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Cambiare l’Irpef pensando al lavoro

Il fisco italiano è iniquo e penalizzante verso lavoro e imprese. L’effetto delle detrazioni fa sì che le aliquote marginali effettive siano solo due. Una proposta per una riforma che incentivi la partecipazione alla forza lavoro.

LE ALIQUOTE EFFETTIVE

Il nostro sistema fiscale non è solo oppressivo e particolarmente penalizzante nei confronti del lavoro e delle imprese, ma è anche inefficiente e iniquo.
Una misura dell’inefficienza è rappresentata dall’andamento delle aliquote marginali Irpef al variare del reddito, cioè l’imposta pagata su ogni euro aggiuntivo di reddito. Il caso dei lavoratori dipendenti è emblematico: sebbene il sistema impositivo si componga di cinque aliquote nominali – 23, 27, 38, 41 e 43 per cento –, l’effetto delle detrazioni fa sì che le aliquote marginali effettive siano solamente due.
Come si può verificare nella figura 1, l’aliquota marginale effettiva, con detrazioni decrescenti al crescere dell’imponibile, sale al 30 per cento appena superata la no-tax area di 8mila euro; rimane a questo livello fino a 28mila euro, e si assesta tra il 41 e il 43 per cento per redditi superiori.
Un lavoratore dipendente che guadagna 8mila euro lordi, e che ha l’opportunità di incrementare lo sforzo lavorativo con un extra reddito lordo di mille euro, vede remunerato solo il 70 per cento del lavoro aggiuntivo, percependo, al netto delle imposte, 700 euro in più.

Figura 1

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Un tale sistema di aliquote marginali distorce le scelte individuali di partecipazione alla forza lavoro, specie per redditi imponibili fra 8 e 15mila euro, uno scaglione in cui si colloca circa il 20 per cento dei contribuenti. [tweetable]Un’aliquota marginale al 30 per cento per questi redditi rappresenta un caso anomalo nel panorama internazionale e contribuisce ad alimentare il sommerso e l’erosione della forza lavoro[/tweetable], il cui aumento dovrebbe costituire un obiettivo primario per l’Italia.
Il sistema tedesco, ad esempio, evita distorsioni di questo tipo attraverso aliquote nominali progressivamente crescenti, in modo continuo, da un minimo del 14,28 per cento a un massimo del 42 per cento per la fascia di reddito tra 8.355 e 52.882 euro, con un ulteriore aumento al 45 per cento per i redditi sopra i 250mila euro circa.

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L’EFFETTO DELLE DETRAZIONI

Senza ricorrere alla complessità del modello tedesco, è possibile rendere il profilo delle aliquote marginali effettive più graduale – aumentando così l’efficienza, la progressività e l’equità del sistema fiscale – con un intervento sulle detrazioni e, possibilmente, anche sulle aliquote nominali.
La figura 2 descrive l’andamento delle detrazioni da lavoro dipendente all’aumentare del reddito. Da 8mila euro di reddito imponibile, le detrazioni diminuiscono fino a azzerarsi per i redditi pari a 55mila euro. La diminuzione delle detrazioni non è tuttavia costante, ma è più rapida per i redditi compresi tra 8 e 15mila euro. Questa struttura trasforma il sistema di cinque aliquote nominali in uno a due sole aliquote effettive, diminuendone quindi la progressività.

Figura 2

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La figura 3 mostra l’aliquota media, cioè il rapporto tra imposte dovute e reddito imponibile. In un sistema con buona progressività, l’aliquota media dovrebbe aumentare più lentamente per i redditi bassi. Il contrario di quanto avviene nel nostro sistema, dove la curva dell’aliquota media ha una pendenza molta accentuata proprio per i redditi tra gli 8 e i 15mila euro.

Figura 3

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Un intervento limitato alla revisione delle detrazioni per i soli lavoratori dipendenti potrebbe già migliorare la situazione.

LA PROPOSTA

[tweetable]La nostra proposta è di mantenere a 8mila euro la soglia sotto la quale le detrazioni spettanti azzerano il debito d’imposta e istituire una detrazione fissa[/tweetable] (indipendente dal reddito) di 1.840 euro per redditi imponibili compresi tra 8 e 15mila euro. Oltre questa soglia, le detrazioni si ridurrebbero linearmente, fino a essere pari a zero per i redditi oltre i 55mila euro (come descritto in figura 4). Il costo stimato è di circa 5 miliardi.

Figura 4

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L’effetto principale della riforma, descritto in figura 5, sarebbe quello di ridurre drasticamente l’aliquota marginale effettiva sui redditi da 8mila a 15mila euro: di ben sette punti percentuali, dal 30 al 23 per cento; mentre le marginali successive rimarrebbero sostanzialmente invariate.

Figura 5

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Le aliquote medie (figura 6) si ridurrebbero per gli scaglioni compresi tra 8 e 55mila euro, ma in modo più consistente per i redditi prossimi a 15mila euro. Il risparmio fiscale per un lavoratore dipendente con un reddito imponibile di 15mila euro sarebbe di 450 euro. Il risparmio d’imposta coinvolgerebbe circa il 95 per cento dei contribuenti con redditi da lavoro dipendente compresi tra 8 e 55mila euro.

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Figura 6

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L’idea di limitare la platea dei contribuenti che beneficerebbero della riforma ai soli dipendenti attivi non è motivata soltanto dalla necessità di contenere il costo della manovra. Uno degli obiettivi della proposta è di incentivare la partecipazione alla forza lavoro. Non sarebbe pertanto logico coinvolgere i pensionati, mentre per i lavoratori autonomi con redditi bassi sarebbero più opportune misure di stimolo all’attività d’impresa come la riduzione dell’Irap.
La riforma della struttura delle detrazioni non può tuttavia risolvere un’altra anomalia del nostro sistema, cioè il brusco incremento dell’aliquota nominale dal 27 al 38 per cento (ben 11 punti percentuali) a partire dai 28mila euro. Per risolverla, si potrebbe abbassare l’aliquota nominale intermedia dal 38 al 35 per cento, con un costo da noi stimato in circa 2 miliardi. In questo modo, non si avrebbe solo una diminuzione delle imposte per tutti i contribuenti che dichiarano più di 28mila euro, ma si otterrebbe anche un profilo crescente delle aliquote marginali (che nel sistema vigente, come nel caso della sola revisione delle detrazioni, subiscono un calo per i redditi compresi tra i 55 e i 75mila euro). L’effetto è mostrato chiaramente in figura 7.

Figura 7

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Mettere in cantiere una riduzione d’imposte pari a 7 miliardi non è facile, visti i vincoli sulla finanza pubblica. Prendendo per buona la promessa del Governo di impegnarsi in una massiccia riduzione della spesa, non è reato iniziare a discutere di quale sia il modo migliore per ridurre la pressione fiscale che grava sul lavoro.

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23 commenti

  1. EzioP1

    Ottimo studio che mira al riequilibrio del prelievo fiscale per i redditi medi e bassi, ma dove reperire i 5 miliardi che verrebbero a mancare al fisco? Oppure potrebbe la politica razionalizzare le spese ed evitare gli sprechi per un tale ammontare ?

  2. Bumblebee

    L’articolo è carente su almeno 4 punti:
    1) A proposito delle aliquote, non si dice che alle percentuali citate vanno aggiunte quelle delle addizionali (regionali e comunali), variabili da 1 a 2 punti percentuali. Per esempio, l’aliquota del 38% grava, in realtà, per circa il 39-40%. Per il contribuente sono sempre aggravi, che negli anni più recenti sono sempre stati aumentati.
    2) Non si dice che lo scaglionamento di queste aliquote risale ancora, sostanzialmente, al periodo in cui era ancora in uso la lira. Nel 2001, in regime di lira, uno stipendio mensile di 2 milioni di lire lordi – corrispondenti a circa 1.000 euro, aveva un potere di acquisto ben superiore a quello che ha oggi, quando, grosso modo, 1 euro corrisponde a 1.000 lire di allora. Il fisco, a distanza di dieci-dodici anni non ne ha tenuto conto, come non ha neanche riaggiustato, negli ultime anni, le aliquote per eliminare il “fiscal drag”.
    3) Sarebbe opportuno fare il paragone con la progressione degli scaglioni con quelli in vigore in altri importanti paesi europei dell’area euro (Germania, Francia, Paesi Bassi). Probabilmente, si scoprirebbe che in tali paesi la graduazione degli scaglioni (oltre che non presentare “gradoni”, come nel caso tedesco) è meno progressiva che in Italia. Il fisco, in Italia, è poco popolare anche per il continuo mancato rispetto della realtà nei confronti del contribuente.
    4) Per quanto riguarda le detrazioni per spese, (coniuge, figli, istruzione, spese mediche, eccetera) il fisco italiano non le ha aggiornate da decenni. Persino nel caso delle spese funebri (su cui, verosimilmente, non ci può essere abuso), la detrazione ammessa è oggi risibile rispetto alla realtà. Ad amministrazione poco seria corrispondono contribuenti altrettanto poco seri; ognuno si difende come può.

  3. tommaso

    Domanda da neofita: sarebbe nefasto immaginare un numero maggiore di aliquote ma più progressive? Inoltre, l’aliquota massima a 55.000 euro mi pare profondamente iniqua: un lavoratore che guadagna 60.000 euro e uno che ne guadagna 100.000 hanno palesemente una differente capacità contributiva.

  4. damianop

    Salve, ho un contratto part-time di 29 ore (a tempo indeterminato), guadagno meno di 1000 euro al mese e arrotondo facendo il cameriere in regola; quando è ora del 730 mi pelano, hanno paura che diventi troppo ricco?

    • gmn

      Curioso che ti pelino col 730 non avrebbero dovuto pelarti già col sostituto d’imposta (insomma con le ritenute)?

      • Ryoga007

        Ha due contratti e quindi due Cud, chiunque sia precario o cambia lavoro nell’anno ha lo stesso problema.

    • Fabio

      Il Suo problema deriva dal fatto che i due datori di lavoro applicano durante l’anno le detrazioni da lavoro dipendente nella misura massima, senza cioè tenere conto del cumulo dei redditi e, per tale motivo, in sede di dichiarazione dei redditi Lei è chiamato a riversare quanto indebitamente percepito durante l’anno (detrazione doppia). Per ovviare tale problema basta comunicare ai datori di lavoro l’importo del reddito aggiuntivo nella sezione “situazione reddituale” della “dichiarazione di spettanza ai sensi dell’art. 23 del D.P.R. 600/1973 e successive modificazioni” che obbligatoriamente devono fornirLe proprio in questo periodo dell’anno. Tale problema è lo stesso cui vanno incontro tutti i “fortunati” lavoratori precari (con più contratti nell’anno).

  5. Luca

    Qualcuno lo spieghi a Letta: tassare i decili di popolazione con bassa o nulla propensione al consumo crea recessione (e disoccupazione). L’ha spiegato anche il miliardario Warren Buffet.
    Non servono studi di economia per identificare le fasce di popolazione con bassa propensione al consumo, basta leggere i dati Istat.

    • gmn

      A letta puoi dire “continuare” a tassare
      ché, invero, le tasse già c’erano.

  6. Stefy55

    Salve vorrei anche far notare che l’imposta di bollo, che grava sui depositi bancari, soprattutto per i lavoratori dipendenti i quali hanno già pagato tutte le imposte alla fonte, è un furto legalizzato in quanto si calcola sull’intero importo depositato e non sugli interessi maturati.

  7. Enrico

    Senza spirito di polemica con gli autori, ma vorrei far notare che :
    + iperf (generalmente sullo stipendio se dipendente)
    + accise
    + Iva su ogni bene fisico che ci circonda (anche sugli alimentari e sui farmaci)
    + imposta di bollo su CC
    + imposta di bollo su Conto Titoli
    + Iva sulle bollette
    + imposta su premi produzione
    + canone TV (eh si, è una tassa)
    + Tares o Iuc o come si chiama adesso
    + dimentico qualcosa?

    • gmn

      Perché non fare polemica? Sono forse gli autori i responsabili degli aumenti di tasse che lamenti?
      Quanto all’IVA, ti sbagli: non è “su ogni bene fisico che ci circonda” ma solo sullo scambio commerciale di ogni bene fisico che ci circonda. Se la capisci la eviti.

    • Ryoga007

      I contributi Inps?

    • Alessandro

      + contributi previdenziali;
      + imposta di registro;
      + ticket su prestazioni sanitarie;
      + bollo auto;
      + obolo a qualunque ufficio pubblico ti rivolgi per avere prestazioni (scadenti) che dovresti aver già pagato con tutti i + di prima.

  8. gmn

    Ti fissi sugli importi assoluti mentre l’articolo era tutto incentrato sugli importi relativi.

  9. Luca

    Nello Stato di San Paolo, in Brasile hanno recuperato con una semplice mossa molta evasione e sistemato i conti: quando si paga, si passa anche il codice fiscale. Al momento della dichiarazione fiscale lo stato restituisce una percentuale di quanto pagato (invogliando tutti a chiedere lo scontrino).

  10. Guest

    Editoriale e proposta molto interessanti. Condivisibile – e civile, o da paese civile – la soglia di 8 mila euro
    Sotto altro profilo – e fermo il mio apprezzamento per le proposte qui formulate – sarebbe, inoltre, probabilmente utile diffondere anche qualche dato (benchmarking) per informare I cittadini di quanto sprechi ed inefficienze impattino sul paese. Ricordo che:
    (world bank 2012) – il total tax rate (% profit) per l’ Italia e’ 68.3. Non occorre commentare, mi pare. Fuori da ogni scala, e senso.
    OECD high income: 40; US: 46.7; Germania 46.8
    Svizzera 30.2; UK 35.5; Spain 38.7

  11. Fernando Di Nicola

    Al di là delle considerazioni di merito, che mi spingerebbero ad auspicare un calo delle aliquote marginali almeno fino al valore mediano, mentre con questa ipotesi di riforma le aliquote marginali effettive crescerebbero da 15mila a 28mila euro, segnalo agli autori e al comitato di redazione che in questo articolo si discute una Irpef ed una struttura di aliquote effettive che è stata modificata con la legge di stabilità e che è ormai diversa dal 1 gennaio 2014. L’aliquota marginale effettiva tra 8mila e 15mila euro, ad esempio, non è più del 30,2% ma del 27,5%. E così via.

    • Un amico di Fernando

      Il fatto che un articolo su La Voce che discute delle detrazioni ignori la riforma (proprio delle detrazioni) introdotta sulla legge di stabilità può dipendere da due cose: da una leggerezza degli Autori e del Comitato di Redazione, oppure da una totale irrilevanza, anche per il dibattito scientifico, di tale riforma (che in ogni caso è risultata totalmente irrilevante agli occhi dell’opinione pubblica).
      Probabilmente sono vere entrambe le cose.

  12. AM

    Comprendo che per alleggerire la tassazione su lavoro e imprese si debbono reperire fondi da altre parti e che questa ricerca assillante impegni oltremisura le menti di chi ci amministra, ma la recente idea di tassare al 20% i capitali in entrata in Italia mi pare folle prima che ingiusta e probabilmente illegittima. Ovviamente i bonifici in entrata dall’estero devono essere monitorati per chiedere, quando necessario, spiegazioni ai beneficiari, ma da questo a introdurre una tassa mi pare un passo inaccettabile. Una ragione in più per essere soddisfatti per la fine del governo Letta. Speriamo di non cadere dalla padella nella brace

  13. Monika Rossetti

    Ragionevolissima proposta, soprattutto in un’ottica di recuperare potere d’acquisto per le classi medio-basse, quelle che hanno perso di più potere d’acquisto durante la crisi.

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