I paesi che hanno reagito meglio al coronavirus dal punto di vista sanitario sono anche quelli che subiranno meno gli effetti della crisi economica. La spesa sanitaria è dunque un investimento indispensabile per rendere la nostra economia più sostenibile.
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In Italia la quota di spesa pubblica sul Pil non è di molto superiore alla media dell’Eurozona e dei paesi “frugali”. Ma il finanziamento del debito comprime inevitabilmente le risorse disponibili per i servizi ai cittadini, gli investimenti e la ricerca.
Le nuove, peggiori, stime del Fondo monetario internazionale sull’economia mondiale rendono ancora più urgente che i governi europei si mettano d’accordo sul Recovery Fund e che l’Italia faccia subito qualcosa per rilanciare i consumi.
La pandemia di Covid-19 rappresenta un profondo shock per il nostro sistema economico. Ma l’impatto non è lo stesso per tutte le imprese. Fra le quotate, quelle con una struttura proprietaria familiare hanno ottenuto comunque risultati migliori.
La spesa sanitaria pubblica di un paese dipende dal suo Pil. L’Italia non cresce, ma pur con meno risorse il nostro sistema sanitario nazionale ottiene comunque risultati migliori di altri. Un suo piano di rilancio richiede però scelte politiche precise.
I dati di maggio indicano che la recessione da Covid-19 si sta attenuando, anche se in misura variabile tra paesi. Di certo però i segni della crisi sul mercato del lavoro e nei bilanci aziendali si vedranno a lungo. Sia nell’Eurozona sia negli Stati Uniti e in Cina.
I dati del primo trimestre per il Pil dell’Europa indicano l’inizio di una recessione senza precedenti. Con una complicazione: il calo in Germania è probabilmente inferiore a quello osservato nel resto dell’Europa.
La recessione senza precedenti in Europa si legge nei nuovi dati sul Pil. Francia, Spagna e Italia in profonda sofferenza, Germania un po’ meno. E questa asimmetria può rallentare l’accordo sulle misure di salvataggio in sede Ue. Infatti ora che i governi hanno deciso di creare lo European Recovery Fund, la patata bollente è in mano alla Commissione che deve deciderne le regole di funzionamento.
Niente Primo maggio in piazza quest’anno e, peggio, niente da festeggiare. Perché un terzo dei lavoratori è bloccato dal lockdown, In prevalenza “blue collar” e di più che nel resto della Ue. In apparente contraddizione con questa tendenza i dati sul mercato del lavoro di marzo pubblicati dall’Istat che mostrano come molti disoccupati siano diventati inattivi.
Oltre ai bilanci disastrati di questi mesi, le aziende di trasporto pubblico locale devono affrontare i distanziamenti tra passeggeri: un vero rompicapo tra nuove regole e nuovi costi. I comuni italiani vanno incontro a 10 miliardi di entrate in meno e spese in aumento. Nascono proposte di fondo di solidarietà e maggiore discrezionalità finanziaria.
In vista di una possibile recrudescenza della pandemia dopo l’estate, conviene estendere le vaccinazioni contro la normale influenza. Così da evitare falsi allarmi e monitorare davvero il Covid-19. Guardando al futuro, dobbiamo immaginare nuove regole di comportamento e cambiamenti di abitudini, consapevoli dei rischi in agguato. Chi governa deve comunicare con la massima chiarezza. Altrimenti c’è il rischio che abbia la meglio la disinformazione che – come è provato – viene orchestrata per destabilizzare le democrazie.
Continuano le puntate de lavoce in capitolo, il podcast de lavoce.info. Questa settimana: “Terapie anti-Covid per il mercato del lavoro“, con Tito Boeri.
Terminata l’emergenza, il deficit dovrebbe trasformarsi in surplus e il debito accumulato dovrebbe rientrare rapidamente. Ma non sempre accade. Servono una politica monetaria coraggiosa, piani di rientro credibili ma soprattutto una spesa che stimoli la crescita.