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Autore: Antonio Nicita Pagina 1 di 2

È professore ordinario di politica economica presto l'Università Lumsa.

Le migliori politiche pubbliche? Basate sull’evidenza*

L’analisi empirica rigorosa migliora le politiche pubbliche e dunque rende il paese più ricco e più giusto. Un libro recente lo riafferma con esempi concreti. Ma su questo fronte l’Italia è in clamoroso ritardo. È arrivato il momento di recuperarlo.

Liberalizzare è di sinistra, privatizzare di destra?

Liberalizzazioni e privatizzazioni sono spesso indicate come elementi importanti delle strategie per uscire dalla recessione. Ma le scelte dei governi per le une o per le altre non sono determinate da considerazioni puramente tecniche. Conta molto anche la loro ideologia politica.

LA DOMANDA PER L’AGENDA DIGITALE

Il governo ha annunciato una cabina di regia per attuare l’Agenda digitale italiana. È un passo importante, dati i ritardi del nostro paese su banda larga, alfabetizzazione informatica, digitalizzazione dei servizi. Ma un efficace intervento pubblico deve impegnare risorse non solo sul lato dell’offerta, ma anche su quello della domanda, assicurando il coordinamento tra le due politiche. Sono misure efficaci tanto nel promuovere l’accesso alle reti esistenti quanto nel facilitare la migrazione degli utenti verso le reti di nuova generazione.

MEDIASET E LO SPREAD

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringraziamo tutti per gli utili commenti ad una riflessione di due economisti che, lo ripetiamo, resta confinata all’ambito dell’analisi economica del diritto. Ad essa vanno certo affiancate altre considerazioni, di diversa natura.

Noi ci siamo limitati, come dice Giorgio Zanarone, ad una lettura neutra, a leggere cioé la norma e ad analizzarne gli effetti in termini di incentivi, indipendentemente da ogni pur meritevole considerazione di altro genere. Opportunamente, Federico Grillo Pasquarelli traduce per noi in cifre i processi eliminati dalla norma, una volta approvata, secondo i dati forniti dal Ministro Alfano: quel trascurabile 0,05% dei processi interessati dalla norma comporterebbe circa 6000 o 7000 processi che muoiono d’un tratto. Un numero impressionante, se pensiamo alle altrettante presunte vittime che aspettano giustizia. Qualche imputato ne avrà un beneficio, ma si tratta certamente di un “peggioramento paretiano”.

Il punto che invece abbiamo voluto sottolineare é che, secondo l’approccio di analisi economica del diritto, tra le motivazioni che spingono a commettere un illecito o un reato vi è il confronto tra benefici attuali privati e costi attesi privati. Questi ultimi derivano dal valore della sanzione (monetaria e/o non monetaria) moltiplicata per la probabilità di essere scoperti e condannati, se colpevoli. La prescrizione dei tempi processuali evidentemente riduce questa probabilità. Ci sono, in genere, ottime motivazioni sociali per questo e la letteratura che citiamo le evidenzia. Si contemperano due esigenze: quelle della vittima e quelle dell’imputato. Un cittadino che non ha commesso il reato, ad esempio, viene liberato da un peso ingiusto, a meno che non preferisca usare il processo per dimostrare compiutamente la propria innocenza. Ci rendiamo conto che è una visione particolare, quella appunto dell’analisi economica al diritto, e ha certamente ragione Federico Grillo Pasquarelli quando evidenzia che altre motivazioni possono manifestarsi.

Nel nostro schema, ciò che difficilmente trova una spiegazione razionale in termini di policy è il diverso trattamento dei tempi di prescrizione, tra incensurati e non, che la nuova norma introduce. La prescrizione viene cioè modulata non in funzione dei reati, ma dei rei. E’ qui il vulnus, anche economico. Perché è vero che tra gli incensurati vi possono essere innocenti (come evidenziato da Francesco Saverio Salonia), ma vi saranno anche i colpevoli, cioè persone che effettivamente hanno commesso l’illecito o il reato per il quale sono imputati. Al tempo stesso tra i recidivi sotto processo, vi potranno essere innocenti. Il punto che abbiamo voluto evidenziare è che trattare diversamente, ai fini della prescrizione, non già i diversi reati ma i diversi rei può generare effetti perversi. Perché la quota di coloro che hanno commesso reati e che non sono stati (ancora) condannati potrà aumentare in quanto per questi soggetti la sanzione attesa diminuirà. Per via di questo meccanismo, la norma novellata ridurrà la deterrenza. Non abbiamo assunto pertanto, come osservato da Francesco Saverio Salonia, che tutti gli imputati abbiano effettivamente commesso il reato, abbiamo solo convenuto che tra questi, coloro che sono colpevoli ma incensurati avranno ridotti incentivi a rispettare la legge. Non bisogna confondere il piano dell’errore giudiziario post-sentenza (innocenti giudicati colpevoli), con il piano dell’accertamento pre-sentenza (colpevoli prescritti in quanto incensurati).

E’ vero, come rilevato da Matteo Villa, che a seguito di questa norma si potranno generare nuovi (convergenti?) equilibri, ma il nostro ragionamento vale per ogni “nuova” generazione di rei e dunque è altamente probabile, nel nostro schema logico che i reati incrementino a seguito della riduzione di deterrenza generata da una riduzione della prescrizione, anche se per la sola popolazione di incensurati.

Nella nostra lettura abbiamo ovviamente “assunto”, come dice Raffaello Morelli, che a fronte di un processo vi sia un illecito o un reato. Cioè un fatto contrario alla legge. E che quindi qualcuno quel fatto lo abbia commesso, ovvero che vi “debba” essere un colpevole che possa o meno essere poi coinvolto in un processo. E’ certamente vero, come suggerisce Morelli, che questa prassi dell’approccio economico al diritto si possa scontrare con l’idea, giuridicamente vincolante, che è unicamente il processo a stabilire tanto l’esistenza di un reato quanto l’eventuale colpevolezza. Se questo è vero, a maggior ragione però occorrerebbe evitare di intervenire prima del processo, trattando diversamente rei e incensurati, in quanto si utilizzerebbe una verità non processuale “prima” che siano accertati fatti, reati e rei. Peraltro, il piano dell’analisi economica del diritto, per la parte che qui rileva, si basa sulla deterrenza ovvero sugli incentivi a commettere o meno un illecito o un reato in funzione delle regole previste. Dunque il modo in cui “funziona” un processo, nonché il sistema di controlli che lo attiva, influenzano gli incentivi a commettere o meno reati, ceteris paribus. Le conseguenze logiche dell’osservazione di Morelli ci paiono, invece, alquanto estreme, se non paradossali.

Marco Pierini e Giorgio Zanarone evidenziano come il problema della giustizia italiana sia dato da un lato dalla inefficiente macchina amministrativa e dall’altro dai lunghi tempi dei processi. E’ su quel piano che occorrerebbe intervenire. Non già eliminando il processo, con incentivi perversi ai rei. ma garantendone il suo svolgimento in tempi accettabili, con incentivi opportuni a tutti gli attori, giudici e avvocati. Magari depurando le opportune esigenze garantiste dal crescente opportunismo da “azzeccagarbugli” volto ad allungare i processi per ottenere la prescrizione dei reati.

DEI DELITTI E DELLE PENE. E DELLE PRESCRIZIONI

La norma sulla prescrizione breve sposta la distinzione tra recidivi e chi viola la legge occasionalmente dal momento della decisione della pena a quello dell’accertamento dell’illecito, riducendo la possibilità di condanna per i criminali incensurati. Non serve a combattere il recidivismo né a introdurre un garantismo efficace. Se nel lungo periodo produrrà un numero inferiore di condannati, ciò non sarà la virtuosa conseguenza di una riduzione delle recidive, quanto il risultato di una minore probabilità di punire chi ha commesso un reato, ma non ha precedenti penali.

Wi – fi tra sicurezza e libertà

Richiesta a gran voce, si avvicina l’abolizione del decreto Pisanu che dal 2005 ha messo fuori legge le reti wi-fi ad accesso anonimo. Non per questo avremo in Italia una diffusione più capillare del wi-fi. Perché in altri paesi il successo della tecnologia senza fili è passato per le reti aperte non anonime, che da noi sono invece bloccate da ostacoli che nulla hanno a che fare con i vincoli della legge. Utile dunque snellire le procedure di accesso, ma meglio ancora agire sulle barriere nascoste.

 

Se mi aiuti, emigro

Serve aumentare gli aiuti per fermare l’immigrazione dall’Africa verso l’Europa? L’analisi econometrica mostra che tanto più un paese riceve aiuti economici internazionali, tanto più da lì si origineranno flussi di migrazione e tanto più un paese eroga aiuti, tanto più riceverà immigrazione. Perché la scelta di emigrare sarebbe sempre più guidata dalla percezione della povertà relativa e non dalla povertà assoluta. Gli aiuti vanno dunque ancorati a progetti specifici e verificabili, volti a generare un flusso di reddito certo per i lavoratori residenti.

La concorrenza fa bene alla salute

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato sostiene da tempo che l’introduzione di opportune forme di incentivazione alla concorrenza contribuisce a rendere più efficiente l’offerta sanitaria e a contenere la spesa pubblica e privata in farmaci. Ma in Italia il sistema è ingessato e ciascun operatore adegua le proprie strategie alla prassi regolamentare vigente. Con danni per i consumatori. Buoni risultati si potrebbero avere invece ammettendo la vendita dei prodotti da banco anche fuori dalle farmacie. E da una nuova concezione della figura del farmacista.

Più punti, più infrazioni

Perché la patente a punti dovrebbe comportare una riduzione degli incidenti stradali? Non c’è una teoria a spiegarlo né risultati definitivi delle indagini empiriche. Certo è che i guidatori diventano più virtuosi quando si avvicinano alla soglia del ritiro della patente. I punti funzionano come deterrente solo se diventano una risorsa scarsa. Ma in Italia reintegrarli non è costoso. Se ne incentiva così un consumo maggiore, con un tasso più elevato di violazione del codice della strada. Sarebbe invece auspicabile eliminare i bonus e ridurre le occasioni di riacquisto.

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