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Cosa si rischia con “più Iva e meno Irpef”

Si torna a parlare di una revisione complessiva del sistema fiscale che modifichi il ruolo di imposte dirette e indirette. Ma sembra difficile arrivare a un diverso mix fiscale, che permetta di sostenere la crescita senza penalizzare troppo l’equità.

Il Punto

Il Parlamento vuole per le imprese obblighi più stretti di comunicazione sui divari di genere nelle retribuzioni. Molti però i dettagli da mettere a punto su dimensione minima delle aziende, informazioni richieste, pubblicità dei dati, sanzioni per inadempienze. Per evitare di produrre nuove norme dai buoni propositi, ma inefficaci.
Nella storia infinita del confronto su una “improrogabile” riforma del sistema fiscale, torna fuori con il consenso del Fmi il “più Iva, meno Irpef”. La Banca d’Italia ha pragmaticamente formulato tre ipotesi. Con controindicazioni. La prima delle quali è che l’Iva è già al 22 per cento. Iniquità anche in campo previdenziale: 25 anni dopo l’introduzione del sistema contributivo, la gradualità di attuazione della riforma ha consentito di guadagnarci a chi si è pensionato nel frattempo. Specie se (relativamente) più giovane, donna, con un reddito basso, con pensione di anzianità anziché di vecchiaia.
Sabato 8 febbraio gli irlandesi votano per una nuova Camera dei rappresentanti che a sua volta eleggerà una parte del Senato, che ha poteri consultivi. Una architettura bicamerale da cui possono arrivare suggerimenti per le nostre riforme.
In Italia l’economia batte la fiacca da lungo tempo perché non cresce la produttività del lavoro, che dipende soprattutto dalla capacità innovativa delle imprese e dal sostegno pubblico a quelle più dinamiche. Un e-book cerca di spiegare il ristagno del paese. Sullo sfondo, il divario tra le due Italie, del Nord e del Sud con le diverse letture che ne vengono date. Il vantaggio del minor costo della vita al Sud è almeno in parte controbilanciato dalla cattiva qualità dei servizi e dalla scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro.

Il Punto

Con il crollo delle borse cinesi di Shanghai e Shenzhen l’epidemia di coronavirus è arrivata sui mercati asiatici e – per ora un po’ meno – sul resto del mondo. Gli effetti sull’economia saranno peggiori di quelli causati dalla Sars, perché la Cina è oggi otto volte più grande che nel 2003. Sempre di Pechino si parla quando si discute della tecnologia 5G – una rivoluzione che espande le funzioni di interconnessione tra infrastrutture e servizi. Con tanti problemi aperti, prima di tutto quello strategico sulla proprietà dei dati accumulati e sulle loro modalità di utilizzo.
Molti credono che con il calcolo contributivo si possa andare in pensione anche prima del previsto con un sacrificio dell’assegno mensile a zero costi per lo stato. Non è così: i conti basati sulla vita residua attesa da pensionato sono sempre in ritardo rispetto all’effettiva aspettativa di vita, in continua crescita.
I politici fanno a gara a tutelare i risparmiatori nei crac bancari. Mentre nessuno si cura dei piccoli azionisti di Atlantia, controllata dai Benetton, né delle esigenze di chi (tutti noi) ha interesse a un buon funzionamento della società Autostrade di cui Atlantia è proprietaria.
Di norma la migrazione lacera tante famiglie che – se si ritrovano – lo fanno solo dopo un po’ di tempo. La ricongiunzione – con i problemi che si porta dietro, per esempio l’inserimento scolastico dei figli – è un passaggio delicato che va aiutato. Senza dimenticarci che, anche se la loro ricchezza media è un quinto di quella delle famiglie italiane, gli immigrati investono qui, comprando casa, facendosi il mutuo, finanziando le loro aziende, a volte acquistando titoli a rischio. Rimanendo esposti a una elevata fragilità finanziaria.

Il Punto

Con il voto in Emilia-Romagna e Calabria ritorna il bipolarismo (Pd con Sardine da un lato, centro-destra a trazione Lega dall’altro) mentre quasi scompaiono i 5 stelle. Nei prossimi mesi tante altre elezioni locali e un referendum. Ma l’economia non ha bisogno di un altro anno in campagna elettorale permanente.
Ai rider, i ciclofattorini delle consegne in città, si applicano le norme sul lavoro subordinato. Così ha stabilito la Cassazione, senza riconoscere specificità all’organizzazione dell’attività attraverso piattaforme informatiche. Col rischio di affossarle se non interviene la contrattazione collettiva.
Estensione del bonus Renzi fino a 28 mila euro di reddito e ulteriore detrazione Irpef tra 28 e 40 mila. È il mix pasticciato scelto dal governo per fare entrare più soldi nella busta paga dei lavoratori dipendenti. Con l’effetto di complicare la riforma dell’Irpef rimandata al 2021. Quasi ci siamo, invece, con la tassazione dei colossi di internet che riescono a sfuggire al fisco. L’Ocse ha pronte le linee guida di una complessa web tax. Difficile da attuare se Trump darà seguito alle sue minacce di dazi verso chi tocca i profitti delle multinazionali Usa.
Mamma a casa e papà che porta a casa i soldi: così continuano a funzionare molte famiglie soprattutto nel Sud ed Est Europa. Servono politiche per la famiglia che modifichino queste disparità di ruolo. Ora la Ue ci sta provando con un programma specifico. Secondo il Democracy Index dell’Economist anche il 2019 è stato un anno di recessione della democrazia, in cui cioè il valore medio dell’indice è di nuovo diminuito. L’Europa occidentale, malgrado l’instabilità politica indotta dalla crisi della politica tradizionale, rimane la zona del mondo che vanta il maggior numero di paesi pienamente democratici.

Con il bonus rafforzato prove di riforma dell’Irpef

Per la riduzione del cuneo fiscale, il governo ha scelto per ora un sistema misto: estensione del bonus Renzi e ulteriore detrazione Irpef per i dipendenti. Il potenziamento del bonus rischia però di rendere più ardua la riforma organica dell’imposta.

A cosa può servire cambiare le aliquote Iva?*

Una revisione delle aliquote Iva potrebbe permettere di introdurre misure che più che compensano il danno subito dai più poveri. Come la riduzione dell’Irpef o l’aumento dei trasferimenti per alcune categorie. Oppure per il taglio del cuneo fiscale.

Meno Irpef e più Iva: i conti non tornano

Il ministro dell’Economia sostiene che aumentare l’Iva per finanziare una riduzione dell’Irpef potrebbe essere una buona idea. Il ragionamento non considera però la possibile crescita dell’evasione Iva. Mentre non si avrebbero effetti sul costo del lavoro.

Dalle pensioni d’oro un contributo piccolo piccolo

Dopo mesi di annunci, l’intervento sulle pensioni d’oro si riduce a un contributo di cinque anni, mal congegnato e con un gettito di 130 milioni. Verrà richiesto a poche migliaia di pensionati e non muterà l’assetto distributivo del sistema pensionistico.

Se la flat tax può favorire i poveri

Non è detto che la flat tax avvantaggi sempre i redditi più alti. Si possono costruire combinazioni di aliquota unica e deduzione che lasciano invariata la pressione fiscale complessiva, ma la diminuiscono nettamente per le classi di reddito medio-basse.

Riforma Irpef, cominciamo dal terzo scaglione

Una semplice revisione del terzo scaglione Irpef potrebbe alleviare il carico fiscale delle classi medie. Non avrebbe alcun effetto sulla distribuzione del reddito. E il costo sarebbe di gran lunga inferiore rispetto alla flat tax di Lega e Forza Italia.

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