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Cosa vogliono i gilet gialli e come risponde Macron

Le proteste dei gilet gialli hanno indotto il presidente francese Macron a fare alcune concessioni, come l’aumento del salario minimo e la promessa di più tasse per le grandi imprese. Leggendo però la lista delle rivendicazioni, sembra solo una goccia nell’oceano.

Il movimento dei gilet gialli

Sono settimane ormai che si parla dei gilet gialli. In casa nostra molte fazioni politiche cercano di cavalcare l’onda francese. Come gli esponenti di Casapound e Potere al popolo, presenti fisicamente a una recente manifestazione a Parigi. E come il Movimento 5 stelle, che attraverso i suoi esponenti di punta, da Beppe Grillo a Luigi Di Maio, sostiene le ragioni dei gilet gialli, talvolta attribuendo loro impropriamente battaglie politiche comuni (il reddito di cittadinanza per esempio non è tra le loro rivendicazioni, come sostenuto da Grillo).

Il movimento, nato nel web, prende il nome dall’utilizzo simbolico di giubbotti catarifrangenti. È esploso circa un mese fa come risposta all’aumento delle tasse sul gasolio imposto dal governo Macron, diventando in breve tempo qualcosa di più grande, di ancora più politico. Il rialzo del costo del carburante, infatti, ha esacerbato uno scontro sociale dalle radici profonde, che nasce dall’esasperazione di una larga fascia di popolazione rurale (molto spesso povera) costretta a spostarsi quotidianamente. Ed è diventato poi l’emblema più generalizzato della divisione sociale causata da povertà e disuguaglianze economiche.

La risposta di Macron

Gli eventi connessi al fenomeno dei gilet gialli e il conseguente impatto mediatico hanno esercitato una fortissima pressione politica sul presidente francese Emmanuel Macron, che, dopo poco più di anno di mandato, ha visto il suo consenso crollare. In un recente messaggio in diretta tv alla nazione ha quindi riconosciuto le ragioni del movimento, promettendo una serie di misure per andare incontro ai bisogni delle fasce più deboli della popolazione. L’impatto economico, secondo il segretario di stato Griveaux, sarà tra gli 8 e i 10 miliardi di euro e porterà a uno 0,7 per cento di maggior deficit. Insomma, uno sforzo di non poco conto, che è già costato al premier francese qualche critica in Europa. Ma vediamo meglio queste misure, tenendo presente che l’annullamento delle tasse sul carburante era già stato ottenuto a inizio dicembre.

Figura 1

Innanzitutto, di primaria importanza, c’è un aumento di 100 euro al salario minimo a partire dal 2019. E quindi dai 1.184 netti mensili si passa a quasi 1.300. E non a caso il salario minimo è in costante aumento dal 2010. Mentre negli anni sono cresciuti i salari medi, la percentuale di lavoratori a salario basso, secondo Eurostat, è passata dal 6 al 9 per cento del totale dei lavoratori.

Figura 2

Un’altra proposta avanzata dal presidente consiste nella detassazione degli straordinari (molto usati in Francia, dove il monte orario massimo di lavoro è di sole 35 ore settimanali) e nell’introduzione di premi di fine anno esentasse. Promessa, quest’ultima, che dipenderà anche dalla volontà (tutt’altro che scontata) delle singole aziende. Saranno poi detassate le pensioni fino a 2mila euro, che non dovranno scontare la “contribuzione sociale generalizzata” che prima era nulla solo fino 1.200 euro. Piuttosto generici i riferimenti ai dirigenti delle grandi imprese, che saranno costretti a pagare le tasse in patria, così come le aziende che fanno profitti in territorio francese. Infine, una legge elettorale che tenga in considerazione le schede bianche e una vaga riflessione su un’organizzazione statale più decentralizzata.

Ma cosa chiedono i gilet gialli?

Le istanze avanzate dal movimento di protesta assumono ormai quasi la forma di un vero e proprio programma elettorale, di fronte al quale gli impegni del presidente Macron appaiono pallidi e incompiuti. Circolano a oggi due diversi elenchi programmatici, entrambi recanti la firma dei gilet gialli.

Il primo, dal sapore più moderato, è stato inviato ai deputati francesi alla fine di novembre e contiene 42 punti. Le misure sono prevalentemente economiche: figurano, tra le tante proposte, l’aumento del salario minimo a 1.300 euro netti e delle pensioni minime a 1.200 euro; un tetto al salario massimo mensile fissato a 15mila euro; l’età pensionabile a 60 anni (55 per i mestieri usuranti); stop alle politiche di austerità e annullamento degli interessi sul debito; il divieto di delocalizzazione per le imprese francesi e più protezione per i piccoli esercizi commerciali; la riduzione del ricorso ai contratti a tempo determinato, canoni di affitto più moderati per studenti e precari e il divieto di privatizzare i beni demaniali. Ma non mancano nemmeno i riferimenti all’immigrazione: i gilet gialli chiedono la realizzazione di una reale politica di integrazione, perché vivere in Francia implica “diventare francesi”, ma anche maggiore riguardo e servizi per i richiedenti asilo e il rimpatrio per coloro che ricevono un diniego.

Il secondo programma – più radicale – ha invece cominciato a circolare anonimamente sul web il 6 dicembre ed è diventato virale in breve tempo. Si tratta di venticinque proposte per “uscire dalla crisi”: oltre al già citato aumento dei salari minimi e alla costruzione di cinque milioni di case popolari, troviamo nientemeno che l’uscita della Francia dall’Unione Europea e dall’euro. Compare anche l’annullamento del debito, che “non ha ragione di esistere ed è stato già pagato più volte”. Non mancano poi offensive contro le grandi banche, le lobby, le case farmaceutiche e il consueto attacco a media e giornalisti. Da rilevare l’articolo contro l’ingerenza dello stato nell’istruzione e nella salute, quello sul divieto di commercializzare Ogm e pesticidi e anche quello sul ritiro di tutti gli autovelox e le videocamere dalle strade. Sul fronte estero altre proposte di grande impatto: uscita immediata dalla Nato, blocco dei flussi migratori e cessazione di “saccheggi e ingerenze politiche e militari” in Africa.

Apparentemente le due proposte sono di matrici assai diverse, e non si può dire quale delle due rappresenti meglio i sentimenti del movimento. I gilet gialli sono ben coordinati ma hanno molte anime al loro interno e, soprattutto, non è chiaro cosa davvero vogliano. Sicuramente un bel rompicapo per Macron, che nel frattempo tenta di sedare il malcontento con aumenti salariali e bonus ai lavoratori. Sarà sufficiente? Solo il tempo potrà dirlo, ma dei famosi 42 punti presentati a fine novembre soltanto tre sono stati accolti (di cui l’impegno a tassare le grandi multinazionali è ancora poco chiaro). Sembrerebbe un po’ poco per fermare un eventuale quinto atto di proteste e violenza. Senza dubbio non abbastanza per accogliere una richiesta di cambiamento strutturale così grande.

Figura 3

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  1. Henri Schmit

    Preciso e interessante. Pur seguendo da sempre i media francesi non conoscevo tutti questi dettagli. Non bisogna però sopravalutare. Le manifestazioni, i tumulti, anche se concertati attraverso la rete, difficilmente sono in grado di fare proposte; esprimono soprattutto dissenso e disagio. Alcuni protagonisti erano più che soddisfatti delle promesse di Macron, tanti altri no; spesso non sanno che cosa concretamente vogliono. Servono iniziative credibili, da ovunque vengano. Manca nella costituzione uno strumento articolato di petizioni e di iniziative vincolanti, in Francia come in Italia.

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