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Sull’Unione bancaria serve una proposta italiana

Il ministro delle Finanze tedesco ha lanciato un’articolata proposta di Unione bancaria. È un’importante occasione per riaprire la discussione. Ma il governo italiano deve arrivare alle trattative con una proposta ben preparata e argomentata.

Assicurazione europea dei depositi: indietro tutta

Hanno vinto i tedeschi: l’assicurazione europea dei depositi non si farà. Così si dà l’addio al completamento dell’Unione bancaria. In arrivo nuovi esami per le banche e forse il bail-in per i titoli pubblici. Per l’Italia tempi duri all’orizzonte?

Vite parallele: Unione monetaria e Unione bancaria*

Come l’Unione monetaria, anche l’Unione bancaria rimane a metà del guado. È un progetto incompiuto, la cui piena realizzazione presuppone non solo modifiche dei Trattati, ma anche la volontà politica di procedere verso forme di integrazione fiscale.

Se non cambia, sarà ancora “un’Europa delle banche”

Se si vuole che l’Unione bancaria diventi un pilastro della costruzione europea, bisogna trarre una lezione dai salvataggi delle banche italiane. La normativa comunitaria appare insieme complessa e lacunosa e non è attenta alla tutela del risparmio.

Il Punto

Il salvataggio delle banche italiane ha messo in luce problemi europei. Troppa confusione tra le procedure Ue di risoluzione e la liquidazione nazionale degli istituti in crisi. Troppe istituzioni dicono la loro sulle potenziali insolvenze e su quanto “sistemici” siano i problemi. I risparmiatori (alcuni più di altri) pagano.
Di destra o di sinistra, i populismi sono frutti della globalizzazione. Nascono dal rancore di categorie sociali penalizzate dalla liberalizzazione degli scambi, che gli stati dovrebbero cercare di indennizzare redistribuendo i benefici. Ma non ci sono paesi che ci riescano davvero. Meno che mai l’Italia, dove la scure retorica del leghista Matteo Salvini ha già cominciato ad abbattersi sul Ceta (il trattato di libero scambio Ue-Canada). Il fact-checking de lavoce.info evidenzia le sue false affermazioni sugli effetti negativi dell’accordo.
In Svezia hanno proibito di vendere armi a paesi che violano i diritti umani. Si può fare anche da noi, grazie a una legge del 1990 e a un trattato Onu. Ma chi dovrebbe controllare (lo stato) è anche primo azionista della maggiore società che produce armamenti. Ci vorrebbe un’agenzia indipendente, meglio se Ue.
Mentre i Grandi parlano al G20, l’Italia resta la peggiore per crescita della produttività. Anche l’Europa non brilla. Bruxelles raccomanda che ogni paese abbia una struttura dedicata. Noi ce l’avremmo già: il Cnel – restaurato e con nuove competenze – di cui gli italiani hanno bocciato l’abolizione nel referendum di dicembre. Chi indubbiamente frena la crescita sono i burocrati, grandi sacerdoti del cavillo e depositari di uno spropositato potere d’interdizione sulle scelte della politica. Come sa bene Matteo Renzi, uscito perdente dal confronto con loro. Un libro suggerisce alcune ricette per ridimensionarne la forza.
Molti insegnanti abusano della legge 104 che permette il trasferimento vicino a un familiare disabile con precedenza sulle altre richieste. L’incidenza è del 53 per cento nei trasferimenti verso il Sud, mentre al Nord è nell’ordine dell’1 per cento. Servirebbero dati più completi ma già così viene da pensar male.

Convegno de lavoce.info
Il convegno annuale riservato agli amici/donatori de lavoce si terrà la mattina di lunedì 18 settembre a Milano. Parleremo di Brexit e banche italiane. Presto, su questo sito, il programma dell’incontro. Intanto SAVE THE DATE, vi aspettiamo!

Il Punto

Il favore con cui i mercati hanno accolto Donald Trump ripropone una vecchia domanda: quanto dell’andamento delle borse riflette l’economia reale? Risposte: il valore dell’indice S&P500 è vicino a quello dei fondamentali, il Nasdaq è sopravvalutato del 20 per cento. Ci sarà una correzione. Forse già in atto.
Terza e ultima puntata dell’introduzione all’e-book sull’eurozona di Giavazzi e  Bénassy-Quéré. Scordiamoci l’unione fiscale, meglio correggere le storture dell’unione bancaria. Rafforzando il fondo di risoluzione delle crisi bancarie e predisponendo un’eventuale bad bank comunitaria per finire con la (controversa) creazione di un bond europeo. Intanto, da noi, sulle due banche venete abbiamo seguito la via nazionale (in minuscolo). Ecco una scheda che spiega le differenze tra il bail-in europeo e la liquidazione coatta all’italiana.
Tra Brexit e protezionismo americano acquista grande importanza la decisione della Corte di giustizia europea su chi – stati membri o Unione – è competente a concludere accordi libero scambio. In questo caso la controparte è Singapore. Ma il tema si estende a qualsiasi paese. Ed è complicato, come per il Ceta (Ue-Canada), ora in fase di ratifica nel nostro Parlamento.
È tempo di bilanci per la Tav Torino-Napoli, inaugurata nel 2009, con la concorrenza dei treni Italo arrivata tre anni dopo. I benefici sono riscontrabili ma, paradossalmente, non tanto grazie all’alta velocità. Contano di più la riduzione dei tempi di attesa e delle tariffe. Effetto concorrenza.
Il governo ha stanziato 750 milioni in tre anni per la gestione amministrativa del Rei, il Reddito d’inclusione. Sono soldi ben spesi? Sì se servono per selezionare correttamente la platea di chi ha diritto al sussidio.

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Titoli di stato e banche, un binomio possibile

La normativa che considera i titoli pubblici un’attività priva di rischio ostacola il completamento dell’Unione bancaria e la creazione di una assicurazione europea sui depositi. Ma l’introduzione di un limite è un obiettivo raggiungibile e auspicabile.

Unione bancaria: un’altra delusione europea

L’unione bancaria rischia di diventare l’ennesima delusione europea: un progetto promettente, ma realizzato male e a metà, tra scarsa trasparenza e veti incrociati. È però uno dei fronti sui quali l’Europa deve progredire. Altrimenti, i movimenti anti-europei saranno più forti.

Il Punto

L’unione bancaria europea dovrebbe prevedere tre pilastri: vigilanza unica, risoluzione delle crisi e assicurazione europea dei depositi. Finora, però, il primo funziona ma in modo poco trasparente, il secondo ha fallito, per esempio, nel caso dell’Italia e il terzo non c’è, bloccato da veti incrociati. Nel bilancio dei 60 anni di Europa, questo è uno degli strumenti che hanno deluso. Di altro segno – positivo – il risultato dei fondi Ue per la convergenza economica. Nelle regioni più povere, queste risorse sono state utili nell’arginare gli effetti della Grande crisi.
A 95 anni si è spento Kenneth Arrow, il premio Nobel dell’economia più giovane di sempre. Uno tanto brillante che, mentre tutti provavano a raffinare le sue scoperte, si mise subito a studiarne i punti deboli. E li trovò, gettando le basi dello studio delle asimmetrie informative che quattro suoi studenti svilupparono vincendo altrettanti Nobel.
I dati Istat sul mercato del lavoro di gennaio 2017 confermano che non si arresta il lento (troppo lento!) miglioramento in corso da un paio di anni. Rimane da capire una cosuccia come i meriti relativi della decontribuzione e del Jobs act nel riportare il segno più sul fronte dell’occupazione. Nel frattempo, i dati Istat mostrano che la ripresa finora è stata trainata da export e consumi e frenata da un’inusuale crescita dell’import.
Con il rilancio delle grandi opere (si parla di 70 miliardi in infrastrutture) torna il timore dei soldi sprecati in lavori inutili. Bene ha fatto il ministro Delrio a creare una struttura tecnica per la valutazione di tali investimenti. Ora serve approvare linee guida e criteri per non ripetere le scelte solo politiche del passato.
Serve sforbiciare le detrazioni Irpef (66 miliardi nel 2016) per correggere i conti dello stato e non incorrere nella procedura d’infrazione europea? Se si va giù pesante si raggiunge l’obiettivo ma si introducono forti elementi di iniquità fiscale. Se si colpiscono solo gli alti redditi non si ottengono i numeri utili allo scopo.

Sergei Kovbasyuk e Fabiano Schivardi rispondono ai commenti al loro articolo “Una tassa per liberalizzare i taxi con il consenso dei tassisti

Rompere il circolo vizioso tra banche e debito sovrano

L’unione bancaria europea può essere completata solo se si riduce la quantità di debito pubblico in mano alle banche. Si potrebbe farlo imponendo un requisito di capitale agli istituti che detengono debito sovrano sopra una determinata soglia. Non sarà una discussione facile, ma è necessaria.

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