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Sgravi fiscali per i giovani da assumere

Gent.mo Professore Boeri,
mi consenta di scriverle due righe a proposito di quanto in oggetto, con riferimento al Suo articolo apparso su Repubblica
Credo di avere qualche titolo per farlo (in calce chi sono) in particolare come datore di lavoro con 110 dipendenti regolari, di cui 105 sotto i trentacinque anni.Premesso che condivido pienamente le  perplessità da Lei espresse nell’articolo citato e ciò che sottendono, devo dirle francamente che le motivazioni che lei porta sono sicuramente tutte giuste, ma decisamente carenti e poco incisive rispetto alle reali disastrose dinamiche che i provvedimenti di sgravi “mirati” provocano nelle aziende e nel sistema.
In estrema sintesi:
1) qualsiasi provvedimento di sgravi limitati ad una categoria di lavoratori(che siano i giovani o quelli con gli occhi azzurri poco importa) ha come immediata conseguenza un maggior costo relativo per tutte le altre categorie.
In concreto, se un giovane da assumere costa meno di un giovane  già assunto o di un non giovane, il mercato premierà chi farà la scelta di assumere nuovi giovani, a scapito di chi già lavora.
Ancora più in concreto (che è ciò che conta) al prossimo rinnovo -o appalto- di un qualsiasi contratto, sarà più concorrenziale chi non sta svolgendo il lavoro,(che potrà contare su un costo del lavoro più basso) e penalizzato chi ha personale già assunto e tale lavoro sta svolgendo.
In pratica, la strada che verrà imposta sarà quella di licenziare chi sta lavorando, per
assumere le categorie privilegiate. Ciò avverrà:
-o costituendo nuove aziende con il solo scopo di rimanere concorrenziali (riducendo il personale di quelle vecchie), nel caso dello stesso imprenditore
-o mettendo in difficoltà aziende sane a favore di nuovi imprenditori senza storia e conoscenze a favore di newco dall’incerto futuro e dalle incerte capacità, nel caso più generale delle dinamiche concorrenziali.
Tutto questo a parità di occupazione complessiva, perché nessuno sgravio, di per sè, farà mai assumere un lavoratore che non serve ad aumentare la produzione, e l’aumento della produzione viene richiesto nel caso di -e presuppone -fatti salvi casi particolari- un aumento almeno potenziale della domanda, non una limitata diminuzione del costo del lavoro aggiuntivo marginale.
2) Come Lei stesso fa notare nell’articolo, una conseguenza è il calo complessivo della qualità.
Ma la conseguenza più rilevante è che risorse pubbliche verranno impiegate non per accrescere il numero di posti di lavoro (cosa che solo un incremento della domanda può garantire)ma per trasformare posti di lavoro sani e qualificati in posti di lavoro meno qualificati e sicuramente più precari.
3) Il semplice correttivo di consentire le assunzioni “sgravate” solo in piccola percentuale sugli assunti regolari già sarebbe un passo avanti, anche se in una logica comunque errata.
Come ovvio, potrei dilungarmi sui dettagli con pletore di esempi, ma confido che non sia necessario per la comprensione. A disposizione se Le potrò essere ancora utile.
Con i migliori saluti e apprezzamento per le Sue posizioni
Corrado Cirio

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  1. Cosimo Martella

    Il lavoro da fare per creare lavoro
    Sia il Prof. T.Boeri che l’Imprenditore Dott. C. Cirio
    descrivomno con un’altre chiavi di lettura, i punti di debolezza del pacchetto lavoro.
    Penso che se non s’interviene sul costo del lavoro, tutte le misure che saranno messe in campo avranno solo effetti palliativi e non risolutivi del problema disoccupazione.
    Urge indagare per capire il perché le nostre aziende stiano morendo con conseguente sparizione di migliaia di posti di lavoro. Non penso sia un problema d’incapacità dei nostri imprenditori. Sarà senz’altro colpa del basso costo della manodopera (uguale basso costo dei prodotti) nei paesi emergenti; sarà colpa del fatto che non tutte le nostre aziende, nel corso degli anni non hanno investito nella ricerca; sarà pure colpa del fatto che anche tante nostre aziende considerate “sane” hanno delocalizzato la loro attività produttiva e che così facendo, i loro prodotti vanno ad aggiungersi tra quelli importati in Italia. Sappiamo benissimo che le importazioni (cos’ì come le rimesse dei migranti presenti in Italia) non creano ricchezza e/o occupazione. Speriamo che a qualche economista venga in mente un algoritmo per la soluzione del problema lavoro magari utilizzando i seguenti dati:
    Importazione=disoccupazione; esportazione=occupazione; occupazione=consumo; consumo=produzione;produzione=occupazione;occupazione=lavoro;basso costo del lavoro=occupazione;alto costo del lavoro=disoccupazione;lavoro=ricchezza reale e non fittizia;ricchezza reale=moneta; moneta=carburante per il motore dell’economia.
    c.martella

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