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SOCIAL CARD: VOGLIAMO FARLA SERIAMENTE?

Il Milleproroghe prevede la sperimentazione per un anno di una nuova social card. Perché sia proficuo l’esperimento deve far parte di un progetto organico di rafforzamento del nostro welfare. E va condotto in modo da comprendere quali siano le modalità più appropriate di fornitura della carta e delle misure di accompagnamento, oltre a quali siano le implicazioni finanziarie e organizzative per la sua estensione a tutte le famiglie in povertà assoluta. Insomma, una sperimentazione da prendere sul serio.

LA SCORCIATOIA DELL’ITALIANITÀ

I dati di una recente indagine su sette paesi europei indicano che la quota di imprese a controllo estero è sensibilmente più bassa in Italia rispetto a Francia e Germania. Il capitale estero può rappresentare un’opportunità importante di crescita. Più che la natura del controllante, conta la capacità del sistema di offrire un ambiente favorevole per fare impresa. Con la scusa di difendere l’italianità si proteggono gli interessi costituiti di una classe dirigente autoreferenziale.

QUELLO STRANO DIBATTITO INTORNO ALL’ATOMO

Perché abbiamo paura di volare quando statisticamente gli incidenti aerei sono di gran lunga meno di quelli stradali? Perché il nucleare ci fa paura quando le perdite umane associate all’intero ciclo del carbone sono assai superiori? Vi è una significativa differenza tra probabilità oggettiva d’incidente e probabilità soggettiva. E ciò ha importanti riflessi sulla decisione di rientrare nel nucleare. Curiosamente, però, dopo Fukushima il dibattito riguarda più i motivi per non uscire dal nucleare laddove già c’è e molto meno i motivi per entrarvi dove, come in Italia, non c’è.

IL NUCLEARE DOPO LA CATASTROFE GIAPPONESE

L’uscita immediata dal nucleare è una decisione di tale importanza da non doversi adottare né sulla spinta dell’emozione della tragedia giapponese né sotto la pressione degli interessi. Necessari una revisione generale degli impianti in funzione e un rafforzamento degli standard di sicurezza, in una strategia di prevenzione rafforzata simile a quella adottata contro il terrorismo. Altrimenti rischiamo comportamenti assurdamente divergenti. L’esito sarebbe insufficiente a scongiurare il rischio nucleare, ma sufficiente a far crescere di molto il rischio clima.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Innanzitutto ringrazio chi ha inviato commenti e mi scuso per l’impossibilità pratica di rispondere dettagliatamente a ciascuno.
1) TNT avrà fatto i suoi conti sulla convenienza del treno: si vede che, nonostante le tasse altissime sul trasporto stradale, continua a convenirgli.
2) Sul fatto che non bisogna costruire solo le opere pubbliche redditizie: si fa notare che nessuno parla di redditività finanziaria (analisi costi-ricavi, sempre catastrofica per gli investimenti ferroviari), ma di redditività sociale: costi in rapporto a benefici di tempo, o ambientali ecc. L’analisi costi-benefici serve a questo.
3) Chi ha parlato (correttamente) della possibilità teorica che davvero la domanda passeggeri possa salire molto rapidamente anche con solo un’ora di risparmio di tempo, si ricorda che la redditività sociale del progetto risulta negativa anche con le altissime previsioni di domanda di RFI, e che tutta l’esperienza internazionale mostra che in generale la domanda ferroviaria risulta ex-post molto minore di quella prevista.
4) Non capisco quel lettore che cita la costituzione che garantisce la libertà di movimento. Per andare a Napoli o a Bari si può prendere un aereo low cost, per esempio. Ci sono molte alternative.
5) Invito i lettori che ci accusano di "nordismo" a leggersi sulla Voce le stroncature di progetti inutili o troppo costosi al Nord. Idem per chi sostiene, a ragione, che occorra sviluppare le aree deboli del Paese: un motivo in più per fare cose che servano davvero.
6) Per la domanda di traffico ferroviario merci occorre notare che un’ora di differenza è del tutto irrilevante: in Francia le merci sulla rete AV non possono nemmeno viaggiare.
7) Per chi si riferisce a reti AV mondiali (con la Cina, eccetera) si ricorda il progettato tunnel Trapani-Tunisi, caro a Cuffaro: perché non proseguire per Capetown? Forse coi soldi pubblici si posson fare cose più urgenti.
8) A chi fa notare che la scarsità di petrolio renderà in futuro più conveniente il treno, si ricorda che i prezzi attuali della benzina dipendono assai più dalle tasse che dal petrolio: abbiamo oggi prezzi alla pompa che corrisponderebbero a un costo del barile di petrolio di 300 dollari, non dei 110 attuali. E i consumi unitari calano rapidamente grazie al progresso tecnico.
9) Nessuno nega che l’analisi costi benefici ignora molte variabili importanti. Infatti è principalmente uno strumento di confronto tecnico per scegliere tra progetti alternativi. E’ un po’ come se dicesse: "Il progetto A costa molto e serve poco traffico, il progetto B costa meno e serve di più". Poi la scelta deve rimanere politica, ma esplicitando democraticamente le grandezze e i costi sociali in gioco, a cosa si rinuncia ecc.. L’A.C.B. è d’altronde lo strumento di valutazione più usato al mondo per le scelte pubbliche.
10) Per chi infine notava che la linea AV Milano-Venezia è stata oggetto di grandi ruberie ecc., devo far notare che mica è stata costruita.

 

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie ai lettori per i commenti. Cercheremo di rispondere alle diverse questioni che sono state poste.
Non conta solo la ricerca: è vero anche la didattica e le capacità organizzative dovrebbero essere valutate, ma valutare questi aspetti è ancora più difficile che valutare la ricerca e per quanto ne sappiamo non esiste un sistema che ne permetta una valutazione almeno parzialmente trasparente. Prendere in considerazione aspetti che non possono essere valutati su una base di informazioni condivise significa accrescere la discrezionalità della commissione. Anche un pessimo docente, se non c’è modo di dimostrare il contrario, può diventare un ottimo insegnante. In un sistema come quello Italiano in  cui, come sostiene un altro lettore, esiste un problema etico forse è meglio legarsi il più possibile le mani con tutti i costi che ne derivano.
Quanti sono i “veri esterni” nel campione: i veri esterni (cioè persone esterne al mondo universitario) sono pochi (11%), ma non sembrano essere più svantaggiati rispetto ai concorrenti provenienti da Università diverse da quella che ha bandito il concorso.
Genere e vantaggio dell’"interno": Se facciamo il confronto tra uomini e donne tenendo conto dell’effetto derivante dall’essere candidati interni, emerge che le donne soffrono ancora di uno svantaggio rispetto agli uomini. Una candidata interna non dispone degli stessi vantaggi di cui godono i candidati interni uomini. In particolare, dai dati emerge che il vantaggio di essere interni per una donna è di 27 punti percentuali mentre per un uomo è di 32 punti percentuali.
Differenze tra tipi di concorso: Il nostro lavoro non riscontra, a differenza di quello di Zinovyeva e Bagues, citato dalla lettrice Giulia Zacchia, differenze a seconda della tipologia di concorso. La discriminazione contro le donne sembra maggiore per i concorsi a professore associato, ma l’effetto della composizione della commissione va nella stessa direzione e produce un effetto simile per i due tipi di concorso. In realtà non è ben chiaro perché dovremmo aspettarci che ci siano comportamenti differenti man mano che si sale lungo la scala gerarchica. Stiamo adesso cercando di capire se le candidate donne si autoescludono ritirando la propria candidatura quando si trovano di fronte una commissione composta da soli maschi (aspettative che si auto-realizzano), oppure se pur mantenendo la propria candidatura tendono a vincere meno rispetto agli uomini. Forse in questo caso potremmo riscontrare differenze tra tipi di concorso.
Concorsi da ricercatore: è vero la selezione all’ingresso è la più importante, ma anche nel corso della carriera è rilevante dare incentivi corretti. Se il sistema premia gli individui non in base ai risultati ottenuti, ma in relazione a meccanismi intricati e poco trasparenti, gli incentivi a lavorare bene possono risultare affievoliti.

IL RIGORE CHE MANCA

Il Patto per l’euro, concordato al Consiglio europeo, contiene una lista di obiettivi auspicabili, ma nessuna indicazione su come realizzarli. In compenso sono state decise condizioni più blande per la Grecia. È una storia che si ripete da qualche tempo: prima l’Europa, e la Germania in particolare, fa la voce grossa con i paesi non virtuosi, poi ai primi segni di nervosismo dei mercati, cede. Andrà ancora peggio dopo il 2013, quando entrerà in azione l’Esm (European stability mechanism). Ai politici europei non resta che sperare che la situazione migliori, per evitare futuri incidenti.

UN PATTO PER L’EURO E UNA SPERANZA PER L’EUROPA

Approvato venerdì scorso dai governi dell’Unione monetaria, il Patto per l’euro utilizza il metodo della co-operazione intergovernativa, con l’obiettivo di rafforzare la convergenza tra le economie dei paesi membri. Un salto più deciso verso il coordinamento e l’integrazione delle politiche economiche in Europa sarebbe auspicabile, ma non è attualmente realistico: dobbiamo quindi accontentarci di questo e sperare che funzioni. Deludenti le conclusioni del vertice sulla gestione del debito pubblico: qui manca ancora un disegno chiaro e lungimirante.

UN MECCANISMO ANTI-CRISI PER L’EURO *

Il Patto di stabilità e crescita stabilisce che nessun paese membro possa avere un deficit superiore al 3 per cento del Pil, né possa avere un debito pubblico superiore al 60 per cento del Pil. Si tratta però di regole mai applicate seriamente. E la crisi ha fatto il resto. Ricorrere agli Eurobond sarebbe un nuovo grosso sbaglio. Meglio invece un nuovo meccanismo anti-crisi a tre fasi: il Meccanismo europeo di stabilità.

CALMA PIATTA NELL’INDOTTO *

Molti ritengono che l’industrializzazione sia fondamentale per garantire lo sviluppo economico delle aree depresse. Tuttavia, uno studio recente dimostra che nel nostro paese l’effetto di indotto sull’economia locale dell’espansione del settore manifatturiero è nullo. Perché? Tre le possibili spiegazioni. Una vale per l’Italia intera, la seconda riguarda essenzialmente il Mezzogiorno. La terza offre una lettura per il Centro-Nord.

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