto di legge).

  2. Mauro Cappuzzo

    La domanda è sempre la stessa: perché i paesi europei devono farsi carico dei problemi di tutto il mondo? Se in Afghanistan esiste una guerra infinita l’Europa dove accogliere tutti i profughi da lì provenienti? Perché?

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