Lavoce.info

Quando i lavoratori si comprano l’azienda in crisi*

Sono molte in Italia le aziende a rischio di chiusura rilevate e rilanciate dai loro stessi lavoratori. In questo modo si salvaguardano l’occupazione e le competenze acquisite. Il ForumDD propone quattro linee di azione per sostenerne la diffusione.

Cosa sono le imprese rigenerate

Di fronte a una crisi aziendale, per mantenere i livelli occupazionali e salvaguardare le competenze acquisite, i lavoratori possono decidere di rilevare la propria impresa e farla ripartire. Il workers buyout (Wbo) – l’acquisizione della proprietà e del controllo dell’impresa, o di un ramo d’azienda, da parte dei dipendenti riuniti in cooperativa – è un’operazione sempre più diffusa, intrapresa dai lavoratori per evitare la chiusura dell’attività o per affrontare il ricambio generazionale di un’azienda familiare. I dipendenti con le loro risorse possono acquistare e ricapitalizzare l’azienda se necessario, oppure far fronte a una riduzione dei compensi se vi è un eccesso di costi, oppure infine possono sfruttare la loro conoscenza dei processi produttivi per migliorare la produttività. Poiché rappresenta una risposta ai fallimenti del governo societario tradizionale, con l’adozione di modelli cooperativi e partecipativi, il Wbo viene spesso sostenuto da incentivi pubblici e utilizzato quale strumento capace di integrare politiche attive del lavoro e politiche di sviluppo.

Le cosiddette “imprese rigenerate dai lavoratori” sono promosse in Italia fin dalla metà degli anni Ottanta (legge 49/1985, detta legge Marcora; legge 57/2001). Frutto di un meccanismo negoziato fra lavoratori, settore cooperativo e (spesso) lo stato, il Wbo si fonda sul know-how dei lavoratori che decidono di investire i trasferimenti cui hanno diritto (anticipo dell’indennità di mobilità, Tfr) e altre risorse proprie per trasformarsi in soci imprenditori. Un aiuto rilevante viene dal settore cooperativo (Legacoop, Confcooperative e Agci) che offre supporto tecnico e finanziario. La legge Marcora ha portato alla creazione della società “Cooperazione e finanza impresa” (Cfi), partecipata dal ministero dello Sviluppo economico, che opera a sostegno dei Wbo. Queste azioni hanno avuto un effetto complessivo positivo sulla finanza pubblica, grazie al risparmio sull’utilizzo degli ammortizzatori sociali e alle entrate derivanti da imposte e oneri previdenziali.

Leggi anche:  Non solo salario minimo contro il lavoro povero

Dal 1986 al 2018 sono state 226 le operazioni di Wbo finanziate da Cfi: 161 fino al 2001 (Marcora I); solo due nel 2002-2009 e 63 dal 2010. Complessivamente, hanno coinvolto circa 7.500 lavoratori. Il fenomeno interessa principalmente le piccole imprese (tra 10 e 49 dipendenti) e il settore prevalente è quello manifatturiero. La percentuale dei fallimenti è modesta: meno del 15 per cento a dieci anni dal finanziamento. A livello territoriale, i Wbo sono presenti nelle realtà dove il sistema cooperativo ha radici più forti.

Figura 1 – Wbo: numeri e luoghi. Le mappe si riferiscono ai due principali periodi di intervento 1986-2001 e 2002-2017, per tener conto delle modifiche intervenute nel quadro legislativo e nelle modalità di finanziamento

Figura 2 – Dimensione dei Wbo e ammontare del finanziamento medio deliberato per addetto (legge Marcora) nel periodo 2002-2017

Sostegno lungo quattro linee d’azione

Per sostenerne la diffusione, il ForumDD ha intrapreso una valutazione di tali esperienze, con l’obiettivo di formulare possibili linee di azione. Ne sono state proposte quattro.

1) Rafforzare formazione e competenze manageriali. Come tante piccole aziende, le imprese acquisite dai lavoratori possono soffrire di forti carenze manageriali che ne frenano lo sviluppo, specie nella fase di avvio quando i lavoratori, riuniti in cooperativa, devono imparare a divenire soci-imprenditori. Appare quindi utile finanziare la formazione manageriale o attività di affiancamento con un team di manager che fornisca supporto a più cooperative.

2) Premiare fiscalmente i lavoratori impegnati in un Wbo e velocizzare i tempi di acquisizione/avvio dell’impresa. Un aiuto verrebbe dal ristabilire (articolo 15 della legge 133/1999, successivamente abrogato) la non imponibilità ai fini Irpef dell’indennità di mobilità richiesta dai lavoratori per la costituzione di una cooperativa per rilevare un’azienda in crisi. È inoltre opportuno rafforzare il campo di intervento della legge Marcora nella fase di elaborazione del piano industriale e nell’eventuale acquisto di marchi e brevetti; consolidare la strumentazione esistente nel caso di aziende che trasferiscono l’attività all’estero, garantendo ai dipendenti che intendano continuare l’attività, oltre al diritto di prelazione (legge 9/2014), contributi per affittare gli impianti per un periodo di tempo adeguato.

Leggi anche:  Quanto incide il contratto di lavoro nelle scelte di fecondità

3) Sostenere i Wbo nei casi di successione di impresa. Occorrerebbe rafforzare le sinergie tra la legge Marcora e gli interventi a livello regionale. È inoltre opportuno prevedere la non assoggettabilità a Irpef del trattamento di fine rapporto destinato a capitale per l’acquisto da parte dei lavoratori di imprese che non abbiano eredi in grado di garantire continuità all’attività imprenditoriale.

4) Promuovere i Wbo come strumento per l’emersione precoce di una crisi aziendale. La riforma della disciplina della crisi d’impresa prevede specifiche procedure volte a favorire un’emersione precoce della crisi e promuovere la continuità dell’attività. Il Wbo può rivelarsi uno strumento funzionale al raggiungimento degli obiettivi di riorganizzazione aziendale, resa più rapida ed efficiente, alla luce di una rigorosa verifica dei presupposti di fattibilità, dal coinvolgimento diretto dei dipendenti.

Queste soluzioni potrebbero essere promosse mediante un dialogo costante con le istituzioni locali e portate all’attenzione dei tavoli di crisi per pianificare, con i rappresentanti dei lavoratori e dell’azienda, le azioni opportune.

* Le idee e le opinioni espresse in questo articolo sono da attribuire agli autori e non investono la responsabilità delle istituzioni di appartenenza.

Partecipano al gruppo di lavoro del Forum DD: Viviana Celli, Stefano Imbruglia, Paolo Lucchino, Patrizia Luongo, Marco Marucci, Guido Pellegrini e Flavia Terribile.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Disparità di genere nel mercato del lavoro: come cambiare rotta*

Precedente

Def 2019: ricomincia il teatrino

Successivo

Usa, Europa e Cina: il nuovo triangolo del commercio

  1. mauro zannarini

    A fronte di una vecchia e stanca proprietà, si riscontra spesso la presenza di una seria innovazione di prodotto e di processo, nelle maestranze bloccate da codifiche e burocrazie interne, che garantirebbe una discreta vitalità dell’azienda.
    Occorrerebbe un miglior veicolo economico-finanziario, ed un potenziamento dei Businnes Angel, decisamente troppo scarsi in Italia.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén