di Sergio Beraldo

I limiti del paternalismo libertario

Le nostre carenze cognitive legittimano i governi a forzare gentilmente (to nudge) le persone in modo tale che le loro scelte siano migliori? Una convinta tendenza a rispondere affermativamente alla domanda si è diffusa negli ultimi anni sia negli Stati Uniti che in Europa, come testimoniato peraltro dai comitati tecnici di supporto costituiti dai governi (Behavioural Sciences Team negli Usa; Behavioural Insight Team nel Regno Unito) o dal progetto della Commissione europea Nudge It.
Vi sono alcune importanti ragioni dietro questa tendenza. Innanzitutto, il nudging richiede un ammontare modesto di risorse pubbliche. In secondo luogo, non sembra violare in alcun modo la libertà individuale; si rivolge sia alla destra che alla sinistra e rende la regolazione attraente anche per i conservatori.
Sarà anche per questi motivi che l’articolo di Maria De Paola, Francesca Gioia e Fabio Piluso auspica che si rifletta in Italia sulle spinte gentili che possono “aumentare l’efficacia delle politiche pubbliche”.
Le cose però sono più complesse di quel che appaiono. Sebbene apparentemente rispettoso della libertà individuale, vi sono ragioni per ritenere che il nudging violi i principi fondamentali del liberalismo; minacci il controllo degli individui sulle proprie valutazioni e deliberazioni; produca infantilismo come effetto di lungo periodo, ovvero una ridotta responsabilità in questioni riguardanti il proprio benessere. D’altro canto, proprio alcuni dei proponenti scrivono che “l’economia comportamentale estende la paternalisticamente protetta categoria degli idioti in modo da includere la maggior parte delle persone, in prevedibili momenti del tempo”.

Decisioni da superuomo

Da gennaio 2017 un sistema opt-out disciplina la donazione di organi in Francia: tutte le persone saranno considerate donatrici, a meno che non manifestino esplicitamente la propria volontà di non esserlo. È un esempio di nudging. L’evidenza disponibile conferma che la donazione di organi cresce notevolmente con sistemi opt-out. Dunque, gli organi disponibili dunque aumenteranno, mentre i francesi saranno formalmente liberi di essere o non essere donatori. Vi è qualche ragione per opporsi?
Il punto più rilevante è che la scelta degli individui imposta dall’inerzia non è affatto una scelta intenzionale; non è indicativa delle loro preferenze, ma riflette solo le preferenze di chi ha organizzato l’ambiente all’interno del quale gli individui scelgono. L’autonomia degli individui è violata e il nudging si dimostra in contrasto con i principi cardine del liberalismo (LINKSergio Beraldo, An Impossibility Result on Nudging Grounded in the Theory of Intentional Action). Che i paternalisti libertari dicano che in realtà le scelte degli individui sono quelle che farebbero se avessero illimitate facoltà cognitive e illimitata capacità di resistere alle tentazioni (fossero superhumans) è un argomento che ciascuno può valutare, e che è stato già usato.
Vi è un ulteriore punto che mi sembra utile sollevare. A giudizio dei proponenti, i nudge non sono rilevanti dal punto di vista motivazionale. Cass Sunstein e Richard H. Thaler, tuttavia, concedono che gli individui dovrebbero essere informati della “spintarella” (il principio di pubblicità, attribuito erroneamente a John Rawls e non a Immanuel Kant, peraltro). L’informazione innesca però, inevitabilmente, una riflessione sulle opzioni e sulle caratteristiche dell’ambiente di scelta. Nell’esempio francese, essere donatori in un sistema opt-out non è la stessa cosa che esserlo in un sistema opt-in. Il nudging sottovaluta un importante aspetto delle scelte, frustrando le motivazioni individuali.
Per quanto riguarda, invece, l’articolo di De Paola, Gioia e Piluso, fornendo informazione l’individuo rimane responsabile delle proprie scelte, anche finanziarie. Si dirà che fornire informazione può non essere sufficiente. La risposta è che non vi sono limiti all’intrusività delle spintarelle e dunque alla deresponsabilizzazione che possono produrre. Meglio individui responsabili delle proprie scelte, anche di quelle sbagliate, che burattini nelle mani dell’architetto benevolente.

 

La replica di Maria De Paola, Francesca Gioia e Fabio Piluso

Ma la responsabilità dell’individuo resta

Vi è un ampio dibattito in letteratura tra coloro che ritengono la spinta gentile un importante strumento nelle mani del governo per “correggere”, con un costo contenuto, carenze cognitive e distorsioni comportamentali e coloro che, invece, sollevano dubbi circa l’etica di tali politiche (Sunstein, C. R. (2015). The ethics of nudging; Nys, T. R., Engelen, B. (2017). Judging Nudging: Answering the Manipulation Objection.

C’è da dire che la presenza di un ambiente sociale (“choice architecture”) che in qualche modo influenza le scelte individuali, è inevitabile. Infatti, le spinte gentili tipicamente vanno a modificare strutture decisionali già esistenti (Sunstein, C.R. Nudging: A Very Short Guide. Per cui, obiettare contro il nudging in sé sembra forzato: è ragionevole preoccuparsi di specifici usi delle spinte gentili da parte del governo, ma negare l’utilità generale di tali politiche sembra eccessivo.
Diventa difficile anche capire se la “choice architecture” corretta sia quella in essere o quella modificata dalla spinta gentile. Si pensi ad esempio al caso dei default confrontando il sistema opt-in con quello opt-out nelle donazioni degli organi, ma anche nella contribuzione pensionistica.
È importante che le politiche di nudging siano il più possibile trasparenti. D’altra parte, un recente studio mostra che la loro efficacia non è influenzata dalla trasparenza e quindi dal fatto che i soggetti a cui tali politiche si rivolgono ne conoscano gli effetti potenziali e gli obiettivi (Bruns, H., Kantorowicz-Reznichenko, E., Klement, K., Luistro Jonsson, M., Rahali, B. (2016). Can Nudges Be Transparent and Yet Effective?.
Per tornare al nostro articolo: ricordare informazioni già in possesso dell’individuo non rende quest’ultimo meno responsabile delle proprie scelte, anche sbagliate.