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I conti della macro-regione del Nord

Pdl e Lega propongono di costituire una macro-regione del Nord, che dovrebbe finanziarsi trattenendo il 75 per cento del gettito dei tributi erariali localmente pagati. È un’ipotesi finanziariamente sostenibile? E con quali conseguenze per il principio di solidarietà rispetto alle altre aree del paese?

IL FEDERALISMO E I NUMERI

Sul tema del federalismo circolano spesso numeri di cui non si riesce a ricostruire il fondamento finanziario/contabile. Ciò sembra valere anche per la proposta Pdl-Lega secondo cui andrebbe costituita la macro-regione del Nord – formata da Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli V.G. – che potrebbe finanziarsi trattenendo il 75 per cento del gettito dei tributi erariali localmente pagati, anziché il “misero” 35 per cento attuale.
I contenuti della proposta sono ancora molto vaghi. Non è chiaro, ad esempio, se l’ampliamento della quota di entrate tributarie, da riservare al territorio, debba avvenire a competenze locali invariate oppure associandolo a un assetto simile a quello di talune autonomie speciali, per le quali le maggiori risorse sono la premessa per maggiori competenze. Data l’entità della “devoluzione” è però del tutto ragionevole ritenere che la proposta si riferisca all’ipotesi di assunzione di nuovi e più ampi poteri.

LE SPESE NELLA MACRO-REGIONE

Se si prende a riferimento la spesa statale regionalizzata, così come calcolata annualmente dalla Ragioneria generale dello Stato, è possibile identificare tre componenti:

– le spese dirette sul territorio: istruzione, magistratura, università, sicurezza, ripiano dei saldi tra contributi e prestazioni previdenziali;
– le risorse devolute: compartecipazioni ai gettiti e trasferimenti a Regioni, comuni e provincie;
– le spese “comuni” per i servizi indivisibili: apparati ministeriali, difesa, affari esteri, calamità naturali, organi istituzionali; e per il debito pubblico: interessi passivi.

La tabella seguente riporta le evidenze che riguardano la media delle spese statali per il 2008-2009, disaggregate nelle tre componenti. Le spese dirette e le risorse devolute sono quelle rilevate direttamente dalle rendicontazioni della Ragioneria generale. Le spese comuni sono invece quantificate in proporzione alla popolazione residente, con un pro-capite di circa 2.300 euro.

cerea 1

Esistono squilibri tra i diversi territori che sono del tutto evidenti. Basti pensare che Veneto e Piemonte hanno una dimensione demografica simile, ma una spesa diretta ben diversa. La Lombardia, con oltre il doppio della popolazione del Piemonte, ha la stessa spesa assoluta. Il Friuli appare anomalo per quanto riguarda le risorse devolute. Dietro queste differenze vi sono effetti legati alle diseconomie di scala, sensibili per realtà come quella del Friuli (regione piccola) e della Lombardia, che da sola assorbe oltre il 15 per cento del totale della popolazione italiana. Nel caso del Friuli andrebbero menzionati anche gli effetti legati alle concrete modalità di attuazione della specialità statutaria.

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E LE ENTRATE

Anche immaginando che all’interno della macro-regione Nord si riesca a trovare un accordo capace di superare gli squilibri della “spesa storica”, rimane da capire il rapporto di congruità fra le spese e le entrate tributarie.
Non esistono al momento elaborazioni adeguate sull’effettivo gettito regionale dei tributi erariali. In prima approssimazione potremmo assumere a riferimento quanto compete a ciascun territorio applicando al locale Pil la pressione fiscale netta riferibile ai tributi statali.

cerea 2

Dal rapporto fra spese ed entrate emerge un quadro molto variegato:

– il Friuli ha una spesa locale superiore alle imposte che paga; il passaggio al principio del 75 per cento comporterebbe dunque una contrazione di risorse pari a 1/3;
– il Piemonte subirebbe un piccolo “taglio”;
– il Veneto potrebbe vedere le risorse aumentare di circa il 20 per cento;
– la Lombardia otterrebbe invece un sostanziale raddoppio delle disponibilità;
– la macro-regione beneficia oggi di quasi il 53 per cento delle risorse raccolte con i tributi erariali – e non del “misero” 35 per cento indicato dai proponenti.

Accanto alla “correzione” delle dotazioni delle singole realtà prima indicata, si potrebbe invece pensare che, all’interno della macro-regione, le risorse vengano assegnate in base a una qualche nozione di fabbisogno dei singoli territori, ovvero indipendentemente dal contributo fornito in termini di fiscalità.
Rispetto alla sostenibilità finanziaria della proposta, occorre osservare che, accanto alla componente di spesa locale, la fiscalità dovrebbe concorrere alla copertura anche delle spese comuni. Come risulta dalla tabella seguente, ciò avviene in misura insufficiente, in quanto le risorse trattenute e le spese comuni sopravanzano il complesso del prelievo tributario.

cerea 3

Il saldo quasi si azzera se invece si considerano anche le altre entrate del bilancio dello Stato, pari a circa 40 miliardi di euro, delle quali una quota di 13 miliardi potrebbe essere riconosciuta alla macro-regione in base alla popolazione residente.
L’equilibrio così ottenuto si riferisce comunque all’ipotesi secondo cui la nuova istituzione sia disposta ad assumersi tutte le competenze dello Stato, esercitate su scala locale: la scuola, l’università, ma anche la polizia, le carceri, la magistratura, i vigili del fuoco, l’Agenzia delle entrate, i prefetti. Se ciò non avvenisse, il saldo finanziario peggiorerebbe.
Ma se anche la macro-regione avesse i conti in pareggio, è però chiaro che, con l’assetto 75 per cento,  finirebbe per concorrere alla sola copertura della spesa diretta e comune che la riguardano. Verrebbe dunque meno l’attuazione del principio di solidarietà rispetto al resto del paese e, più in particolare, verso le aree economicamente meno sviluppate.

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UN GIUDIZIO CONCLUSIVO

Per essere considerata come un esercizio coerente con i principi della legge n.42 di attuazione del federalismo, voluta dal Governo Lega-PdL e approvata nel 2009, la proposta della macro-regione del nord dovrebbe  associare maggiori risorse a più consistenti responsabilità di spesa. Se si prendesse a riferimento la soglia del 75% dei gettiti locali, la nuova entità dovrebbe però dilatare i propri poteri a tutta la sfera dell’intervento statale, autoescludendosi al contempo da ogni forma di solidarietà nei confronti del resto del Paese.
Otre che irrealistico, l’esercizio è chiaramente contrario alla normativa voluta da chi ora avanza la proposta.
E, in questo senso, la richiesta ha solo il sapore di una semplice rivendicazione di maggiori disponibilità, senza alcuna contropartita:  il 75% è una percentuale “da campagna elettorale”, priva di fondamento economico-finanziario.

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21 commenti

  1. Guido

    unIl che la dice lunga sulle capacità (o finte incapacità) delle lobbies al potere di perpetuare se stesse lucrando sulla disinformazione o mancata informazione del cosiddetto “popolo”. Il modello è sempre lo stesso: senato romano e plebe, feudatario e servo della gleba, latifondista e cafone, padrone e operaio, multimiliardario e morto di fame. Con una concessione ogni tanto, previa azione violenta (insurrezione, tumulto, ghigliottina, sciopero, manifestazione di massa): es. Costituzione 1789 dei diritti dell’uomo, Costituzione universale dei diritti dell’uomo, Costituzione della Repubblica italiana ecc. Belle cornici di quadri non proprio esaltanti. L’iceberg: una punta che prende aria e vede un bell’orizzonte, una massa enorme sottostante che lo sostiene e … non naviga neanche a vista!

  2. Mauro Formaggio

    La conclusione mi pare non conforme all’analisi. L’autore constata che con il 75% delle imposte pagate, la “macroregione” risulta in pareggio, considerando tutte le spese imputabili, dirette e indirette. Ne consegue – a mio parere – che la misura della solidarietà verso le altre regioni è il 25% residuale.
    Altro discorso, se la macroregione sostenesse solamente imposte sufficienti al proprio pareggio: in tal caso il suo onere fiscale scenderebbe al 75% di quello attuale, secondo questa analisi. E non accumulerebbe ulteriore debito.

  3. bellavita

    Non c’entra, ma ammiro la capacità di fare questi conti. e mi piacerebbe avere un’idea di cosa costa alla Francia il SMIG, tenedo conto di quel che risparmia di cassa integrazione, e di quel che acquisisce facendo emergere molto lavoro nero. E’ un argomento che fa inferocire il sindacato…

  4. Massimo

    Signor Cerea,mi vuole spiegare in base a quale principio di solidarietà il Nord deve farsi massacrare dalle tasse ? Non le basta il surplus fiscale di 70 miliardi di euro all’ anno della sola Lombardia?

    • Giuseppe Di Lena

      Signor Massimo, ma lei lo sa che nei primi 100 anni dall’Unità d’Italia il Sud (molto più povero del Nord) pagava il doppio delle tasse del Nord e dunque lo manteneva? Da quanti anni invece avviene l’inverso?

      Lo sa che il Nord ha sempre eletto un numero di deputati e senatori superiore a quello del Sud? (addirittura il doppio fino al 1913)?

      • Alberto

        Quindi, gentile Giuseppe, va tutto bene no? L’incredibile residuo fiscale lombardo (non esiste regione europea che ne abbia uno simile) e veneto-romagnolo dovrebbe essere una sorta di risarcimento per questioni legate ad un epoca lontana? Quindi, come dice il saggio Pino Aprile tutti i mali del sud sono imputabili al Nord cattivo che ora la deve pagare? Meglio ridere perchè a leggere ragionamenti tali vien voglia di piangere.

        • Giuseppe Di Lena

          Mio caro signor Alberto, sono assolutamente convinto che per Lei, come per me, la prima cosa è l’onestà. Se il Nord, come i dati dimostrano, deve ancora qualcosa al Sud, bene, lo faccia, ed anche subito, dopo di che vada pure per la sua strada. Non ho altro da aggiungere.

          • Massimo

            Complimenti : una sorta di riscatto, quindi.

      • Massimo

        Non vedo perchè io e decine di milioni di cittadini al Nord ,debbano pagare ancora oggi le conseguenze di una follia,compiuta dai Savoia 150 anni fa.

      • Massimo

        Ma signor Giuseppe,dovrebbe saperlo che i deputati vengono eletti in base al numero di abitanti,per cui è normale che il Nord ne elegge di più. Non tiene però conto che una buona fetta di tali eletti proviene dalle regioni meridionali mentre al sud i deputati eletti di origine settentrionale sono quasi assenti.Quando si tratta di votare leggi di spesa di deputati del Sud( molto meno fessi di quelli del Nord, bisogna ammetterlo) votano a favore delle loro terre di origine.Vedi ad esempio Ignazio La Russa (PDL) che è riuscito a trasferire il CallCenter deglla sanità lombarda a Paternò(!) , suo paese natale.

  5. Giuseppe Di Lena

    L’IVA pagata in una regione non è necessarimente spettante a tale regione. Se una azienda ha stabilimenti sparsi in tutta Italia, paga l’Iva nella regione dove ha la sede legale, ma il Valore Aggiunto su cui è calcolata l’imposta è stato prodotto invece nelle regioni in cui hanno sede i diversi stabilimenti. L’imposta dunque toccherebbe alle regioni in cui hanno sede gli stabilimenti, non a quella dove è la sede legale dell’azienda. E’ molto diffuso il caso di aziende con sede legale al Nord e stabilimenti al Sud, mentre è rarissimo il caso opposto. Trattenere in una regione il 75% dell’Iva versata in tale regione sarebbe dunque un furto smaccato ai danni del Sud.

  6. andreag

    Fa sorridere la doppia morale di chi critica la cattiva Merkel perchè non vuole sussidiariamente aiutare i paesi periferici dell’europa, e poi a casa propria rinnega lo stesso principio, che tra l’altro è alla base di qualunque stato federale e non che sia. Buono l’articolo, che tra l’altro evidenzia una grave mancanza nella pur immensa produzione statistica di questo Paese: mancano dati regionalizzati su entrate tributarie e spese nonchè trasferimenti, oppure questi sono disorganicamente sparsi chissà dove. Unica pecca dell’articolo, non mi è chiaro perchè nella tabella 2 non consideri le spese comuni e poi invece in tab.3 dica che è necessario tenerne conto. Sulle conclusioni dell’articolo, beh..,che aggiungere? Era quasi ovvio pensare all’ennesima boutade maroniano-berlusconiana…

  7. on_y

    In buona sostanza l’articolo dimostra che la ‘macro regione’ nord italia ha un bilancio in pareggio e che, supponendo che questo sia stato vero anche in passato, l’intero debito pubblico è stato accumulato dal ‘resto d’italia’

  8. Vittorio

    La tassazione sulla base del PIL prodotto è troppo semplicistica e generosa. La maggior parte delle imprese ha sede al nord ma poi vende anche nel resto di’Italia, quindi una buona fetta degli utili e dell’IVA che risultano incassati al nord sono in realtà prodotti altrove. Nell’ipotesi in cui ciascuno bada ai suoi interessi, per quale motivo le regioni del centrosud dovrebbero accettare che utili e consumi (e quindi imposte) generati sul loro territorio vengano drenati verso il nord? La proposta della Lega porterebbe in realtà a istituire frontiere interne per tener conto degli interscambi.

  9. AM

    Sicuramente la rivendicazione ha un fine di propaganda’ elettorale, ma se si ha fiducia nell’avanzamento verso un’ Europa federale anche i calcoli degli Autori hanno solo valore storico. Le frontiere degli stati attuali dovrebbero perdere importanza mentre si dovrebbero rinsaldare collegamenti fra regioni confinanti (oggi appartenenti a stati diversi). La solidarietà (che non deve essere licenza a spese folli) deve avere senso a livello europeo altrimenti toglierebbe competitività alle imprese che hanno sulle spalle maggiori carichi di solidarietà.
    Confrontiamo ad es. un’impresa lombarda, e una svedese.

  10. Vittorio, seguendo il suo discorso, che rivendica gli utili delle aziende d altri territori se prodotti su mercat diversi, anche la Germania, la Francia solo x citare le più grandi nazionale che vedono l’Italia come mercato, dovrebbe concorrere al pagament de numerosi stipendi d forestal e affini, ovvero lo stato assistenziale? Lo chiede lei alla Merkel riproponendo il suo discorso sugli utili prodotti grazie ai clienti del sud Italia? Ma non sarebbe meglio eliminare sprechi ed assistenzialismo e cercare d camminare con le proprie gambe? Magar dopo 150 … È giunta l’ora… Che dice?

    • Giuseppe Di Lena

      L’IVA pagata in una regione non è necessarimente spettante a tale regione. Se una azienda ha stabilimenti sparsi in tutta Italia, paga l’Iva nella regione dove ha la sede legale, ma il Valore Aggiunto su cui è calcolata l’imposta è stato prodotto invece nelle regioni in cui hanno sede i diversi stabilimenti. L’imposta dunque toccherebbe alle regioni in cui hanno sede gli stabilimenti, non a quella dove è la sede legale dell’azienda. E’ molto diffuso il caso di aziende con sede legale al Nord e stabilimenti al Sud, mentre è rarissimo il caso opposto. Trattenere in una regione il 75% dell’Iva versata in tale regione sarebbe dunque un furto smaccato ai danni del Sud.

      • enzo

        A proposito dell’Iva. ma chi la paga? Non è il consumatore finale? Voglio dire l’Iva pagata dalle imprese è il risultato netto della differenza tra Iva su acquisti ed iva su vendite, ma chi paga tutto alla fine è il consumatore finale. Tant’è che l’imprenditore che non versa l’Iva non è accusabile di evasione fiscale ma di appropriazione di quanto riscosso per conto dello stato. Per tornare agli esempi: l’auto prodotta a Melfi se venduta a Torino (tramite concessionaria) viene pagata dall’acquirente torinese. Altrettanto vero è che per tutti i beni prodotti al nord e venduti al sud l’Iva è pagata dai consumatori meridionali.

  11. Giuseppe Di Lena

    Qui non si parla di utili ricavati dalla vendita su altri mercati, ma di beni e servizi prodotti in stabilimenti situati non al Nord da aziende aventi invece sede sede legale e fiscale nel Settentrione. Le faccio un esempio pratico: dove paga l’Iva e l’imposta sugli utili delle società la Fiat? A Torino. Ma il Valore Aggiunto e gli utili della Fiat non sono prodotti tutti a Torino, ma anche a Cassino, Melfi e altri stabiliment sparsi in Italia. Dire di voler trattenere in una regione il 75% delle imposte versate in loco significa quindi voler trattenere, ad esempio in Piemonte, anche il 75% dell’Imposta su utili che sono stati invece ricavati dalla vendita di automobili prodotte a Melfi e Cassino. Discorso analogo vale per l’Iva.

  12. Alessandro

    Caro Giuseppe Di Lena, il tuo ragionamento è correttissimo, sarebbe ora di espanderlo su base Euriopea o mondiale. Qualcuno mi spiega questo:
    Sheldon Springs Hydro Associates LP (Delaware) è controllata al 100% dalla Sheldon Vermont Hydro Company Inc. (Delaware), che è controllata a sua volta al 100% dalla Boot Sheldon Holdings Llc (Delaware), di proprietà al 100% della Hydro Finance Holding Company Inc. (Delaware), che è controllata al 100% dalla Enel North America Inc. (Delaware), controllata a sua volta al 100% dalla Enel Green Power International SA, (una holding di partecipazioni con sede in Lussemburgo), a sua volta controllata da Enel Produzione spa e Enel Investment Holding BV (altra holding di partecipazioni, registrata in Olanda). Entrambe queste imprese fanno finalmente riferimento all’impresa madre, la Enel spa.
    Se è lo stesso stato italiano (che controlla il 30% di Enel SPA) che evade sistematicamente il suo stesso fisco…mi spiegare di cosa stiamo parlando??? Dell’IVA del caffè al bar?? Siamo proprio sicuri che FIAT paghi in piemonte? Lo facesse..credo che alla fine i Melfitesi e i Cassinesi…se ne farebbero una ragione.

  13. Ciops

    Mi sfugge una cosa: come punto di partenza si prende una spesa complessiva pari a 457 miliardi e si confronta con entrate pari a 349 miliardi (+40). c’è quindi attualmente un gap di 68 miliardi –> debito. la vostra simulazione porta a dire che la macroregione, trattenendo il 75% delle risorse sul territorio per esigenze ‘locali’, contribuendo, per la sua parte, con il 25% alle cosiddette spese comuni (+ parte di tributi indivisibili) sarebbe in perfetto pareggio di bilancio. cioè che il debito è creato al di fuori della macroregione.. ma la macroregione continuerebbe (come ha sempre fatto) a pagare gli interessi sul debito (da voi inseriti nelle spese comuni), che però non ha contratto: rimarrebbe questo come contributo di solidarietà.
    Più interessante mi sembra la differenziazione geografica all’interno della macro-regione, che poi corrisponde anche a differenze storiche e politiche rilevanti (il Piemonte ha poco da spartire con Lombardia e Veneto – a parte un governatore leghista).

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