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Al mercato delle tecnologie per dar fiato alle start-up

Molte start-up italiane investono poco in innovazione tecnologica e in protezione della proprietà intellettuale. Anche a causa dei forti vincoli finanziari, che il decreto legge sulla crescita si propone di allentare. Mancano però le opportunità che possono derivare dai brevetti inutilizzati.

BENEFICI PER START-UP

Le start-up innovative hanno uno spazio notevole nella legge di conversione n. 221/2012 del decreto legge 179/2012, il cosiddetto “decreto sviluppo bis”. Ciò è giustificato dal loro potenziale contributo alla crescita economica. (1) Ma poche sopravvivono o crescono tanto da raggiungere una dimensione globale. Sopravvivenza e crescita delle start-up dipendono soprattutto da due fattori: (a) innovazione e protezione della proprietà intellettuale; (b) capacità di attirare capitale finanziario.
Il decreto li affronta entrambi con strumenti che andrebbero definiti meglio alla luce di diverse forme di fallimento di mercato.
Nel decreto, i brevetti sono un requisito per ottenere i benefici destinati alle start-up innovative. E hanno un valore segnaletico verso investitori e altri stakeholder che devono valutare un nuovo progetto imprenditoriale in condizioni di elevata incertezza e asimmetria informativa. È poco probabile, però, che il decreto sviluppo da solo possa spingere le start-up a brevettare. Il valore della protezione legale dell’innovazione è scarsamente riconosciuto dalle imprese italiane: Nel 2011 l’Italia ha registrato un numero di domande di brevetti europei pari al 15 per cento di quelli della Germania e al 41 per cento della Francia (www.epo.org). Sono i costi e i tempi di concessione a costituire una barriera alla richiesta di brevetti europei, specialmente per le start-up. Tuttavia, lo stesso decreto prevede la possibilità che queste imprese prendano in licenza tecnologie esistenti.

NUOVI BREVETTI O USO DI BREVETTI ESISTENTI

Secondo un’indagine condotta dal progetto europeo InnoST su un campione di 22.533 brevetti Epo, il 36 per cento circa di quelli di cui sono proprietari imprese e centri di ricerca pubblica italiani nel periodo 2003-2005 non vengono utilizzati. (2) La percentuale è maggiore per le grandi imprese (oltre i 250 addetti) e i centri di ricerca pubblica. Probabilmente molti, e specialmente in alcuni settori, rimangono inutilizzati per motivi strategici (per esempio, bloccare brevetti concorrenti). (3) Ma il 33 per cento circa di quelli inutilizzati è costituito da “brevetti dormienti”, che per esempio non vengono usati per mancanza di risorse complementari.
I proprietari potrebbero dare in licenza o vendere a start-up parte dei brevetti inutilizzati, quelli con opportunità di mercato. Ma le forme di trasferimento tecnologico sono limitate dall’inefficienza del mercato delle tecnologie. (4) I costi, molto elevati, di ricerca e di esecuzione delle transazioni possono essere contenuti dal ricorso a mercati online (per esempio, Ip Auctions GmbH e Yet2.com). A chi offre tecnologia di solito è richiesto il pagamento di una quota di accesso e il rilascio di informazioni sulla tecnologia: serve a moderare i problemi di selezione avversa accentuati da internet. (5) D’altra parte, pagando un “biglietto di accesso” i proprietari di brevetti inutilizzati possono esplorare nuove opportunità di business o recuperare costi di brevettazione.

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LO SVILUPPO DI MERCATI DELLE TECNOLOGIE

I mercati delle tecnologie sono un fenomeno ancora poco diffuso e, in Italia, quasi del tutto sconosciuto. Alcuni paesi europei hanno avviato programmi pubblici orientati a favorire la loro crescita, come l’Ip Marketplace lanciato nel 2007 in Danimarca e l’Innovation Market in Germania. A queste esperienze guarda anche la Commissione Europea per il lancio di un mercato europeo dei brevetti. (6)
L’accesso a brevetti inutilizzati da parte delle start-up richiede una maggiore connessione tra mercato delle tecnologie e mercato dei capitali. Per colmare il gap tra i due mercati servono misure che stimolino la collaborazione tra intermediari finanziari specializzati (per esempio, venture capitalist o reti di business angel) e intermediari tecnologici o esperti nella valutazione dei brevetti. L’incontro tra domanda e offerta di brevetti inutilizzati può avvenire direttamente oppure attraverso patent funds, fondi che acquistano brevetti e li vendono o danno in licenza a terze parti, come Alpha Funds in Germania. La difficoltà di attrarre i privati su investimenti di questo tipo ha spinto alla creazione di “fondi di fondi” specializzati negli investimenti seed/early stage, come l’High Tech Gruntefonds (Htgf), France Brevet e l’European Investment Fund (Eib). Lo strumento era previsto dal rapporto della task force che ha lavorato al decreto sviluppo. Lo stesso rapporto ricorda che i fondi di fondi non erogano capitale pubblico a fondo perduto, ma fanno investimenti remunerati dagli stessi fondi target e gestiti secondo una logica di mercato. (7) L’efficacia dei fondi di fondi però non è ancora evidente e meriterebbe una valutazione approfondita.

(1) Kane T. 2011. The Importance of Startups in Job Creation and Job Destruction. Kauffman Foundation Research Series: “Firm Formation and Economic Growth”. Kauffmann Foundation. www.kauffman.org.

(2) InnoS&T. 2011. Innovative S&T indicators combining patent data and surveys: Empirical models and policy analyses. Report of the EU InnoS&T Project. http://www.innost.unibocconi.it.  Gambardella, A. Giuri, P. e Torrisi, S. 2012. “Markets for technology”, in: M. Dodgson, D. Gann, N. Phillips. Handbook of Innovation Management. Oxford University Press, Oxford (forthcoming).

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(3) Hall, B., Thoma, G. e Torrisi, S. 2009. Financial Patenting in Europe. Working Paper 14714. NBER (National Bureau of Economic Research), Cambridge, MA, Feb. (http://www.nber.org/papers/w14714).

(4) Arora A., Fosfuri A. and Gambardella A. 2001. Markets for Technology: The Economics of Innovation and Corporate Strategy. MIT Press, Cambridge, Mass.

(5) Dushnitsky, G. and Klueter, T. 2011. “Is There an eBay for Ideas? Insights from Online Knowledge Marketplacese”. European Management Review, 8: 17–32.

(6) EC (2012). Towards enhanced patent valorisation for growth and jobs. Commission Staff Working Document. Brussels, 21.12.2012 SWD(2012) 458 final.

(7) Ministero dello Sviluppo economico (2012). Restart, Italia! Rapporto della task force sulle start-up istituita dal ministero dello Sviluppo economico. (www.sviluppoeconomico.gov.it).

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  1. Marcello Romagnoli

    La strategia difensiva di fare brevetti dovrebbe essere ostacolata per via legislativa perchè blocca lo sviluppo invece che stimolarlo. Una possibilità pottrebbe essere quella di ridurre la validità del brevetto a cinque anni se questo non viene applicato commercialmente.

    • Daniela Barlocco

      Anche se di difficile applicazione il legislatore ha previsto un ostacolo alla brevettazione di tecnologia a scopo meramente difensivo. L’art 69 del CPI prevede l’onere di attuazione del brevetto (anche se non specifica nè i tempi nè la pena per mancato uso) e l’Art 70 del CPI prevede la possibilità di richiedere una licenza obbligatoria se il brevetto non viene utilizzato dal titolare e prevede la decadenza del Diritto qualora il titolare del brevetto non attui l’invenzione entro 2 anni dalla data di concessione della licenza obbligatoria.In altri paesi come in India è previsto l’obbligo ogni anno di dichiarare se il brevetto è in uso o meno al fine di agevolare l’eventuale concessione di licenze obbligatorie, ma anche in India il numero di richieste di licenze obbligatorie è molto basso.
      I mezzi di ostacolo alla brevettazione difensiva esistono ma ad oggi risultano del tutto inutilizzati non soltanto a causa di problematiche legali ma anche a causa del fatto che i Brevetti difensivi sono di norma brevetti dipendenti da altri brevetti del medesimo titolare e pertanto diventano nella pratica di imposibile attuazione da parte di terzi.

  2. Bruno Stucchi

    Non si brevetta ciò che si produrrà, ma si brevetta ciò che già è in produzione e si trova quasi a fine ciclo. Perché informare la concorrenza di ciò che si sta per fare?
    Si brevettano i prodotti morti, che non interessano più a nessuno.

  3. Daniela Barlocco

    Purtroppo non è così semplice. La situaiozne è più complessa e il segreto industriale non sempre consente una tutela adeguata.

  4. Enrico

    Riapro questa discussione a mesi di distanza in quanto l’argomento mi interessa direttamente (lavoro nel campo delle tecnologie, nella mia esperienza ci sono multinazionali ed aziende medie e piccole).
    Non sono d’accordo sul fatto che i brevetti difensivi ostacolino lo sviluppo: molti brevetti sono evoluzioni di brevetti precedenti, in cui si è aggiunto un “delta” innovativo. La strategia comune è proprio quella di brevettare tutto ciò risulta essere tale intorno ad una tecnologia centrale per evitare che le propettive di sviluppo di un prodotto vengano inficiate da brevetti terzi che aggiungono semplicemente lo step innovativo al prodotto inizialmente brevettato (ricordiamoci che per un brevetto non è necessario essere implementato).
    In definitiva, la possibilità di proteggere le proprie invenzioni stimola l’innovazione e non il contrario (stessa cosa per gli artisti con il copyright).

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